domenica 19 maggio 2019

MARIA SOTTO LA CROCE… di padre Serafino Tognetti




"Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Gv 19,25-27).

L'immagine che si imprime nel cuore

Sotto la croce ci sono quattro donne tra cui Maria Santissima. In un altro passo dei sinottici, si dice che le donne erano presenti, ma guardavano da lontano: "Le folle che erano accorse a questo spettacolo se ne tornarono percuotendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea osservavano questi avvenimenti" (Lc 23,48-49).
Il Vangelo dunque descrive un gruppetto di conoscenti — vogliamo immaginare parenti — che videro queste cose terrificanti da lontano e alcune donne che lo avevano seguito dalla Galilea. Quindi alcune donne stanno a distanza insieme ai parenti, altre donne invece stanno sotto la croce.
Concentriamoci adesso solo su Maria santissima. Se siete madri e avete visto nascere vostro figlio, avreste sopportato lo spettacolo di vederlo morire sotto i vostri occhi? E di quale morte! La Madonna non si pone questi problemi: sa che il suo posto e il suo ruolo è stare vicino a Gesù sotto la croce.

Nell'ora dell'estrema desolazione, la Santa Vergine sta col figlio a patire con lui, cioè compatire. Poniamoci anche un'altra domanda: cosa vede la madre? Vogliamo immaginarla come colei che, non dicendo neanche una parola, tiene fisso lo sguardo sul figlio. C'è una bella espressione nella lettera agli Ebrei — in un altro contesto — che dice: "Tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede" (Eb 12,2). Immaginiamo di tenere fisso lo sguardo su Gesù in quest'ora estrema, quindi di concentrare tutta la nostra attenzione su di lui: non c'è niente da dire e, forse, non c'è niente neanche da capire in quel momento, non c'è nulla da ragionare. Voi mamme avete messo al mondo dei figli, e mentre nascevano facevate dei ragionamenti? Delle meditazioni filosofiche? No, lì è il mistero della vita: il bambino nasce e la madre partecipa con tutta sé stessa, non pensa ad altro se non al bambino che sta nascendo; così è anche se doveste assistere alla morte di vostro figlio: non ci sono da fare dei ragionamenti. C'è l'attenzione totale, l'adesione totale del cuore al figlio che sta per morire.
Entriamo ancora di più in questo sguardo. Quando qualcuno guarda intensamente qualcosa — qualunque cosa — l'oggetto s'imprime nella sua memoria, nella sua fantasia, entra dentro di lui. Quanto più la scena è drammatica, tanto più essa mi s'imprime nella memoria. Se vedo delle cose normali, ad esempio andando in giro in macchina osservo il traffico, dopo pochi minuti me lo sono già dimenticato, perché si tratta di una scena usuale; ma se io m'impatto con una scena drammatica, se vedo la morte di qualcuno o vedo anche una cosa meravigliosa, essa s'imprimerà nella memoria in modo indelebile.
Tanti nostri problemi vengono da vecchie immagini, magari della nostra infanzia; se abbiamo visto qualcosa di brutto, esse ritornano continuamente, a volte anche nel sogno. Ciò significa che le immagini sono depositate lì e non se ne vanno più. Già vedere un uomo crocifisso, dopo aver subito la flagellazione, dev'essere qualcosa di terrificante... Se io sapessi che oggi pomeriggio vedrò qualcuno che agonizza e muore attaccato ad un palo con i chiodi, certamente rimarrei già impressionato prima ancora di assistere alla visione. Ma se quello è addirittura mio figlio, c'è da domandarsi come abbia fatto la Madonna a resistere senza svenire.
Pensate che quest'immagine se ne sia andata dagli occhi e dal cuore della Madonna? Questa scena è certamente rimasta impressa fortemente in lei, come una fotografia perenne, e ciò che fu allora è anche adesso. Quindi se noi ora vedessimo la Madonna e potessimo parlare con lei, certamente ci descriverebbe la scena perfettamente, come se duemila anni non fossero mai passati. Ella porta impressa in sé, come un marchio, quella scena, perché una volta vista, non se ne va mai più. Si vive in eterno e ciò che è una volta, è per sempre. La presenza di Gesù crocifisso così violentemente impressa nel cuore della madre, non se ne va neanche adesso che gode dell'eterna felicità. "Tutti i secoli ti diranno beata"; sì è vero, però Simeone cosa le disse anche? Che una spada le avrebbe trafitto l'anima. Altro che spada! Io penso che per una mamma spada più appuntita di questa non si possa immaginare. Non solo vedere la morte del figlio, ma del figlio innocente. E la spada rimane piantata anche oggi in Maria Santissima. Questa realtà della Vergine non dobbiamo mai dimenticarla; quando vediamo una statua di Maria, quando pensiamo alla nostra Madre del cielo, dobbiamo pensare anche a quello che c'è nel suo cuore. Ella è nella gloria, non c'è dubbio, ma porta dentro la passione di Gesù.

