L'EROICITÀ
DELLE VIRTÙ
Allo
scopo di accertare l'eroicità delle virtù di un Servo di Dio, la
Congregazione per le Cause dei Santi fa istituire un vero e proprio
processo super
virtutibus.
Nell'iter di una causa di beatificazione e canonizzazione è il
gradino più difficile e più complesso da superare; per gli
specialisti costituisce il più lungo e laborioso lavoro da compiere,
in quanto chi esamina le prove dell'eroicità delle virtù, deve
possederne la certezza morale che sta alla base del suo giudizio
positivo. Solo allora si potrà procedere alla promulgazione del
decreto che consentirà di attribuire ad un Servo di Dio il titolo di
venerabile: il primo, importante gradino verso la beatificazione.
La
causa di beatificazione di Edvige Carboni è giuridicamente arrivata
al momento di superare questo gradino ( 2006).
Chi
ha letto una sua qualsiasi biografia, si sarà senza dubbio reso
conto che la vita della Carboni fu tutta di modestia e di silenzio,
tutta comune e tutta quotidiana, ed è stato in questa modestia e in
questo silenzio che Ella ha vissuto a contatto con Dio.
Il
suo familiare più importante è stato Lui. Solo all'apparenza la sua
vita fu tutta comune e tutta quotidiana ma, per riprendere le parole
di papa Pio XI "quanto di non comune e di non quotidiano è in
quel comune e quotidiano. Il quotidiano che torna sempre lo stesso,
che ha sempre le stesse occupazioni, le stesse situazioni, le stesse
difficoltà, le stesse tentazioni, le stesse debolezze, le stesse
miserie fu ben detto il terribile quotidiano. Quale forza si richiede
anche solo per difendersi da questo terribile, schiacciante,
monotono, asfissiante quotidiano! Quanta non comune virtù è
necessaria per adempiere, con non comune esattezza, o meglio non con
la comune, quotidiana, così frequente inesattezza, rilassatezza,
negligenza, faciloneria, ma con attenzione, pietà, fervore intimo di
spirito, tutto il complesso di cose comuni che riempie la nostra vita
quotidiana"(1).
La Serva di Dio fu lieta nella speranza, forte nella tribolazione,
perseverante nella preghiera, sollecita per le necessità dei
fratelli, premurosa nell'ospitalità. Benedì coloro che la
perseguitarono, benedì e non maledì. Si rallegrò con quelli che
erano nella gioia, pianse con quelli che erano nel pianto ( Rm
12,1215).
Edvige
Carboni, seguendo fedelmente le orme di Cristo, ubbidendo all'invito
siate perfetti come è perfetto il vostro Padre nei cieli ( Mt 5,48)
durante l'intera sua vita trascorsa tra le pareti della propria casa
e tra le pareti della propria chiesa, ha cercato di superare,
riuscendovi in modo eccellente, quanto di schiacciante, monotono ed
asfissiante ci possa essere in una comune giornata.
In
un mondo, come quello odierno, in cui tutti ci diamo da fare per
evitare tutto quanto sia monotono, in cui tentiamo ogni mezzo per
evadere, e non solo dai nostri doveri, ma soprattutto da Dio e dalle
sue leggi, ritenute pesanti, assurde ed asfissianti, fuori dal comune
sentire e agire, Edvige Carboni dà lezione di come Dio debba essere
servito e amato nel nostro quotidiano; di come i propri doveri e le
difficoltà debbano e possano essere affrontati con gioia e con forza
d'animo; in una parola, con eroismo. Se Dio sta al centro di ogni
azione, e se è Lui a prevenirle e seguirle, ogni problema è
superabile.
Questo
Edvige ha mostrato con la sua robusta fede, la sua incrollabile
speranza, la sua sconfinata carità verso Dio e i fratelli. Edvige
Carboni è stata una di quelle donne che, proprio nella vita e nelle
attività quotidiane, è passata inosservata o addirittura
incompresa, sconosciuta ai più, a differenza di tanti altri uomini e
donne già canonizzati dalla Chiesa; ma è stata anch'essa un'operaia
instancabile che ha lavorato nella vigna del Signore dall'alba al
tramonto ( C. L. n.17). Ha diritto alla sua paga.
Edvige
Carboni non ha mai rinunciato a diventare migliore, né a combattere.
Lei, che si riteneva una grande peccatrice, piena di infermità
spirituali, non ha mai rinunciato a guarire. La sua vita per Lei non
andava sprecata: bisognava andare avanti, tutti i giorni, fino
all'ultimo, salire fino alla vetta e raggiungere il Signore.
