"Stavano
presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di
Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì
accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna,
ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!».
E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Gv
19,25-27).
L'immagine
che si imprime nel cuore
Sotto
la croce ci sono quattro donne tra cui Maria Santissima. In un altro
passo dei sinottici, si dice che le donne erano presenti, ma
guardavano da lontano: "Le folle che erano accorse a questo
spettacolo se ne tornarono percuotendosi il petto. Tutti i suoi
conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano
seguito fin dalla Galilea osservavano questi avvenimenti" (Lc
23,48-49).
Il
Vangelo dunque descrive un gruppetto di conoscenti — vogliamo
immaginare parenti — che videro queste cose terrificanti da
lontano e alcune donne che lo avevano seguito dalla Galilea. Quindi
alcune donne stanno a distanza insieme ai parenti, altre donne invece
stanno sotto la croce.
Concentriamoci
adesso solo su Maria santissima. Se siete madri e avete visto nascere
vostro figlio, avreste sopportato lo spettacolo di vederlo morire
sotto i vostri occhi? E di quale morte! La Madonna non si pone questi
problemi: sa che il suo posto e il suo ruolo è stare vicino a Gesù
sotto la croce.
Nell'ora
dell'estrema desolazione, la Santa Vergine sta col figlio a patire
con lui, cioè compatire. Poniamoci anche un'altra domanda: cosa vede
la madre? Vogliamo immaginarla come colei che, non dicendo neanche
una parola, tiene fisso lo sguardo sul figlio. C'è una bella
espressione nella lettera agli Ebrei — in un altro contesto — che
dice: "Tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e
perfezionatore della fede" (Eb 12,2). Immaginiamo di tenere
fisso lo sguardo su Gesù in quest'ora estrema, quindi di concentrare
tutta la nostra attenzione su di lui: non c'è niente da dire e,
forse, non c'è niente neanche da capire in quel momento, non c'è
nulla da ragionare. Voi mamme avete messo al mondo dei figli, e
mentre nascevano facevate dei ragionamenti? Delle meditazioni
filosofiche? No, lì è il mistero della vita: il bambino nasce e la
madre partecipa con tutta sé stessa, non pensa ad altro se non al
bambino che sta nascendo; così è anche se doveste assistere alla
morte di vostro figlio: non ci sono da fare dei ragionamenti. C'è
l'attenzione totale, l'adesione totale del cuore al figlio che sta
per morire.
Entriamo
ancora di più in questo sguardo. Quando qualcuno guarda intensamente
qualcosa — qualunque cosa — l'oggetto s'imprime nella sua
memoria, nella sua fantasia, entra dentro di lui. Quanto più la
scena è drammatica, tanto più essa mi s'imprime nella memoria. Se
vedo delle cose normali, ad esempio andando in giro in macchina
osservo il traffico, dopo pochi minuti me lo sono già dimenticato,
perché si tratta di una scena usuale; ma se io m'impatto con una
scena drammatica, se vedo la morte di qualcuno o vedo anche una cosa
meravigliosa, essa s'imprimerà nella memoria in modo indelebile.
Tanti
nostri problemi vengono da vecchie immagini, magari della nostra
infanzia; se abbiamo visto qualcosa di brutto, esse ritornano
continuamente, a volte anche nel sogno. Ciò significa che le
immagini sono depositate lì e non se ne vanno più. Già vedere un
uomo crocifisso, dopo aver subito la flagellazione, dev'essere
qualcosa di terrificante... Se io sapessi che oggi pomeriggio vedrò
qualcuno che agonizza e muore attaccato ad un palo con i chiodi,
certamente rimarrei già impressionato prima ancora di assistere alla
visione. Ma se quello è addirittura mio figlio, c'è da domandarsi
come abbia fatto la Madonna a resistere senza svenire.
Pensate
che quest'immagine se ne sia andata dagli occhi e dal cuore della
Madonna? Questa scena è certamente rimasta impressa fortemente in
lei, come una fotografia perenne, e ciò che fu allora è anche
adesso. Quindi se noi ora vedessimo la Madonna e potessimo parlare
con lei, certamente ci descriverebbe la scena perfettamente, come se
duemila anni non fossero mai passati. Ella porta impressa in sé,
come un marchio, quella scena, perché una volta vista, non se ne va
mai più. Si vive in eterno e ciò che è una volta, è per sempre.
