sabato 23 maggio 2020

I DONI DELLO SPIRITO SANTO - del Servo di Dio - Padre Ildebrando Antonino Santangelo



I doni dello Spirito Santo sono doni soprannaturali per cui le facoltà dell'anima si dispongono ad obbedire prontamente alle ispirazioni dello Spirito Santo.
Essi sono l'antidoto al peccato originale che ha guastata la natura umana e inclinata al male; essi non le tolgono la corruzione, né sostituiscono la volontà umana nel volere il bene, ma la illuminano e la fortificano. Come è un dono la vita soprannaturale, così è un dono tutto quello che produce o sviluppa la vita soprannaturale stessa.
L'uomo ripieno di Spirito Santo è incessantemente sospinto verso la santità come aerostato ripieno di gas leggero e sospinto verso l'alto. È necessario pregare sempre, umilmente e fervidamente, lo Spirito Santo affinché discenda in noi e ci porti i suoi sette doni: SAPIENZA, INTELLETTO, CONSIGLIO, FORTEZZA, SCIENZA, PIETA, TIMOR DI DIO.

I - SAPIENZA

La sapienza è la disposizione a considerare e a gustare il bene. Per essa comprendiamo come quello che non è eterno è nulla; come un bene per essere vero e desiderabile deve essere eterno, sia esso la bellezza o la verità, il piacere o l'amore. Conseguentemente per essa gustiamo solo ciò che tale bene eterno riflette, annunzia o fa raggiungere.
Non vi sono diverse sapienze, ma una sola sapienza: quella cristiana, perché non vi è che un solo bene, assoluto ed eterno, contenente ogni gioia ed ogni piacere: Dio ed il Corpo Mistico di Gesù.
Ogni altro bene o è vano come un sogno, o è nocivo come una pillola di veleno con una patina di zucchero.
Ogni altra sapienza che fa dimenticare il bene eterno e la bellezza infinita è vana. Sono vane le lettere, le arti, la legge, la tecnica, la politica, ecc., eccetto che non siano rivelazione del Vero e mezzo per raggiungere il Bene.
Ogni altra sapienza che fa perdere il gusto del Vero e del Bene è dannosa: l'arte del successo nella società mondana, negli affari, il culto della bellezza, della moda, le morali, i sistemi condannati dalla Chiesa, ecc.
Il sapiente gusta solo Dio, Gesù, il Corpo Mistico; cerca solo ciò che gli raffina l'anima e il corpo e lo mette in condizione di poter meglio gustare per tutta l'eternità la visione beatifica di Dio e la Comunione dei Santi.
Quindi l'uomo sapiente gusta innanzitutto la Comunione in cui riceve misteriosamente Colui che formerà la sua felicità eterna: Gesù, suprema bellezza, bontà, verità, gusta la preghiera in cui si mette in comunicazione e in contemplazione dell'Amore infinito e cerca di stare, compatibilmente coi suoi doveri, il più possibile solo per pregare; ha il gusto del raccoglimento, del nascondimento, della carità, dell'apostolato, delle mortificazioni, di ogni altra virtù; ha il gusto della meditazione, delle letture spirituali e di tutto quanto parla di Dio; ha il gusto dell'amicizia colle persone buone, di quelle che saranno con lui in Paradiso e tanto più le ama e gode della loro compagnia quanto più esse sono fervorose e quanto più portano a Dio.
Al contrario l'uomo sapiente non ama di stare colla folla; non gusta i balli, i divertimenti, i cinema, gli stadi, le visite, le chiacchere inutili, gli amori peccaminosi, gli affetti puramente naturali, ecc.
Come chi ha mangiato un dolce squisito subito dopo trova scipito i cibi comuni, così chi gusta veramente la sapienza eterna, trova poi scipito ogni divertimento, ogni piacere, ogni amore mondano.
L'opposto della Sapienza divina è la sapienza mondana. Questa è falsa sapienza; è il gusto del vano e del male. Tale sapienza è stoltezza perché fa dimenticare, trascurare e infine perdere i beni eterni. Le forme della sapienza umana sono tre:
- sapienza terrena, che è il gusto degli affari, del denaro e dei beni della terra;
- sapienza animale che è il gusto dei piaceri della carne;
- sapienza diabolica, che è il gusto di sé, delle lodi, della fama e della potenza. La massima parte degli uomini posseggono solo questa sapienza umana; sono come quegli stolti che fanno andare alla malora i loro affari e i loro beni e cercano la loro felicità nei sogni o negli stupefacenti.
« Infinito è il numero degli stolti », ci avverte la Sacra Scrittura (Eccles. 1,19). Costoro sono uomini animali, i quali non capiscono le cose dello spirito. Dio è infinitamente prezioso e non mostrerà la sua faccia a coloro che non vogliono gustarlo né cercarlo in terra; è infinitamente geloso del Corpo Mistico e non permetterà che ne goda la comunione eterna chi non ne desidera la comunione in terra.
Per conoscere se la tua sapienza è cristiana o umana devi esaminarti:
qual è la sorgente dei tuoi piaceri e dei tuoi turbamenti, in che cosa il tuo cuore trova il proprio riposo e la propria soddisfazione, quali cose maggiormente desideri e pensi?
Forse già capisci quali sono le cose che devi gustare, ma non riesci a gustarle. Non ti resta che fare come il convalescente: comincia a mangia senza gusto, quindi con poco, quindi con molto, man mano che la salute ritorna florida.
Comincia a lasciare i divertimenti, le cure e i piaceri mondani sia pure con grande sacrificio, finché ne perderai il gusto; cominciare a pregare, a praticare le virtù cristiane, ad accostarti ai sacramenti finché te ne verrà il gusto.
Prega tanto il Signore che ti faccia trovare amaro ogni piacere mondano e ti dia il dono della sapienza.

II - INTELLETTO

L'intelletto è la comprensione delle verità della fede: quindi la penetrazione del senso della Sacra Scrittura, l'intuizione dei misteri della creazione, della grazia e della gloria e lo stimolo stesso a queste cose voler comprendere e meditare.
1. Sacra Scrittura
Essa è come il cielo. In questo coi più potenti telescopi si scoprono abissi insondabili, grandezze sbalorditive; semplici luci che sembravano stelle appaiono nebulose e dove l'occhio nudo non vedeva nulla si vedono miriadi di stelle e nebulose.
Ancora la Sacra Scrittura non ci ha rivelato tutte le sue luci, ma prima della fine del mondo esse saranno intuite. Sorgeranno gl'intelletti più acuti e illuminati dallo Spirito Santo per approfondire le Sacre Scritture così come son sorti i telescopi più potenti per scrutare le stelle.
È necessario per formarsi le idee e vivere più profondamente la vita cristiana leggere molto e meditare con intelletto d'amore le Sacre Scritture, particolarmente il Nuovo Testamento.
2. I misteri della creazione
Tutto quanto esiste, esiste perché è stato creato. Tu stesso sei perché Dio ti ha creato. Gli innumerevoli puntini luminosi del cielo notturno, gl'infiniti spazi celesti, le evoluzioni immemorabili della materia e dei viventi, questa microscopica intelligenza che con un microscopico occhio tutto contempla e tutto misura sono prove della creazione. Senza Dio non si spiega l'universo; senza l'universo non si spiega l'uomo; senza l'uomo non si spiega Cristo; e viceversa, senza Cristo non si spiega l'uomo, senza l'uomo non si spiega l'universo; senza l'universo non si spiega a noi Dio.
L'intelligenza, illuminata da Dio, vede chiaramente l'origine e l'arrivo delle cose, i fini che reggono l'evoluzione universale: la materia per i viventi, i viventi per l'uomo, l'uomo per Cristo, Cristo per Dio; Dio che tutto produce nel suo atto creativo eterno, che tutto continuamente sostiene perché non cada nel nulla, che tutto a sé dirige con sapienza infinita e tutto a sé fa giungere per mezzo di Cristo e in Cristo.
L'uomo intelligente si lascia condurre da Dio vivendo cristianamente per essere un ingranaggio dell'evoluzione universale della divina economia per trovare alfine in Dio stesso il suo fine, la sua quiete e la sua felicità.
3. I místeri della grazia e della gloria
Essi sono i problemi più interessanti per te e per tutti gli uomini. Tutti gli altri problemi, quelli che sembrano i più interessanti ed urgenti, come quelli della salute, della professione, del pane o del piacere sono infinitamente più piccoli. Tu vali perché sei redento. Senza di Cristo non ti sarebbe a nulla giovato il nascere. Dopo Cristo è una fortuna inestimabile l'esistere.
L'artefice della tua grandezza, il mezzo per cui puoi realizzare te stesso e tutte le tue aspirazioni è la grazia. Lo scopo, il coronamento dell'esistenza e della grazia è la gloria.
L'interesse e la ricerca dei problemi e dei beni umani, quando non sono coordinati con quelli eterni, sono una perdita di tempo e, quasi sempre, finiscono per essere una rovina. Quando la massaia getta ai polli la spazzatura dell'aia dopo la trebbia, i polli beccano il frumento e lasciano le pietruzze e la terra. Invece gli uomini, gettandosi sui beni donatici da Dio, pigliano le pietre e la terra e lasciano la grazia, i sacramenti e le virtù che l'aumentano, perdendo, infine, la gloria. Non ci può essere atto più grande di ignoranza e di stoltezza.
Coloro che hanno il dono dell'intelletto sono specializzati come i banchieri nel conoscere e nel raccogliere i valori veri e scartare quelli falsi; quelli che vedono solo con gli occhi carnali e ragionano senza la fede sono specializzati a rovescio, a raccogliere cioè solo i valori falsi e a stracciare quelli veri. Il loro occhio è invertito come la pellicola fotografica: vede luci ove son ombre ed ombre dove sono luci.
Iddio che vede dall'alto si ride delle loro carte valori, delle loro cartelle, dei loro castelli, delle loro superbe realizzazioni, dei loro crucci, dei loro piaceri destinati tutti a scomparire nel nulla.
Per uno che guarda dall'alto questi lavoratori delle città e delle campagne sono come una torma di monelli che fabbricano col fango e coi cocci delle casette che cadranno al primo urto o al primo soffio di vento; questi industriali, questi banchieri e questi commercianti sono come dei ragazzi che giocano e commerciano coi bottoni, colle figurine dei divi e colle marche di sapone; questi potenti e questi signori sono come dei dementi che pigliano la posizione di personaggi celebri; questi professori, questi scrittori, questi artisti e questi campioni sono come dei giocolieri o dei cantastorie che intrattengono allegramente i passeggeri ignari in una nave che affonda; questi costruttori e questi scienziati sono dei solenni fabbricatori di giocattoli in tempo di guerra. E che altro sono questi grattacieli, queste dighe, queste bombe H dinanzi alle opere di Dio, per es. all'esplosione delle stelle Novae? E frattanto c'è la guerra di Satana contro la città di Dio e gli uomini vanno all'inferno.
E gli uomini allontanano l'intelligenza dalla conoscenza e dalla meditazione delle cose eterne e dai misteri della rivelazione e si convertono alle favole dei cinema e ai nonnulla di questo mondo.
Le attività umane hanno un valore solo quando sono dirette alla meta, cioè come penitenza o come obbedienza o come prova d'amore a Dio; le professioni umane hanno valore quando vengono concepite ed attuate come una missione e come mezzo per la realizzazione del regno di Dio nel mondo.
Prega lo Spirito Santo perché ti dia l'intelligenza dei santi, perché la tua intelligenza sia un riflesso e non una parodia dell'intelligenza di Dio.

