lunedì 17 giugno 2019

Non si può servire due padroni... Fiducia nella Divina Provvidenza...Tocca a noi scegliere quale dei due padroni vogliamo seguire...



L'anima che non cerca Dio solo sopra tutte le cose è divisa dall'opportunismo e facilmente accondiscende al mondo, pur pretendendo di conservarsi fedele al Signore. È questa la grande piaga che infetta il carattere cristiano e che dà origine a quei fedeli smidollati che si danno praticamente al male conservando solo la maschera del bene.
Eppure i principi di Gesù Cristo e quelli del mondo sono così opposti che non è possibile riconciliarli neppure con i ritrovati più o meno dissimulati della viltà e delle passioni, e perciò il Redentore ci ammonisce decisamente che non si può servire a due padroni. È anche impossibile concentrare tutta la vita nelle cure materiali e nella preoccupazione delle ricchezze e pretendere di concentrarla contemporaneamente nelle aspirazioni del Cielo, poiché quello che ci lega alla terra ci distacca da Dio. Perciò Gesù Cristo soggiunge: Non potete servire a Dio e a mammona, cioè, secondo il significato caldaico della parola, a Dio e alla ricchezza. Non dice: "Non potete avere Dio e la ricchezza", perché questo è stato possibile a tanti Santi, ma: Non potete servire, cioè dedicarvi con l'anima e con le forze (30).
La premura che hanno gli uomini di accumulare ricchezze è giustificata dalla necessità della vita, e da questo pretesto comincia in noi quella terribile passione per le cose terrene che degenera ben presto in avarizia. Perciò Gesù Cristo tronca alla radice la pessima pianta, dicendoci di non affannarci per l'alimento e per il vestito. Non dice di non pensarci, ma di non preoccuparcene fino al punto di dimenticarci di Dio e della fiducia che dobbiamo avere in Lui come Padre di tutte le sue creature. Dio vuole che lavoriamo per provvederci di cibo e il vestito, ma il lavoro non può e non deve diventare così assillante da troncare o danneggiare la vita dell'anima. Servendo Dio, il lavoro diventa una via di Provvidenza; trascurando Dio, s'isterilisce miseramente e diventa fonte di assillanti preoccupazioni, come dolorosamente si vede nelle famiglie e nelle nazioni che hanno dimenticato il Signore.

Gesù Cristo rafforza la nostra confidenza in Dio richiamando la nostra attenzione su quelle creature che, pur non lavorando o non avendo cura delle loro necessità, sono soccorse dalla bontà divina. Gli uccelli non seminano, non mietono e non riempiono granai, eppure trovano sempre il loro sostentamento; i gigli del campo, cioè quelli che crescono senza speciali cure del giardiniere, non lavorano e non filano, eppure Dio li veste così elegantemente che neppure Salomone, con tutta la sua gloria, vestì come uno di loro. Il Signore, che provvede con tanto amore a queste creature che passano dopo breve tempo, provvede con amore immensamente più grande a quelle che passano sulla terra per andare a Lui e per possederlo eternamente. Egli, dunque, vuole da noi questa testimonianza di abbandono filiale e questa confessione della sua dolcissima padronanza, ed esige che mettiamo come fondamento della vita non le preoccupazioni temporali ma quelle spirituali, non le nostre forze o la nostra abilità ma la benedizione divina, perché noi, con tutta la nostra preoccupazione, non siamo capaci di aggiungere alla statura già sviluppata un cubito, cioè mezzo metro, o alla vita, secondo il testo greco, un tempo di più. Siamo nelle mani di Dio e sottoposti alle sue leggi nello sviluppo fisico, e siamo nelle sue braccia paterne per ciò che riguarda l'alimento e ciò che è necessario ai bisogni quotidiani. Egli sa ciò che ci occorre, e solo chi non crede in Lui vivente, come i pagani, e ha come divinità degli idoli può credere di doversene preoccupare fino a ridurre la vita a una ricerca assillante del mangiare, del bere e del vestire. Dio vive veramente, è veramente, e vuol dimostrare la sua realtà provvedendo a chi cerca prima il Regno eterno e la sua giustizia, cioè la gloria divina e la santità della propria vita. Basta