domenica 26 maggio 2019

EDVIGE CARBONI… CERIMONIA DI BEATIFICAZIONE sabato 15 giugno 2019 – Pozzomaggiore (SS)



L'EROICITÀ DELLE VIRTÙ
Allo scopo di accertare l'eroicità delle virtù di un Servo di Dio, la Congregazione per le Cause dei Santi fa istituire un vero e proprio processo super virtutibus. Nell'iter di una causa di beatificazione e canonizzazione è il gradino più difficile e più complesso da superare; per gli specialisti costituisce il più lungo e laborioso lavoro da compiere, in quanto chi esamina le prove dell'eroicità delle virtù, deve possederne la certezza morale che sta alla base del suo giudizio positivo. Solo allora si potrà procedere alla promulgazione del decreto che consentirà di attribuire ad un Servo di Dio il titolo di venerabile: il primo, importante gradino verso la beatificazione.
La causa di beatificazione di Edvige Carboni è giuridicamente arrivata al momento di superare questo gradino ( 2006).
Chi ha letto una sua qualsiasi biografia, si sarà senza dubbio reso conto che la vita della Carboni fu tutta di modestia e di silenzio, tutta comune e tutta quotidiana, ed è stato in questa modestia e in questo silenzio che Ella ha vissuto a contatto con Dio.
Il suo familiare più importante è stato Lui. Solo all'apparenza la sua vita fu tutta comune e tutta quotidiana ma, per riprendere le parole di papa Pio XI "quanto di non comune e di non quotidiano è in quel comune e quotidiano. Il quotidiano che torna sempre lo stesso, che ha sempre le stesse occupazioni, le stesse situazioni, le stesse difficoltà, le stesse tentazioni, le stesse debolezze, le stesse miserie fu ben detto il terribile quotidiano. Quale forza si richiede anche solo per difendersi da questo terribile, schiacciante, monotono, asfissiante quotidiano! Quanta non comune virtù è necessaria per adempiere, con non comune esattezza, o meglio non con la comune, quotidiana, così frequente inesattezza, rilassatezza, negligenza, faciloneria, ma con attenzione, pietà, fervore intimo di spirito, tutto il complesso di cose comuni che riempie la nostra vita quotidiana"(1). La Serva di Dio fu lieta nella speranza, forte nella tribolazione, perseverante nella preghiera, sollecita per le necessità dei fratelli, premurosa nell'ospitalità. Benedì coloro che la perseguitarono, benedì e non maledì. Si rallegrò con quelli che erano nella gioia, pianse con quelli che erano nel pianto ( Rm 12,1215).
Edvige Carboni, seguendo fedelmente le orme di Cristo, ubbidendo all'invito siate perfetti come è perfetto il vostro Padre nei cieli ( Mt 5,48) durante l'intera sua vita trascorsa tra le pareti della propria casa e tra le pareti della propria chiesa, ha cercato di superare, riuscendovi in modo eccellente, quanto di schiacciante, monotono ed asfissiante ci possa essere in una comune giornata.
In un mondo, come quello odierno, in cui tutti ci diamo da fare per evitare tutto quanto sia monotono, in cui tentiamo ogni mezzo per evadere, e non solo dai nostri doveri, ma soprattutto da Dio e dalle sue leggi, ritenute pesanti, assurde ed asfissianti, fuori dal comune sentire e agire, Edvige Carboni dà lezione di come Dio debba essere servito e amato nel nostro quotidiano; di come i propri doveri e le difficoltà debbano e possano essere affrontati con gioia e con forza d'animo; in una parola, con eroismo. Se Dio sta al centro di ogni azione, e se è Lui a prevenirle e seguirle, ogni problema è superabile.
Questo Edvige ha mostrato con la sua robusta fede, la sua incrollabile speranza, la sua sconfinata carità verso Dio e i fratelli. Edvige Carboni è stata una di quelle donne che, proprio nella vita e nelle attività quotidiane, è passata inosservata o addirittura incompresa, sconosciuta ai più, a differenza di tanti altri uomini e donne già canonizzati dalla Chiesa; ma è stata anch'essa un'operaia instancabile che ha lavorato nella vigna del Signore dall'alba al tramonto ( C. L. n.17). Ha diritto alla sua paga.

Edvige Carboni non ha mai rinunciato a diventare migliore, né a combattere. Lei, che si riteneva una grande peccatrice, piena di infermità spirituali, non ha mai rinunciato a guarire. La sua vita per Lei non andava sprecata: bisognava andare avanti, tutti i giorni, fino all'ultimo, salire fino alla vetta e raggiungere il Signore.
Se tutti, al suo paese natale, sapevano chi fosse, a Roma la Serva di Dio visse pressoché sconosciuta. Chi poteva immaginare che, dietro a quell'esile, umile donna che, durante il periodo bellico, girava per le strade della capitale con la sua sporta fatta di foglie di granturco carica di beni di prima necessità da portare ai più indigenti, si nascondesse un'anima grande! Ma è così che la Serva di Dio volle vivere: sconosciuta. Le era sufficiente che solo Dio vedesse nel suo cuore. La sua riservatezza e la sua umiltà non debbono farla ritenere una figura povera, quasi insignificante, difficile da inquadrare in un alone agiografico; qualcuno forse potrebbe ragionare in questo modo in quanto il mondo di oggi pretende intraprendenza, capacità manageriali, dinamismo, così difficile da coniugare con una vita nascosta. Ciò che per il mondo di oggi può essere virtù, potrebbe non esserlo per il cristianesimo.
La vita della Serva di Dio, dietro tanto nascondimento, cela un'infinita, molteplice ricchezza di azioni che non devono farla relegare alla sole mura domestiche. Anche Edvige Carboni fu, come tante altre, coraggiosa e intraprendente.
Occorreva coraggio, durante la seconda guerra mondiale ed immediatamente dopo, andare a far visita e consolare, anche con aiuti materiali, i carcerati politici, comunisti o fascisti che fossero.
Occorreva coraggio, anche di fronte a quanti comunemente si chiamavano cristiani, invitare ad imbiancare le pareti della propria casa, a Roma, i comunisti, quelli duri di una volta, non mancando di parlare con loro di Dio e del suo amore. Era nota la convivenza more uxorio del Massari; che importava? Per Edvige era un fratello che doveva essere aiutato spiritualmente e materialmente. Ne profetizzò la conversione, che seguì subito dopo la morte della Serva di Dio. Edvige rientrava a casa senza scarpe, senza blusa o sciarpa per averne fatta carità a qualcuno in quei terribili anni di guerra. Come il Signore Gesù, anche la sua Serva prima agiva e poi insegnava. Quali impareggiabili lezioni ed esempi diede ai bambini che da lei apprendevano le leggi di Dio e della Chiesa!