III - CONSIGLIO

Il consiglio è la giusta scelta dei mezzi per arrivare al fine. Il fine generale delle nostre attività deve essere la maggior gloria di Dio ed il bene delle anime. Ma spesso non è meglio quello che tale apparisce: un'opera buona potrà fallire od anche risolversi in danno; un'altra potrà divenire talmente imbarazzante da colmarci di preoccupazioni e di umiliazioni fino a farci perdere ogni frutto e la stessa pace e vita interiore. Spesso in una scelta pigliamo la determinazione che ci farà perdere tempo, energie e denaro e lasciamo quella di sicuro effetto o di minore dispendio.
Come si fa a sapere ciò che è bene o ciò che è meglio scegliere? Col dono del consiglio.
A tal fine bisogna pregare lo Spirito Santo prima di agire e quindi attendere i suoi lumi. Molti non si raccolgono mai sufficientemente nella riflessione e nell'orazione prima di scegliere e non danno allo Spirito Santo il tempo di illuminarli. Chi sceglie frettolosamente si espone sempre a sbagli o a fallimenti.
Quando però si è sicuri della volontà di Dio non bisogna perdere tempo ad operare; si debbono subito affrontare coraggiosamente le situazioni.
Per scegliere con più sicurezza dobbiamo accertarci:
a) di non agire in quella maniera per farci vedere o per irritazione o per timore del maggior sacrificio o per un affetto naturale o per abitudine;
b) di essere disposti a fare il contrario se lo Spirito Santo ci illuminasse diversamente.
Prima di scegliere dobbiamo metterci in stato di indifferenza all'una cosa o all'altra, a fare o a non fare, e quindi ci determiniamo per quello che ci apparirà la volontà di Dio. Se una cosa o un'attività la vogliamo a qualunque costo, senza essere disposti a sacrificarla se non ci fosse la volontà di Spirito Santo, né ad attendere l'illuminazione dello Spirito Santo, noi operiamo per volontà propria e sprechiamo tempo e fatiche.
Il consiglio è un dono necessario per santificarci. La santità consiste infatti nel fare la volontà di Dio; e poiché questa non sempre ci appare chiaramente, bisogna scoprirla. È la mancanza di consiglio la causa dei nostri passi sbagliati; passi spesso grandi, ma fuori via. Il mondo è pieno di santi falliti, l'inferno è pieno di eletti falliti, la Chiesa è piena di innumerevoli opere piccole e grandi fallite per mancanza di consiglio.
Bisogna molto pregare lo Spirito Santo perché sempre ci illumini, ci ispiri e ci dia la fortezza di eseguire le sue ispirazioni. Intanto è bene far tutto sempre per la gloria di Dio e per il bene delle anime; allora se anche non riusciremo all'ideale, per lo meno non avremo perduto il tempo e le forze. Iddio resterà sempre glorificato e si servirà delle umiliazioni dei nostri fallimenti per il nostro progresso spirituale.

IV - FORTEZZA

La fortezza è la disposizione infusa dallo Spirito Santo che ci rende fermi dinanzi alle tentazioni, fedeli alla legge di Dio e ai doveri del nostro stato, costanti nei nostri propositi, risoluti dinanzi alle ispirazioni ed ai sacrifici, resistenti nelle fatiche, animosi dinanzi ai pericoli, pazienti nelle avversità, nei dolori, nelle persecuzioni e nella morte.
Senza questa virtù è impossibile salvarsi. È essa che dà la perseveranza nel bene e la perseveranza finale. Il grado in cui la si possiede determina il nostro grado di perfezione.
La fortezza è la radice e la consumazione di tutte le virtù. Tutte le virtù esigono forza. Virtù, forza e valore son termini che si equivalgono. Perciò Gesù ha detto: « Il regno dei cieli patisce violenza ed i violenti lo rapiscono » (Mt. 11,12).
La santità esige la pratica di tutte le virtù portata fino all'eroismo; esige la mobilitazione e l'impegno di tutte le energie fisiche e psichiche.
Si può pregare quanto si voglia per santificarsi; si ottiene solo, ed è molto, la forza di affrontare i sacrifici. Per riuscire di fatto a santificarsi bisogna lanciarsi alla lotta. Siamo noi che dobbiamo pigliare la croce, portarla ed infine morirvi, non altri per noi. Sono molti che tutto questo lo sanno bene, ma pochi quelli che pazientemente lo praticano. Per questo son pochi i santi.
Per cominciare bisogna avere il coraggio di chiedere al Signore con convinzione il dono della fortezza. S. Agostino, prima della conversione, aveva tale paura della vita cristiana da non voler pregare Dio di dargli la forza di convertirsi, per timore di essere da Dio ascoltato e dovere quindi rinunziare alla mala vita.
Bisogna avere coraggio e, nello stesso tempo, fiducia nell'amore di Dio che non permetterà che noi veniamo tentati e caricati sopra quello che possimo portare e che ci darà sempre la forza di cavarne bene da ogni prova. « Dio è fedele e non permetterà che siate tentati sopra quello che potete portare» (1 Cor. 10,13).
Guai al soldato che ha paura. Il nemico si fa forte della paura dell'avversario. È tattica di ogni avversario far paura al contendente con minacce e con apparato di potenza. Il demonio, che conosce bene la psiche umana, ha impostato la sua lotta ed ha ottenuto il suo impero giocando sulla paura.
Mette paura della conversione facendo vedere la vita cristiana monotona, terribile, impossibile; ne calca l'aspetto negativo di rinuncia e di sacrificio e ne oscura quello positivo della pace in terra e della felicità in cielo.
Mette paura degli altri per toglierci il coraggio delle nostre idee e dei nostri atti virtuosi; ci mostra l'opinione pubblica come un mostro che bisogna tenere abbonito; il giudizio degli altri come un oracolo che può distruggere il nostro nome.
Mette paura nelle persone religiose dei peccatori che presenta come gente perduta, invincibile e ripugnante; nei peccatori verso le persone religiose che presenta come fanatiche, ipocrite, interessate, ripiene di vizi nascosti.
Chi ha il dono della fortezza non teme nulla; teme solo Dio. Sa che i giudizi degli uomini sono un fumo; che le ingiurie ricevute sono titoli di meriti, che il peggior guaio che gli possa capitare (quello di morire per la propria fede o per il proprio dovere) si cambia nella massima fortuna.
I santi ci hanno dato esempi mirabili di fortezza.
Gli apostoli, prima pavidi, riempiti quindi dallo Spirito Santo, divennero intraprendenti e forti e, sfidando pericoli e tormenti, annunziarono il Vangelo nel mondo allora conosciuto.
S. Paolo affrontò lunghi ed apri viaggi, flagellazioni, lapidazioni, naufragi, stenti, fame e infine la decapitazione.
S. Giovanni Crisostomo subì lunghe e snervanti persecuzioni dall'imperatrice Eudossia per non volere aderire allo scisma. Domandandogli un giorno l'imperatrice, per colpirlo nel punto debole, che cosa temesse di più, egli rispose: « Il peccato N. L'imperatrice disarmò; capì che con simili uomini non c'era nulla da fare.
S. Ignazio di Smirne, mentre veniva condotto a Roma in catene, aveva il solo timore di poter venire sottratto al martirio e scrisse ai romani perché non brigassero per lui, ma lo lasciassero divorare dalle belve.
S. Giovanna di Chantal per farsi monaca passò sul corpo dei suoi figli, distesi sulla soglia della porta per non farla passare.
S. Tommaso d'Aquino, rinchiuso dai fratelli in prigione perché desistesse dal proposito di farsi monaco, assalì con un tizzone la giovane venuta a tentarlo.
S. Benedetto e S. Francesco si gettarono in un roveto per liberarsi da tentazioni impure.
Milioni di martiri hanno affrontato in ogni tempo i tormenti e la morte per testimoniare la propria fede.
Milioni di missionari hanno lasciato i parenti, la civiltà, le comodità per terre lontane ove hanno trovato disagi d'ogni genere, malattie e spesso anche persecuzione e morte: migliaia d'altri si sono confinati a vita nei lebbrosari colla certezza di contrarre la lebbra nella cura degli ammalati.
S. Tommaso Moro per non volere aderire allo scisma fu imprigionato ed ebbe confiscati tutti i suoi beni. La regina Elisabetta, dopo averne spezzata la fibra coi maltrattamenti, per piegarlo gli fece dire che tutti, perfino i sacerdoti ed i vescovi, avevano abiurato la fede cattolica. Il santo rispose: « Se anche tutto il mondo ha abiurato, resterò io solo cattolico in compagnia degli angeli e dei santi ».
Della fortezza ne hanno particolare bisogno gli apostoli che debbono affrontare le potenze del male visibili e invisibili. Bisogna che essi abbiano assoluta fiducia nella superiorità e nell'onnipotenza di Dio.
Tutto è soggetto a Dio. Dio tiene gli uomini e i demoni, i trust e gli eserciti nelle sue mani come uccelli al filo. Li fa volare finché vuole, finché le loro male opere potranno essere utili per i suoi santi e per la sua Chiesa e al momento opportuno li ritira e li annienta.
Per Dio ogni colosso ha i piedi d'argilla: gli basta un nonnulla per abbatterlo. Tutta la storia della Chiesa sta a testimoniarlo.