Il suo posto era quello

Cerchiamo di meditare, ora che ci siamo dati un quadro iniziale, le caratteristiche del suo "stare" sotto la croce.
Innanzitutto la fedeltà. Maria partecipa alla vita di Gesù; può stare lontana una mamma che ha vissuto tutta la vita di Gesù dall'annunciazione alla nascita a Betlemme, alla vita nascosta, alla vita pubblica? Poteva essere assente in quel momento? La fedeltà è proprio della donna, anzi sono proprio le donne che rimangono fedeli nel Vangelo. Gli uomini sono scappati tutti, a cominciare dagli apostoli. L'uomo ha un orgoglio molto sviluppato, vuole essere sempre il protagonista, poi è capace di grandi crolli nell'ora della prova (ricordiamo Pietro: "Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai" (Mt 16,22) e ricordiamo poi come andò a finire). Nell'ora della prova la donna, invece, si manifesta più fedele. Se ci fate caso, nella vita di Gesù e anche nella sua passione, le donne sono quelle che lo seguono. C'è la Veronica, ci sono le pie donne (la Veronica può essere anche una tradizione, però c'è), c'è la moglie di Pilato; è una pagana, figura periferica, eppure va dal marito a dirgli: "Non avere a che fare con questo giusto" (Mt 27,19); anche lei una delle poche che difende Gesù. La donna è fatta per la relazione, è più portata a vivere vicino all'amato rispetto all'uomo. L'uomo è più egoista, la donna si realizza e vive profondamente in tutte le relazioni.
Pensate, per esempio, al dramma dell'aborto. La donna che ha abortito nel passato per debolezza o per pressioni varie non dimentica. L'uomo, dopo due giorni, se n'è già dimenticato, magari è proprio colui che le ha detto di andare ad abortire. La donna invece porta il suo dramma finché campa, a volte con dei sensi di colpa terribili. Sapete che negli Stati Uniti ci sono delle cliniche in cui vengono ricoverate esclusivamente donne che hanno abortito, per il recupero psicologico, dal momento che non riescono più a vivere? Perché tali donne non riescono a sopportarne il peso di quello che hanno fatto? Proprio perché vivono nella relazione, sono coinvolte per sempre nel rapporto con i figli che non sono mai nati. La donna quindi ha dalla sua la fedeltà: Maria non fa altro che esercitare il dono tipicamente femminile della fedeltà all'amato.
Un altro aspetto importante è, come si diceva, l'immagine del figlio agonizzante che penetra come una spada nel suo cuore: il ricordo della morte di Gesù diventa la stessa vita della Vergine Maria. Tale imprinting è così forte da cambiare per sempre tutta la sua vita successiva; se ho visto Gesù morire così, posso poi agire in modo come se ciò non fosse stato? Noi uomini siamo distratti, pensiamo poco alla morte di Gesù, ma chi l'ha vista se la ricorda sempre. "Ricordare" vuol dire letteralmente "portare su dal cuore": ricordare. Questo ricordo smaschera tutte le idolatrie del presente: ecco perché dobbiamo tenere il crocifisso nelle stanze, nella casa e possibilmente anche nei luoghi pubblici. La presenza di Gesù crocifisso altro non è che il continuo portare al cuore quello che siamo costati a nostro Signore! Tutta la teologia del Nuovo Testamento non fa altro che dire: ricordate! La Lettera agli Ebrei riporta l'esempio di fede dei grandi uomini del passato, dicendoci: "Anche noi circondati da un così grande numero di testimoni, deposto ciò che è di peso e il peccato che ci intralcia, corriamo perseveranti nella corsa" (Eb 12,1). È importante ricordarci i fatti che sono avvenuti, gli eventi del passato. Per esempio, quando si fa l'omelia, sarebbe bene ogni tanto ricordare la vita dei santi in modo che il nostro presente si impreziosisca dell'esempio di eroici testimoni della fede. Usare solo delle teorie non serve: dobbiamo ricordare, ossia portare alla memoria ciò che Dio ha fatto per noi, per non cadere nel rischio di dire solo noi stessi.
Conoscete san Nicolao de la Flue? Visse eremita per diversi anni e si era fatto un quadro, o se l'era fatto fare, con l'immagine di Gesù Crocifisso e ai lati le scene della sua vita, la nascita, il battesimo nel Giordano, ecc; non aveva libri o altre immagini. Per tutta la sua vita eremitica altro non fece che guardare l'immagine. Anch'egli ha fatto come la Madonna, cioè se l'è impressa nel cuore, gli bastava quella. Oggi viviamo nel mondo delle immagini: dopo un'immagine un'altra, un'altra e un'altra ancora, e cosa ci rimane dentro? Ben poco. Pensate ad un eremita che nella sua vita non vede mai nessuno, ma possiede un'icona, magari del volto di Gesù; l'immagine gli s'imprime bene perché tutti i giorni egli non fa altro che guardarla. Così succede quando noi contempliamo il crocifisso. Anche san Tommaso d'Aquino usa la bella espressione di "leggere" Gesù Crocifisso nell'immagine, cioè di leggere il libro scritto nella sua icona. La contemplazione del crocifisso basterebbe a riempire tutta la nostra esperienza. Volete un esempio di pazienza? Guardate Gesù crocifisso — dice san Tommaso — volete un esempio di carità? Guardate Gesù crocifisso. Volete un esempio di povertà? Guardate Gesù crocifisso. Volete un esempio di amore oltre sé stessi? Guardate Gesù crocifisso.
La più grande lettrice di Gesù Crocifisso è la Vergine Maria ai piedi della croce. Che cosa succede quando la Madonna tiene fisso lo sguardo su Gesù? Condivide la passione. Ma cosa fa? La passione è tutta sulle spalle di Gesù, i chiodi sono nelle sue mani, le ferite sono sul suo corpo. Serve o non serve avere qualcuno di fianco? Quando state male, nel corpo o nello spirito, è differente viverla da soli o con qualcuno vicino, anche se non fa niente? La solitudine nella prova aggrava il peso del dolore. Colui che sta vicino non ha altra funzione se non quella di condividere il tuo lamento. A volte il bisogno maggiore è proprio quello di avere una presenza vicina, qualcuno che ci ami, anche se non può fare niente materialmente per toglierci qualche chiodo. Il peso portato in due è più leggero anche se tutta la fatica sta su uno, ma l'altro lo condivide; ecco perché possiamo parlare di Maria come corredentrice. La corredenzione è nel portare il peso insieme a Gesù, nella compassione della Vergine Maria.