C'è un aspetto della spiritualità e della vita della Serva di Dio che non va assolutamente trascurato; dal 1941 sino alla sua morte Edvige offrì tutta se stessa a Dio per la conversione dei comunisti, dei bolscevichi, della Russia e dei paesi dell'Est europeo. Non potendo giovare in altro modo a questa causa, dietro esortazione della Madonna in modo particolare, pregò, offrì e diede tutta se stessa perché il crocifisso tornasse ad essere adorato in quelle parti del mondo.
VIRTÙ TEOLOGALI
Fede
" Siamo qui per Gesù e dobbiamo fare tutto per Lui" era solita dire; "Gesù ti amo e vorrei morire a forza di amarti; "il tuo amore mi basta". Sin dalla fanciullezza la Serva di Dio, in compagnia della fede, varcò la soglia di un'esistenza profondamente santa.
Gli insegnamenti ricevuti dalla madre, dai suoi parroci e direttori spirituali li mise subito in pratica; l'ascolto della parola di Dio la rendeva felice e fu per Lei il perno di un equilibrio interiore veramente straordinario, che tutti le riconobbero, persino chi rimaneva scettico ai tanti carismi che i suoi contemporanei constatarono in Lei.
La partecipazione alla santa messa, il suo quotidiano cibarsi della Eucaristia che amava adorare per ore, il dialogo con Dio e la preghiera continua, sia in casa che in chiesa, sono stati gli alimenti vitali della sua anima e della sua fede. Quando la Serva di Dio usciva di casa, con il rosario tra le dita, per recarsi in chiesa, era già in stato di orazione; una volta entratavi si estraniava da ogni cosa.
Tutti la ricordano in atteggiamento di preghiera, immobile e sempre in ginocchio: quello era il momento del suo riposo e dell'attingimento della linfa dalla vera Vite. Edvige Carboni si lasciò investire dalla Grazia di Dio, che le offrì tutte le anni spirituali per la quotidianità della vita. Essere seguaci di Gesù non costituì per Lei un semplice titolo onorifico, ma di responsabilità; avrebbe predicato il suo amore per il Signore e i suoi insegnamenti persino dai tetti, se fosse stato necessario. Il Cuore di Gesù e questi Crocifisso furono la sua ispirazione, il suo vanto, la sua energia.
La Serva di Dio fece trafficare i talenti avuti con la fede; è voluta rimane strettamente unita alla vera Vite; ha voluto essere e fu un tralcio pieno di linfa. Non ha voluto invece l'autonomia nel suo operare e scegliere; ha voluto essere un buon innesto per cui i frutti della fede, della speranza e della carità ne furono i risultati. La fede in Dio e il rispetto e la venerazione per la Chiesa furono da Lei sempre difesi; allora la sua riservatezza si tramutava in audacia.
Per tale, vivo sentimento di fede che ravvivava con la meditazione della passione del Signore e le letture spirituali, Edvige si dichiarava pronta a spargere il suo sangue per essa. Bruciava tanto d'amore al Signore che invitava tutti ad amarlo, ad adorarlo nell'Eucaristia, specialmente nei primi venerdì del mese e ad abbandonarsi completamente alla sua misericordia. In Lei traspariva un grande rispetto per la Chiesa cattolica, di cui fu sempre figlia obbediente; in essa, nel papa, nei vescovi e direttori di spirito vedeva agire Gesù e lo Spirito Santo. Inorridiva per il peccato in genere e per le bestemmie e riparava invitando soprattutto i bambini a pregare. Il nome di Gesù era per Lei adorabile e mai avrebbe voluto che fosse ignorato, contraccambiato con altri e offeso: fu con questo nome sulle labbra che la Serva di Dio spirò.
Speranza
Una volta che la fede è accesa, è facile che essa illumini la speranza. La Serva di Dio non si lasciò mai scoraggiare dalle tante prove ed amarezze avute in vita. Rimase serena in mezzo alle incomprensioni, alle affrettate condanne ed afflizioni di qualsiasi genere, compresi i suoi mali fisici. Prega santa rughe, chi ti risolvede ogni angustia (prega la santa Croce, che ti risolve ogni amarezza) era solita ripetere a quanti avevano qualche problema e a lei si rivolgevano per una preghiera. Rimase costantemente fiduciosa nell'intervento di Dio, sorridente nella fatica e lieta del poco. Quando andava a trovare gli ammalati, li confortava e li incoraggiava a sopportare con rassegnazione cristiana le sofferenze dovute alle loro infermità, promettendo la sua preghiera. Edvige era convinta che nessuno avrebbe potuto rapirle la propria gioia; un'altra anima si sarebbe smarrita in mezzo alle prove della vita. La Serva di Dio invece trovò forza nel Signore e le sofferenze furono per Lei non un peso, ma una cattedra da cui imparò a sperare ed insegnò a tutti ad amare e confidare nel Signore. Questo aspetto fu da Lei mostrato soprattutto nei due periodi bellici; Edvige confidava e sperava nella misericordia del Signore, al quale chiese, con preghiere e dure penitenze, che l'inutile carneficina terminasse al più presto e la pace ritornasse sulla terra.
Pregò per i soldati al fronte ed incoraggiò mogli e madri a sperare nella bontà del Signore.
Ebbe davvero tanta fiducia nella misericordia divina, Lei che si riteneva debole figlia di Adamo ma, per i meriti del Signore, aspirava alle gioie del paradiso ed invitava tutti a desiderarle e a fare qualsiasi cosa per ottenerle. Dalla speranza nel Signore la Serva di Dio ottenne quella imperturbabilità che, in mezzo alle persecuzioni, tutti le riconobbero e forse in premio di questa sua speranza ottenne da Dio di conoscere l'interno del cuore di quanti, senza aprir bocca, le rivolgevano mentalmente una preghiera o le chiedevano un consiglio. Molte volte fu Lei a sopperire la mancanza di fiducia e di speranza nel Signore, ottenendo per gli altri quanto non osavano sperare di avere.