V - LA SCIENZA

La scienza è la conoscenza di noi stessi, degli altri, e delle cose tutte in rapporto con Dio. Da questa conoscenza dipendono i nostri affetti, le nostre attività e le nostre relazioni; in una parola la nostra perfezione.
È necessario pregare lo Spirito Santo che ci dia il dono della scienza.
1. Conoscenza di noi
Dobbiamo conoscere noi stessi in rapporto a Dio. È ugualmente pericoloso conoscere noi senza conoscere Dio e conoscere Dio senza conoscere noi. Cadremmo rispettivamente nella superbia o nella disperazione. Non basta conoscere noi in rapporto con noi stessi o al prossimo. Possiamo apparire galantuomini o incensurabili ed essere invece per Dio dei delinquenti. Dio vede le nostre occulte azioni, i nostri moti di lussuria, di ira, di antipatia, di gelosia, i nostri occulti pensieri, scopi, ecc. Dobbiamo conoscerci quali siamo dinanzi a Dio, perché noi realmente siamo quali a lui appariamo.
Contemporaneamente però dobbiamo conoscere Dio in tutta la sua infinita misericordia e pazienza, sempre disposto a perdonare quando a lui umilmente ritorniamo ed a cavare del bene da tutti i nostri peccati e da tutti i nostri pasticci, quando vogliamo fermamente ricominciare la nostra ascesi. È ancora più pericoloso non conoscere né Dio né noi. Allora facilmente si accumulano in noi tutti i peccati della terra.
Di tutto è capace chi non conosce né Dio, né se stesso. C'è tutto da aspettarsi da lui: i peccati capitali, la malafede, il tradimento, i peccati contro natura e contro il genere umano, le aberrazioni più ignominiose.
Se tanti di questi peccati costui non commette è perché gli manca l'occasione.
Chi siamo noi?
Alcuni sostengono che siamo angeli che poi la società e le condizioni economiche rendono demoni; altri sostengono che siamo talmente corrotti da non poterci redimere, come le bestie; in ogni caso siamo irresponsabili.
In verità noi non siamo né angeli, né demoni, né bestie. Siamo degli esseri dalla natura fondamentalmente buona, viziata però dal peccato originale.
C'è difficoltà ad essere buoni, maggiore a santificarci; ma con l'aiuto di Dio e la nostra buona volontà è tutto possibile. « Sotto di te è il tuo appetito, e tu lo dominerai », disse il Signore ad Adamo (Gen. n. 7).
Il male è che quasi mai ci conosciamo bene. Dopo aver creduto per lunghi anni di esserci conosciuti, spesso ci scopriamo dei difetti gravi: per es. di essere ancora attaccati al denaro, alla stima, a delle persone o a delle cose; di non essere stati mai pienamente retti nell'operare; di avere ancora viva la concupiscenza; di essere caparbi, falsi o esagerati, ecc.
Non conoscendoci non possiamo correggerci. Molti parlano di virtù o di orazione mentale quando invece debbono ancora attendere ad eliminare il peccato. Costruiscono senza fondamenta e fanno soltanto sogni.
Tanti altri sopravvalutano o sottovalutano le proprie qualità e capacità, la loro forza di volere, il loro giudizio, la loro resistenza al male, al sacrificio, ecc. Nel primo caso spunta la superbia, la presunzione, l'incostanza, la caduta; nel secondo l'indecisione, la mancanza di coraggio, di vasti piani, di grandi opere, di grande perfezione.
Molti non si fanno santi perché non credono di poterci riuscire come se a Dio fosse impossibile fabbricare un santo con della creta, sia pure la nostra.
2. Conoscenza degli altri
Bisogna conoscere il prossimo in rapporto a Dio. È ugualmente pericoloso conoscere Dio senza conoscere il prossimo e conoscere il prossimo senza conoscere Dio.
La nostra visione di Dio fuori del nostro punto di partenza e di osservazione, che è il Corpo Mistico, è inesatta. È come chi volesse conoscere una stella prescindendo dalla costituzione, dall'atmosfera e dalla velocità della terra. Altrettanto sbagliata è la conoscenza del prossimo fuori del piano di Dio: allora ci attirerà o ci respingerà per ciò che è in sé stesso e non per ciò che è per Dio.
Il prossimo è realmente solo quello che è dinanzi a Dio.
Le vesti, la forma, sono l'astuccio dell'anima, la maschera del vero corpo che avremo nella resurrezione. Un aspetto comune o anche poco simpatico può nascondere e non raramente nasconde un'anima eccezionale che splenderà e incanterà la corte celeste: un uomo o una donna affascinanti possono nascondere e quasi sempre nascondono un'anima bruttissima che appesterà maggiormente l'inferno.
Cerca di vedere il prossimo con l'occhio di Dio: passino gli uomini dinanzi a te come dinanzi al proiettore dei raggi X nella camera schermata: spogli delle vesti, dei trucchi, della carne, ridotti allo scheletro, all'essenza, colla bellezza delle loro virtù o colla bruttezza dei loro peccati. Allora sentirai simpatia solo per i buoni, per quanto insignificanti, e antipatia solo per i cattivi, per quanto seducenti. Allora stimerai veramente la bontà, l'umiltà, il sacrificio, la purezza, la carità, l'interiorità; detesterai veramente la superbia, la procacità, la libidine, lo sfarzo, l'egoismo.
Bisogna che una cosa sola ci attiri alla gente mondana: non la loro bellezza o il loro denaro o il loro successo, ma la compassione della loro sventura per l'inferno aperto ai loro piedi, e il desiderio di salvarli.
Una conoscenza più profonda degli uomini debbono averla coloro che si dedicano all'apostolato. Ogni anima è un labirinto; ogni cuore è un giardino incolto aperto ai venti. Tuttavia ogni essere ha il punto franco serbatosi da Dio per potere agire su di lui. Facendo leva su quel punto si può determinare la salvezza o anche la santificazione di quell'individuo: è una sua particolare tendenza o una particolare circostanza. Chi ha il dono della scienza sa cogliere quel determinato punto o momento della grazia.
Tutte le tendenze umane in ultima analisi si riducono al desiderio della realizzazione piena della propria personalità e della felicità; tendenze fondamentalmente buone e realizzabili solo da Gesù nel Corpo Mistico, ma pervertite e sviate dalla società e dal diavolo. Ogni personalità ha caratteristiche differenti: o è inclinata alla grandezza, o alla scienza, o alle arti, o al piacere, o alla bellezza, o alla musica, ecc. È quello il punto sul quale bisogna fare leva. Quando si conosce un uomo si hanno in mano i fili per saperlo guidare, così non vi sono santi perché mancano guide di santi.
3. Conoscenza delle cose
Dobbiamo conoscere le cose in rapporto a Dio, cioè nel modo con cui Dio ha stabilito che ci servissimo di esse. Per cose si intendono i beni materiali, i doveri del nostro stato, le nostre relazioni.
È ugualmente pericoloso conoscere Dio senza conoscere le cose e conoscere le cose senza conoscere Dio. Nel primo caso ci perderemo nell'illusione di amare Dio e di vivere vita perfetta trascurando i mezzi da Dio disposti per realizzarla; nel secondo ci perderemmo in una vita puramente naturale, vuota di ogni amore di Dio, di ogni grazia e di ogni merito.
E innanzi tutto è necessario andarci a collocare nel posto preciso riservato a noi dall'economia divina, facendo rettamente la scelta del nostro stato.
Dio ha destinato la nostra santificazione in uno stato determinato, ed in esso ha tutto coordinato alla nostra santificazione. Chi non segue la chiamata di Dio allo stato più perfetto o ad un tenore di vita più perfetto non potrà mai santificarsi; potrà però lo stesso salvarsi corrispondendo alle grazie ordinarie.
Per santificarci dobbiamo saperci servire di tutte le cose: dei cibi per mantenere e recuperare le energie fisiche da spendere nel servizio di Dio e del prossimo; del denaro per mangiare, vestirci e spendere il resto nelle opere di apostolato e di carità; delle relazioni colle persone per le loro anime o per le nostre opere di carità o di apostolato, ecc.
Bisogna assolutamente evitare di perdere tempo o denaro o energie in rapporti o in opere puramente naturali, peggio peccaminosi.
Le cose tutte debbono servirci per avvicinarci maggiormente a Dio, non per staccarci da lui. Questa è la vera scienza delle cose, la scienza di Dio.
Bisogna infine evitare un grave pericolo nelle stesse attività apostoliche o caritative: quello di distaccarci dall'orazione mentale e di svuotarci della vita interiore.