Se
tutti, al suo paese natale, sapevano chi fosse, a Roma la Serva di
Dio visse pressoché sconosciuta. Chi poteva immaginare che, dietro a
quell'esile, umile donna che, durante il periodo bellico, girava per
le strade della capitale con la sua sporta fatta di foglie di
granturco carica di beni di prima necessità da portare ai più
indigenti, si nascondesse un'anima grande! Ma è così che la Serva
di Dio volle vivere: sconosciuta. Le era sufficiente che solo Dio
vedesse nel suo cuore. La sua riservatezza e la sua umiltà non
debbono farla ritenere una figura povera, quasi insignificante,
difficile da inquadrare in un alone agiografico; qualcuno forse
potrebbe ragionare in questo modo in quanto il mondo di oggi pretende
intraprendenza, capacità manageriali, dinamismo, così difficile da
coniugare con una vita nascosta. Ciò che per il mondo di oggi può
essere virtù, potrebbe non esserlo per il cristianesimo.
La
vita della Serva di Dio, dietro tanto nascondimento, cela
un'infinita, molteplice ricchezza di azioni che non devono farla
relegare alla sole mura domestiche. Anche Edvige Carboni fu, come
tante altre, coraggiosa e intraprendente.
Occorreva
coraggio, durante la seconda guerra mondiale ed immediatamente dopo,
andare a far visita e consolare, anche con aiuti materiali, i
carcerati politici, comunisti o fascisti che fossero.
Occorreva
coraggio, anche di fronte a quanti comunemente si chiamavano
cristiani, invitare ad imbiancare le pareti della propria casa, a
Roma, i comunisti, quelli duri di una volta, non mancando di parlare
con loro di Dio e del suo amore. Era nota la convivenza more uxorio
del Massari; che importava? Per Edvige era un fratello che doveva
essere aiutato spiritualmente e materialmente. Ne profetizzò la
conversione, che seguì subito dopo la morte della Serva di Dio.
Edvige rientrava a casa senza scarpe, senza blusa o sciarpa per
averne fatta carità a qualcuno in quei terribili anni di guerra.
Come il Signore Gesù, anche la sua Serva prima agiva e poi
insegnava. Quali impareggiabili lezioni ed esempi diede ai bambini
che da lei apprendevano le leggi di Dio e della Chiesa!
C'è
un aspetto della spiritualità e della vita della Serva di Dio che
non va assolutamente trascurato; dal 1941 sino alla sua morte Edvige
offrì tutta se stessa a Dio per la conversione dei comunisti, dei
bolscevichi, della Russia e dei paesi dell'Est europeo. Non potendo
giovare in altro modo a questa causa, dietro esortazione della
Madonna in modo particolare, pregò, offrì e diede tutta se stessa
perché il crocifisso tornasse ad essere adorato in quelle parti del
mondo.
VIRTÙ
TEOLOGALI
Fede
"
Siamo qui per Gesù e dobbiamo fare tutto per Lui" era solita
dire; "Gesù ti amo e vorrei morire a forza di amarti; "il
tuo amore mi basta".
Sin dalla fanciullezza la Serva di Dio, in compagnia della fede,
varcò la soglia di un'esistenza profondamente santa.
Gli
insegnamenti ricevuti dalla madre, dai suoi parroci e direttori
spirituali li mise subito in pratica; l'ascolto della parola di Dio
la rendeva felice e fu per Lei il perno di un equilibrio interiore
veramente straordinario, che tutti le riconobbero, persino chi
rimaneva scettico ai tanti carismi che i suoi contemporanei
constatarono in Lei.
La
partecipazione alla santa messa, il suo quotidiano cibarsi della
Eucaristia che amava adorare per ore, il dialogo con Dio e la
preghiera continua, sia in casa che in chiesa, sono stati gli
alimenti vitali della sua anima e della sua fede. Quando la Serva di
Dio usciva di casa, con il rosario tra le dita, per recarsi in
chiesa, era già in stato di orazione; una volta entratavi si
estraniava da ogni cosa.
Tutti
la ricordano in atteggiamento di preghiera, immobile e sempre in
ginocchio: quello era il momento del suo riposo e dell'attingimento
della linfa dalla vera Vite. Edvige Carboni si lasciò investire
dalla Grazia di Dio, che le offrì tutte le anni spirituali per la
quotidianità della vita. Essere seguaci di Gesù non costituì per
Lei un semplice titolo onorifico, ma di responsabilità; avrebbe
predicato il suo amore per il Signore e i suoi insegnamenti persino
dai tetti, se fosse stato necessario. Il Cuore di Gesù e questi
Crocifisso furono la sua ispirazione, il suo vanto, la sua energia.