Carità verso Dio
"Gesù mi ama, Gesù non mi abbandona. Io, a Gesù l'amo tanto tanto; l'amo quanto non è mai stato amato. Vorrei avere nelle mie mani tutti i cuori degli uomini e tutti li darei a Gesù. Del mio cuore vorrei farne una candela per rimanere sempre accesa davanti a Gesù Sacramentato [...] Vorrei che il mio amore si struggesse d'amore per te o Gesù; nient'altro desidero [...] non voglio beni terreni, non onori [...] vorrei morire bruciata d'amore per te o Gesù; se fossi un angelo prenderei una tromba, farei il giro dell'oceano e griderei a tutti gli esseri umani: amate Gesù, amatelo, amatelo uomini, amatelo il buon Gesù che è morto in croce per salvare a noi miseri peccatori" (2). Da questa pagina del cosiddetto diario della Serva di Dio è facile ricavare quale immenso amore Ella nutrisse per il Signore. Il dovere più grande per Lei fu attendere alle cose del Padre, cosa non facile in un'epoca di grandi trasformazioni come quella in cui visse. Edvige seppe continuamente fare la volontà di Dio in ogni circostanza della sua vita; non amò stare a perdere tempo: c'era tanto da fare nella vigna del Signore per cui evitò l'ozio. A Lui sapeva di dover rispondere di ogni parola inutile, per cui i suoi discorsi, e spesso persino le sue lettere, furono principalmente di sapore religioso. In qualsiasi modo si adoperò perché il suo Gesù fosse amato e benedetto.
La Serva di Dio fu donna di preghiera: tenne incessantemente le braccia alzate come Mosè per impetrare misericordia per tutti. Oltre l'osservanza del precetto domenicale, la santa messa e la visita eucaristica quotidiana, Edvige aveva l'abitudine di trascorrere parte della sua giornata nella sua camera e pregare davanti al crocifisso posto a fianco del suo letto. Tutto compiva con quell'atteggiamento e con quella precisione da dare a tutti chiari segni di quanto amasse Dio. Lasciava edificati il suo modo di fare, semplice e naturale, ma pieno di tanto amore al Signore. Tutto denotava in Lei l'esistenza di un mondo interiore veramente ricco.
L'ascolto della parola del Signore la illuminava. Nel diluvio di parole che cadeva ai suoi tempi e che si aprivano a tante novità di pensiero e di tecnologie, la parola della Chiesa fu per Lei di guida, di certezza, di serenità. Perché poi tutto contribuisse ad essere guidata ed illuminata dai precetti divini e della Chiesa, eseguiva con puntualità quanto i confessori e i direttori di spirito la invitavano a fare; persino le sue iscrizioni all'Ordine francescano secolare e all'Arciconfraternita della passione furono per lei motivi più che validi per essere più perfetta nell'amare Dio. Non contenta di avere, letteralmente, nel cuore tanto fuoco d'amore per Dio, si adoperava perché tale amore divampasse anche nel cuore degli altri. Faceva di tutto perché quel fuoco in Lei non si spegnesse e si rallegrava quando si accorgeva che qualcuno tentava di accenderlo nel proprio cuore.
Quando invece si rendeva conto che qualche persona mancava d'amore verso Dio, se ne rattristava e con delicatezza e tatto la esortava a non agire così. Invitava tutti alla confessione, al banchetto eucaristico e alla soddisfazione del precetto pasquale. Più la Serva di Dio si innamorava del Signore e più si allontanava da quanto poteva turbare questo amore e tutto senza mai tralasciare i doveri del proprio stato.
Filiale e intenso fu l'amore per la Vergine Maria. La onorava, sotto i vari titoli, in tutti modi: con l'offerta della sua giornata e delle sue fatiche, con la riparazione contro le bestemmie, con i pellegrinaggi, con le novene e soprattutto con la quotidiana recita del santo rosario. Grande anche la venerazione per diversi santi, ad iniziare da quella per Giuseppe, sposo di Maria.
Carità verso il prossimo
La Serva di Dio osservò per tutta la vita il comandamento evangelico di amare il prossimo, ed in grado veramente straordinario.
Mossa pertanto dalla carità, aveva a cuore il bene di tutti, e nutriva il profondo desiderio che tutti gli uomini, e i cristiani principalmente, fossero illuminati dalle verità di fede e dagli insegnamenti della Chiesa e si rammaricava che tanti fossero lontani da Dio, non ne conoscessero le leggi e non lo amassero. Si impegnò così con tutte le sue energie nell'insegnamento del catechismo ai bambini a Pozzomaggiore e amava raccoglierli la domenica per portarli in gruppo a seguire la messa domenicale nella parrocchia più vicina, durante i suoi primi anni in terra laziale. Edvige usava questa carità con i bambini, sostituendosi spesso ai genitori, ai quali non mancava di ricordare quanto fosse importante l'istruzione religiosa.
Un tale ammonimento arrivava a tutti, senza eccezione, persino ai sacerdoti che poco si curavano della propria dignità sacrale.
L'amore per i peccatori incalliti fu però una delle sue più grandi passioni: per essi pregava e faceva penitenze, ottenendo delle vere e proprie conversioni come quella del senatore del regno Salvatore Parpaglia, massone, di Francesco Massari, comunista o di Igino Bernacchia, marito della Serva di Dio Maria Aristea Ceccarelli.
La Serva di Dio usò la carità di pregare anche per il duce Benito Mussolini e per Joseph Stalin. Edvige Carboni supplicò il Signore per tutti coloro che la calunniavano e per tanti, anche sacerdoti ed intellettuali, che scandalizzavano le anime con le loro conferenze. Come già riferito, un'attenzione particolare l'ebbe per i miscredenti e i comunisti di epoca pacelliana, per la cui conversione offrì tutta se stessa.
Come si adoperava e pregava per la conversione dei peccatori, così Edvige si impegnava a restituire la pace nei cuori di quanti portavano rancore o odio. Esortava le persone a riconciliarsi per amore di Dio e a perdonare. Ella diede per primo l'esempio quando vi furono dei dissapori tra i parenti a motivo delle eredità e quando fu perseguitata per gelosia e ingiustamente accusata presso il vescovo da alcune false amiche.
Non meno ardente era la carità che la Serva di Dio esercitò verso i poveri e i bisognosi, riconoscendo in loro la persona stessa di Gesù: "i suoi tesori" li chiamava. Le testimonianze sono davvero centinaia, sia in terra sarda che laziale; il suo dare agli altri significava negarlo all'egoismo ed, in effetti, le sue rinunce per il prossimo non si contano. Sempre ed in ogni circostanza la Serva di Dio operò con amore e disinteresse, lontana dal voler apparire; quanto faceva voleva che rimanesse nel segreto, per cui operava con discrezione e con tatto. La sua mano sinistra non sapeva in effetti quanto aveva fatto la sua destra.