La presenza di Gesù crocifisso così violentemente impressa nel
cuore della madre, non se ne va neanche adesso che gode dell'eterna
felicità. "Tutti i secoli ti diranno beata"; sì è vero,
però Simeone cosa le disse anche? Che una spada le avrebbe trafitto
l'anima. Altro che spada! Io penso che per una mamma spada più
appuntita di questa non si possa immaginare. Non solo vedere la morte
del figlio, ma del figlio innocente. E la spada rimane piantata anche
oggi in Maria Santissima. Questa realtà della Vergine non dobbiamo
mai dimenticarla; quando vediamo una statua di Maria, quando pensiamo
alla nostra Madre del cielo, dobbiamo pensare anche a quello che c'è
nel suo cuore. Ella è nella gloria, non c'è dubbio, ma porta dentro
la passione di Gesù.
Il
suo posto era quello
Cerchiamo
di meditare, ora che ci siamo dati un quadro iniziale, le
caratteristiche del suo "stare" sotto la croce.
Innanzitutto
la fedeltà. Maria partecipa alla vita di Gesù; può stare lontana
una mamma che ha vissuto tutta la vita di Gesù dall'annunciazione
alla nascita a Betlemme, alla vita nascosta, alla vita pubblica?
Poteva essere assente in quel momento? La fedeltà è proprio della
donna, anzi sono proprio le donne che rimangono fedeli nel Vangelo.
Gli uomini sono scappati tutti, a cominciare dagli apostoli. L'uomo
ha un orgoglio molto sviluppato, vuole essere sempre il protagonista,
poi è capace di grandi crolli nell'ora della prova (ricordiamo
Pietro: "Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai"
(Mt 16,22) e ricordiamo poi come andò a finire). Nell'ora della
prova la donna, invece, si manifesta più fedele. Se ci fate caso,
nella vita di Gesù e anche nella sua passione, le donne sono quelle
che lo seguono. C'è la Veronica, ci sono le pie donne (la Veronica
può essere anche una tradizione, però c'è), c'è la moglie di
Pilato; è una pagana, figura periferica, eppure va dal marito a
dirgli: "Non avere a che fare con questo giusto" (Mt
27,19); anche lei una delle poche che difende Gesù. La donna è
fatta per la relazione, è più portata a vivere vicino all'amato
rispetto all'uomo. L'uomo è più egoista, la donna si realizza e
vive profondamente in tutte le relazioni.
Pensate,
per esempio, al dramma dell'aborto. La donna che ha abortito nel
passato per debolezza o per pressioni varie non dimentica. L'uomo,
dopo due giorni, se n'è già dimenticato, magari è proprio colui
che le ha detto di andare ad abortire. La donna invece porta il suo
dramma finché campa, a volte con dei sensi di colpa terribili.
Sapete che negli Stati Uniti ci sono delle cliniche in cui vengono
ricoverate esclusivamente donne che hanno abortito, per il recupero
psicologico, dal momento che non riescono più a vivere? Perché tali
donne non riescono a sopportarne il peso di quello che hanno fatto?
Proprio perché vivono nella relazione, sono coinvolte per sempre nel
rapporto con i figli che non sono mai nati. La donna quindi ha dalla
sua la fedeltà: Maria non fa altro che esercitare il dono
tipicamente femminile della fedeltà all'amato.
Un
altro aspetto importante è, come si diceva, l'immagine del figlio
agonizzante che penetra come una spada nel suo cuore: il ricordo
della morte di Gesù diventa la stessa vita della Vergine Maria. Tale
imprinting è così forte da cambiare per sempre tutta la sua vita
successiva; se ho visto Gesù morire così, posso poi agire in modo
come se ciò non fosse stato? Noi uomini siamo distratti, pensiamo
poco alla morte di Gesù, ma chi l'ha vista se la ricorda sempre.
"Ricordare" vuol dire letteralmente "portare su dal
cuore": ricordare. Questo ricordo smaschera tutte le idolatrie
del presente: ecco perché dobbiamo tenere il crocifisso nelle
stanze, nella casa e possibilmente anche nei luoghi pubblici. La
presenza di Gesù crocifisso altro non è che il continuo portare al
cuore quello che siamo costati a nostro Signore! Tutta la teologia
del Nuovo Testamento non fa altro che dire: ricordate! La Lettera
agli Ebrei riporta l'esempio di fede dei grandi uomini del passato,
dicendoci: "Anche noi circondati da un così grande numero di
testimoni, deposto ciò che è di peso e il peccato che ci intralcia,
corriamo perseveranti nella corsa" (Eb 12,1). È importante
ricordarci i fatti che sono avvenuti, gli eventi del passato. Per
esempio, quando si fa l'omelia, sarebbe bene ogni tanto ricordare la
vita dei santi in modo che il nostro presente si impreziosisca
dell'esempio di eroici testimoni della fede. Usare solo delle teorie
non serve: dobbiamo ricordare, ossia portare alla memoria ciò che
Dio ha fatto per noi, per non cadere nel rischio di dire solo noi
stessi.
