L'anima
che non cerca Dio solo sopra tutte le cose è divisa
dall'opportunismo e facilmente accondiscende al mondo, pur
pretendendo di conservarsi fedele al Signore. È questa la grande
piaga che infetta il carattere cristiano e che dà origine a quei
fedeli smidollati che si danno praticamente al male conservando solo
la maschera del bene.
Eppure
i principi di Gesù Cristo e quelli del mondo sono così opposti che
non è possibile riconciliarli neppure con i ritrovati più o meno
dissimulati della viltà e delle passioni, e perciò il Redentore ci
ammonisce decisamente che non si può servire a due padroni. È anche
impossibile concentrare tutta la vita nelle cure materiali e nella
preoccupazione delle ricchezze e pretendere di concentrarla
contemporaneamente nelle aspirazioni del Cielo, poiché quello che ci
lega alla terra ci distacca da Dio. Perciò Gesù Cristo soggiunge:
Non potete servire a Dio e a mammona, cioè, secondo il significato
caldaico della parola, a Dio e alla ricchezza. Non dice: "Non
potete avere Dio e la ricchezza", perché questo è stato
possibile a tanti Santi, ma: Non potete servire, cioè dedicarvi con
l'anima e con le forze (30).
La
premura che hanno gli uomini di accumulare ricchezze è giustificata
dalla necessità della vita, e da questo pretesto comincia in noi
quella terribile passione per le cose terrene che degenera ben presto
in avarizia. Perciò Gesù Cristo tronca alla radice la pessima
pianta, dicendoci di non affannarci per l'alimento e per il vestito.
Non dice di non pensarci, ma di non preoccuparcene fino al punto di
dimenticarci di Dio e della fiducia che dobbiamo avere in Lui come
Padre di tutte le sue creature. Dio vuole che lavoriamo per
provvederci di cibo e il vestito, ma il lavoro non può e non deve
diventare così assillante da troncare o danneggiare la vita
dell'anima. Servendo Dio, il lavoro diventa una via di Provvidenza;
trascurando Dio, s'isterilisce miseramente e diventa fonte di
assillanti preoccupazioni, come dolorosamente si vede nelle famiglie
e nelle nazioni che hanno dimenticato il Signore.
Gesù
Cristo rafforza la nostra confidenza in Dio richiamando la nostra
attenzione su quelle creature che, pur non lavorando o non avendo
cura delle loro necessità, sono soccorse dalla bontà divina. Gli
uccelli non seminano, non mietono e non riempiono granai, eppure
trovano sempre il loro sostentamento; i gigli del campo, cioè quelli
che crescono senza speciali cure del giardiniere, non lavorano e non
filano, eppure Dio li veste così elegantemente che neppure Salomone,
con tutta la sua gloria, vestì come uno di loro. Il Signore, che
provvede con tanto amore a queste creature che passano dopo breve
tempo, provvede con amore immensamente più grande a quelle che
passano sulla terra per andare a Lui e per possederlo eternamente.
Egli, dunque, vuole da noi questa testimonianza di abbandono filiale
e questa confessione della sua dolcissima padronanza, ed esige che
mettiamo come fondamento della vita non le preoccupazioni temporali
ma quelle spirituali, non le nostre forze o la nostra abilità ma la
benedizione divina, perché noi, con tutta la nostra preoccupazione,
non siamo capaci di aggiungere alla statura già sviluppata un
cubito, cioè mezzo metro, o alla vita, secondo il testo greco, un
tempo di più. Siamo nelle mani di Dio e sottoposti alle sue leggi
nello sviluppo fisico, e siamo nelle sue braccia paterne per ciò che
riguarda l'alimento e ciò che è necessario ai bisogni quotidiani.
Egli sa ciò che ci occorre, e solo chi non crede in Lui vivente,
come i pagani, e ha come divinità degli idoli può credere di
doversene preoccupare fino a ridurre la vita a una ricerca assillante
del mangiare, del bere e del vestire. Dio vive veramente, è
veramente, e vuol dimostrare la sua realtà provvedendo a chi cerca
prima il Regno eterno e la sua giustizia, cioè la gloria divina e la
santità della propria vita. Basta dunque pensare a quello che può
servire ai bisogni quotidiani, basta a ciascun giorno il suo affanno,
senza pretendere di dover assorbire tutte le attività per crearsi
una posizione di sicurezza assoluta che praticamente non raggiunge
neppure lo scopo di privarci dell'affanno quotidiano della vita.