La
Serva di Dio fece trafficare i talenti avuti con la fede; è voluta
rimane strettamente unita alla vera Vite; ha voluto essere e fu un
tralcio pieno di linfa. Non ha voluto invece l'autonomia nel suo
operare e scegliere; ha voluto essere un buon innesto per cui i
frutti della fede, della speranza e della carità ne furono i
risultati. La fede in Dio e il rispetto e la venerazione per la
Chiesa furono da Lei sempre difesi; allora la sua riservatezza si
tramutava in audacia.
Per
tale, vivo sentimento di fede che ravvivava con la meditazione della
passione del Signore e le letture spirituali, Edvige si dichiarava
pronta a spargere il suo sangue per essa. Bruciava tanto d'amore al
Signore che invitava tutti ad amarlo, ad adorarlo nell'Eucaristia,
specialmente nei primi venerdì del mese e ad abbandonarsi
completamente alla sua misericordia. In Lei traspariva un grande
rispetto per la Chiesa cattolica, di cui fu sempre figlia obbediente;
in essa, nel papa, nei vescovi e direttori di spirito vedeva agire
Gesù e lo Spirito Santo. Inorridiva per il peccato in genere e per
le bestemmie e riparava invitando soprattutto i bambini a pregare. Il
nome di Gesù era per Lei adorabile e mai avrebbe voluto che fosse
ignorato, contraccambiato con altri e offeso: fu con questo nome
sulle labbra che la Serva di Dio spirò.
Speranza
Una
volta che la fede è accesa, è facile che essa illumini la speranza.
La Serva di Dio non si lasciò mai scoraggiare dalle tante prove ed
amarezze avute in vita. Rimase serena in mezzo alle incomprensioni,
alle affrettate condanne ed afflizioni di qualsiasi genere, compresi
i suoi mali fisici. Prega
santa rughe, chi ti risolvede ogni angustia
(prega la santa Croce, che ti risolve ogni amarezza) era solita
ripetere a quanti avevano qualche problema e a lei si rivolgevano per
una preghiera. Rimase costantemente fiduciosa nell'intervento di Dio,
sorridente nella fatica e lieta del poco. Quando andava a trovare gli
ammalati, li confortava e li incoraggiava a sopportare con
rassegnazione cristiana le sofferenze dovute alle loro infermità,
promettendo la sua preghiera. Edvige era convinta che nessuno avrebbe
potuto rapirle la propria gioia; un'altra anima si sarebbe smarrita
in mezzo alle prove della vita. La Serva di Dio invece trovò forza
nel Signore e le sofferenze furono per Lei non un peso, ma una
cattedra da cui imparò a sperare ed insegnò a tutti ad amare e
confidare nel Signore. Questo aspetto fu da Lei mostrato
soprattutto nei due periodi bellici; Edvige confidava e sperava nella
misericordia del Signore, al quale chiese, con preghiere e dure
penitenze, che l'inutile carneficina terminasse al più presto e la
pace ritornasse sulla terra.
Pregò
per i soldati al fronte ed incoraggiò mogli e madri a sperare nella
bontà del Signore.
Ebbe
davvero tanta fiducia nella misericordia divina, Lei che si riteneva
debole figlia di Adamo ma, per i meriti del Signore, aspirava alle
gioie del paradiso ed invitava tutti a desiderarle e a fare qualsiasi
cosa per ottenerle. Dalla speranza nel Signore la Serva di Dio
ottenne quella imperturbabilità che, in mezzo alle persecuzioni,
tutti le riconobbero e forse in premio di questa sua speranza ottenne
da Dio di conoscere l'interno del cuore di quanti, senza aprir bocca,
le rivolgevano mentalmente una preghiera o le chiedevano un
consiglio. Molte volte fu Lei a sopperire la mancanza di fiducia e di
speranza nel Signore, ottenendo per gli altri quanto non osavano
sperare di avere.
Carità
verso Dio
"Gesù
mi ama, Gesù non mi abbandona. Io, a Gesù l'amo tanto tanto; l'amo
quanto non è mai stato amato. Vorrei avere nelle mie mani tutti i
cuori degli uomini e tutti li darei a Gesù. Del mio cuore vorrei
farne una candela per rimanere sempre accesa davanti a Gesù
Sacramentato [...] Vorrei che il mio amore si struggesse d'amore per
te o Gesù; nient'altro desidero [...] non voglio beni terreni, non
onori [...] vorrei morire bruciata d'amore per te o Gesù; se fossi
un angelo prenderei una tromba, farei il giro dell'oceano e griderei
a tutti gli esseri umani: amate Gesù, amatelo, amatelo uomini,
amatelo il buon Gesù che è morto in croce per salvare a noi miseri
peccatori" (2).