Oggi si parla tanto di volontariato nell'assistenza ai malati, ai tossicodipendenti, alle persone sole, agli anziani; Edvige, che non appartenne a nessun ordine religioso votato a questi scopi, in quei tempi tanto difficili, precorse in questa missione le tante persone oggi legate a varie associazioni. L'unica, ma sostanziale differenza, è che la Carboni agiva solo per amore di Dio. Edvige amava l'uomo in Dio, per cui i suoi orizzonti di carità spaziavano non soltanto in orizzontale, ma anche in verticale. A Pozzomaggiore aiutò alcune giovani che stavano per entrare in convento, diede quasi tutto il suo corredo a diverse ragazze che, per affrontare il matrimonio, non avevano nulla e in questo soccorrere cercava di coinvolgere gli altri. Donava scarpe, vestiti, giacche e generi di prima necessità come la farina e il grano; più volte il padre fu messo in guardia dai parenti per quanto Edvige donava agli altri. Gran parte del contenuto dei pacchi che il fratello Antonio spediva dalla lontana America andava ad alleviare le sofferenze e i bisogni dei suoi compaesani, mentre per lei, che sapeva cucire e ricamare, adattava abiti e indumenti vari.
Più volte ebbe la carità di ascoltare quanti da lei ricorrevano per sfogare le loro amarezze e le loro difficoltà in famiglia, non mancando di dare il proprio appoggio morale e il suo consiglio che si rivelava sempre saggio ed illuminato. I malati che andava a visitare trovavano forza e coraggio dalle sue parole e spesso anche la salute dalla sua preghiera. Durante le due guerre mondiali fu veramente ammirevole nell'alleviare i bisogni più urgenti, nelle case, negli ospedali, nelle parrocchie, nelle carceri e negli istituti religiosi, spesso aiutata da Dio per vie straordinarie. Si privò di collane ed orecchini avuti in dono e persino di quel poco che aveva per sfamarsi pur di vedere sorridere qualcuno dietro il quale riconosceva il volto di Gesù.
Non c'era povero che bussasse alla sua porta senza ricevere da Lei qualcosa.
Grande carità usò con la sua famiglia. Fu vicina a tutti quando la malattia bussò alla porta, assistendoli giorno e notte con grande abnegazione, pregando con loro ed adattandosi a situazioni davvero difficili. Per i suoi fratelli, e la sorella minore in particolare, fu una seconda madre. Accettò e sopportò con vero eroismo le lamentele della nonna inferma per quattro lunghi anni, accontentandola in tutte le sue richieste e facendole compagnia durante la notte.
Fu premurosissima con i genitori, in modo particolare col padre Battista che seguì, con dedizione e amore, fino alla morte.
Carità cristiana è pure suffragare le anime del purgatorio.
In quest'opera di amore la Serva di Dio fu davvero eroica.
Pensava continuamente alle loro sofferenze e si dava da fare in mille modi per alleviarle: sante messe, comunioni, opere di carità, penitenza e preghiera. Furono diverse le anime che le si presentavano per invocare aiuto e mai Edvige lo rifiutò
VIRTÙ CARDINALI
Prudenza
Costretta a rinunciare alla vita religiosa consacrata, per ubbidienza al confessore e per soccorrere la famiglia che poteva contare unicamente sul suo aiuto quando diversi suoi componenti si ammalarono, la Serva di Dio, rimasta nel mondo tra i suoi pericoli ed errori, non poté fare a meno di esercitare la virtù della prudenza.
La esercitò in ogni sua azione, dirigendola alla maggior gloria del Signore e per il bene della propria anima. Tutte le volte che Edvige doveva prendere una decisione chiedeva a Dio di operare per il meglio e secondo la sua volontà. Nell'adempimento dei suoi doveri, nei suoi rapporti con Dio e con il prossimo fu sempre attenta, semplice come una colomba, ma prudente come il serpente.
Nel parlare fu sempre misurata, per cui i suoi discorsi non furono mai ambigui, ma chiari e luminosi; mai sconsiderata e superficiale, da essere ricercata per i suoi saggi consigli anche da sacerdoti e suore su casi di rilevante importanza.
Si rimaneva edificati dal suo modo di parlare, semplice e spontaneo, senza nessuna posa, ma pieno di tanto amore al Signore e alla Madonna. Con tutti fu affabile e semplice, anche con chi parlava o scriveva male di Lei. Camminava con portamento modesto e ad occhi bassi; custodiva gelosamente tutti i sensi come doni di Dio; parlava volentieri solo della misericordia del Signore e trattenne le orecchie da discorsi poco edificanti o da chiacchiere e pettegolezzi.
Guidata dalla prudenza la Serva di Dio si adoperò nel mortificare le proprie passioni, sacrificando la sua vita alla sola volontà divina, che sapeva riconoscere nei consigli e nelle esortazioni delle guide spirituali. Edvige fuggiva dall'ozio, che riteneva fonte di ogni male. Finite le sue faccende domestiche si dedicava totalmente alla preghiera, evitando spesso anche le cose più oneste e lecite.
La Serva di Dio non fece mai una lettura che non fosse di contenuto spirituale; persino la radio, che teneva in casa, veniva da Lei accesa solamente per ascoltare i discorsi del santo padre.
Edvige fu prudente coi doni soprannaturali ricevuti, specialmente con le stimmate, che si curava di tenere nascoste con i mezzi guanti o con lo scialle, lontane da sguardi indiscreti.
Giustizia
La Serva di Dio tese alla santità sin da bambina; preferì essere libera da ogni legame per appartenere a Dio solo. Infranse gli idoli che ingombravano la casa del suo cuore per far posto a Dio solo, perché convinta che a Lui soltanto spetta il tributo dell'onore e della gloria. Fu esatta nell'osservare tutti i suoi precetti, rispettandolo per suo creatore e redentore e, dopo di Lui, le sue attenzioni andavano alla Madonna, le cui feste preparava con devote novene e a diversi santi che onorava tenendo in casa le loro icone.
Aveva il più alto senso di venerazione per il santo nome di Dio che glorificava sempre; così gli rendeva giustizia offrendo continuamente le sue sofferenze e la sua orazione in riparazione delle messe ascoltate male, per i sacramenti ricevuti con leggerezza, per le donne disoneste e sfrontate, per le mode scandalose, per i peccati di carnevale, per le persecuzioni contro il papa e i sacerdoti, per i bambini abbandonati a se stessi e privi di formazione religiosa per colpa delle madri che poco curavano i propri figli. Edvige Carboni si mostrò inoltre sensibilissima verso le ingiustizie subite dai sacerdoti della Chiesa del Silenzio. Grande premura e amore mostrò verso le opere missionarie e vocazionali, in quanto riteneva essere giusto che il nome di Dio e l'opera di redenzione operata da suo Figlio fosse fatta conoscere ad ogni creatura.
La Serva di Dio fu giusta anche con se stessa: sapendo che il suo corpo era tempio dello Spirito Santo, impiegò ogni premura per custodire l'innocenza battesimale ed arricchirsi spiritualmente, e fu talmente attenta in questa virtù della giustizia che non recò mai danno a nessuno. Fu giusta con poveri e ricchi, con i familiari e gli amici, con i sacerdoti nei quali vedeva un altro Cristo. Rese il proprio servizio in casa con amore e giustizia da non tralasciare mai nulla di quanto era suo dovere compiere e, se questo talvolta accadde per essersi inavvertitamente attardata in preghiera in chiesa, il Signore vi sopperiva in modo straordinario.