L'insegnamento di Gesù Cristo è di un'importanza grandissima e
riguarda le basi medesime della vita cristiana e del carattere che
deve distinguerla da quella dei pagani. Non si tratta soltanto di
delicate esortazioni a confidare nella Divina Provvidenza, ma
dell'indirizzo pratico della vita e della giornata, nel
pellegrinaggio terreno. Si tratta di porre come fondamento la vita
dello spirito e come accessorio la vita del corpo, mentre il mondo o
quelli che pretendono essere anche suoi servi, essendo servi di Dio,
stabiliscono come accessorio ciò che è spirituale, credendo
esagerato tutto quello che si fa per l'anima, e riducono la vita a
una preoccupazione assillante di guadagni, di ricchezze, di
benessere, di divertimenti e di peccati che sono la rovina della vita
stessa. Potremmo dire che in questo problema e nella sua risoluzione
pratica si vede qual è la bandiera dei figli di Dio, e perciò è
necessario approfondirlo. Certamente la vita materiale, con i suoi
bisogni e le sue necessità, ci occupa e tenta di prendere il
sopravvento sulla vita spirituale. Se si pensa solo a quel che
occorre in una casa, al cibo, alla bevanda, alla biancheria, al
vestito, all'arredamento, alle più piccole cose, c'è da credere che
ne rimanga assorbita la giornata. Se si cucina, per esempio, occorre
far prima la spesa, con le relative contrattazioni; poi bisogna
preparare il cibo, e questo spesso assorbe ore intere; poi cuocerlo
con cura, per evitare le possibili recriminazioni. Quando è pronto e
va al desco familiare, dopo poco occorre ripulire le stoviglie,
rimettere tutto a posto e poi ricominciare per la cena. Se viene la
sarta o il sarto, il calzolaio, il barbiere, ecc., la giornata viene
assorbita tutta, e se vengono occupazioni straordinarie sembra
insufficiente. A questo si aggiungano il lavoro, l'ufficio,
l'impiego, il commercio, e la vita appare attanagliata dalle premure
temporali.
Che
cosa si dà allo spirito e a Dio in tutto questo assillo quotidiano?
Disgraziatamente nulla o quasi nulla, se non si crede addirittura la
religione e la pietà una bega da teste vuote o da gente oziosa.
Gesù
vuole demolire la concezione materialistica della vita
La
vita è trascinata dall'andazzo moderno; è turbata dalle fatue
necessità che vi ha creato il mondo con i suoi divertimenti
obbrobriosi; è risucchiata dalle sventure che vi si accumulano e
sembra un fatale cammino verso la morte e nulla più. Gesù Cristo
vuole demolire questa concezione materialistica e vuole sostituire
alla preoccupazione delle necessità della giornata la cura delle
necessità spirituali; vuole alleggerire il peso delle preoccupazioni
materiali con le dolcissime occupazioni spirituali; vuole dare alla
vita la consistenza e l'appoggio non più sulle forze umane ma sulla
Divina Provvidenza, promettendone con solenne affermazione
l'assistenza materna nelle necessità quotidiane. Quello che avveniva
nel deserto con la manna avviene nella vita veramente cristiana con
la Provvidenza; come Dio provvedeva al popolo ebreo con un miracolo
giornaliero — che è un fatto storico innegabile —, così vuol
provvedere al nostro pellegrinaggio attraverso il deserto della vita
con un miracolo silenzioso e quotidiano, quasi come la silenziosa
caduta della manna. È una delle affermazioni sensibili della sua
infinita Realtà ed è una delle testimonianze quotidiane della
nostra fiducia che Egli esige da noi. Nella Provvidenza quotidiana
Egli vuol farsi sentire, nella nostra fiducia noi dobbiamo
confessarlo vero Dio vivente: da questi due poli viene a noi ciò che
occorre alla vita corporale. È un atto di fede che ci richiede, e
non di fede sterile ma pratica, alla quale promette di rispondere e
risponde di fatto, anche con miracoli silenziosi della sua
Provvidenza.