dunque pensare a quello che può servire ai bisogni quotidiani, basta a ciascun giorno il suo affanno, senza pretendere di dover assorbire tutte le attività per crearsi una posizione di sicurezza assoluta che praticamente non raggiunge neppure lo scopo di privarci dell'affanno quotidiano della vita. L'insegnamento di Gesù Cristo è di un'importanza grandissima e riguarda le basi medesime della vita cristiana e del carattere che deve distinguerla da quella dei pagani. Non si tratta soltanto di delicate esortazioni a confidare nella Divina Provvidenza, ma dell'indirizzo pratico della vita e della giornata, nel pellegrinaggio terreno. Si tratta di porre come fondamento la vita dello spirito e come accessorio la vita del corpo, mentre il mondo o quelli che pretendono essere anche suoi servi, essendo servi di Dio, stabiliscono come accessorio ciò che è spirituale, credendo esagerato tutto quello che si fa per l'anima, e riducono la vita a una preoccupazione assillante di guadagni, di ricchezze, di benessere, di divertimenti e di peccati che sono la rovina della vita stessa. Potremmo dire che in questo problema e nella sua risoluzione pratica si vede qual è la bandiera dei figli di Dio, e perciò è necessario approfondirlo. Certamente la vita materiale, con i suoi bisogni e le sue necessità, ci occupa e tenta di prendere il sopravvento sulla vita spirituale. Se si pensa solo a quel che occorre in una casa, al cibo, alla bevanda, alla biancheria, al vestito, all'arredamento, alle più piccole cose, c'è da credere che ne rimanga assorbita la giornata. Se si cucina, per esempio, occorre far prima la spesa, con le relative contrattazioni; poi bisogna preparare il cibo, e questo spesso assorbe ore intere; poi cuocerlo con cura, per evitare le possibili recriminazioni. Quando è pronto e va al desco familiare, dopo poco occorre ripulire le stoviglie, rimettere tutto a posto e poi ricominciare per la cena. Se viene la sarta o il sarto, il calzolaio, il barbiere, ecc., la giornata viene assorbita tutta, e se vengono occupazioni straordinarie sembra insufficiente. A questo si aggiungano il lavoro, l'ufficio, l'impiego, il commercio, e la vita appare attanagliata dalle premure temporali.
Che cosa si dà allo spirito e a Dio in tutto questo assillo quotidiano? Disgraziatamente nulla o quasi nulla, se non si crede addirittura la religione e la pietà una bega da teste vuote o da gente oziosa.
Gesù vuole demolire la concezione materialistica della vita
La vita è trascinata dall'andazzo moderno; è turbata dalle fatue necessità che vi ha creato il mondo con i suoi divertimenti obbrobriosi; è risucchiata dalle sventure che vi si accumulano e sembra un fatale cammino verso la morte e nulla più. Gesù Cristo vuole demolire questa concezione materialistica e vuole sostituire alla preoccupazione delle necessità della giornata la cura delle necessità spirituali; vuole alleggerire il peso delle preoccupazioni materiali con le dolcissime occupazioni spirituali; vuole dare alla vita la consistenza e l'appoggio non più sulle forze umane ma sulla Divina Provvidenza, promettendone con solenne affermazione l'assistenza materna nelle necessità quotidiane. Quello che avveniva nel deserto con la manna avviene nella vita veramente cristiana con la Provvidenza; come Dio provvedeva al popolo ebreo con un miracolo giornaliero — che è un fatto storico innegabile —, così vuol provvedere al nostro pellegrinaggio attraverso il deserto della vita con un miracolo silenzioso e quotidiano, quasi come la silenziosa caduta della manna. È una delle affermazioni sensibili della sua infinita Realtà ed è una delle testimonianze quotidiane della nostra fiducia che Egli esige da noi. Nella Provvidenza quotidiana Egli vuol farsi sentire, nella nostra fiducia noi dobbiamo confessarlo vero Dio vivente: da questi due poli viene a noi ciò che occorre alla vita corporale. È un atto di fede che ci richiede, e non di fede sterile ma pratica, alla quale promette di rispondere e risponde di fatto, anche con miracoli silenziosi della sua Provvidenza.