Un travaso di misericordia

Entriamo adesso ancora più nel profondo. Maria vede nel corpo di Gesù le conseguenze del peccato; Ella sa benissimo che il figlio non muore per caso. Gesù aveva detto: "Nessuno mi toglie la vita, sono io che liberamente la do e la riprendo" (Gv 10,17-18). La Madonna sa che lì c'è il prezzo del peccato universale; Ella vede nel corpo del Figlio la conseguenza del peccato di Adamo e di tutti gli uomini... Lì impara cosa siamo costati a Dio. Sotto la croce veramente la spada penetra più profondamente; Maria vede che il peccato e la ribellione distruggono il corpo di Dio, ma vede anche che la passione è vissuta con amore da Gesù. Quindi, in una parola sola, cosa vede? La misericordia di Dio. Non è più un concetto astratto, ma la vede realmente con i propri occhi, anzi è l'unica che veramente la vede; i soldati non vedono niente, san Pietro e gli altri non c'erano neanche. La Madonna vede appunto la conseguenza del peccato e sente Gesù che muore dicendo: "Padre perdona loro" (Lc 23,34).
Questo è il quadro della Vergine Maria. Nei suoi occhi è impressa la misericordia di Dio che si offre come olocausto perché Dio è misericordia. La pura misericordia di Dio in quel momento si effonde nel mondo ed esce dalla bocca del Cristo morente. È di un'intensità grandiosa. Scrive don Divo Barsotti: "Il cristianesimo è religione di redenzione, non vi è rapporto dell'uomo con Dio che non implichi, che non abbia il suo fondamento nella misericordia infinita di Dio". Dunque il cristianesimo si riassume tutto di questo quadro, nel fatto che Gesù riversi dalla croce il suo amore redentivo nel mondo.