I
Santi, che gli hanno reso questa testimonianza di fede, hanno toccato
con mano la risposta della sua Provvidenza; basterebbe pensare alla
casa di san Giuseppe Cottolengo a Torino. Le famiglie che mettono
alla base della loro vita le cure dello spirito lo toccano con mano;
nelle nostre medesime conoscenze ne abbiamo esempi pratici. È un
campo nel quale Dio si fa scorgere, purché l'anima riposi in Lui e
cerchi il suo regno e la sua giustizia, servendolo e osservando la
sua Legge. È questo il principio più sicuro di economia domestica e
sociale che bisogna avere il coraggio e la fede di applicare per
vederne i frutti.
Una
nazione che pone veramente — e non per ipocrita politica —alla
base della sua vita i doveri verso Dio e l'osservanza della sua Legge
e dei precetti della Chiesa è una nazione sulla quale cade la manna
della benedizione. Una famiglia che mette come fondamento della sua
vita quotidiana la preghiera, la Santa Messa, la Comunione, il
Rosario, l'onestà, la fedeltà ai digiuni, alle feste, alle leggi
della Chiesa, e non fa questo per abitudine ma per fede, confidando
in Dio, è una famiglia che non manca mai del necessario, anzi
dell'agiatezza. Dio non ci dà il superfluo quando interviene con una
speciale Provvidenza, perché il superfluo non serve alla vita e può
nuocere allo spirito: ci dà il necessario, giorno per giorno, con
ricami di bontà che commuovono. Non ci anticipa nulla, perché è
fedele e non ha bisogno di anticiparci nulla; risponde alla nostra
fiducia e suscita l'intervento di tante cause seconde, delle quali si
serve come ancelle della sua Provvidenza. Invece di cercare la
soluzione dei problemi sociali in tante leggi di economia politica
che non approdano a nulla bisogna cercarla nel porre come base della
vita il Regno di Dio e la sua giustizia. Quindi gli orari d'ufficio e
tutto l'andamento della nazione dev'essere subordinato alle esigenze
dello spirito.
Perché
l'economia moderna è un fallimento totale
Non
si può e non si deve rendere la vita schiava del lavoro o della
tirannide dell'industria, la quale porta praticamente la miseria,
come dimostra il fallimento completo e clamoroso dell'economia
moderna. Bisogna persuadersi che ciò che serve alla vita non può
sostituire la vita. Non si può dire che la civiltà moderna esige un
ritmo assillante di lavoro perché, se questo rende schiavi gli
uomini, non è più civiltà. Che importa un forno elettrico acceso
in permanenza, se il tenerlo acceso esige il sacrificio della vita
spirituale anche di un solo operaio? Che importala comodità di
viaggiare senza interruzione, se questo deve abbrutire i ferrovieri,
quasi fossero creature senz'anima? (31)
Che
importa mantenere in continua vertiginosa attività gli opifici
colossali che poi, praticamente, servono a immiserire le nazioni? Si
rimane inorriditi nel leggere, per esempio, la relazione della
schiavitù cui sono sottomessi gli operai delle grandi fabbriche
americane, e molto più quella delle bestiali industrie
nazionalizzate della Russia. Si rimane spaventati nel sentir parlare
delle condizioni dei cercatori di perle, dei cacciatori di pelli, dei
minatori e di tante classi di uomini sacrificati alla tirannia
dell'industria e del guadagno. A che serve tutto questo? Quale
necessità può esservi di avere delle perle? E quale delitto non è
il condannare un povero negro o bianco che sia a morire di
consunzione per questo? Lo diciamo a fronte alta, sicuri di
interpretare lo spirito delle grandi parole di Gesù Cristo: tutto
quello che rende assillante la vita e non riguarda prima di tutto la
dignità umana e le necessità dello spirito, non solo non è civiltà
ma è barbarie, non solo non è progresso ma è regresso. Non si può
e non si deve in nessuna maniera rendere la vita un affanno per
molti, con lo specioso pretesto di renderla più comoda per gli
altri, perché questo è un ritorno più o meno larvato alla
schiavitù. Senza certe grandi industrie che praticamente danno
prodotti a volte meno accurati di quelli dell'artigianato, non si
avrebbe la pesante e sterile ricchezza di alcuni a danno degli altri,
e neppure i raffinati perfezionamenti degli strumenti di morte.