La Serva di Dio si mostrò amante della virtù della giustizia anche quando fu costretta a presentarsi dinanzi al vescovo e al suo delegato per un processo che le fu intentato da alcune amiche che l'accusarono di mistificazione; fu pienamente assolta, ma non gioì della confusione delle amiche che anzi perdonò di cuore.
Fortezza
Edvige Carboni possedette in modo eroico anche la virtù della fortezza. Tutta la sua vita fu piena di incomprensioni, fatiche, condanne e persecuzioni. La Serva di Dio si esercitò in questa virtù sin da bambina, riuscendo a costruire, giorno dopo giorno, il tempio delle sue virtù, pietra dopo pietra, in modo stabile e sicuro. Salda e forte si mostrò in ogni avversità, nelle fatiche casalinghe, durante le malattie dei suoi cari e i lutti che colpirono la sua famiglia. Altrettanta forza eroica venne dimostrata nelle diverse, piccole località in cui, durante i primi anni in terra laziale, visse a motivo dei continui trasferimenti scolastici della sorella Paolina; vi si adattò con gioia e fiducia nel Signore, pur quando in casa mancavano acqua e luce e il vecchio genitore aveva bisogno di ogni possibile premura. Le poche persone che non l'amarono perché non arrivarono a capire chi in realtà fosse Edvige Carboni, l'accusarono presso i carabinieri, il vescovo e il provinciale francescano padre Luigi Carta di Bonarcado che, con grande umiliazione della Serva di Dio, la sospese dal Terzo ordine per aver creduto alle chiacchiere e alle malelingue che avvelenavano, in quell'epoca, la parrocchia di Pozzomaggiore. Non mancarono persino i tentativi di omicidio nei suoi confronti, sia nel suo paese natale che a Roma: tanto poté la gelosia. Le capitò persino di essere schernita e presa a sassi da alcuni monelli all'uscita dalla chiesa, ma la Serva di Dio non reagì e proseguì tranquilla fino a casa.
Occorre coraggio per mostrare i propri convincimenti, come l'amore per il Signore, e di questo la Carboni non si è mai vergognata. Mai ebbe il benché minimo indugio per rispetto umano; mai un cedimento per accontentare chicchessia. La conversione a Dio e i suoi tentativi di perfezione furono quotidiani e senza interruzione.
Mai Edvige rinunciò a combattere nella sua vita. Per Lei il cristianesimo significava Gesù Cristo, Dio fatto uomo; Lui amò, a Lui si affidò, Lui servì; non fu una cristiana a metà o solamente un'ottima cristiana. Se oggi si cercano le comodità a tutti i costi, la Serva di Dio seppe sopportare tutti i disagi quotidiani, ma di proposito e con gioia rese dura la propria vita anche con le penitenze che le imponeva, non solo la Chiesa, ma il suo stesso desiderio di offrirle al Signore che la visitava già con le sofferenze dovute alle stimmate.
Ammirevole fu la Serva di Dio anche nel sopportare i suoi mali fisici, la nefrite e l'angina pectoris in modo particolare. Si mostrò paziente nel sopportare il difficile carattere della sorella Paolina che tanto amava, e forte nelle lotte che dovette affrontare, per volere di Dio, anche contro Satana.
Temperanza
La Serva di Dio Edvige Carboni osservò in modo eccezionale anche la virtù della temperanza. Fin dalla sua infanzia amò mortificarsi, dominando il suo corpo e le sue passioni con diverse penitenze.
L'unico suo giocattolo fu una bambola di pezza e da ragazza, in casa della norma materna, per dormire scelse una stanza che serviva praticamente da cantina o come stalla per l'asino; vi entrava poca luce e il letto era più che altro un giaciglio.
Il suo stile abituale di vita fu sempre modesto come il suo vestire, decoroso sì, ma senza ricercatezze; i suoi vestiti che oggi si conservano appaiono in diversi punti rattoppati o ricuciti e a casa indossava sempre abiti semplici e scuri. Solo a Roma fu possibile vedere la Serva di Dio con abiti un tantino più eleganti, costretta ad indossarli dalla sorella Paolina, stufa di vedersi attorno una sorella vestita quasi come una poverella. Edvige non fece mai uso di collane o altro, fatta eccezione la volta in cui, per obbedienza al parroco, si sottomise allo scatto di una fotografia. Riposava l'indispensabile, interrompendo il sonno in piena notte per immergersi nell'orazione e, negli ultimi mesi di vita, non entrò nel letto. La notte antecedente il giorno del diploma della sorella Paolina a Cagliari, la Serva di Dio dormì per terra lasciando intatti il letto e le lenzuola che le suore le avevano preparato. Era temperante nel bere e nel vitto e più volte fece carità del cibo che aveva già sul piatto; pur se brava nel confezionare i dolci tradizionali, questi andavano preferibilmente ad addolcire le sofferenze di qualche ammalato.
CONSIGLI EVANGELICI E VIRTÙ MORALI
Povertà
La Serva di Dio amò e praticò in grado eroico la virtù della povertà. Per sua decisione, pur se apparteneva ad una famiglia di discrete condizioni economiche, che possedeva una casa e qualche appezzamento di terreno, da ragazza scelse per sé una camera umida e semibuia, col tetto di canne da cui spesso pioveva.
Non si lamentava mai e per sé sceglieva gli oggetti più brutti, le posate più ordinarie, i piatti più vecchi e sbeccati, i cibi più cattivi, la biancheria più ordinaria, il posto più scomodo persino a tavola.
Edvige Carboni non mostrò mai attaccamento ai beni materiali, anzi li donava in abbondanza agli altri; parte del contenuto dei pacchi che il fratello Antonio inviava alla famiglia dall'America in cui era emigrato, come già riferito, veniva distribuito tra le persone più bisognose. In famiglia si viveva di parsimonia ed una volta che la zia, la nonna e la madre cessarono di lavorare al telaio e dopo l'inattività del padre, falegname, fu Edvige ad arrotondare il bilancio economico della famiglia con i suoi lavori di ricamo; il che permise a Paolina di mantenersi agli studi in un collegio a Cagliari e di conseguirvi il diploma di maestra elementare.
Nel vestire, gli abiti le duravano anni ed anni. Indossava la biancheria più ordinaria, si asciugava con i panni ruvidi e non voleva usare le calze di seta, ma solo quelle di cotone ordinario.