Conoscete
san Nicolao de la Flue? Visse eremita per diversi anni e si era fatto
un quadro, o se l'era fatto fare, con l'immagine di Gesù Crocifisso
e ai lati le scene della sua vita, la nascita, il battesimo nel
Giordano, ecc; non aveva libri o altre immagini. Per tutta la sua
vita eremitica altro non fece che guardare l'immagine. Anch'egli ha
fatto come la Madonna, cioè se l'è impressa nel cuore, gli bastava
quella. Oggi viviamo nel mondo delle immagini: dopo un'immagine
un'altra, un'altra e un'altra ancora, e cosa ci rimane dentro? Ben
poco. Pensate ad un eremita che nella sua vita non vede mai nessuno,
ma possiede un'icona, magari del volto di Gesù; l'immagine gli
s'imprime bene perché tutti i giorni egli non fa altro che
guardarla. Così succede quando noi contempliamo il crocifisso. Anche
san Tommaso d'Aquino usa la bella espressione di "leggere"
Gesù Crocifisso nell'immagine, cioè di leggere il libro scritto
nella sua icona. La contemplazione del crocifisso basterebbe a
riempire tutta la nostra esperienza. Volete un esempio di pazienza?
Guardate Gesù crocifisso — dice san Tommaso — volete un esempio
di carità? Guardate Gesù crocifisso. Volete un esempio di povertà?
Guardate Gesù crocifisso. Volete un esempio di amore oltre sé
stessi? Guardate Gesù crocifisso.
La
più grande lettrice di Gesù Crocifisso è la Vergine Maria ai piedi
della croce. Che cosa succede quando la Madonna tiene fisso lo
sguardo su Gesù? Condivide la passione. Ma cosa fa? La passione è
tutta sulle spalle di Gesù, i chiodi sono nelle sue mani, le ferite
sono sul suo corpo. Serve o non serve avere qualcuno di fianco?
Quando state male, nel corpo o nello spirito, è differente viverla
da soli o con qualcuno vicino, anche se non fa niente? La solitudine
nella prova aggrava il peso del dolore. Colui che sta vicino non ha
altra funzione se non quella di condividere il tuo lamento. A volte
il bisogno maggiore è proprio quello di avere una presenza vicina,
qualcuno che ci ami, anche se non può fare niente materialmente per
toglierci qualche chiodo. Il peso portato in due è più leggero
anche se tutta la fatica sta su uno, ma l'altro lo condivide; ecco
perché possiamo parlare di Maria come corredentrice. La
corredenzione è nel portare il peso insieme a Gesù, nella
compassione della Vergine Maria.
Un
travaso di misericordia
Entriamo
adesso ancora più nel profondo. Maria vede nel corpo di Gesù le
conseguenze del peccato; Ella sa benissimo che il figlio non muore
per caso. Gesù aveva detto: "Nessuno mi toglie la vita, sono io
che liberamente la do e la riprendo" (Gv 10,17-18). La Madonna
sa che lì c'è il prezzo del peccato universale; Ella vede nel corpo
del Figlio la conseguenza del peccato di Adamo e di tutti gli
uomini... Lì impara cosa siamo costati a Dio. Sotto la croce
veramente la spada penetra più profondamente; Maria vede che il
peccato e la ribellione distruggono il corpo di Dio, ma vede anche
che la passione è vissuta con amore da Gesù. Quindi, in una parola
sola, cosa vede? La misericordia di Dio. Non è più un concetto
astratto, ma la vede realmente con i propri occhi, anzi è l'unica
che veramente la vede; i soldati non vedono niente, san Pietro e gli
altri non c'erano neanche. La Madonna vede appunto la conseguenza del
peccato e sente Gesù che muore dicendo: "Padre perdona loro"
(Lc 23,34).
Questo
è il quadro della Vergine Maria. Nei suoi occhi è impressa la
misericordia di Dio che si offre come olocausto perché Dio è
misericordia. La pura misericordia di Dio in quel momento si effonde
nel mondo ed esce dalla bocca del Cristo morente. È di un'intensità
grandiosa. Scrive don Divo Barsotti: "Il cristianesimo è
religione di redenzione, non vi è rapporto dell'uomo con Dio che non
implichi, che non abbia il suo fondamento nella misericordia infinita
di Dio". Dunque il cristianesimo si riassume tutto di questo
quadro, nel fatto che Gesù riversi dalla croce il suo amore
redentivo nel mondo.