Pregare con Maria, pregare in Maria

Ma questa misericordia da chi viene accolta? Dal mondo? Macché. Viene accolta dalla Vergine Maria, dalla madre. La misericordia viene effusa da Dio sul mondo, ma bisogna che qualcuno la riceva. Nelle parabole Gesù aveva parlato tante volte di misericordia, ma tutto era "programmazione" di questo momento; prima ne aveva parlato, adesso la dona. Non è solo una parola, ma diventa la realtà. Per capire, bisogna che il nostro cuore sia spezzato, cioè per capire la misericordia di Dio bisognerebbe poter andare con Maria sotto la croce. Immaginate se adesso potessimo tornare indietro di duemila anni ed essere lì sotto: saremmo sconvolti anche noi. Bene, conosceremmo la misericordia e non avremmo più nessun dubbio sul fatto che Dio è amore.
Secondo Jean Lafrance ciò che spezza il cuore è il grido di Gesù sulla croce. Quante sono, infatti, le frasi di Gesù in croce? Quando chiedo questo, tutti mi rispondono che sono sette: tre in Giovanni, tre in Luca e una nei due sinottici. No, sono otto perché Gesù non muore in silenzio: "Ed emesso un alto grido spirò" (Mt 27,50; Mc 15,37). Il grido non è una parola? Voi quando gridate? Quando non ragionate più, quando c'è un grande spavento o una grande emozione, quando non ci sono parole o c'è un grande dolore. Il Vangelo racconta come alla morte in croce si scatenò il terremoto e tutti scapparono via. Il grido di Gesù sembra che faccia scuotere, se non i cuori, almeno la terra. Tutte le parole che dovevano essere dette erano già state pronunciate, rimane ora il cuore infranto.
Dopo le sette frasi, il drammatico, ultimo, terribile grido. "Alcuni tornarono a casa battendosi il petto" (Lc 23,48). Cosa significa battersi il petto? Vuol dire: "È colpa mia, sono stato io, sono stato trafitto da quello che ho visto". Con Maria sotto la croce non ci sono allora solo gli occhi, ma anche le orecchie: Ella vede per tre ore il dramma del peccato, le sue conseguenze, l'amore del Cristo, la sua misericordia infinita e ode il suo grido (il suo cuore è immacolato, non ha bisogno di avere il cuore infranto, ce l'ha dal dolore, ma non ha peccato), partecipa con Gesù alla redenzione del mondo. Proviamo ad immaginare la Madonna tutto occhio e la Madonna tutto orecchio: occhi per vedere Gesù e orecchie per ascoltare il suo grido spaventoso. La Madonna non dimentica, e questo vuol dire che pregare in Maria sia diverso che pregare con Maria.

Pregare con Maria significa insieme a lei, come prega qualcuno vicino a me. Pregare in Maria invece vuol dire entrare nel suo cuore e vedere la misericordia impressa, vedere Gesù crocifisso e ascoltare il grido. Pregare in Maria è tutta un'altra cosa: è non far più ragionamenti, ma vedere Gesù con i suoi occhi e ascoltarlo con le sue orecchie. Non è una devozione facile, ma è la migliore. Il Monfort diceva che Maria è il mezzo più veloce, più rapido, più sicuro, più efficace per giungere a Gesù. San Massimiliano Kolbe era un vero "fanatico" dell'Immacolata, cioè faceva tutto con Lei e in Lei, al punto tale che morì nella piena pace, nella profondità di questo ascolto. Nel bunker della morte gli uomini gridavano, ed era il loro grido di dolore; Kolbe lo trasformò nel grido di misericordia, tant'è che cominciarono a pregare e cantare salmi.
Pregare in Maria vuol dire risentire il grido e vedere l'immagine; non è una semplice devozione, ma è come abitare nella casa, come dice il testo: "E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Gv 19,27). Mi piace immaginare non soltanto che Maria si trasferì nella casa di Giovanni per la salvaguardia della sua persona, ma anche che Giovanni entrò nella casa di Maria, il suo Cuore immacolato. Abitare in quella casa, non di mattoni, significa che si è impressa in me l'immagine di Gesù crocifisso e quella della Resurrezione, perché la Vergine vive nella Pasqua anche l'esperienza della Resurrezione.
Il "no" di Dio al peccato è presente, risuona nella Chiesa e lo vediamo nelle persone che soffrono con cuore cristiano. Esse tengono sempre unite le due parti, quella della sofferenza e quella della misericordia di Dio. Un giovane della nostra Comunità, morto a 29 anni dopo lunghi anni di sofferenza, Gregorio Sannino, scrisse nei suoi diari: "La sofferenza è atroce, ormai non ho più la forza per lamentarmi; accogli Signore questo ammasso di miserie che sono io e immergile nell'abisso del tuo amore misericordioso". Nella grande prova questo giovane ammette di soffrire, ma al tempo stesso di voler vivere con il Signore e unire il proprio grido al suo. Così Dio può riversare su di lui la sua misericordia infinita e il perdono dei peccati.