A Roma, durante la seconda guerra mondiale, per aver donato tanti capi di biancheria ai bisognosi, rimase con i soli abiti che portava addosso al punto da essere rimproverata dalla sorella: "Nel caso necessitassi di un ricovero in ospedale, non hai neppure una sottoveste".
Vi furono momenti di tale povertà nella sua vita, da essere stata costretta a vendere sciarpe, scialli e cappotti tramite le amiche di Calangianus.
Visse povera la Serva di Dio, ma aspirò a possedere ben altre ricchezze, quelle che nessuno avrebbe potuto toglierle: la Grazia di Dio e l'eternità con Lui.
Castità
La Serva di Dio fu amante della castità, la sua virtù prediletta, che manifestò di possedere in grado eroico fino alla morte. Non avanzò mai parola o gesto che offendesse questa virtù che in Lei traspariva da tutto il suo comportamento che incuteva venerazione e rispetto. La castità fu in Lei angelica. Nel suo cosiddetto Diario scrive che, quando tutte le sere la mamma la portava con sé in chiesa per una breve visita al Santissimo Sacramento, ella giungeva le mani e ripeteva il voto di verginità che, sin da bambina, le fu consigliato di emettere dal suo angelo custode. I suoi discorsi furono sempre di carattere spirituale e i suoi costumi sempre illibati.
Dalle varie testimonianze si evince che la Serva di Dio era un'ottima giovane, ritiratissima e modestissima, mai vista ai divertimenti o alle sagre del paese se non per venerare i santi. Se, per caso, qualcuna delle sue amiche, anche involontariamente, accennava a qualche fatto particolare di immodestia, con prontezza Edvige deviava il discorso su altri argomenti. Trascinata un pomeriggio dalla sorella Paolina ad una sala cinematografica in cui si proiettava la vita e il martirio di Santa Maria Goretti, rimase quasi sempre ad occhi bassi.
Fu probabilmente anche questa sua angelica virtù che a Pozzomaggiore spinse diverse famiglie a scegliere la Serva di Dio come madrina per le cresime e i battesimi dei loro bambini, che mai si dimenticarono di Lei. Rimase noncurante degli onesti apprezzamenti che fece su di lei un amico del fratello Giorgio e, quando non stava bene ed aveva bisogno del medico, preferiva evitare le visite o far chiamare i dottori che tentavano di fare una diagnosi senza dover svestire più di tanto i pazienti. Non si poteva davvero dire nulla sul suo comportamento perché é stata sempre riservata e modesta, nel parlare, nel vestire, nell'agire. All'occorrenza, non si peritava di riprendere chiunque osasse trasgredire i comportamenti di serietà morale e di purezza. I benefici effetti del suo modo di vivere si ripercuotevano in quanti l'avvicinavano, che sentivano così il desiderio di diventare migliori.
Obbedienza
La Serva di Dio osservò in grado eroico anche la virtù dell'obbedienza. In famiglia si segnalò subito per la pronta e perfetta esecuzione di quanto i genitori e i fratelli le chiedevano.
Sin da bambina sbrigava tutto quanto era in grado di fare, incoraggiando la madre malferma di salute e sostituendosi a lei per quanto possibile alla sua età. Crescendo, ubbidì sempre e senza dilazionare quanto le veniva chiesto; Edvige ricordava in continuazione e metteva in pratica il quarto comandamento, vedendo Dio nei genitori. Era Lei a pulire e a governare la casa, a seguire i fratelli più piccoli che videro in Lei una seconda madre.
Fu per obbedienza ai genitori che dovette rinunciare alla sua vocazione religiosa; a casa era indispensabile la sua presenza perché, uno dopo l'altro, si ammalarono la mamma, uno zio, una zia che finirono i loro giorni tra le sue braccia. Dopo la scomparsa della madre Maria Domenica, seguì il padre in tutto, pronta ad eseguire i suoi desideri, nonostante il difficile carattere tipico delle persone anziane. Pur di accontentarlo, non solo si mostrava ubbidiente Lei, ma invitava gli altri — quando si presentava il caso — ad essere accondiscendenti con l'anziano padre che talvolta era piuttosto esigente anche nelle cose futili; allora Edvige ripeteva: "Cumpatide, cumpatide" (Abbiate pazienza, compatite). A tutti ricordava di onorare i genitori e di portare rispetto ai propri mariti o mogli.
Anche nel Lazio la Serva di Dio fu attenta e premurosissima nel seguire l'anziano genitore fino alla morte.
Esemplare, a detta di tutti i testimoni, fu nel seguire la nonna ultranovantenne, allettata per una brutta caduta in casa e poi divenuta cieca. Pur non avendo un obbligo morale di obbedienza ai fratelli minori di Lei, ma ormai adulti, Edvige fu ammirevole anche in questo. Se veniva da essi umiliata, Ella non replicava mai.
La Serva di Dio mostrò un' eroica ubbidienza nel seguire le sue guide spirituali, a Pozzomaggiore prima e nelle varie località laziali poi. Fu per obbedienza anche ad essi che dovette rinunciare alla sua vocazione religiosa. Alle loro esortazioni ubbidiva ciecamente e per loro nutriva il più profondo rispetto, anche quando, nei primi tempi, qualcuno nutriva dei dubbi non tanto sulla sua santità di costumi, quanto sui doni mistici che manifestava. Tra i suoi direttori di spirito e confessori vanno segnalati: San Luigi Orione, i Servi di Dio padre Giovanni Battista Manzella e padre Felice Cappello, il parroco di Pozzomaggiore don Luigi Carta ed il vicario generale della diocesi di Alghero, il canonico Salvatore Deriu.
Fra tutti si segnalò il padre Manzella, venerato in Sardegna come un santo, ideatore della giornata mondiale missionaria, al quale tanto dispiacque che Edvige lasciasse la Sardegna: era infatti sicuro che la sua presenza nell'isola sarebbe stata in benedizione per tutti.
La stessa ubbidienza fu mostrata anche con le guide spirituali che la Carboni ebbe a Roma, in modo particolare monsignor Giuseppe Massimi, monsignor Alfredo Vitali e il padre passionista Ignazio Parmeggiani, di venerata memoria.
Edvige Carboni fu prontissima nell'eseguire alla perfezione tutto quanto la santa Chiesa proponeva a credere e a fare: inviti del papa, le sue esortazioni alla preghiera e alla penitenza nei difficili anni di guerra, nonché tutte le disposizioni fissate nei vari periodi dell'anno liturgico.
Un voto particolare di ubbidienza, mantenuto fino alla sua morte, fu quello che, su suggerimento di un sacerdote, la Serva di Dio fece alla sorella Paolina. Dato il difficile, spigoloso carattere di quest'ultima, che contava quindici anni in meno di Edvige, la sua sottomissione è da ritenersi eroica.