Pregare
con Maria, pregare in Maria
Ma
questa misericordia da chi viene accolta? Dal mondo? Macché. Viene
accolta dalla Vergine Maria, dalla madre. La misericordia viene
effusa da Dio sul mondo, ma bisogna che qualcuno la riceva. Nelle
parabole Gesù aveva parlato tante volte di misericordia, ma tutto
era "programmazione" di questo momento; prima ne aveva
parlato, adesso la dona. Non è solo una parola, ma diventa la
realtà. Per capire, bisogna che il nostro cuore sia spezzato, cioè
per capire la misericordia di Dio bisognerebbe poter andare con Maria
sotto la croce. Immaginate se adesso potessimo tornare indietro di
duemila anni ed essere lì sotto: saremmo sconvolti anche noi. Bene,
conosceremmo la misericordia e non avremmo più nessun dubbio sul
fatto che Dio è amore.
Secondo
Jean Lafrance ciò che spezza il cuore è il grido di Gesù sulla
croce. Quante sono, infatti, le frasi di Gesù in croce? Quando
chiedo questo, tutti mi rispondono che sono sette: tre in Giovanni,
tre in Luca e una nei due sinottici. No, sono otto perché Gesù non
muore in silenzio: "Ed emesso un alto grido spirò" (Mt
27,50; Mc 15,37). Il grido non è una parola? Voi quando gridate?
Quando non ragionate più, quando c'è un grande spavento o una
grande emozione, quando non ci sono parole o c'è un grande dolore.
Il Vangelo racconta come alla morte in croce si scatenò il terremoto
e tutti scapparono via. Il grido di Gesù sembra che faccia scuotere,
se non i cuori, almeno la terra. Tutte le parole che dovevano essere
dette erano già state pronunciate, rimane ora il cuore infranto.
Dopo
le sette frasi, il drammatico, ultimo, terribile grido. "Alcuni
tornarono a casa battendosi il petto" (Lc 23,48). Cosa significa
battersi il petto? Vuol dire: "È colpa mia, sono stato io, sono
stato trafitto da quello che ho visto". Con Maria sotto la croce
non ci sono allora solo gli occhi, ma anche le orecchie: Ella vede
per tre ore il dramma del peccato, le sue conseguenze, l'amore del
Cristo, la sua misericordia infinita e ode il suo grido (il suo cuore
è immacolato, non ha bisogno di avere il cuore infranto, ce l'ha dal
dolore, ma non ha peccato), partecipa con Gesù alla redenzione del
mondo. Proviamo ad immaginare la Madonna tutto occhio e la Madonna
tutto orecchio: occhi per vedere Gesù e orecchie per ascoltare il
suo grido spaventoso. La Madonna non dimentica, e questo vuol dire
che pregare in Maria sia diverso che pregare con Maria.
Pregare
con Maria significa insieme a lei, come prega qualcuno vicino a me.
Pregare in Maria invece vuol dire entrare nel suo cuore e vedere la
misericordia impressa, vedere Gesù crocifisso e ascoltare il grido.
Pregare in Maria è tutta un'altra cosa: è non far più
ragionamenti, ma vedere Gesù con i suoi occhi e ascoltarlo con le
sue orecchie. Non è una devozione facile, ma è la migliore. Il
Monfort diceva che Maria è il mezzo più veloce, più rapido, più
sicuro, più efficace per giungere a Gesù. San Massimiliano Kolbe
era un vero "fanatico" dell'Immacolata, cioè faceva tutto
con Lei e in Lei, al punto tale che morì nella piena pace, nella
profondità di questo ascolto. Nel bunker della morte gli uomini
gridavano, ed era il loro grido di dolore; Kolbe lo trasformò nel
grido di misericordia, tant'è che cominciarono a pregare e cantare
salmi.
Pregare
in Maria vuol dire risentire il grido e vedere l'immagine; non è una
semplice devozione, ma è come abitare nella casa, come dice il
testo: "E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa"
(Gv 19,27). Mi piace immaginare non soltanto che Maria si trasferì
nella casa di Giovanni per la salvaguardia della sua persona, ma
anche che Giovanni entrò nella casa di Maria, il suo Cuore
immacolato. Abitare in quella casa, non di mattoni, significa che si
è impressa in me l'immagine di Gesù crocifisso e quella della
Resurrezione, perché la Vergine vive nella Pasqua anche l'esperienza
della Resurrezione.