Da questa pagina del cosiddetto diario della Serva di Dio è facile
ricavare quale immenso amore Ella nutrisse per il Signore. Il dovere
più grande per Lei fu attendere alle cose del Padre, cosa non facile
in un'epoca di grandi trasformazioni come quella in cui visse. Edvige
seppe continuamente fare la volontà di Dio in ogni circostanza della
sua vita; non amò stare a perdere tempo: c'era tanto da fare nella
vigna del Signore per cui evitò l'ozio. A Lui sapeva di dover
rispondere di ogni parola inutile, per cui i suoi discorsi, e spesso
persino le sue lettere, furono principalmente di sapore religioso. In
qualsiasi modo si adoperò perché il suo Gesù fosse amato e
benedetto.
La
Serva di Dio fu donna di preghiera: tenne incessantemente le braccia
alzate come Mosè per impetrare misericordia per tutti. Oltre
l'osservanza del precetto domenicale, la santa messa e la visita
eucaristica quotidiana, Edvige aveva l'abitudine di trascorrere parte
della sua giornata nella sua camera e pregare davanti al crocifisso
posto a fianco del suo letto. Tutto compiva con quell'atteggiamento e
con quella precisione da dare a tutti chiari segni di quanto amasse
Dio. Lasciava edificati il suo modo di fare, semplice e naturale, ma
pieno di tanto amore al Signore. Tutto denotava in Lei l'esistenza di
un mondo interiore veramente ricco.
L'ascolto
della parola del Signore la illuminava. Nel diluvio di parole che
cadeva ai suoi tempi e che si aprivano a tante novità di pensiero e
di tecnologie, la parola della Chiesa fu per Lei di guida, di
certezza, di serenità. Perché poi tutto contribuisse ad essere
guidata ed illuminata dai precetti divini e della Chiesa, eseguiva
con puntualità quanto i confessori e i direttori di spirito la
invitavano a fare; persino le sue iscrizioni all'Ordine francescano
secolare e all'Arciconfraternita della passione furono per lei motivi
più che validi per essere più perfetta nell'amare Dio. Non contenta
di avere, letteralmente, nel cuore tanto fuoco d'amore per Dio, si
adoperava perché tale amore divampasse anche nel cuore degli altri.
Faceva di tutto perché quel fuoco in Lei non si spegnesse e si
rallegrava quando si accorgeva che qualcuno tentava di accenderlo nel
proprio cuore.
Quando
invece si rendeva conto che qualche persona mancava d'amore verso
Dio, se ne rattristava e con delicatezza e tatto la esortava a non
agire così. Invitava tutti alla confessione, al banchetto
eucaristico e alla soddisfazione del precetto pasquale. Più la Serva
di Dio si innamorava del Signore e più si allontanava da quanto
poteva turbare questo amore e tutto senza mai tralasciare i doveri
del proprio stato.
Filiale
e intenso fu l'amore per la Vergine Maria. La onorava, sotto i vari
titoli, in tutti modi: con l'offerta della sua giornata e delle sue
fatiche, con la riparazione contro le bestemmie, con i pellegrinaggi,
con le novene e soprattutto con la quotidiana recita del santo
rosario. Grande anche la venerazione per diversi santi, ad iniziare
da quella per Giuseppe, sposo di Maria.
Carità
verso il prossimo
La
Serva di Dio osservò per tutta la vita il comandamento evangelico di
amare il prossimo, ed in grado veramente straordinario.
Mossa
pertanto dalla carità, aveva a cuore il bene di tutti, e nutriva il
profondo desiderio che tutti gli uomini, e i cristiani
principalmente, fossero illuminati dalle verità di fede e dagli
insegnamenti della Chiesa e si rammaricava che tanti fossero lontani
da Dio, non ne conoscessero le leggi e non lo amassero. Si impegnò
così con tutte le sue energie nell'insegnamento del catechismo ai
bambini a Pozzomaggiore e amava raccoglierli la domenica per portarli
in gruppo a seguire la messa domenicale nella parrocchia più vicina,
durante i suoi primi anni in terra laziale. Edvige usava questa
carità con i bambini, sostituendosi spesso ai genitori, ai quali non
mancava di ricordare quanto fosse importante l'istruzione religiosa.
Un
tale ammonimento arrivava a tutti, senza eccezione, persino ai
sacerdoti che poco si curavano della propria dignità sacrale.
L'amore
per i peccatori incalliti fu però una delle sue più grandi
passioni: per essi pregava e faceva penitenze, ottenendo delle vere e
proprie conversioni come quella del senatore del regno Salvatore
Parpaglia, massone, di Francesco Massari, comunista o di Igino
Bernacchia, marito della Serva di Dio Maria Aristea Ceccarelli.