La mediatrice

Dopo tre ore di sguardo intenso della Vergine Maria a suo figlio, Gesù le rivolge questa parola: "Donna, ecco il tuo figlio" (Gv 19,26). La Vergine ha ricevuto la misericordia, l'ha ascoltata, l'ha percepita, è entrata in lei, ma essa non rimane per lei. Poteva esaurirsi tutto nel rapporto Gesù-Maria, ma non è così. Appena la Vergine riceve la misericordia, le viene donato un figlio. Per fare che cosa? Per fargli da mangiare la minestrina la sera? No: per riversare su di lui tutta la misericordia che ora era in Lei.
Nasce una maternità nuova, l'amore di misericordia. L'amore di Dio è come una cascata: da Cristo arriva tutto alla Vergine Maria, e da Lei cosa succede poi? Ritorna a Cristo? No, non c'è da parte della madre verso Gesù un amore di misericordia: della misericordia ne hanno bisogno i peccatori che diventano figli di quella madre. È straordinario: l'amore di Dio arriva su Giovanni passando dalla Madonna; ecco perché è corredentrice e mediatrice. Come si fa a non riconoscere questo? Gesù sulla croce esprime la volontà di Dio: "Donna, ecco tuo figlio". Si realizza la profezia di Isaia in cui la donna diventa madre di tutti in un colpo solo: "Chi ha mai udito una cosa simile, chi ha visto cose come queste? Nasce forse un paese in un giorno? Un popolo è generato forse in un istante? Eppure Sion appena ha sentito dei dolori ha partorito figli" (Is 66,8). "Nasce forse un popolo in un momento solo?". No, il popolo nasce con generazioni, col tempo; una madre non partorisce mille figli in un giorno solo. Invece, in questo caso, sì; Maria diventa madre di tutti i credenti.
Ecco perché noi, che non c'eravamo in quel giorno, ci riconosciamo in Giovanni: "Figlio ecco tua Madre". Volete voi la misericordia di Dio che scende dalla croce, che dal cuore di Maria arriva a voi? Se sì, fate il percorso contrario, andate da Maria e ricevete la sua maternità. Ma che maternità è? È una maternità di misericordia. Ecco perché ogni volta che prego la Vergine Maria ricevo la misericordia di Dio gratis. Vi siete mai chiesti perché Gesù dalla croce, anziché dire: "Madre ecco tuo figlio" dica: "Donna ecco tuo figlio"? È una parola un po' strana per un figlio; io non mi sono mai rivolto a mia madre dicendole: "Donna, a che ora è il pranzo?". Dicendo "donna" sembra quasi che Gesù prenda un po' le distanze da lei: sì, sono tuo figlio, ma fino a un certo punto. Non vi è mai venuto il sospetto che realmente con questa parola, oltre che Madre di Gesù (è indubitabile questo), si possa anche parlare di Lei come Sposa del Verbo? Forse facciamo fatica a pensare questo, perché se una donna è madre non può essere sposa della stessa persona.
Facciamo un passo in avanti. Gesù chiama "donna" sua mamma due volte: prima alle nozze di Cana ("Che c'è tra me e te o Donna"), poi sulla croce ("Donna, ecco tuo figlio"). Di solito si dice che la Vergine è sposa dello Spirito Santo, e questo va bene, ma alle nozze di Cana il Figlio dice: "Non è ancora giunta la mia ora", mentre sulla croce: "È giunta l'ora". È giunta l'ora di che cosa? L'ora di questa unione, di questo dono totale. Ma il dono totale la sposa lo fa allo sposo, lo sposo lo fa alla sposa, tant'è che a Cana si cambia l'acqua in vino. Il vino poi diventerà vino-sangue, segno della nuova ed eterna alleanza. Quindi possiamo anche pensare che la donna, Maria, sotto la croce sia associata alla passione di Cristo come figura di sposa. Scrive Divo Barsotti: "Il Vangelo conosce Maria ovviamente come madre di Gesù, ma Gesù a volte sembra rifiutare un rapporto filiale. Egli vuole un rapporto di amore e di libertà, così nella madre contempla la sposa". Maria Santissima è la madre di Gesù, ovvia è la sua maternità; ma è bello anche pensare che ci sia qualcosa di più: oltre la madre c'è anche la sposa del Verbo, cioè Gesù si dona totalmente proprio alla donna. L'unione è mistica e il consenso perfetto. La scena sotto la croce è dunque sia di figlio-madre ("Donna ecco tuo figlio"), ma anche di un consenso sponsale cioè: "Ti do tutta la misericordia di Dio" e "Io la ricevo tutta": ciò avviene solo quando ci si sposa in un dono di sé l'uno all'altro. Nell'inno mariano russo Akathistos viene ripetuta continuamente l'espressione "Ave Vergine Sposa"; non s'intende sposa di Giuseppe, ma la sposa che ha ricevuto tutto Cristo solo sulla croce e non prima; prima è la mamma, è la madre che lo accompagna sulla croce; è come se, oltre questo ruolo, assumesse la dignità, la grandezza, la regalità della Sposa. Ella, essendo senza peccato, lo accoglie pienamente e interamente. Alcuni Padri della Chiesa immaginano la Vergine Maria come un lago vuoto o un bacino idrico dove tutta l'acqua viene riversata. La mia personale capacità di ricezione è scarsa perché il mio peccato ha ridotto, per mia colpa, la capacità del mio bacino idrico. Nella Madonna il lago accoglie tutta la misericordia, così che ora Ella sia un abisso di misericordia perché l'amore divino venga accolto interamente (insisto su questo vocabolo: interamente) dalla Vergine Maria.