Il
"no" di Dio al peccato è presente, risuona nella Chiesa e
lo vediamo nelle persone che soffrono con cuore cristiano. Esse
tengono sempre unite le due parti, quella della sofferenza e quella
della misericordia di Dio. Un giovane della nostra Comunità, morto a
29 anni dopo lunghi anni di sofferenza, Gregorio Sannino, scrisse nei
suoi diari: "La sofferenza è atroce, ormai non ho più la forza
per lamentarmi; accogli Signore questo ammasso di miserie che sono io
e immergile nell'abisso del tuo amore misericordioso". Nella
grande prova questo giovane ammette di soffrire, ma al tempo stesso
di voler vivere con il Signore e unire il proprio grido al suo. Così
Dio può riversare su di lui la sua misericordia infinita e il
perdono dei peccati.
La
mediatrice
Dopo
tre ore di sguardo intenso della Vergine Maria a suo figlio, Gesù le
rivolge questa parola: "Donna, ecco il tuo figlio" (Gv
19,26). La Vergine ha ricevuto la misericordia, l'ha ascoltata, l'ha
percepita, è entrata in lei, ma essa non rimane per lei. Poteva
esaurirsi tutto nel rapporto Gesù-Maria, ma non è così. Appena la
Vergine riceve la misericordia, le viene donato un figlio. Per fare
che cosa? Per fargli da mangiare la minestrina la sera? No: per
riversare su di lui tutta la misericordia che ora era in Lei.
Nasce
una maternità nuova, l'amore di misericordia. L'amore di Dio è come
una cascata: da Cristo arriva tutto alla Vergine Maria, e da Lei cosa
succede poi? Ritorna a Cristo? No, non c'è da parte della madre
verso Gesù un amore di misericordia: della misericordia ne hanno
bisogno i peccatori che diventano figli di quella madre. È
straordinario: l'amore di Dio arriva su Giovanni passando dalla
Madonna; ecco perché è corredentrice e mediatrice. Come si fa a non
riconoscere questo? Gesù sulla croce esprime la volontà di Dio:
"Donna, ecco tuo figlio". Si realizza la profezia di Isaia
in cui la donna diventa madre di tutti in un colpo solo: "Chi ha
mai udito una cosa simile, chi ha visto cose come queste? Nasce forse
un paese in un giorno? Un popolo è generato forse in un istante?
Eppure Sion appena ha sentito dei dolori ha partorito figli" (Is
66,8). "Nasce forse un popolo in un momento solo?". No, il
popolo nasce con generazioni, col tempo; una madre non partorisce
mille figli in un giorno solo. Invece, in questo caso, sì; Maria
diventa madre di tutti i credenti.
Ecco
perché noi, che non c'eravamo in quel giorno, ci riconosciamo in
Giovanni: "Figlio ecco tua Madre". Volete voi la
misericordia di Dio che scende dalla croce, che dal cuore di Maria
arriva a voi? Se sì, fate il percorso contrario, andate da Maria e
ricevete la sua maternità. Ma che maternità è? È una maternità
di misericordia. Ecco perché ogni volta che prego la Vergine Maria
ricevo la misericordia di Dio gratis. Vi siete mai chiesti perché
Gesù dalla croce, anziché dire: "Madre ecco tuo figlio"
dica: "Donna ecco tuo figlio"? È una parola un po' strana
per un figlio; io non mi sono mai rivolto a mia madre dicendole:
"Donna, a che ora è il pranzo?". Dicendo "donna"
sembra quasi che Gesù prenda un po' le distanze da lei: sì, sono
tuo figlio, ma fino a un certo punto. Non vi è mai venuto il
sospetto che realmente con questa parola, oltre che Madre di Gesù (è
indubitabile questo), si possa anche parlare di Lei come Sposa del
Verbo? Forse facciamo fatica a pensare questo, perché se una donna è
madre non può essere sposa della stessa persona.
Facciamo
un passo in avanti. Gesù chiama "donna" sua mamma due
volte: prima alle nozze di Cana ("Che c'è tra me e te o
Donna"), poi sulla croce ("Donna, ecco tuo figlio").
Di solito si dice che la Vergine è sposa dello Spirito Santo, e
questo va bene, ma alle nozze di Cana il Figlio dice: "Non è
ancora giunta la mia ora", mentre sulla croce: "È giunta
l'ora". È giunta l'ora di che cosa? L'ora di questa unione, di
questo dono totale. Ma il dono totale la sposa lo fa allo sposo, lo
sposo lo fa alla sposa, tant'è che a Cana si cambia l'acqua in vino.
Il vino poi diventerà vino-sangue, segno della nuova ed eterna
alleanza. Quindi possiamo anche pensare che la donna, Maria, sotto la
croce sia associata alla passione di Cristo come figura di sposa.