VI – PIETA’

La pietà è la disposizione che ci inclina a rispettare e ad amare Dio e le cose sue, cioè le sue rivelazioni e le sue creature.
La pietà verso Dio ci inclina a ricordarlo, a ricordare gli atti del suo amore infinito: la creazione, l'incarnazione, la passione, l'Eucarestia, la resurrezione, l'ascensione; a glorificarlo per la creazione, ad adorarlo e ringraziarlo per l'incarnazione e passione, a compiangerlo per i suoi dolori, a fargli compagnia e riceverlo nell'Eucarestia, a rallegrarci per la sua resurrezione, a desiderare il suo ritorno dal cielo.
Tutti questi sentimenti sono frutto della pietà e la pietà, a sua volta, è dono dello Spirito Santo. Un cuore senza lo Spirito Santo è come un ciottolo; per quanto lo si sprema non ne esce una goccia di devozione. Bisogna molto pregare lo Spirito Santo perché ci dia il dono della pietà e faccia sprigionare dal nostro cuore duro le fiamme dell'amore di Dio.
Recita ogni giorno il « Veni, Creator Spiritus » o la sequenza di Pentecoste.
L'ostacolo dello Spirito Santo è il peccato. Il peccato è come l'acqua, che se forte estingue il fuoco della devozione, se leggera lo smorza.
Quando non ti spuntano più affetti nella preghiera o non sai più pregare fa un esame; probabilmente hai fatto qualche peccato o t'è spuntato qualche affetto disordinato a cose o a persone. Rimuovi l'ostacolo e tornerà la devozione. Se nulla di male trovi in te allora si tratta di aridità che il Signore ti manda per confermarti nella devozione di volontà.
La pietà verso le rivelazioni di Dio ci inclina a venerare le sacre scritture, a leggerle sempre come un oracolo, a rispettare le devozioni suscitate da Dio. Il volersi attenere a una devozione razionale, il non voler riconoscere le rivelazioni private fondate su opinioni teologiche di altri e le devozioni approvate dalla Chiesa, il disprezzare le preghiere vocali, gli sfoghi pietosi e le lagrime nella preghiera delle persone semplici è atto di superbia e mancanza di pietà. La Chiesa mette nel messale una preghiera per ottenere il dono delle lagrime.
La pietà verso le creature ci inclina a comprenderle e a compatirle, a piangere e a rallegrarci con loro, a favorirle sempre e a sopportarle, ad amarle e a cercare il loro bene, a sentire la pena universale per ogni dolore, per ogni sventura, per ogni bisogno.
Il vizio opposto alla pietà è la durezza di cuore verso Dio, verso la rivelazione, verso il prossimo.

VII - TIMORE DI DIO

Il timore di Dio è la disposizione abituale che ci fa stare costantemente lontani da ogni peccato e dipendenti da Dio.
L'uomo timorato ha una chiara idea della santità infinita di Dio, dei suoi obblighi verso di lui e verso se stesso, della sua debolezza, della sua meta.
Quindi:
1. Ha sempre per Dio il rispetto più profondo
Non lo nomina mai invano, ma sempre con riverenza; nelle preghiere inchina il capo, come vuole la liturgia, quando pronunzia il nome della SS. Trinità, di Gesù o di Maria; non piglia col Signore tanta confidenza da rompere la differenza; non scherza con lui o con le cose sante; Dio è Dio, l'infinito, l'onnipotente, il Re, il Giudice supremo oltre che l'Amore infinito, e noi siamo povere e miserabili creature.
L'uomo timorato non parla mai in Chiesa, conserva in essa la compostezza, la gravità, il raccoglimento; non parla mai forte, mai senza necessità; fa bene i segni di croce, le genuflessioni; non piglia colla Chiesa la confidenza di tanti sacrestani. S. Francesco di Sales continuava anche fuori, anche quando era solo in casa, a comportarsi come in Chiesa. Viveva sempre alla presenza di Dio e percepiva di esserlo.
2. Ha sempre per Dio un grande timore
Sa che la giustizia di Dio è terribile, che all'inferno si può andare anche per un solo peccato mortale, che nessuno gli garantisce di avere il tempo di pentirsi dopo aver peccato, che tutto si paga in questa vita o nell'altra.
Dio non può lasciare impunito alcun peccato; punisce in questa vita con dolori e tribolazioni di ogni genere (e questa punizione è opera di misericordia, in quanto ci risparmia le pene terribili del purgatorio) e sottraendo per ogni peccato qualche comunicazione della sua grazia (e questa è opera di giustizia); punisce nell'altra vita le colpe non scontate da sufficienti tribolazioni o da sufficiente amore col purgatorio, ed i peccati mortali, di cui non c'è stato pentimento, coll'inferno.
L'uomo timorato si guarda bene dal commettere alcun peccato. Quando la violenza della tentazione gli oscura l'intelligenza e il cuore, il ricordo della giustizia di Dio lo scuote e lo trattiene dal peccato.
Ma a un certo punto il timore della giustizia di Dio, sviluppandosi e perfezionandosi, diventa timore della santità e della bontà di Dio. L'uomo timorato pian piano arriva ad avere un grande timore di offendere e dispiacere Dio e si contenta piuttosto morire che oltraggiarlo. Allora il movente del timore diventa l'amore. Bisogna che il calore diventi luce, che il timore diventi amore perché tutto il nostro essere venga illuminato e raggiunga la perfezione.
3. Ha sempre un grande timore di se stesso
È un grave errore pensare che dopo la conversione o che ad un certo grado di perfezione non si possa più peccare facilmente. L'apparecchio conserva sempre la stessa possibilità di rovinarsi e di precipitare sia a cento metri sulla terra, che a 1.000 o a 10.000. Noi conserviamo per tutta la vita la stessa debolezza. Dobbiamo star sempre guardinghi come il coniglio per sfuggire l'insidia. Dobbiamo guardarci dagli sguardi sensuali, dall'ozio, da figure, letture, spettacoli, persone provocanti. La libidine e gli altri vizi capitali ci stanno sempre in agguato. Chi è sicuro di sé è alla vigilia della caduta. Il nostro corpo, per quanto sottomesso dalla mortificazione e ridotto alla castità perfetta, è sempre come il serpente, che si finge morto e dà all'improvviso il morso mortifero. S. Paolo ci avverte: «Con timore e tremore operate la vostra salute» (Filip. 2,12).
4. Si sente sempre spinto alla fedeltà assoluta a Dio
I doni di Dio sono doni di vita e si accrescono come si accresce la vita fino allo sviluppo completo dell'organismo, come le cellule nel corpo, o alla saturazione dell'ambiente, come i microbi in una cultura. È un accrescimento a progressione geometrica. Nei viventi però interviene la morte che impedisce l'accrescimento indefinito di quella specie vegetale o animale.
Nella vita soprannaturale interviene la mala volontà dell'uomo che col peccato mortale fa cessare ogni sviluppo, ogni merito e ogni vita, come l'epidemia o l'intossicazione nei viventi; intervengono i peccati veniali, le distrazioni e la poca generosità che falciano continuamente tanti doni di Dio e tante disposizioni buone, fanno perdere innumerevoli meriti e ci riducono a una perfezione migliaia o milioni di volte inferiore a quella che avremmo potuto raggiungere.
Molti uomini restano solo l'embrione o il modellino di ciò che avrebbero potuto essere. Fanno come i giardinieri cogli alberi nani: mettono piantine d'alberi d'alto fusto in piccoli vasi con poca terra o poca libertà per le radici e le piantine restano nane.
L'espansione della vita soprannaturale è data dalla corrispondenza alla grazia. Ogni grazia ed ogni ispirazione corrisposta ci induce una catena indefinita di altre grazie e ispirazioni. Pertanto cominciando da qualsiasi punto e da qualsiasi momento della vita a voler essere fedeli a tutte le ispirazioni si può raggiungere la santità. È per questo che abbiamo santi che hanno cominciato il lavoro della propria santificazione all'età della ragione o a 15 anni o a 20 o a 30 o a 40 anni.
C'è certamente un'età limite, come c'è un numero limite di ispirazioni divine non corrisposte al di là del quale Dio non darà più le grazie efficaci per convertirci e salvarci, ed un altro numero al di là del quale non darà le grazie efficaci per santificarsi; così come c'è un'età limite al di là della quale il rachitico non si svilupperà più, ed uno stato di infezione o di degenerazione al di là del quale l'ammalato non guarirà più.
Perciò è necessario che quanto prima cominciamo decisamente a corrispondere fedelmente a tutti gli inviti di Dio, senza lasciarlo più oltre battere inutilmente alla porta del nostro cuore. L'uomo ripieno dello Spirito Santo è timoroso di poter essere infedele; compie tutti gli atti di mortificazione, di carità, d'obbedienza, ecc., di cui gli si presenta l'occasione; rivolge a Dio tutti i sentimenti di adorazione, di lode, di amore, di supplica, tutte le giaculatorie che gli spuntano nel cuore ovunque si trovi. Per lui Dio è in ogni luogo, ogni luogo è tempio di Dio, ogni istante è buono per stare a contatto col suo amore: Dio, Cristo, Maria, il Corpo Mistico.
Una sola creatura c'è stata che ha corrisposto a tutte le grazie o ispirazioni divine: Maria SS. La sua perfezione ha raggiunto il limite delle possibilità accrescitive di una creatura. Oltre la sua bellezza e grandezza c'è solo e ci può essere solo quella dell'Uomo-Dio, Gesù.
I santi più o meno hanno tutti mancato di corrispondenza alla grazia. Noi, purtroppo, vi manchiamo continuamente.
Per ogni atto di virtù che potremmo compiere nella giornata e non compiamo, per ogni preghiera e giaculatoria che potremmo dire e non diciamo, perdiamo per tutta l'eternità un aumento di bellezza, di intelligenza, di amore e di felicità. Sono grandi le perdite che ogni giorno facciamo. Se poi si aggiungono le perdite delle grazie ipotecate alla corrispondenza di quelle ispirazioni, i nostri danni diventano incalcolabili. È per questo che mentre potremmo divenire dei santi, ci riduciamo ad essere un numero comune nella massa degli eletti, se tutto andrà bene.