I Santi, che gli hanno reso questa testimonianza di fede, hanno toccato con mano la risposta della sua Provvidenza; basterebbe pensare alla casa di san Giuseppe Cottolengo a Torino. Le famiglie che mettono alla base della loro vita le cure dello spirito lo toccano con mano; nelle nostre medesime conoscenze ne abbiamo esempi pratici. È un campo nel quale Dio si fa scorgere, purché l'anima riposi in Lui e cerchi il suo regno e la sua giustizia, servendolo e osservando la sua Legge. È questo il principio più sicuro di economia domestica e sociale che bisogna avere il coraggio e la fede di applicare per vederne i frutti.
Una nazione che pone veramente — e non per ipocrita politica —alla base della sua vita i doveri verso Dio e l'osservanza della sua Legge e dei precetti della Chiesa è una nazione sulla quale cade la manna della benedizione. Una famiglia che mette come fondamento della sua vita quotidiana la preghiera, la Santa Messa, la Comunione, il Rosario, l'onestà, la fedeltà ai digiuni, alle feste, alle leggi della Chiesa, e non fa questo per abitudine ma per fede, confidando in Dio, è una famiglia che non manca mai del necessario, anzi dell'agiatezza. Dio non ci dà il superfluo quando interviene con una speciale Provvidenza, perché il superfluo non serve alla vita e può nuocere allo spirito: ci dà il necessario, giorno per giorno, con ricami di bontà che commuovono. Non ci anticipa nulla, perché è fedele e non ha bisogno di anticiparci nulla; risponde alla nostra fiducia e suscita l'intervento di tante cause seconde, delle quali si serve come ancelle della sua Provvidenza. Invece di cercare la soluzione dei problemi sociali in tante leggi di economia politica che non approdano a nulla bisogna cercarla nel porre come base della vita il Regno di Dio e la sua giustizia. Quindi gli orari d'ufficio e tutto l'andamento della nazione dev'essere subordinato alle esigenze dello spirito.
Perché l'economia moderna è un fallimento totale
Non si può e non si deve rendere la vita schiava del lavoro o della tirannide dell'industria, la quale porta praticamente la miseria, come dimostra il fallimento completo e clamoroso dell'economia moderna. Bisogna persuadersi che ciò che serve alla vita non può sostituire la vita. Non si può dire che la civiltà moderna esige un ritmo assillante di lavoro perché, se questo rende schiavi gli uomini, non è più civiltà. Che importa un forno elettrico acceso in permanenza, se il tenerlo acceso esige il sacrificio della vita spirituale anche di un solo operaio? Che importala comodità di viaggiare senza interruzione, se questo deve abbrutire i ferrovieri, quasi fossero creature senz'anima? (31)
Che importa mantenere in continua vertiginosa attività gli opifici colossali che poi, praticamente, servono a immiserire le nazioni? Si rimane inorriditi nel leggere, per esempio, la relazione della schiavitù cui sono sottomessi gli operai delle grandi fabbriche americane, e molto più quella delle bestiali industrie nazionalizzate della Russia. Si rimane spaventati nel sentir parlare delle condizioni dei cercatori di perle, dei cacciatori di pelli, dei minatori e di tante classi di uomini sacrificati alla tirannia dell'industria e del guadagno. A che serve tutto questo? Quale necessità può esservi di avere delle perle? E quale delitto non è il condannare un povero negro o bianco che sia a morire di consunzione per questo? Lo diciamo a fronte alta, sicuri di interpretare lo spirito delle grandi parole di Gesù Cristo: tutto quello che rende assillante la vita e non riguarda prima di tutto la dignità umana e le necessità dello spirito, non solo non è civiltà ma è barbarie, non solo non è progresso ma è regresso. Non si può e non si deve in nessuna maniera rendere la vita un affanno per molti, con lo specioso pretesto di renderla più comoda per gli altri, perché questo è un ritorno più o meno larvato alla schiavitù. Senza certe grandi industrie che praticamente danno prodotti a volte meno accurati di quelli dell'artigianato, non si avrebbe la pesante e sterile ricchezza di alcuni a danno degli altri, e neppure i raffinati perfezionamenti degli strumenti di morte. Quando non si cerca prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, si acuisce il dissidio delle nazioni e dei popoli, perché ognuno tende al proprio egoismo, e si hanno gli spaventosi frutti della civiltà moderna che, a volte, ha tutto il carattere di un'insidia diabolica (32).