L'intuizione di santa Teresa

Questo fu un problema per santa Teresa di Gesù Bambino: "Ho sentito dire che nella storia nella Chiesa ci sono alcune persone che si offrono come vittime di espiazione, cioè collaborano con la Passione di Gesù, chiedono di soffrire; esse a volte si infliggono delle sofferenze volontarie, a volte accettano quelle che hanno già e dicono: «Partecipo alla Passione con la mia sofferenza». Ci sono dei santi che hanno vissuto delle penitenze straordinarie per questo... Io non riesco ad offrirmi come vittima della giustizia di Dio". Ebbe allora un'intuizione geniale: "Signore io a offrirmi vittima non ce la faccio, però tu hai bisogno di effondere il tuo amore sulle anime, perché l'amore tende a effondersi. Io, se amo, desidero che il mio amore sia accolto, giusto? Non amo così in generale, ma delle persone precise, e siccome non tutti ti accolgono perché sono distratti o perché non vogliono o perché hanno il cuore indurito, ecco cosa ti chiedo: di essere vittima, cioè totalmente data per accogliere, della tua misericordia infinita: versa su di me — io adesso mi faccio come bacino vuoto — tutta la tua misericordia, quella che gli altri non vogliono accogliere. Tu giri nel mondo cercando anime e a dire: «Amatemi, amatemi, vi do il mio amore» e non ne trovi, allora dai tutta la misericordia a me".
Teresa si offre e scrive l'Atto di offerta all'amore misericordioso di Dio. Non dovete pensare che dopo ella abbia vissuto delle estasi, che sentisse il gaudio estremo! No, visse piuttosto delle grandissime aridità, con continui atti di fede: sul piano sensibile non ha sentito nulla, ma tale offerta l'ha fatta santa.
Scrive l'atto di misericordia, alla "veneranda" età di 22 anni:
O mio Dio, Trinità Beata, io desidero amarti e farti amare, lavorare per la glorificazione della santa Chiesa salvando le anime che sono sulla terra e liberando quelle che sono nel Purgatorio. Desidero compiere perfettamente la tua volontà e arrivare al grado di gloria che mi hai preparato nel tuo regno; in una parola, desidero essere santa, ma sento la mia impotenza e ti domando, o mio Dio, di essere tu stesso la mia santità!
Poiché mi hai amata fino a darmi il tuo unico Figlio perché fosse il mio Salvatore e il mio Sposo, i tesori infiniti dei suoi meriti appartengono a me ed io te li offro con gioia, supplicandoti di non guardarmi che attraverso il volto di Gesù e nel suo Cuore ardente d'amore.
Ti offro inoltre tutti i meriti dei santi sia del Cielo che della terra, i loro atti d'amore e quelli dei santi angeli; ti offro, o beata Trinità, l'amore e i meriti della santa Vergine, mia Madre diletta. A Lei abbandono la mia offerta pregandola di presentartela. Il suo Figlio divino, mio Amato Sposo, nei giorni della sua vita mortale ci ha detto: «nato ciò che domanderete al Padre mio, nel mio nome, ve lo darà». Sono dunque certa che esaudirai i miei desideri. Lo so, o mio Dio: più vuoi dare, più fai desiderare! Sento nel mio cuore desideri immensi e ti chiedo con tanta fiducia di venire a prendere