Scrive Divo Barsotti: "Il Vangelo conosce Maria ovviamente come
madre di Gesù, ma Gesù a volte sembra rifiutare un rapporto
filiale. Egli vuole un rapporto di amore e di libertà, così nella
madre contempla la sposa". Maria Santissima è la madre di Gesù,
ovvia è la sua maternità; ma è bello anche pensare che ci sia
qualcosa di più: oltre la madre c'è anche la sposa del Verbo, cioè
Gesù si dona totalmente proprio alla donna. L'unione è mistica e il
consenso perfetto. La scena sotto la croce è dunque sia di
figlio-madre ("Donna ecco tuo figlio"), ma anche di un
consenso sponsale cioè: "Ti do tutta la misericordia di Dio"
e "Io la ricevo tutta": ciò avviene solo quando ci si
sposa in un dono di sé l'uno all'altro. Nell'inno mariano russo
Akathistos viene ripetuta continuamente l'espressione "Ave
Vergine Sposa"; non s'intende sposa di Giuseppe, ma la sposa che
ha ricevuto tutto Cristo solo sulla croce e non prima; prima è la
mamma, è la madre che lo accompagna sulla croce; è come se, oltre
questo ruolo, assumesse la dignità, la grandezza, la regalità della
Sposa. Ella, essendo senza peccato, lo accoglie pienamente e
interamente. Alcuni Padri della Chiesa immaginano la Vergine Maria
come un lago vuoto o un bacino idrico dove tutta l'acqua viene
riversata. La mia personale capacità di ricezione è scarsa perché
il mio peccato ha ridotto, per mia colpa, la capacità del mio bacino
idrico. Nella Madonna il lago accoglie tutta la misericordia, così
che ora Ella sia un abisso di misericordia perché l'amore divino
venga accolto interamente (insisto su questo vocabolo: interamente)
dalla Vergine Maria.
L'intuizione
di santa Teresa
Questo
fu un problema per santa Teresa di Gesù Bambino: "Ho sentito
dire che nella storia nella Chiesa ci sono alcune persone che si
offrono come vittime di espiazione, cioè collaborano con la Passione
di Gesù, chiedono di soffrire; esse a volte si infliggono delle
sofferenze volontarie, a volte accettano quelle che hanno già e
dicono: «Partecipo alla Passione con la mia sofferenza». Ci sono
dei santi che hanno vissuto delle penitenze straordinarie per
questo... Io non riesco ad offrirmi come vittima della giustizia di
Dio". Ebbe allora un'intuizione geniale: "Signore io a
offrirmi vittima non ce la faccio, però tu hai bisogno di effondere
il tuo amore sulle anime, perché l'amore tende a effondersi. Io, se
amo, desidero che il mio amore sia accolto, giusto? Non amo così in
generale, ma delle persone precise, e siccome non tutti ti accolgono
perché sono distratti o perché non vogliono o perché hanno il
cuore indurito, ecco cosa ti chiedo: di essere vittima, cioè
totalmente data per accogliere, della tua misericordia infinita:
versa su di me — io adesso mi faccio come bacino vuoto — tutta la
tua misericordia, quella che gli altri non vogliono accogliere. Tu
giri nel mondo cercando anime e a dire: «Amatemi, amatemi, vi do il
mio amore» e non ne trovi, allora dai tutta la misericordia a me".
Teresa
si offre e scrive l'Atto di offerta all'amore misericordioso di Dio.
Non dovete pensare che dopo ella abbia vissuto delle estasi, che
sentisse il gaudio estremo! No, visse piuttosto delle grandissime
aridità, con continui atti di fede: sul piano sensibile non ha
sentito nulla, ma tale offerta l'ha fatta santa.
Scrive
l'atto di misericordia, alla "veneranda" età di 22 anni:
O
mio Dio, Trinità Beata, io desidero amarti e farti amare, lavorare
per la glorificazione della santa Chiesa salvando le anime che sono
sulla terra e liberando quelle che sono nel Purgatorio. Desidero
compiere perfettamente la tua volontà e arrivare al grado di gloria
che mi hai preparato nel tuo regno; in una parola, desidero essere
santa, ma sento la mia impotenza e ti domando, o mio Dio, di essere
tu stesso la mia santità!
Poiché
mi hai amata fino a darmi il tuo unico Figlio perché fosse il mio
Salvatore e il mio Sposo, i tesori infiniti dei suoi meriti
appartengono a me ed io te li offro con gioia, supplicandoti di non
guardarmi che attraverso il volto di Gesù e nel suo Cuore ardente
d'amore.
Ti
offro inoltre tutti i meriti dei santi sia del Cielo che della terra,
i loro atti d'amore e quelli dei santi angeli; ti offro, o beata
Trinità, l'amore e i meriti della santa Vergine, mia Madre diletta.