L'ORDINE NUOVO

Dio è amore. L'amore tende ad unirsi e ad assimilarsi con l'amato. L'amore o trova pari quelli che si amano o li rende tali. Dio, amandoci infinitamente si fa simile a noi, per darci il mezzo di renderci simili a lui. Con la nostra incorporazione a Cristo veniamo introdotti nell'Ordine Nuovo, l'ordine della Grazia. Tale stato non ci è dovuto, altrimenti non potrebbe chiamarsi grazia: è soprannaturale e ci è dato gratuitamente. Gesù diventa il principio della nostra vita. Egli illustra quest'ordine nuovo con una bella similitudine: « Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo. Ogni tralcio che è in me e non porta frutto egli lo recide, e ogni tralcio che porta frutto lo rimonda, perché ne produca ancora di più. Restate in me e io resterò in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé medesimo, se non rimane unito alla vite, così neppure voi se non rimanete in me. Io sono la vite e voi i tralci. Colui che dimora in me e nel quale lo dimoro porta abbondanti frutti perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me è gettato via come il tralcio sterile e inaridisce, e viene poi raccolto e gettato ad ardere nel fuoco » (Jo. 15,1).
Tutti i cristiani formiamo un albero meraviglioso: siamo uniti fra di noi e tutti con Gesù da un vincolo misterioso e reale: il Corpo e il Sangue di Gesù. S. Paolo, che parla quando la Chiesa era già fondata e gliene era stata rivelata già l'intima natura da Gesù stesso, la paragona a un corpo: è un Corpo Mistico.
Gesù ne è il Capo, lo Spirito Santo l'Anima, i cristiani ne siamo le membra. Lo stesso amore che ci unisce a Gesù ci deve unire al prossimo poiché Gesù è divenuto una unica cosa con tutta l'umanità redenta dal suo sangue. Ogni cristiano è un membro di Gesù, è una parte reale di Gesù Mistico. Per questo Gesù dice: « Quello che fate al più piccolo dei miei fratelli lo fate a me » (Mt. 25,40). Per questo ancora dirà agli stolti: « Fui ignudo e non mi vestiste, ecc. » (Mt. 25,43). Queste cose Egli non le dice per benevolenza ai poveri o per esagerazione ma con tutta verità.
Il ramo vive unicamente quando è congiunto col suo albero. Dall'albero egli nasce come gemma, dall'albero riceve la linfa necessaria per svilupparsi in ramo e produrre foglie, fiori e frutti.
Quanto maggiore volume di linfa riceve dall'albero tanto più cresce e fruttifica. Se si stacca dall'albero secca e non vale più a nulla se non a essere gettato nel fuoco.
Così tutti i cristiani: nasciamo alla vita soprannaturale al momento che veniamo incorporati al Corpo Mistico di Gesù.
Lo Spirito Santo inviatoci da Gesù produce la nostra giustificazione e la nostra santificazione nell'atto stesso che ci unisce al Corpo di Gesù, producendo così la nostra gemma. Con questa nuova vita siamo come un albero meraviglioso che ha le radici nel mondo, il fusto ed i rami molto alti, nel cielo. I frutti di quest'albero si raccolgono nel cielo; non ci fanno ricchi e felici in questa terra ma nel cielo.
Quanti pensano di servire Dio per avere più beni in questo mondo si sbagliano. Tuttavia le radici sono nella terra: strappato dalla terra, l'albero non potrà produrre altri fiori e frutti, resterà solo con quelli già maturati. Soltanto nella terra possiamo fare altre opere meritorie: in cielo resteremo con i meriti acquistati in terra. Ora è il tempo di acquistar tesori. La vita solo a questo ci deve servire. Gesù ci dice: « Non cercate tesori che i ladri possono rubare e la tignola e la ruggine consumano » (Mt. 6,19) e che in ogni caso con la morte si devono lasciare. I tesori delle buone opere invece li porteremo con noi. I frutti della Grazia sono preziosissimi ed eterni.
Questi frutti infatti hanno un alimento divino: il Sangue di Gesù. Quanto maggiormente aderiamo al Suo Corpo, quanto più spesso cioè ci comunichiamo, tanta maggior linfa, ossia Grazia, riceviamo da Lui per crescere e perfezionarci.
S. Paolo descrive la nostra introduzione nell'ordine nuovo della Grazia, con la similitudine dell'innesto.
Noi siamo l'oleastro infruttuoso ed inutile. Quando questo viene innestato con l'ulivo produce ottime ulive. Nel battesimo si compie in noi l'innesto del principio di vita soprannaturale cioè di Gesù. Senza di Gesù noi siamo e restiamo peccatori, incapaci di qualunque opera meritoria di vita eterna. Quando in noi viene innestato Gesù tutte le nostre opere diventano buone, degne di Dio e meritorie di vita eterna. Nell'albero selvatico innestato osserviamo:
1. che la qualità del frutto è data dall'innesto mentre la grossezza e la quantità vengono date dalla linfa;
2. che i frutti prodotti dall'albero al di sotto dell'innesto sono selvatici;
3. che quando l'innesto secca l'albero non produce più frutti buoni.

I - I FRUTTI DELL'INNESTO

Come tutta la terra non può creare un vegetale, né tutti i vegetali possono dare origine a un animale, così tutti gli uomini non possono produrre un essere divino, cioè un essere che abbia facoltà di condurre vita divina. Solo Dio poteva elevare l'uomo dallo stato di natura, per di più decaduta, nel quale era, allo stato soprannaturale e divino.
Un albero e anche solo un filo d'erba ha più perfezione e più valore di tutta la terra, perché ha un principio di vita superiore. Le ricchezze minerarie del mondo e la terra intera se non ci fossero i vegetali non potrebbero far vivere o sfamare un uomo. L'uomo per la sua intelligenza è superiore a tutti i minerali, i vegetali e gli animali.
Tutte queste cose sono ordinate dall'altissima sapienza e provvidenza di Dio all'uomo. L'uomo è il re della terra. Tuttavia egli è sempre una parte della natura stessa e, come tutto quello che nasce, anche egli nasce, cresce e muore lontano dalla vita familiare di Dio. Quando Dio chiama l'uomo a partecipare della sua vita divina lo costituisce in uno stato infinitamente superiore a quello umano. Un uomo elevato allo stato soprannaturale è immensamente superiore a tutti gli uomini che furono, sono e saranno nello stato naturale. Tutti gli uomini al mondo viventi in stato naturale non possono dare tanta gloria a Dio quanta gliene dà uno solo che vive in grazia di Dio, che cioè è membro del Corpo Mistico. Tutte le azioni e le ricchezze umane, tutta la terra e tutte le stelle valgono meno di un atto di amore di Dio.
I battiti di un cuore che ama Dio glorificano Iddio più di tutti i moti degli astri, più di tutti i colori ed i profumi dei fiori, più di tutti i canti degli uccelli e degli uomini. Un uomo che vive in stato di grazia e attende all'amore e al servizio di Dio dà continuamente a Dio una gloria impareggiabile. Fra tutto l'universo sconfinato, fra miriadi e miriadi di creature Dio guarda con predilezione e riposa nell'anima che lo ama, che soffre e lavora per Lui. La guarda e la segue con una attenzione e con un amore infinitamente superiori all'attenzione e all'amore con cui uno sposo guarda e segue la sua sposa. Dio pone in essa le sue compiacenze perché le sofferenze, le opere e i palpiti di lei sono una continuazione e un completamento delle sofferenze delle opere e dei palpiti di Gesù. Il santo è la persona che nella sua vita dà a Dio la massima lode e la massima compiacenza. Il Santo è il capolavoro della onnipotenza, della sapienza e dell'amore di Dio; è il massimo orgoglio di Dio.
Basterebbe la santificazione di un'anima sola per giustificarsi dinanzi alla Provvidenza di Dio tutta l'opera della creazione, la scelta di questo ordine di provvidenza, la creazione della libertà e conseguentemente la permissione di ogni male.
La nascita alla vita divina avviene nel Battesimo. Allora i nostri frutti cambiano di qualità, perché le nostre azioni vengono assunte e fatte dall'innesto, cioè da Gesù.