L'ultimo gesto eroico della vita della Serva di Dio si puntualizzò sull'obbedienza il giorno della sua morte quando, per accontentare Paolina che voleva recarsi a seguire, a Santa Maria Maggiore, un'omelia del padre Lombardi, Edvige rinunciò a quello che avrebbe dovuto essere il suo ultimo incontro col confessore alla Scala Santa. "L'obbedienza prima di tutto", era solita ripetere.
Umiltà
La virtù dell'umiltà e del nascondimento non fu da meno delle altre nella Serva di Dio. Non c'è testimonianza in cui non si parli della sua vita semplice, umile e ritirata. Nonostante i doni ricevuti, questa virtù era talmente radicata in Edvige da ritenersi solo una grande peccatrice, l'ultima di tutti, bisognosa delle preghiere altrui. Quanto Ella faceva era di poco valore e insignificante, e se qualcuno si permetteva di lodare le sue virtù o definirla santa, come quasi tutti a Pozzomaggiore la definivano, confusa ed umiliata, esaltava invece le virtù e le azioni degli altri. Mai Edvige si fece un'idea troppo alta di se stessa ( Rm 12,16).
Sintomatico di tanta umiltà è il fatto accaduto nel vicino paese di Mara in un periodo di grave siccità: la Serva di Dio partecipò ad una processione in onore della Beata Vergine di Bonuighinu per invocare la grazia della pioggia; non appena questa cominciò a venir giù, i presenti ne attribuirono il merito alla stessa Edvige, chiamandola santa. Ma la Serva di Dio si sentì a disagio ed, una volta rientrata a casa, raccontò quanto accaduto ad una sua cara amica che abitava di fronte a Lei. Questa si dimostrò convinta dell'appellativo rivolto ad Edvige, la quale replicò con queste parole: " Maria Luisa mia, hai più meriti tu dinanzi a Dio perché governi una famiglia, di quanti invece non ne abbia io". La Serva di Dio si sentì sempre mortificata dell'appellativo di santa che più volte le veniva dato; non amò porsi sul piedistallo dell'ostentazione, anzi amò il silenzio e il nascondimento, né poteva essere altrimenti se voleva portare alla luce le ricchezze dell'amore di Dio che Ella scoprì e rafforzò con la sua devozione al Crocifisso e alla Madonna.
Con grande umiltà rese in casa il suo servizio quotidiano e l'assistenza agli ammalati; non si ribellò quando la nonna la ingiuriava e la maltrattava, giungendo persino a gettarle addosso i suoi escrementi.
Spesse volte, per recarsi nella parrocchiale del suo paese, la Serva di Dio preferiva passare per vie secondarie anziché per la via principale dove aveva la sua casa, e sempre in atteggiamento umile e dimesso. Talvolta veniva frainteso il suo camminare sempre ad occhi bassi, quasi assorta in mille pensieri; per questo qualcuno la definiva piena di sé. Ma non era vero. Chi la conosceva veramente od ebbe la possibilità di avvicinarla, la definiva persona amabilissima, cordiale e semplice. Probabilmente alcuni avrebbero preferito che la Serva di Dio si fermasse per strada a coltivare le chiacchiere, ma Edvige non amava buttare via il tempo in cose futili e inutili e rubarlo così alla preghiera e al lavoro; persino nei negozi, dopo aver atteso il suo turno ed essere stata servita, andava subito via.
L'eroica umiltà della Serva di Dio si manifestò anche nel suo sobrio modo di vestire: abiti scuri, scialle, calze in cotone e scarpe a mezzo tacco; dal momento che viveva in famiglia, teneva nascoste per quanto possibile le dure penitenze cui si sottoponeva e i carismi ricevuti. Fu con sua grande confusione che, per obbedienza al padre Luigi Carta, fece vedere le sue stimmate che amava tenere ben nascoste. Grande era la sua confusione quando in chiesa trovava qualcuno ad aspettare che terminassero le sue estasi; il giovedì poi e il venerdì in modo particolare era sua abitudine uscire di casa appena l'indispensabile: era giorno di preghiera, di offerta e di sofferenza.
Sempre, per tutta la sua vita e in modo davvero eccezionale la Serva di Dio amò e coltivò questa virtù, per ammissione di tutti, guide spirituali, sacerdoti e laici.
Ora si attende, con fiducia, la definitiva ed ufficiale proclamazione di tutte le sue virtù praticate in grado eroico.
Per quanto riguarda i carismi della Serva di Dio, che irrompono nella sua vita in un modo davvero straordinario, è da sottolineare che essi non sono indispensabili per una vita santa che è fatta solo di virtù e di atti eroici. I doni mistici vengono sempre distribuiti gratuitamente dal Signore ad edificazione di tutti i cristiani e come prova della sua esistenza e del suo amore. In essi e con essi Dio manifesta la sua potenza, come vuole e in chi vuole; non in modo rigidamente scientifico, ma con discrezione, al punto che la sua potenza può sempre essere rifiutata dal razionalismo. Quando il Signore vuol dare segni del suo amore e della sua potenza li dà gratuitamente, non preoccupandosi affatto di soddisfare né la nostra curiosità e neppure la ricerca scientifica.
I segni del cielo il Signore preferisce darli ai poveri e agli umili, quasi mai ai potenti, ai curiosi o agli esperti come gli scribi e i farisei del vangelo ( Mt 12,39; Mc 8,12; Lc 11,16). I segni del cielo e i carismi possono essere capiti ed accolti solo se dentro una particolare luce di fede che, purtroppo, non tutti abbiamo.

(1) Cfr. a cura di Domenico Bertetto, I discorsi di papa Pio XI, vol. 1, p. 759.
(2) Diario, p.7981; cfr. Ciomei F., Lettere e diario, n.121, p.438.

Tratto dal libro “ TI CHIAMI EDVIGEDEVI ESSERE L’EFFIGIE DELLA MIA PASSIONE “ del prof. Ernesto Madau – da pag.505 a pag.525


Biografia



Edvige Carboni nacque a Pozzomaggiore (SS) il 2 maggio 1880 da Giovanni Battista e Maria Domenica Pinna, sposi di nobili virtù.
Alla sua nascita la mamma notò che, sul petto della propria bambina, era impressa una piccola croce che durò per tutta la vita, segno presago di quello che sarebbe stata l’intera sua esistenza.
A soli cinque anni ebbe l’insigne favore di avere vicino a sé Gesù Bambino che la Madonna, animandosi, le diede più volte da un quadro, e il suo Angelo Custode che la invitò a consacrarsi tutta a Dio e ad offrirgli le varie sofferenze e disagi di ogni giorno. Consacrazione che ella ripeteva ogni sera, quando la mamma la portava in chiesa per la visita al Signore Sacramentato. Umile, generosa e ubbidiente si mostrò anche da giovinetta, corrispondendo alla Grazia con la partecipazione costante alla santa Messa e ai sacramenti.