A Lei abbandono la mia offerta pregandola di presentartela. Il suo
Figlio divino, mio Amato Sposo, nei giorni della sua vita mortale ci
ha detto: «nato ciò che domanderete al Padre mio, nel mio nome, ve
lo darà». Sono dunque certa che esaudirai i miei desideri. Lo so, o
mio Dio: più vuoi dare, più fai desiderare! Sento nel mio cuore
desideri immensi e ti chiedo con tanta fiducia di venire a prendere
possesso della mia anima. Ah, non posso ricevere la santa Comunione
tanto spesso come desidero! Ma, Signore, non sei tu Onnipotente?
Resta in me, come nel tabernacolo: non allontanarti mai dalla tua
piccola ostia! Vorrei consolarti dell'ingratitudine dei cattivi e ti
supplico di togliermi la libertà di dispiacerti. Se qualche volta
cado per mia debolezza, il tuo sguardo divino purifichi subito la mia
anima consumando tutte le mie imperfezioni, come il fuoco che
trasforma in sé ogni cosa in sé stesso. Ti ringrazio, o mio Dio, di
tutte le grazie che mi hai accordate, in particolare di avermi fatta
passare attraverso il crogiuolo della sofferenza. Sarò felice di
vederti comparire nel giorno finale con lo scettro della croce.
[Vedete, si mette anche lei nella scena del Calvario; siamo ben
lontani dall'immagine del Babbo Natale che dice "Avanti tutti,
forza, un regalo per tutti"]. Perché ti sei degnato di darmi in
sorte questa croce tanto preziosa, spero di rassomigliare a te nel
Cielo e di veder brillare sul mio corpo glorificato le sacre stimmate
della tua Passione! [Stupenda Teresina: chiede le stimmate! Le avete
chieste mai voi? Però non sulla terra, forse anche per vanità di
voler farsi notare. No, qui non le voglio, le voglio in Paradiso.
Verrebbe da dire: ma no, nel Paradiso è già tutto fatto, a cosa mi
servono le stimmate in Paradiso? Chiedetelo a Santa Teresina! Se sono
segno dell'amore di Dio, le vuole anche lei]. Dopo l'esilio in terra,
spero di venire a goderti nella Patria; ma non voglio ammassare
meriti per il Cielo, voglio lavorare per il tuo solo amore, con
l'unico scopo di farti piacere, di consolare il tuo Sacro Cuore e di
salvare anime che ti ameranno eternamente.
Alla
sera di questa vita, comparirò davanti a te a mani vuote, perché
non ti chiedo, Signore, di contare le mie opere. Tutte le nostre
giustizie hanno macchie ai tuoi occhi. Voglio perciò rivestirmi
della tua giustizia e ricevere dal tuo amore il possesso eterno di Te
stesso. Non voglio altro trono e altra corona che te, o mio Diletto!
Ai
tuoi occhi il tempo è nulla: un giorno solo è come mille anni.
Perciò puoi prepararmi in un istante a comparire davanti a te...
Allo
scopo di vivere in un atto di perfetto amore, mi offro come vittima
d'olocausto al tuo amore misericordioso, supplicandoti di consumarmi
senza posa, lasciando traboccare nella mia anima le onde d'infinita
tenerezza che sono racchiuse in te, così che io diventi martire del
tuo amore, o mio Dio!
Che
questo martirio, dopo avermi preparata a comparire davanti a te, mi
faccia morire e che la mia anima si slanci senza ritardo nell'eterno
abbraccio del tuo amore misericordioso! [Ha capito tutto Teresa.
Vuole andare sotto la croce e dire: Voglio morire così, non ho la
forza di salire sulla croce come vittima, sto sotto per ricevere, ma
anche questo è un martirio]. Voglio, o mio Diletto, ad ogni battito
del cuore rinnovarti questa offerta un numero infinito di volte, fino
a che, svanite le ombre, possa ridirti il mio amore a faccia a faccia
in eterno!
Firmato:
Maria Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo
9
giugno 1895
Parafrasando
Teresa, anche noi diciamo: Gesti, quando apparirai con la croce
vogliamo offrirci come nulla, ma un nulla pieno di te; sei tu la mia
virtù. Ciò ci impedirà di guardarsi troppo allo specchio perché
avremo ricevuto tutta la misericordia di Cristo dalla sua bontà
infinita.