II - I FRUTTI SOTTO L'INNESTO

Le nostre azioni germogliate sotto l'innesto, cioè fatte senza la grazia di Dio, o non per amore di Dio, ma per motivi puramente umani non producono frutti buoni, meritevoli di essere raccolti e premiati in Paradiso, ma frutti selvatici. Quindi non avranno nessuna ricompensa da Dio le persone che lavorano solo perché quella è la loro sorte, le persone che soffrono senza disperazione ma senza neppure elevarsi a Dio. Le loro opere e le loro sofferenze sono come quelle delle bestie. I falsi sapienti che fanno il dovere per il dovere non fanno altro che perder tempo. Fanno come il contadino che zappa nella terra di nessuno e zappa solo per zappare. Non c'è motivo per esser castigato ma neppure per essere premiato. Egli non sarà pagato da nessuno e perde tempo e fatica.
Perché le nostre opere siano meritorie bisogna farle nell'innesto, cioè in Gesù per la gloria di Dio. Le nostre opere di carità, di pazienza, di sacrificio, ecc. debbono essere fatte in stato di grazia e per amore di Dio perché abbiano valore eterno. Esse sono come le cambiali di un fallito, perché siamo decaduti per il peccato di Adamo. Perché queste cambiali abbiano valore occorre che siano avallate dalla firma di una persona ricca. La firma che dà valore alle nostre opere è il nome SS. di Gesù. I nostri titoli di credito perché abbiano corso in Paradiso debbono essere assunti e valorizzati da Gesù. Per Lui, con Lui, in Lui, si dà al Padre ogni onore e gloria, si dà a noi ogni merito di vita eterna per Gesù.
a) Per Gesù
Le azioni si fanno per Gesù quando siamo in stato di grazia in quanto allora aderiamo perfettamente a Gesù e con Lui formiamo un solo principio di vita. Allora Gesù diventa il nostro principio attivo, colui cioè che con la sua grazia dà il valore alle nostre azioni: ci dà l'ispirazione di fare il bene, la volontà e la capacità di farlo e di portarlo a termine. Per questo Gesù disse: « senza di me non potete far nulla » e neppure pronunziare il nome di Gesù stesso, conclude S. Paolo Jo. 15,5 - 1 Cor. 12,3).
Sebbene le opere nostre siano fatte in stato di grazia non dobbiamo aver confidenza in esse ma unicamente nell'elemento divino che ce le fa compiere, cioè in Gesù. Gesù infatti inserendoci nel suo Corpo Mistico ha preso tutte le nostre azioni e le ha fatte sue. Ha preso i nostri peccati ed è stato condannato dal Padre alla morte più crudele come se quei peccati fossero suoi. « Colui che non conobbe il peccato si è fatto peccato per noi affinché noi fossimo fatti giustizia di Dio in lui» (2 Cor. 5,21).
Ha preso le nostre preghiere, le ha unite alle sue e le ha rese degne di Dio. Ha preso le nostre azioni, le ha unite alle sue e le ha rese meritorie. Ha preso i nostri dolori, li ha uniti ai suoi e ne ha fatto un unico sacrificio dando ad essi la capacità di glorificare Iddio, di arricchire la nostra anima, di sviluppare il suo Corpo Mistico. Per mezzo di Gesù tutto in noi acquista valore; per mezzo cioè delle sue preghiere, delle sue azioni, della sua Passione. Bisogna unire tutto quello che è nostro a Lui e offrirlo al Padre per mezzo di Lui, nel suo sacrificio Eucaristico. Per questo la Chiesa fa terminare tutte le sue preghiere con queste parole: « Per Gesù Cristo Signor Nostro così sia ».
Tanta maggior potenza di glorificare Dio e di impetrare le sue grazie hanno le nostre opere quanto maggiormente le uniamo a quelle di Gesù e le offriamo al Padre per mezzo di Gesù. Quando nella preghiera ci fermiamo ad adorare, a glorificare, a ringraziare Dio uniamo i nostri atti alle adorazioni, alle lodi, ai ringraziamenti che continuamente nell'Eucarestia Gesù offre al Padre e offriamoli al Padre per mezzo di Gesù stesso. Quando preghiamo per noi e per gli altri, quando soffriamo e offriamo in sacrificio per espiare i peccati nostri e quelli del mondo, non dobbiamo aver confidenza nell'efficacia della nostra preghiera e della nostra offerta ma unicamente in Gesù.
Solo così le nostre preghiere e i nostri sacrifici acquistano un valore sommo e una efficacia infallibile...
Qualunque cosa operiamo, le nostre fatiche, il nostro riposo, le nostre gioie ecc., tutto fu preso da Gesù, tutto fu santificato dalle sue fatiche, dal suo riposo, dalle sue gioie ecc. Uniamo tutte queste azioni e questi nostri stati a quelli di Gesù e offriamoli al Padre per mezzo suo. « Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio », ammonisce S. Paolo (1 Cor. 10,31).
b) Con Gesù
Cioè con l'amor suo verso il Padre. L'amore di Dio e la gloria di Dio debbono divenire il movente implicito ed anche esplicito delle nostre azioni. Le azioni umane possono essere moralmente buone (es. pregare, fare elemosina, ecc.), cattive (es. rubare, mentire, ecc.), e indifferenti (es. lavorare, camminare, mangiare, dormire ecc.).
Il fine dà valore alle azioni. Le cattive non possono mai diventar buone anche se il fine fosse buono. Le azioni indifferenti diventano buone o cattive, quindi meritorie o demeritorie, secondo il fine per cui si fanno. Quindi se si fanno per un fine cattivo sono peccaminose; se si fanno per motivi naturali restano indifferenti; se si fanno per amore di Dio diventano meritorie. Nell'identico stato di vita con le stesse azioni una persona si può santificare, un'altra può diventare fervorosa o restar mediocre, un'altra può diventar cattiva. C'erano tante monache nel convento di S. Teresa del Bambino Gesù, tanti novizi nella casa di S. Giovanni Berchmans: tuttavia mentre loro, pur non facendo nulla di differente dagli altri si sono santificati, altri divennero fervorosi, tanti altri restarono mediocri. La santificazione dipende non dal genere delle opere fatte ma dal modo con cui si fanno. Un'azione buona è intrinsecamente meritoria in quanto naturalmente la si intende fare per amore di Dio. Tuttavia se la si facesse positivamente solo per motivi umani, escludendo Dio, l'azione non avrebbe nessun merito. Quanto maggiormente si intende il fine soprannaturale nell'operare tanto maggior valore l'opera acquista. La più piccola opera buona, per es. un bicchier d'acqua dato per amor di Gesù, ha una ricompensa particolare. L'uomo che vive in grazia di Dio è come chi pianta un albero; quand'anche dorma o non ci pensi, l'albero insensibilmente, ma continuamente cresce. Ma l'albero crescerà più rigoglioso se il proprietario lo mantiene in ambiente caldo e umido. Ugualmente quanto maggiormente il cristiano riscalda le sue opere con l'amore di Dio e a Dio le ode, tanto maggiormente i suoi meriti crescono. Il primo grado di amore di Dio, il più elementare, è quello implicito nello stato di grazia: allora si cresce in grazia e in meriti continuamente durante la giornata, ma poco, come poco, per es., cresce il frumento al freddo. Il merito è un titolo di ricompensa eterna, è, per così dire, un buono di felicità eterna; questa sarà proporzionata ai buoni, ossia ai meriti acquistati in terra.
Naturalmente facendo un'azione per amore di Dio restiamo impegnati a farla bene. S. Ignazio un giorno chiese a suo fratello per chi scopasse. Il fratello gli rispose che scopava per Iddio. Il santo allora lo rimproverò aspramente perché scopava male: « se aveste scopato per me così male, vi avrei perdonato. Ma non posso perdonarvi perché scopate così male per Dio ». Se mangi per amore di Dio devi mangiare con temperanza, se scopi o fai altra cosa per amore di Dio devi farla con diligenza, se passeggi per amore di Dio devi passeggiare con modestia, se dormi per amore di Dio devi dormire con compostezza e non oltre il bisogno, ecc.
L'amore di Dio diventa l'esplicito movente delle nostre azioni quando almeno una volta al giorno, la mattina si fa l'offerta delle proprie azioni a Dio. (Puoi adibire, se non ne hai altra, l'offerta della postilla dell'Apostolato della preghiera.) La mattina i braccianti si allogano, pattuiscono con i padroni il genere di lavoro e di ricompensa; quindi vanno a lavorare, la sera riceveranno la mercede. L'offerta a Dio delle nostre azioni al mattino ci mette al servizio di Dio per tutta la giornata. Tutta la terra infatti è di Dio. Ogni genere di lavoro, purché non sia per cattivo fine può rientrare nel lavoro ordinato da Dio. Dio infatti disse ad Adamo: « Tu lavorerai la terra; col sudore della tua fronte ti guadagnerai il pane » (Gen. 3,19).
Facendo così ogni mattina, Dio ti segna ogni sera una giornata di lavoro e di ricompensa. Così tu non avrai perduto la tua giornata e la tua forza. Così veramente lavorerai per il pane e per il Paradiso.
Alla fine di una vita laboriosa e piena di croci, quando anche non sarai riuscito ad acquistar denari o beni, che d'altra parte, se acquistati, dovrai lasciare, avrai la consolazione di non aver lavorato e sofferto invano e ti sentirai dire da Dio: « Entra servo buono e fedele, entra nella felicità del tuo Signore» (Mt. 25,23).
Le preghiere al mattino e alla sera sono il primo dovere e il primo segno del buon cristiano.
L'amore di Dio diventa ancora più esplicito movente delle nostre azioni quando tutte singolarmente durante la giornata le offriamo a Dio e le facciamo per suo amore. Basta a questo fine dire, anche solo col pensiero, all'inizio o, se ci si ricorda più tardi, nel corso dell'azione: « in nome di Dio » oppure « per amor tuo, o mio Dio » oppure « come vuole Dio ». Questa offerta è preziosissima agli occhi di Dio. Essa santifica completamente le nostre azioni: così tutte le nostre azioni diventano preghiera e lode di Dio.
Narra una leggenda che il re Mida aveva ottenuto il potere di trasformare in oro tutto ciò che toccava. Le azioni anche le più umili, fatte per amore di Dio diventano per noi oro purissimo, fonte perenne di meriti. L'offerta a Dio delle proprie azioni segna il primo passo nella vita della perfezione.
c) In Gesù
Fare le azioni in Gesù vuol dire farle come le farebbe Gesù al nostro posto, quindi con la sua perfezione e con le sue disposizioni. La meta qui è altissima, non possiamo mai riprodurre la perfezione e le disposizioni di Gesù; tuttavia possiamo e dobbiamo tentare di copiarle quanto più fedelmente è possibile. Dio si placa solo in Gesù, accetta solo il suo sacrificio, si compiace solo in lui, si rivela solo a lui.
«Non hai voluto le offerte e gli olocausti, mi hai preparato un corpo. Ecco, vengo per fare, o Dio, la tua volontà» (Hebr. 10,5). «Ecco il mio figliuolo diletto nel quale mi sono compiaciuto» (Mt. 3,17).
« Nessuno giammai vide Iddio, l'unigenito figlio di Dio, che è nel seno del Padre, egli lo ha rivelato» Co. 1,18).
Dopo che Gesù fu seppellito risuscitò e fece sbocciare dal suo corpo la Chiesa. Allora come un albero perenne, che porta tutto l'anno fiori e frutti, cominciò a produrre un immenso numero di frutti.
L'opera unica della nostra vita deve essere di copiare questo modello perfettissimo. Bisogna che Gesù si incarni e si sviluppi in noi. È grande un pittore che sappia ritrarre un panorama, un fiore, un animale, un uomo. Quanto più bravo sarebbe un artista che sapesse non solo dipingere o scolpire, ma addirittura creare dei fiori, degli animali, degli uomini viventi! Che opera grandiosa poi sarebbe riprodurre una copia vivente di Cristo! Una simile potenza è immensamente più grande che creare le stelle e la terra con tutti i suoi viventi.
Eppure Dio ci chiama e rende idonei a tanta opera: mediante la perfetta unione a Gesù e la docilità allo Spirito Santo.
Quando poi la figura di Gesù comincerà a pigliare forma in noi e a vivere in noi avremo da Dio la potenza di riprodurlo anche negli altri; tanto più perfettamente, quanto più perfettamente lo avremo fatto vivere in noi. O abisso dei misteri e dell'onnipotenza di Dio! Non c'è opera più grande né nella terra, né nel cielo, né fra gli uomini, né fra gli angeli che attendere a riprodurre Gesù in noi e negli altri colla pratica della perfezione e coll'apostolato. Mentre gli uomini, nella stragrande maggioranza stolti, dedicano tutte le proprie energie e la propria vita ad acquistare una terra, un palazzo, un pugno d'oro che forse non riusciranno nemmeno ad acquistare e che in ogni caso debbono con la morte lasciare, i veri sapienti attendono a riprodurre in sé la perfezione e le disposizioni di Gesù.
Quelli poi che saranno trovani dal Padre simili a Gesù saranno glorificati.