La
Serva di Dio usò la carità di pregare anche per il duce Benito
Mussolini e per Joseph Stalin. Edvige Carboni supplicò il Signore
per tutti coloro che la calunniavano e per tanti, anche sacerdoti ed
intellettuali, che scandalizzavano le anime con le loro conferenze.
Come già riferito, un'attenzione particolare l'ebbe per i
miscredenti e i comunisti di epoca pacelliana, per la cui conversione
offrì tutta se stessa.
Come
si adoperava e pregava per la conversione dei peccatori, così Edvige
si impegnava a restituire la pace nei cuori di quanti portavano
rancore o odio. Esortava le persone a riconciliarsi per amore di Dio
e a perdonare. Ella diede per primo l'esempio quando vi furono dei
dissapori tra i parenti a motivo delle eredità e quando fu
perseguitata per gelosia e ingiustamente accusata presso il vescovo
da alcune false amiche.
Non
meno ardente era la carità che la Serva di Dio esercitò verso i
poveri e i bisognosi, riconoscendo in loro la persona stessa di Gesù:
"i suoi tesori" li chiamava. Le testimonianze sono davvero
centinaia, sia in terra sarda che laziale; il suo dare agli altri
significava negarlo all'egoismo ed, in effetti, le sue rinunce per il
prossimo non si contano. Sempre ed in ogni circostanza la Serva di
Dio operò con amore e disinteresse, lontana dal voler apparire;
quanto faceva voleva che rimanesse nel segreto, per cui operava con
discrezione e con tatto. La sua mano sinistra non sapeva in effetti
quanto aveva fatto la sua destra.
Oggi
si parla tanto di volontariato nell'assistenza ai malati, ai
tossicodipendenti, alle persone sole, agli anziani; Edvige, che non
appartenne a nessun ordine religioso votato a questi scopi, in quei
tempi tanto difficili, precorse in questa missione le tante persone
oggi legate a varie associazioni. L'unica, ma sostanziale differenza,
è che la Carboni agiva solo per amore di Dio. Edvige amava l'uomo in
Dio, per cui i suoi orizzonti di carità spaziavano non soltanto in
orizzontale, ma anche in verticale. A Pozzomaggiore aiutò alcune
giovani che stavano per entrare in convento, diede quasi tutto il suo
corredo a diverse ragazze che, per affrontare il matrimonio, non
avevano nulla e in questo soccorrere cercava di coinvolgere gli
altri. Donava scarpe, vestiti, giacche e generi di prima necessità
come la farina e il grano; più volte il padre fu messo in guardia
dai parenti per quanto Edvige donava agli altri. Gran parte del
contenuto dei pacchi che il fratello Antonio spediva dalla lontana
America andava ad alleviare le sofferenze e i bisogni dei suoi
compaesani, mentre per lei, che sapeva cucire e ricamare, adattava
abiti e indumenti vari.
Più
volte ebbe la carità di ascoltare quanti da lei ricorrevano per
sfogare le loro amarezze e le loro difficoltà in famiglia, non
mancando di dare il proprio appoggio morale e il suo consiglio che si
rivelava sempre saggio ed illuminato. I malati che andava a visitare
trovavano forza e coraggio dalle sue parole e spesso anche la salute
dalla sua preghiera. Durante le due guerre mondiali fu veramente
ammirevole nell'alleviare i bisogni più urgenti, nelle case, negli
ospedali, nelle parrocchie, nelle carceri e negli istituti religiosi,
spesso aiutata da Dio per vie straordinarie. Si privò di collane ed
orecchini avuti in dono e persino di quel poco che aveva per sfamarsi
pur di vedere sorridere qualcuno dietro il quale riconosceva il volto
di Gesù.
Non
c'era povero che bussasse alla sua porta senza ricevere da Lei
qualcosa.
Grande
carità usò con la sua famiglia. Fu vicina a tutti quando la
malattia bussò alla porta, assistendoli giorno e notte con grande
abnegazione, pregando con loro ed adattandosi a situazioni davvero
difficili. Per i suoi fratelli, e la sorella minore in particolare,
fu una seconda madre. Accettò e sopportò con vero eroismo le
lamentele della nonna inferma per quattro lunghi anni,
accontentandola in tutte le sue richieste e facendole compagnia
durante la notte.
Fu
premurosissima con i genitori, in modo particolare col padre Battista
che seguì, con dedizione e amore, fino alla morte.
Carità
cristiana è pure suffragare le anime del purgatorio.
In
quest'opera di amore la Serva di Dio fu davvero eroica.