Quando non si cerca prima di tutto il Regno di Dio e la sua
giustizia, si acuisce il dissidio delle nazioni e dei popoli, perché
ognuno tende al proprio egoismo, e si hanno gli spaventosi frutti
della civiltà moderna che, a volte, ha tutto il carattere di
un'insidia diabolica (32).
Non
oscuriamo il sole della vita dell'anima con il fuligginoso fumo dei
fumaioli; non riduciamo la vita a una corsa affannosa senza meta,
perché questa è la rovina delle nazioni. Gli operai senza vita
spirituale — lo dimostra l'esperienza —sono delle tremende
riserve di esplosivo morale nelle convulsioni epilettiche dei popoli.
Cercano il respiro, cercano uno scopo alla vita, cercano la pace, e
poiché passano la giornata in una tensione terribile di nervi
unicamente per ingozzare un boccone e ricominciare daccapo, credono
facilmente ai sobillatori che danno loro prospettive di brutali
felicità e si gettano a capo fitto nell'abisso di ogni delitto
sociale, trascinandovi le nazioni, come si è visto in Spagna e in
tante parti del mondo. Non si può vivere sottoterra o sott'acqua:
abbiamo bisogno di cielo, di luce, di aria; e tutto questo ce lo dà
Gesù Cristo, dicendo: Cercate prima il regno di Dio e la sua
giustizia. L'anima non riposa nelle mefitiche sale dei dopolavoro o
nelle sbornie delle passioni: riposa nel Signore, nella sua parola,
nell'alimento spirituale. Il dopolavoro che si va introducendo nei
paesi d'ordine, per dare agli operai un diversivo, è praticamente un
soffocamento fatto con un preteso ossigeno (33).
Date
ai lavoratori una vita spirituale e la possibilità di coltivarla e
avrete dato loro il dopolavoro più vero e più tranquillo. L'anima
non si muta con le creazioni di ripieghi umani e materiali; un uomo
non può diventare un pesce, non può diventare alato solo perché
nuota o vola: ha bisogno di ritornare al suo ambiente di vita. Ora,
l'ambiente della nostra vita è l'elevazione spirituale, è il
respirare l'aura del Cielo, è il regno di Dio e la sua giustizia. Il
nostro domani non è tanto quello del tempo quanto quello
dell'eternità; al domani temporale ha promesso di pensarci Dio, al
domani eterno dobbiamo pensare noi, perché è premio della nostra
vita.
O
Signore, attiraci a te, e fa' che si muti questo triste andazzo del
mondo che tenta di stratificare di materia lo spirito immortale che
ci hai dato! Venga il tuo regno e la tua giustizia, venga il tuo
santo amore e infiammi tutte le anime del desiderio di te sopra tutte
le cose!
(30)"
Vi sono infatti fra i Santi molti che ebbero ricchezze e comodità
perché erano re, come san Ludovico, re di Francia, sant'Enrico
imperatore, ecc. Quello che conta davanti a Dio è l'uso che si fa
delle ricchezze; se esse vengono messe a servizio della comunità,
tutto va bene [nde].
(31)
Ormai le grandi fabbriche sono tutte uguali. L'uomo diviene una
semplice componente della catena di montaggio, non può più
esercitare la sua capacità, come avveniva un tempo, nelle attività
a carattere artigianale, che dovrebbero essere sempre favorite [nde].
(32)
E pensare che, quando Don Dolindo scriveva queste cose, non si
comprendeva la gravità della situazione della terra a causa degli
inquinamenti dell'aria, della terra e dei mari, che destano
inquietanti preoccupazioni su quella che potrebbe essere la sorte
autodistruttiva dell'umanità tra non molti anni [nde]
(33)
I dopolavoro spesse volte erano moralmente obbligatori e per tale
motivo allentavano i vincoli della famiglia, costringendo i
capifamiglia a trovarsi sempre fuori casa [nde].
Sac.Dolindo
Ruotolo – Tratto dal libro “ I Quattro Vangeli “ - da pag.187 a
pag.195
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