III - L'INNESTO INARIDITO

Lo stato di grazia è il tesoro nascosto di cui parla Gesù: « il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo. L'uomo che l'ha trovato lo nasconde di nuovo, va, vende quanto ha e compra quel campo » (Mt. 13,44).
Niente è paragonabile allo stato di grazia. Dobbiamo stimarci fortunatissimi anche se per acquistare e conservare questo tesoro dovessimo perdere tutti i nostri beni. Al contrario, acquistar tutti i beni terreni col perdere lo stato di grazia mediante un qualche peccato mortale è l'opera più stolta; opera infinitamente più stolta di chi cambiasse una grande quantità di oro per un po' di piombo. L'unico vero male al mondo è il peccato mortale: esso fa morire in noi la vita soprannaturale. Allora il nostro innesto secca, le nostre azioni ritornano ad essere azioni esclusivamente nostre, e quindi senza alcun merito di vita eterna. Noi stessi perdiamo non solo la possibilità ma anche la capacità di vedere Dio.
Il peccato mortale è un'infrazione grave alle leggi di Dio o ai precetti della Chiesa: Esso è:

1) Il supremo male di Dio

a) È opposizione alla sapienza di Dio. Nell'universo, che dappertutto si muove seguendo il disegno di Dio, il peccato mortale è l'unica nota di disordine. È come un grano di polvere in un orologio sensibilissimo. È come un colossale esplosivo che volesse far saltare tutta l'opera di Dio, del cielo e della terra. Per chi lo commette infatti tutta l'opera di Dio non solo non è riconosciuta ma è positivamente distrutta. Il peccato non distrugge la vita corporea ma quella immensamente più preziosa della Grazia. Manda in frantumi non un ordine qualsiasi, ma l'ordine più grande che sia mai uscito dalla sapienza e dalla potenza creatrice di Dio; rompe le relazioni più intime che Dio aveva stretto con creature ragionevoli. Per conoscere il gran male del peccato bisognerebbe conoscere la infinita perfezione di Dio, la nostra assoluta miseria e l'incalcolabile fortuna di diventare figli di Dio.
b) È opposizione alla potenza di Dio. L'uomo, misera creatura, col peccato osa ergersi contro Dio e sfidarlo. La provocazione del peccato è infinitamente più ridicola di quella di una formica intelligente che volesse misurarsi con l'uomo per distruggerlo.
c) È opposizione all'amore di Dio. Dio ci ha amato infinitamente: 1) creandoci.
Ci ha dato una stanza meravigliosa: cielo azzurro, acque, monti, colli e prati, piante e fiori, animali e uccelli che profumano, riempiono e rallegrano la terra e il cielo. Ci ha dato un corpo bellissimo, fornito di sensi meravigliosi, un'anima che rispecchia con le sue tre potenze la SS. Trinità. L'uomo col peccato si rende indifferente e indipendente da Dio. L'ingratitudine del peccatore è molto superiore di quello del figlio che offende la madre. Qualunque ingratitudine umana è conseguente il beneficio. Nessuno offende il benefattore nell'atto in cui viene beneficato. Il peccatore offende Dio mentre da Dio viene mantenuto in vita, mentre viene nutrito con l'aria, con l'acqua e coi cibi. Di più il peccatore offende Iddio con i doni stessi cioè con il corpo che riceve da Dio. Fa come chi col denaro ricevuto da un benefattore comprasse un pugnale per uccidere il benefattore stesso. 2) Redimendoci.
Per salvare i servi delinquenti Dio fece perire il figliolo suo dilettissimo; lo fece nascere povero, vivere fra stenti, gli fece sopportare la flagellazione a sangue, la coronazione di spine, la crocifissione e morte per distruggere i nostri peccati, per poterci di nuovo amare, reintegrare nella perduta bellezza e rendere felici. O abisso di amore infinito! L'uomo, peccando, tranquillamente e cinicamente se ne ride di tanto amore e lo disprezza.
d) È opposizione alla bellezza e santità di Dio. L'uomo peccando cessa di essere l'immagine di Dio e diventa immagine di Satana. Diventa un miserabile, un bruto. Cade dalle stelle alle stalle.
Sull'immagine di Dio, Satana stampa la sua. Allora l'uomo è come un imperatore che conservando tutte le sue insegne viene impiegato dal suo vincitore nei servizi più ignominiosi. Qualunque deformità umana, sia pure la lebbra nel suo stato più avanzato, non può dare un'idea della bruttezza dell'anima in peccato. Se questa bruttezza potesse esprimersi in una forma, farebbe morire chiunque la guardasse; se potesse esprimersi in puzza, appesterebbe tutto il mondo; se potesse esprimersi in sensazione, il suo dolore sorpasserebbe tutti i dolori della terra. Un giorno i peccati si riveleranno dinanzi alla luce della bellezza e della santità di Dio e allora l'anima peccatrice sarà a sé stessa e alle sue simili tutto questo e molto più di questo. Allora dirà nell'eccesso della disperazione: « O monti, cadetemi sopra, stritolatemi! ». Ma inutilmente; e sarà gettato per sempre nell'inferno.
e) È opposizione a Gesù Cristo.
Gesù è venuto per combattere e distruggere il peccato. Il peccatore consegue un parziale dominio su di lui.
Il dominio, le sfrenatezze degli ebrei su Gesù quando lo catturarono, lo flagellarono e lo crocifissero, sono un effetto del peccato ed un segno del tormento che il peccatore ha dato e dà a Gesù peccando.
Il peccato è un colpo di lancia al Cuore di Gesù vivo, mentre il colpo di Longino ferì il Cuore di Gesù morto.
Oggi però i peccatori non hanno più alcun potere su Gesù; la loro malizia fu già presa per intero e scontata nella Croce. Gesù soffre perché ama e vede il suo amore disprezzato e coloro che ama perire.
f) È opposizione alla Chiesa.
Il peccato allontana il regno di Dio, infatti strazia la sua Chiesa. Ogni peccato è un germe di infezione nel Corpo Mistico: germe che apporta sofferenze, sciagure, morte. Gli uomini vedono le cause esterne o meglio la cronaca dei mali che si abbattono sull'umanità. Attribuiscono l'epidemia a mancanza di igiene, la carestia alla siccità; le alluvioni alle pioggie, le guerre ai contrasti economici e ideologici, gli orrori dei campi di concentramento e di eliminazione tedeschi e russi alla delinquenza organizzata ecc.; non sanno che la causa unica di tutte queste cose sono i loro peccati. Del castigo cambia solo la forma: ieri si moriva colla peste, oggi con la bomba atomica.
Non c'è male al mondo né sociale, né familiare, né personale; non c'è sofferenza al mondo che non sia effetto di determinati peccati.
Spesso i peccatori pagano di persona; più spesso pagano gl'innocenti, perché solo loro possono ottenere colle loro sofferenze misericordia sui peccatori. Ogni peccato, come una malefica bomba volante, provoca inesorabilmente in qualche luogo, in qualche parte o in qualche membro della Chiesa distruzioni, sofferenze e morte.
Se sapessero tanti uomini e donne quante rovine preparano, quante condanne di malattie e di morte vanno allegramente firmando mentre spensieratamente e voluttuosamente peccano nei cinema, nelle spiagge, nei salotti e nelle case!
Inorridiscono conoscendo le gesta criminali di Nerone che camminava e danzava al lume delle torce viventi, mentre quei poveri corpi si contorcevano e spasimavano tra le fiamme, e non riflettono che essi stessi vanno rinnovando tali gesta.