Pensava
continuamente alle loro sofferenze e si dava da fare in mille modi
per alleviarle: sante messe, comunioni, opere di carità, penitenza e
preghiera. Furono diverse le anime che le si presentavano per
invocare aiuto e mai Edvige lo rifiutò
VIRTÙ
CARDINALI
Prudenza
Costretta
a rinunciare alla vita religiosa consacrata, per ubbidienza al
confessore e per soccorrere la famiglia che poteva contare unicamente
sul suo aiuto quando diversi suoi componenti si ammalarono, la Serva
di Dio, rimasta nel mondo tra i suoi pericoli ed errori, non poté
fare a meno di esercitare la virtù della prudenza.
La
esercitò in ogni sua azione, dirigendola alla maggior gloria del
Signore e per il bene della propria anima. Tutte le volte che Edvige
doveva prendere una decisione chiedeva a Dio di operare per il meglio
e secondo la sua volontà. Nell'adempimento dei suoi doveri, nei suoi
rapporti con Dio e con il prossimo fu
sempre attenta, semplice come una colomba, ma prudente come il
serpente.
Nel
parlare fu sempre misurata, per cui i suoi discorsi non furono mai
ambigui, ma chiari e luminosi; mai sconsiderata e superficiale, da
essere ricercata per i suoi saggi consigli anche da sacerdoti e suore
su casi di rilevante importanza.
Si
rimaneva edificati dal suo modo di parlare, semplice e spontaneo,
senza nessuna posa, ma pieno di tanto amore al Signore e alla
Madonna. Con tutti fu affabile e semplice, anche con chi parlava o
scriveva male di Lei. Camminava con portamento modesto e ad occhi
bassi; custodiva gelosamente tutti i sensi come doni di Dio; parlava
volentieri solo della misericordia del Signore e trattenne le
orecchie da discorsi poco edificanti o da chiacchiere e pettegolezzi.
Guidata
dalla prudenza la Serva di Dio si adoperò nel mortificare le proprie
passioni, sacrificando la sua vita alla sola volontà divina, che
sapeva riconoscere nei consigli e nelle esortazioni delle guide
spirituali. Edvige fuggiva dall'ozio, che riteneva fonte di ogni
male. Finite le sue faccende domestiche si dedicava totalmente alla
preghiera, evitando spesso anche le cose più oneste e lecite.
La
Serva di Dio non fece mai una lettura che non fosse di contenuto
spirituale; persino la radio, che teneva in casa, veniva da Lei
accesa solamente per ascoltare i discorsi del santo padre.
Edvige
fu prudente coi doni soprannaturali ricevuti, specialmente con le
stimmate, che si curava di tenere nascoste con i mezzi guanti o con
lo scialle, lontane da sguardi indiscreti.
Giustizia
La
Serva di Dio tese alla santità sin da bambina; preferì essere
libera da ogni legame per appartenere a Dio solo. Infranse gli idoli
che ingombravano la casa del suo cuore per far posto a Dio solo,
perché convinta che a Lui soltanto spetta il tributo dell'onore e
della gloria. Fu esatta nell'osservare tutti i suoi precetti,
rispettandolo per suo creatore e redentore e, dopo di Lui, le sue
attenzioni andavano alla Madonna, le cui feste preparava con devote
novene e a diversi santi che onorava tenendo in casa le loro icone.
Aveva
il più alto senso di venerazione per il santo nome di Dio che
glorificava sempre; così gli rendeva giustizia offrendo
continuamente le sue sofferenze e la sua orazione in riparazione
delle messe ascoltate male, per i sacramenti ricevuti con leggerezza,
per le donne disoneste e sfrontate, per le mode scandalose, per i
peccati di carnevale, per le persecuzioni contro il papa e i
sacerdoti, per i bambini abbandonati a se stessi e privi di
formazione religiosa per colpa delle madri che poco curavano i propri
figli. Edvige Carboni si mostrò inoltre sensibilissima verso le
ingiustizie subite dai sacerdoti della Chiesa del Silenzio. Grande
premura e amore mostrò verso le opere missionarie e vocazionali, in
quanto riteneva essere giusto che il nome di Dio e l'opera di
redenzione operata da suo Figlio fosse fatta conoscere ad ogni
creatura.
La
Serva di Dio fu giusta anche con se stessa: sapendo che il suo corpo
era tempio dello Spirito Santo, impiegò ogni premura per custodire
l'innocenza battesimale ed arricchirsi spiritualmente, e fu talmente
attenta in questa virtù della giustizia che non recò mai danno a
nessuno. Fu giusta con poveri e ricchi, con i familiari e gli amici,
con i sacerdoti nei quali vedeva un altro Cristo. Rese il proprio
servizio in casa con amore e giustizia da non tralasciare mai nulla
di quanto era suo dovere compiere e, se questo talvolta accadde per
essersi inavvertitamente attardata in preghiera in chiesa, il Signore
vi sopperiva in modo straordinario.