Il
cristianesimo sta proprio nel lasciarsi sconvolgere dalla
misericordia. Cosa vuol dire essere cristiani? Osservare certi
atteggiamenti o comandamenti? È ben altro: è un dramma d'amore. Il
Cristianesimo è rinascere sotto la croce: pochi lo sanno e pochi lo
vogliono, perché andar sotto la croce non è mai comodo, ma quando
si vive lì, se si lascia fare a Dio, la misericordia invaderà il
nostro cuore.
L'esercizio
vero della vita cristiana non è tanto fare delle cose, ma è essere
travolti da questa misericordia. Ci può essere la crisi nella vita
religiosa se si imposta tutto sul fare e non si va mai alle radici,
che è l'essere rapiti. Se io vedo Gesù crocifisso nel cuore di
Maria, se mi sento amato, necessariamente lo seguo. Poi che cosa devo
fare? Non lo so, sbuccerò delle patate tutta la vita, andrò a
spaccar la legna oppure mi faranno Presidente di Malta o Vescovo di
Pietrapendente, ma non m'interessa nulla: io voglio essere sconvolto
dalla misericordia di Dio. Ciò che è da fare passa, la misericordia
invece non passa mai. Teresina aveva ben capito questo.
Al
termine della vita...
Quindi
non fare, ma un lasciarsi liquefare. Da che cosa? Dalla visione della
misericordia del Signore. E se non avete questa visione, si può
procurare, basta seguirne la strada: l'indirizzo è "via del
Calvario numero 1"; andate lì sotto, ci si può andare anche
oggi, la strada è aperta. Lì veramente vedo il volto del Cristo e
la misericordia del Padre. È un'esperienza terribile, ma solo
l'amore conosce l'amore, solo la croce è il luogo dell'amore
perfetto. Se non avremo l'esperienza di Dio misericordioso adesso,
l'avremo al momento della nostra morte, ma se saremo trovati senza
misericordia, il momento sarà per noi terribile.
Se
saremo pronti, come santa Teresa diremo: "Vedo la croce... e
volo verso di te in un atto grande di dedizione e di fiducia".
Ma se non abbiamo mai capito cos'è la misericordia, cosa faremo? Ben
che ci vada andremo a capirlo nel Purgatorio, ma ben che ci vada! Voi
ci volete proprio andare? Io no. Penso che molti di noi vi andranno,
ma non sarà bello, perché nel Purgatorio non faremo altro che dire:
"Ma guarda quanto tempo ho perso a star dietro..." a che
cosa? A star dietro a che cosa? Alle cavolate che ascoltiamo in
continuazione, alle stupidate o, chiamiamole così, alle dissipazioni
della vita. Altro problema non c'è veramente che non scappare
davanti alla misericordia.
"Dio
ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti
misericordia" (Rm 11,23). Cacciatevi nella testa e nel cuore
questo straordinario versetto di san Paolo! Volete la misericordia?
Allora non state a tirarla troppo lunga sulla disobbedienza: "Ah,
io ho peccato, ohimè, ho sbagliato, io sono peccatore", tanto
non ci credete nemmeno voi! Se veramente è in voi tale senso di
frustrazione e di disagio, abbiate lo slancio di santa Teresa che non
perdeva tempo in tanti discorsi per commiserarsi... Ella sa benissimo
di essere debole e povera, e proprio per questo si slancia perché la
misericordia di Dio è lì.
C'è
davanti a noi una porta aperta che io non apro. Gesù invece esorta:
"Su, apri questa porta, è così facile...". Ebbene, se
siamo disobbedienti (e lo siamo), Dio ha rinchiuso tutti nella
disobbedienza per usare a tutti misericordia.
Non
scappate dal Calvario, state lì con Maria Santissima. Bisogna avere
la fiducia, non temere di essere troppo turbati, ma piuttosto che
siamo conquistati dalla parola di Gesù agonizzante: "Serafino
mio, Carla mia, Francesca mia, ecco tua Madre".
Abbiamo
presente la mamma rondine che va a prendere il cibo, un po' lo
predigerisce e poi lo mette nella bocca dei suoi figliolini. Così fa
la Madonna: ricevuta la misericordia, la effonde su di noi.
Beati
coloro che conoscono il segreto di Maria, come esclamava san Luigi
Maria Grignon de Montfort. Preghiamo in Maria e noi vedremo Gesù con
i suoi occhi. Un dono più grande nostro Signore non poteva farlo, e
beato chi se ne accorge.
Maria
è dolce e al tempo stesso tremenda. Ecco perché il demonio la teme:
è una donna forte che schiaccia la testa del maligno e al tempo
stesso è la madre che dona Gesù ai suoi amati figli.
Tratto
dal libro “ Misericordia ultimo atto” di padre Serafino Tognetti
– da pag. 119 a pag.140
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