2) Il supremo male dell'uomo

a) È la sua rovina. Il peccato è la rovina del disegno di Dio. In chi lo commette segna l'arresto dello sviluppo dell'essere ed il principio della sua rovina. Mentre nell'uomo tutto il mondo inferiore si va organizzando per arrivare a Dio, mentre in Lui l'energia riunita dall'Amore converge alla formazione della materia, la materia sale nella formazione della vita vegetativa e questa alla formazione della vita animale; mentre in Lui l'animalità si evolve ad essere perfezionata dall'anima; mentre l'umanità sale ad essere divinizzata da Gesù; il peccato bruscamente arresta lo slancio verso la perfezione assoluta, invertendolo verso l'abisso del nulla. Il peccato è come un proiettile che colpisce l'apparecchio mentre vola nell'immensità dei cieli e lo fa precipitare. Solo un miracolo può farlo ripigliare, rimettere in quota e salvare dalla distruzione. Solo un miracolo della grazia può mantenere in vita il peccatore, farlo convertire e salvarlo dalla morte eterna. Tanti peccatori ancora vivono nel mondo, si convertono e si salvano perché Cristo, per i suoi meriti e per l'intercessione dei Santi li trattiene in vita e li scuote sulle soglie stesse della dannazione.
b) È il suo suicidio. Il peccato è il suicidio dell'essere. Mentre l'uomo, come una crisalide nel bozzolo si va formando in angelica farfalla; mentre si va formando l'occhio capace di veder Dio, il figlio di Dio la Vergine SS. e i Santi; mentre si va formando l'intelligenza capace di conoscere i misteri e le perfezioni di Dio e di tutte le sue opere; mentre si va formando la bellezza del suo volto e di tutto il suo corpo che dovrà ornare il Paradiso ed innamorare Gesù e la Corte celeste; mentre si va formando l'agilità e la sensibilità squisita di tutto il suo corpo che assaporerà il piacere da tutti i suoi sensi, il peccato distrugge tutto; è come un piede di ferro che schiaccia la crisalide, mentre misteriosa si va formando in farfalla.
c) È la sua degenerazione. Il peccato è la perdita del nostro genere nobile: è la degenerazione della famiglia divina della quale l'uomo ha cominciato a far parte colla grazia. Col peccato l'uomo cessa di essere figlio di Dio e comincia a precipitare verso il nulla. La forza centripeta verso Dio si cambia in forza centrifuga: lo spirito dell'uomo si rivolge verso la carne. Il termine del peccato è la morte, cioè la decomposizione del corpo in materia organica; la materia organica, continuando la discesa tende alla materia inorganica, questa infine all'energia, l'energia al nulla.
L'attrazione del nulla è temporaneamente sospesa da Cristo e dal suo Corpo Mistico.
Questo è il mistero dell'agonia di Gesù.
Quale somma di dolori divini e umani importa la vita e la conversione di un peccatore!
d) È la suprema stoltezza. Al peccatore si pone questo dilemma. Scegli: vuoi la sanità, la bellezza, l'intelligenza, la ricchezza, l'amore, la felicità eterna? Oppure vuoi la malattia, la bruttezza, l'oscurità, la miseria, l'odio, l'infelicità, la disperazione eterna?
La prima scelta è come una pillola meravigliosa dalla patina amara: è la virtù. La seconda scelta è come un veleno ultrapotente dalla patina dolce: è il peccato. È possibile scegliere il secondo o anche solo tentennare nella scelta? No.
Invece il peccatore sceglie il secondo. Più stolto di così non potrebbe essere. Per questo Gesù parlando dei peccatori li chiama stolti e pazzi.
Bisogna essere accecati o irragionevoli per peccare. Satana attira e pesca gli uomini, fatti per il Sole divino, con le lucciole, come i pescatori pigliano i pesci con le lampare. Il peccato è l'atto della suprema stoltezza: la stoltezza di un uomo, che cede un patrimonio di miliardi, che perde la moglie e i figli, che perde anche la vita per un piatto di lenticchie o per il piacere di un giorno è ben piccola dinanzi alla stoltezza dell'uomo che perde la gioventù, la bellezza, la salute, l'amore e la felicità eterna e si autocondanna alle pene terribili dell'Inferno per un piacere proibito di un giorno o sia pure di cinquant'anni. Chi crede e riflette queste cose non può peccare.
e) È il supremo fallimento. Il peccato fa fallire l'uomo facendogli perdere tutti i meriti delle opere buone passate e rendendolo incapace di acquistarne dei nuovi.
Tutte le operazioni che portano o porteranno la sua firma non hanno valore fino alla riabilitazione che avviene con la confessione. Le rovine di una città bombardata o di una campagna devastata da un ciclone possono dare solo una vaga idea della rovina in un'anima che ha peccato. L'uomo in peccato mortale è come un tralcio secco. Egli non può più crescere né produrre frutti. Una sola cosa attende il tralcio secco: il fuoco. Qualunque cura, concimazione, irrigazione fatta a un ramo secco è perduta. Qualunque opera buona fatta da un cristiano in peccato mortale è priva del più piccolo merito. Ma allora in questo caso fare il bene è lo stesso che non farne? No. Il bene fa sempre bene; qualche frutto dal bene sempre si ricava.
Ci sono per es. due ricchi: uno sano, l'altro ammalato. Il sano col denaro gode e si diverte, l'ammalato col denaro non può godere né divertirsi; tuttavia con esso può chiamare il medico, può curarsi e può guarire. Se il denaro non gli giova per divertirsi, gli giova almeno per acquistare la salute. Così le opere buone: se fatte in stato di grazia ci procurano dei meriti che poi sono altrettanti titoli di felicità eterna; se fatte in peccato mortale ci possono ottenere, per la misericordia di Dio, lo stato di grazia.
f) È la suprema sventura. Il peccato rende l'uomo degno dei castighi divini. Il peccato non può essere punito in questa terra. Qualunque pena umana, anche tutti i tormenti messi assieme, non possono punire un solo peccato mortale, né vendicare la santità di Dio. L'unico castigo che Dio può dare in questa vita a un peccatore è di farlo morire nel suo peccato; castigo che poi è solo una condanna. La morte consegna il peccatore alla giustizia di Dio. Quelli che noi chiamiamo castighi (guerre, malattie, crisi, ecc.) sono solo richiami di Dio perché gli uomini si ravvedano, si pentano e si convertano. Morto il peccatore comparirà in tutta la sua riluttante malizia e bruttezza dinanzi al SS. e altissimo Giudice supremo. Nessuno allora avrà più pietà di lui, nessuno intercederà per lui. Si troverà solo a portare il peso dell'infinita giustizia di Dio. Non potrà muoversi né impetrare perdono, né nascondersi. Invano griderà e digrignerà i denti. Più che tutto l'universo gli cadrà sopra e non potrà neppure avere lo scampo di restare sfracellato e annientato. E questo sarà solo l'inizio dell'Inferno. Chi potrà mai narrare o solo sospettare i tormenti dell'Inferno? Il 1° è il tormento di aver perduto Dio. Il 2° è il tormento del fuoco e dei supplizi inflitti dai demoni.
Una pallidissima idea ce l'ha data la Madonna di Fatima nella sua terza apparizione ai tre fanciulli. Scrive Lucia: « Quando diceva le ultime parole riferite sopra, Nostra Signora, aprì di nuovo le mani, come nei due mesi precedenti. Il fascio di luce riflesso sembrò penetrare nella terra, e noi vedemmo come un grande mare di fuoco ed in esso immersi, neri ed abbronzati demoni ed anime in forma umana, somiglianti a braci trasparenti, che trascinate poi in alto dalle fiamme, ricadevano giù da ogni parte, quali faville nei grandi incendii, senza peso né equilibrio, fra grida e lamenti di dolore e di disperazione, che facevano inorridire e tremare per lo spavento. Fu probabilmente a quella vista che io emisi quell'ahi! che dicono di avere sentito. I demoni si distinguevano per forme orribili e schifose di animali spaventevoli e sconosciuti, ma trasparenti come neri carboni in bracia. Questa vista durò un istante, e dobbiamo alla nostra buona Madre del cielo che prima ci aveva prevenuto con la promessa di portarci in Paradiso; altrimenti, credo, saremmo morti di terrore e di spavento ».
Il 3° tormento è la disperazione e il rimorso. Il dannato non vede alcuno scampo, alcun sollievo, alcun spiraglio di una cessazione, sia pur lontanissima dei suoi tormenti. Volgeranno i secoli dei secoli ma per lui è sempre il principio e non c'è anzi la speranza di un parziale sollievo o di una fine. Il rimorso come un verme mostruoso gli morde continuamente il cuore: poteva benissimo salvarsi, nessuno lo costrinse ad andare all'Inferno; ci è voluto andare volontariamente, non curando i richiami di Dio, che più volte aveva tentato di liberarlo.
O veramente sventurato chi si troverà in tali condizioni! Meglio per lui sarebbe stato non essere mai nato.
L'unica vera sventura che possa capitare a un uomo sulla terra è senza dubbio il peccato, che lo mette nel pericolo immediato di tanta sciagura.
Bisogna essere cieco e stolto per fare un peccato. È Satana che per pigliarsi una rivincita su Dio vuole distruggere il capolavoro o il disegno divino tentando l'uomo al male.



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