La
Serva di Dio si mostrò amante della virtù della giustizia anche
quando fu costretta a presentarsi dinanzi al vescovo e al suo
delegato per un processo che le fu intentato da alcune amiche che
l'accusarono di mistificazione; fu pienamente assolta, ma non gioì
della confusione delle amiche che anzi perdonò di cuore.
Fortezza
Edvige
Carboni possedette in modo eroico anche la virtù della fortezza.
Tutta la sua vita fu piena di incomprensioni, fatiche, condanne e
persecuzioni. La Serva di Dio si esercitò in questa virtù sin da
bambina, riuscendo a costruire, giorno dopo giorno, il tempio delle
sue virtù, pietra dopo pietra, in modo stabile e sicuro. Salda e
forte si mostrò in ogni avversità, nelle fatiche casalinghe,
durante le malattie dei suoi cari e i lutti che colpirono la sua
famiglia. Altrettanta forza eroica venne dimostrata nelle diverse,
piccole località in cui, durante i primi anni in terra laziale,
visse a motivo dei continui trasferimenti scolastici della sorella
Paolina; vi si adattò con gioia e fiducia nel Signore, pur quando in
casa mancavano acqua e luce e il vecchio genitore aveva bisogno di
ogni possibile premura. Le poche persone che non l'amarono
perché non arrivarono a capire chi in realtà fosse Edvige Carboni,
l'accusarono presso i carabinieri, il vescovo e il provinciale
francescano padre Luigi Carta di Bonarcado che, con grande
umiliazione della Serva di Dio, la sospese dal Terzo ordine per aver
creduto alle chiacchiere e alle malelingue che avvelenavano, in
quell'epoca, la parrocchia di Pozzomaggiore. Non mancarono persino i
tentativi di omicidio nei suoi confronti, sia nel suo paese natale
che a Roma: tanto poté la gelosia. Le capitò persino di essere
schernita e presa a sassi da alcuni monelli all'uscita dalla chiesa,
ma la Serva di Dio non reagì e proseguì tranquilla fino a casa.
Occorre
coraggio per mostrare i propri convincimenti, come l'amore per il
Signore, e di questo la Carboni non si è mai vergognata. Mai ebbe il
benché minimo indugio per rispetto umano; mai un cedimento per
accontentare chicchessia. La conversione a Dio e i suoi tentativi di
perfezione furono quotidiani e senza interruzione.
Mai
Edvige rinunciò a combattere nella sua vita. Per Lei il
cristianesimo significava Gesù Cristo, Dio fatto uomo; Lui amò, a
Lui si affidò, Lui servì; non fu una cristiana a metà o solamente
un'ottima cristiana. Se oggi si cercano le comodità a tutti i costi,
la Serva di Dio seppe sopportare tutti i disagi quotidiani, ma di
proposito e con gioia rese dura la propria vita anche con le
penitenze che le imponeva, non solo la Chiesa, ma il suo stesso
desiderio di offrirle al Signore che la visitava già con le
sofferenze dovute alle stimmate.
Ammirevole
fu la Serva di Dio anche nel sopportare i suoi mali fisici, la
nefrite e l'angina pectoris in modo particolare. Si mostrò paziente
nel sopportare il difficile carattere della sorella Paolina che tanto
amava, e forte nelle lotte che dovette affrontare, per volere di Dio,
anche contro Satana.
Temperanza
La
Serva di Dio Edvige Carboni osservò in modo eccezionale anche la
virtù della temperanza. Fin dalla sua infanzia amò mortificarsi,
dominando il suo corpo e le sue passioni con diverse penitenze.
L'unico
suo giocattolo fu una bambola di pezza e da ragazza, in casa della
norma materna, per dormire scelse una stanza che serviva praticamente
da cantina o come stalla per l'asino; vi entrava poca luce e il letto
era più che altro un giaciglio.
Il
suo stile abituale di vita fu sempre modesto come il suo vestire,
decoroso sì, ma senza ricercatezze; i suoi vestiti che oggi si
conservano appaiono in diversi punti rattoppati o ricuciti e a casa
indossava sempre abiti semplici e scuri. Solo a Roma fu possibile
vedere la Serva di Dio con abiti un tantino più eleganti, costretta
ad indossarli dalla sorella Paolina, stufa di vedersi attorno una
sorella vestita quasi come una poverella. Edvige non fece mai uso di
collane o altro, fatta eccezione la volta in cui, per obbedienza al
parroco, si sottomise allo scatto di una fotografia. Riposava
l'indispensabile, interrompendo il sonno in piena notte per
immergersi nell'orazione e, negli ultimi mesi di vita, non entrò nel
letto. La notte antecedente il giorno del diploma della sorella
Paolina a Cagliari, la Serva di Dio dormì per terra lasciando
intatti il letto e le lenzuola che le suore le avevano preparato. Era
temperante nel bere e nel vitto e più volte fece carità del cibo
che aveva già sul piatto; pur se brava nel confezionare i dolci
tradizionali, questi andavano preferibilmente ad addolcire le
sofferenze di qualche ammalato.