possesso della mia anima. Ah, non posso ricevere la santa Comunione tanto spesso come desidero! Ma, Signore, non sei tu Onnipotente? Resta in me, come nel tabernacolo: non allontanarti mai dalla tua piccola ostia! Vorrei consolarti dell'ingratitudine dei cattivi e ti supplico di togliermi la libertà di dispiacerti. Se qualche volta cado per mia debolezza, il tuo sguardo divino purifichi subito la mia anima consumando tutte le mie imperfezioni, come il fuoco che trasforma in sé ogni cosa in sé stesso. Ti ringrazio, o mio Dio, di tutte le grazie che mi hai accordate, in particolare di avermi fatta passare attraverso il crogiuolo della sofferenza. Sarò felice di vederti comparire nel giorno finale con lo scettro della croce. [Vedete, si mette anche lei nella scena del Calvario; siamo ben lontani dall'immagine del Babbo Natale che dice "Avanti tutti, forza, un regalo per tutti"]. Perché ti sei degnato di darmi in sorte questa croce tanto preziosa, spero di rassomigliare a te nel Cielo e di veder brillare sul mio corpo glorificato le sacre stimmate della tua Passione! [Stupenda Teresina: chiede le stimmate! Le avete chieste mai voi? Però non sulla terra, forse anche per vanità di voler farsi notare. No, qui non le voglio, le voglio in Paradiso. Verrebbe da dire: ma no, nel Paradiso è già tutto fatto, a cosa mi servono le stimmate in Paradiso? Chiedetelo a Santa Teresina! Se sono segno dell'amore di Dio, le vuole anche lei]. Dopo l'esilio in terra, spero di venire a goderti nella Patria; ma non voglio ammassare meriti per il Cielo, voglio lavorare per il tuo solo amore, con l'unico scopo di farti piacere, di consolare il tuo Sacro Cuore e di salvare anime che ti ameranno eternamente.
Alla sera di questa vita, comparirò davanti a te a mani vuote, perché non ti chiedo, Signore, di contare le mie opere. Tutte le nostre giustizie hanno macchie ai tuoi occhi. Voglio perciò rivestirmi della tua giustizia e ricevere dal tuo amore il possesso eterno di Te stesso. Non voglio altro trono e altra corona che te, o mio Diletto!
Ai tuoi occhi il tempo è nulla: un giorno solo è come mille anni. Perciò puoi prepararmi in un istante a comparire davanti a te...
Allo scopo di vivere in un atto di perfetto amore, mi offro come vittima d'olocausto al tuo amore misericordioso, supplicandoti di consumarmi senza posa, lasciando traboccare nella mia anima le onde d'infinita tenerezza che sono racchiuse in te, così che io diventi martire del tuo amore, o mio Dio!
Che questo martirio, dopo avermi preparata a comparire davanti a te, mi faccia morire e che la mia anima si slanci senza ritardo nell'eterno abbraccio del tuo amore misericordioso! [Ha capito tutto Teresa. Vuole andare sotto la croce e dire: Voglio morire così, non ho la forza di salire sulla croce come vittima, sto sotto per ricevere, ma anche questo è un martirio]. Voglio, o mio Diletto, ad ogni battito del cuore rinnovarti questa offerta un numero infinito di volte, fino a che, svanite le ombre, possa ridirti il mio amore a faccia a faccia in eterno!