Terminate lodevolmente le classi elementari, desiderò abbracciare la vita religiosa ma, per ubbidienza al confessore, dovette rinunciarvi per accudire alla famiglia che, col tempo, gravò tutta su di lei una volta scomparsa la mamma, che si spense tra le sue braccia. Per diversi componenti della sua famiglia visitati dalla malattia, la Serva di Dio fu infermiera premurosa. Nello stesso tempo Edvige si occupava dell’insegnamento catechistico in chiesa e del tradizionale lavoro al telaio e soprattutto del ricamo a casa, in cui era abilissima. Si era anche iscritta a varie associazioni religiose: le Guardie d’Onore, le Figlie di Maria, il Terz’Ordine Francescano, la confraternita del Carmelo; e più tardi, a Roma, all’Arciconfraternita della Passione, alle Cooperatrici delle opere Salesiane, al Quadrante della Misericordia. Ben presto nacque in lei l’amore per i bisognosi e gli ammalati, nell’anima e nel corpo; consolò i familiari di quanti partivano al fronte durante la prima guerra mondiale ed aiutò le future spose senza la dote.
Amica dei poveri e dei derelitti, aveva parole di conforto per tutti; soleva dire: “
Si deve sempre infondere conforto e speranza“. Era capace di trasformare il suo lavoro in preghiera, sempre pronta a fare la volontà di Dio e disponibile a ricevere la sua Grazia che tutti, in Lei, vedevano crescere e trasformarla in una donna sempre più ricca delle virtù evangeliche.
Caratteristica sua fu la devozione alla Croce del Signore che, nel 1911, volle donare al suo corpo i segni della sua Passione. In una delle tante apparizioni Gesù le disse: “Tu ti chiami Edvige e devi essere l’effigie della mia passione“. E fu veramente l’immagine del Crocifisso: stimmate, corona di spine e varie piaghe come quelle di Gesù nel suo corpo.
Fu oggetto di persecuzione, di gelosie e di affrettate condanne da parte di chi non riusciva a starle dietro nella corsa verso la perfezione evangelica.
Nel novembre del 1929 lasciò il suo paese e la Sardegna, per vivere il resto della sua vita nel Lazio con la sorella Paolina, insegnante elementare, passando da una località all’altra secondo il posto di lavoro della sorella. Ovunque portò il suo impegno di apostolato di bene, lasciando tracce di santità e di virtù. Si distinse per le sue penitenze e per le opere di carità, specie durante la seconda guerra mondiale: soccorreva poveri, malati, disoccupati, prigionieri politici, distribuendo quanto poteva, senza distinzione di persona, di colore politico o della vita che conducevano. Il Signore stesso la soccorreva in questa sua attività in modo straordinario. Allora viveva a Roma, provata così duramente dagli eventi bellici. Più volte si tolse perfino di dosso alcuni indumenti e il pane di bocca per darli a chi sapeva in necessità.
Prevenne il Concilio nell’apostolato dei laici e nel volontariato; soleva dire: “
Chi arde, incendia“.
In effetti, con il suo esempio, invitava tutti a fare come lei. Di carattere affabile, era pronta ad ascoltare tutti e a pregare per ogni necessità. Semplice come una colomba, era prudente a tutta prova e asseriva: “Amici tutti, ma fidarsi di Dio solo“.
Devotissima della Madonna, che le apparve più e più volte, ottenne da lei le più segnalate grazie. Tanti i Santi che dall’eternità andavano a visitarla, in modo particolare si segnalarono san Giovanni Bosco e san Domenico Savio. Ammirabile il suo spirito di penitenza, fatta specialmente per amore a Cristo Crocifisso e per ottenere da lui la conversione dei peccatori, la cessazione della guerra e delle persecuzioni contro la Chiesa nei paesi sottomessi alla Russia dell’epoca, dove sperava che il Crocifisso tornasse a regnare e realizzare così il desiderio della Madonna espresso a Fatima. Venne arricchita di innumerevoli carismi soprannaturali: visioni, estasi, spirito di profezia, apparizioni di anime dell’aldilà, bilocazione, levitazioni ecc., e fu anche vessata dal diavolo.
Visse sempre nel nascondimento, nella preghiera e nell’amore all’Eucaristia, senza dare mai importanza ai carismi di cui fu insignita. Si riteneva come la pianta del Vangelo che non dà frutto; umilmente pregava così: “Sono fango di fronte al Sole; sono interamente miserabile e mi prostro davanti alla Tua Grazia…“.
Si raccontano fatti prodigiosi, di conversioni di peccatori per opera sua e per le sue preghiere. La sua fede era certezza evidente, e pareva scomparso il confine fra la vita presente e la futura, tra l’aldiquà e l’aldilà. Anima vittima, offrì tutta se stessa come “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” per il decadimento morale di cui spesso il Signore si lamentava con lei. FORSE E’ PROPRIO QUESTA LA SUA MISSIONE NEL MONDO ATTUALE SCRISTIANIZZATO: RAVVIVARE LA FEDE MANCANTE. EDVIGE FU ED E’ UNA RISPOSTA DI DIO ALLA CRISI DELLA NOSTRA EPOCA.
Amò profondamente il Papa e la Chiesa, cui era ubbidientissima. Seguì costantemente le esortazioni e i consigli dei suoi confessori, tra i quali i Servi di Dio padre Giovanni Battista Manzella, padre Felice Cappello e san Luigi Orione. Fu stimata dai vescovi della sua diocesi di origine, il Servo di Dio Ernesto Maria Piovella, Mons. Francesco D’Errico, e dai loro successori in tempi recenti, come Mons. Giovanni Pes e da molti altri sacerdoti e laici conosciuti sia in Sardegna che a Roma. Tutti in Edvige videro un’aristocrazia spirituale che invitava tutti ad imitarla nel perseguire la santità. Suo ultimo confessore fu il padre Passionista Ignazio Parmeggiani. San Pio da Pietrelcina, che aveva grande stima di Edvige, a chi andava a trovarlo a San Giovanni Rotondo consigliava l’intercessione della Serva di Dio.
Morì quasi improvvisamente la sera del 17 febbraio 1952 a Roma, nel silenzio e nell’umiltà come era vissuta. Un operaio comunista, da lei spesso aiutato in difficili situazioni, depose dei fiori sopra la sua salma dicendo: “Questa era veramente una santa”.
È stata proclamata Venerabile da Papa Francesco il 4 maggio 2017.

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