Non oscuriamo il sole della vita dell'anima con il fuligginoso fumo dei fumaioli; non riduciamo la vita a una corsa affannosa senza meta, perché questa è la rovina delle nazioni. Gli operai senza vita spirituale — lo dimostra l'esperienza —sono delle tremende riserve di esplosivo morale nelle convulsioni epilettiche dei popoli. Cercano il respiro, cercano uno scopo alla vita, cercano la pace, e poiché passano la giornata in una tensione terribile di nervi unicamente per ingozzare un boccone e ricominciare daccapo, credono facilmente ai sobillatori che danno loro prospettive di brutali felicità e si gettano a capo fitto nell'abisso di ogni delitto sociale, trascinandovi le nazioni, come si è visto in Spagna e in tante parti del mondo. Non si può vivere sottoterra o sott'acqua: abbiamo bisogno di cielo, di luce, di aria; e tutto questo ce lo dà Gesù Cristo, dicendo: Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia. L'anima non riposa nelle mefitiche sale dei dopolavoro o nelle sbornie delle passioni: riposa nel Signore, nella sua parola, nell'alimento spirituale. Il dopolavoro che si va introducendo nei paesi d'ordine, per dare agli operai un diversivo, è praticamente un soffocamento fatto con un preteso ossigeno (33).
Date ai lavoratori una vita spirituale e la possibilità di coltivarla e avrete dato loro il dopolavoro più vero e più tranquillo. L'anima non si muta con le creazioni di ripieghi umani e materiali; un uomo non può diventare un pesce, non può diventare alato solo perché nuota o vola: ha bisogno di ritornare al suo ambiente di vita. Ora, l'ambiente della nostra vita è l'elevazione spirituale, è il respirare l'aura del Cielo, è il regno di Dio e la sua giustizia. Il nostro domani non è tanto quello del tempo quanto quello dell'eternità; al domani temporale ha promesso di pensarci Dio, al domani eterno dobbiamo pensare noi, perché è premio della nostra vita.
O Signore, attiraci a te, e fa' che si muti questo triste andazzo del mondo che tenta di stratificare di materia lo spirito immortale che ci hai dato! Venga il tuo regno e la tua giustizia, venga il tuo santo amore e infiammi tutte le anime del desiderio di te sopra tutte le cose!

(30)" Vi sono infatti fra i Santi molti che ebbero ricchezze e comodità perché erano re, come san Ludovico, re di Francia, sant'Enrico imperatore, ecc. Quello che conta davanti a Dio è l'uso che si fa delle ricchezze; se esse vengono messe a servizio della comunità, tutto va bene [nde].
(31) Ormai le grandi fabbriche sono tutte uguali. L'uomo diviene una semplice componente della catena di montaggio, non può più esercitare la sua capacità, come avveniva un tempo, nelle attività a carattere artigianale, che dovrebbero essere sempre favorite [nde].
(32) E pensare che, quando Don Dolindo scriveva queste cose, non si comprendeva la gravità della situazione della terra a causa degli inquinamenti dell'aria, della terra e dei mari, che destano inquietanti preoccupazioni su quella che potrebbe essere la sorte autodistruttiva dell'umanità tra non molti anni [nde]
(33) I dopolavoro spesse volte erano moralmente obbligatori e per tale motivo allentavano i vincoli della famiglia, costringendo i capifamiglia a trovarsi sempre fuori casa [nde].

Sac.Dolindo Ruotolo – Tratto dal libro “ I Quattro Vangeli “ - da pag.187 a pag.195

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