Firmato: Maria Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo
9 giugno 1895

Parafrasando Teresa, anche noi diciamo: Gesti, quando apparirai con la croce vogliamo offrirci come nulla, ma un nulla pieno di te; sei tu la mia virtù. Ciò ci impedirà di guardarsi troppo allo specchio perché avremo ricevuto tutta la misericordia di Cristo dalla sua bontà infinita.
Il cristianesimo sta proprio nel lasciarsi sconvolgere dalla misericordia. Cosa vuol dire essere cristiani? Osservare certi atteggiamenti o comandamenti? È ben altro: è un dramma d'amore. Il Cristianesimo è rinascere sotto la croce: pochi lo sanno e pochi lo vogliono, perché andar sotto la croce non è mai comodo, ma quando si vive lì, se si lascia fare a Dio, la misericordia invaderà il nostro cuore.
L'esercizio vero della vita cristiana non è tanto fare delle cose, ma è essere travolti da questa misericordia. Ci può essere la crisi nella vita religiosa se si imposta tutto sul fare e non si va mai alle radici, che è l'essere rapiti. Se io vedo Gesù crocifisso nel cuore di Maria, se mi sento amato, necessariamente lo seguo. Poi che cosa devo fare? Non lo so, sbuccerò delle patate tutta la vita, andrò a spaccar la legna oppure mi faranno Presidente di Malta o Vescovo di Pietrapendente, ma non m'interessa nulla: io voglio essere sconvolto dalla misericordia di Dio. Ciò che è da fare passa, la misericordia invece non passa mai. Teresina aveva ben capito questo.

Al termine della vita...

Quindi non fare, ma un lasciarsi liquefare. Da che cosa? Dalla visione della misericordia del Signore. E se non avete questa visione, si può procurare, basta seguirne la strada: l'indirizzo è "via del Calvario numero 1"; andate lì sotto, ci si può andare anche oggi, la strada è aperta. Lì veramente vedo il volto del Cristo e la misericordia del Padre. È un'esperienza terribile, ma solo l'amore conosce l'amore, solo la croce è il luogo dell'amore perfetto. Se non avremo l'esperienza di Dio misericordioso adesso, l'avremo al momento della nostra morte, ma se saremo trovati senza misericordia, il momento sarà per noi terribile.
Se saremo pronti, come santa Teresa diremo: "Vedo la croce... e volo verso di te in un atto grande di dedizione e di fiducia". Ma se non abbiamo mai capito cos'è la misericordia, cosa faremo? Ben che ci vada andremo a capirlo nel Purgatorio, ma ben che ci vada! Voi ci volete proprio andare? Io no. Penso che molti di noi vi andranno, ma non sarà bello, perché nel Purgatorio non faremo altro che dire: "Ma guarda quanto tempo ho perso a star dietro..." a che cosa? A star dietro a che cosa? Alle cavolate che ascoltiamo in continuazione, alle stupidate o, chiamiamole così, alle dissipazioni della vita. Altro problema non c'è veramente che non scappare davanti alla misericordia.
"Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia" (Rm 11,23). Cacciatevi nella testa e nel cuore questo straordinario versetto di san Paolo! Volete la misericordia? Allora non state a tirarla troppo lunga sulla disobbedienza: "Ah, io ho peccato, ohimè, ho sbagliato, io sono peccatore", tanto non ci credete nemmeno voi! Se veramente è in voi tale senso di frustrazione e di disagio, abbiate lo slancio di santa Teresa che non perdeva tempo in tanti discorsi per commiserarsi... Ella sa benissimo di essere debole e povera, e proprio per questo si slancia perché la misericordia di Dio è lì.

C'è davanti a noi una porta aperta che io non apro. Gesù invece esorta: "Su, apri questa porta, è così facile...". Ebbene, se siamo disobbedienti (e lo siamo), Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia.

Non scappate dal Calvario, state lì con Maria Santissima. Bisogna avere la fiducia, non temere di essere troppo turbati, ma piuttosto che siamo conquistati dalla parola di Gesù agonizzante: "Serafino mio, Carla mia, Francesca mia, ecco tua Madre".

Abbiamo presente la mamma rondine che va a prendere il cibo, un po' lo predigerisce e poi lo mette nella bocca dei suoi figliolini. Così fa la Madonna: ricevuta la misericordia, la effonde su di noi.

Beati coloro che conoscono il segreto di Maria, come esclamava san Luigi Maria Grignon de Montfort. Preghiamo in Maria e noi vedremo Gesù con i suoi occhi. Un dono più grande nostro Signore non poteva farlo, e beato chi se ne accorge.

Maria è dolce e al tempo stesso tremenda. Ecco perché il demonio la teme: è una donna forte che schiaccia la testa del maligno e al tempo stesso è la madre che dona Gesù ai suoi amati figli.

Tratto dal libro “ Misericordia ultimo atto” di padre Serafino Tognetti – da pag. 119 a pag.140



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