CONSIGLI
EVANGELICI E VIRTÙ MORALI
Povertà
La
Serva di Dio amò e praticò in grado eroico la virtù della povertà.
Per sua decisione, pur se apparteneva ad una famiglia di discrete
condizioni economiche, che possedeva una casa e qualche appezzamento
di terreno, da ragazza scelse per sé una camera umida e semibuia,
col tetto di canne da cui spesso pioveva.
Non
si lamentava mai e per sé sceglieva gli oggetti più brutti, le
posate più ordinarie, i piatti più vecchi e sbeccati, i cibi più
cattivi, la biancheria più ordinaria, il posto più scomodo persino
a tavola.
Edvige
Carboni non mostrò mai attaccamento ai beni materiali, anzi li
donava in abbondanza agli altri; parte del contenuto dei pacchi che
il fratello Antonio inviava alla famiglia dall'America in cui era
emigrato, come già riferito, veniva distribuito tra le persone più
bisognose. In famiglia si viveva di parsimonia ed una volta che la
zia, la nonna e la madre cessarono di lavorare al telaio e dopo
l'inattività del padre, falegname, fu Edvige ad arrotondare il
bilancio economico della famiglia con i suoi lavori di ricamo; il che
permise a Paolina di mantenersi agli studi in un collegio a Cagliari
e di conseguirvi il diploma di maestra elementare.
Nel
vestire, gli abiti le duravano anni ed anni. Indossava la biancheria
più ordinaria, si asciugava con i panni ruvidi e non voleva usare le
calze di seta, ma solo quelle di cotone ordinario.
A
Roma, durante la seconda guerra mondiale, per aver donato tanti capi
di biancheria ai bisognosi, rimase con i soli abiti che portava
addosso al punto da essere rimproverata dalla sorella: "Nel caso
necessitassi di un ricovero in ospedale, non hai neppure una
sottoveste".
Vi
furono momenti di tale povertà nella sua vita, da essere stata
costretta a vendere sciarpe, scialli e cappotti tramite le amiche di
Calangianus.
Visse
povera la Serva di Dio, ma aspirò a possedere ben altre ricchezze,
quelle che nessuno avrebbe potuto toglierle: la Grazia di Dio e
l'eternità con Lui.
Castità
La
Serva di Dio fu amante della castità, la sua virtù prediletta, che
manifestò di possedere in grado eroico fino alla morte. Non avanzò
mai parola o gesto che offendesse questa virtù che in Lei traspariva
da tutto il suo comportamento che incuteva venerazione e rispetto. La
castità fu in Lei angelica. Nel suo cosiddetto Diario scrive che,
quando tutte le sere la mamma la portava con sé in chiesa per una
breve visita al Santissimo Sacramento, ella giungeva le mani e
ripeteva il voto di verginità che, sin da bambina, le fu consigliato
di emettere dal suo angelo custode. I suoi discorsi furono sempre di
carattere spirituale e i suoi costumi sempre illibati.
Dalle
varie testimonianze si evince che la Serva di Dio era un'ottima
giovane, ritiratissima e modestissima, mai vista ai divertimenti o
alle sagre del paese se non per venerare i santi. Se, per caso,
qualcuna delle sue amiche, anche involontariamente, accennava a
qualche fatto particolare di immodestia, con prontezza Edvige deviava
il discorso su altri argomenti. Trascinata un pomeriggio dalla
sorella Paolina ad una sala cinematografica in cui si proiettava la
vita e il martirio di Santa Maria Goretti, rimase quasi sempre ad
occhi bassi.
Fu
probabilmente anche questa sua angelica virtù che a Pozzomaggiore
spinse diverse famiglie a scegliere la Serva di Dio come madrina per
le cresime e i battesimi dei loro bambini, che mai si dimenticarono
di Lei. Rimase noncurante degli onesti apprezzamenti che fece su di
lei un amico del fratello Giorgio e, quando non stava bene ed aveva
bisogno del medico, preferiva evitare le visite o far chiamare i
dottori che tentavano di fare una diagnosi senza dover svestire più
di tanto i pazienti. Non si poteva davvero dire nulla sul suo
comportamento perché é stata sempre riservata e modesta, nel
parlare, nel vestire, nell'agire. All'occorrenza, non si peritava di
riprendere chiunque osasse trasgredire i comportamenti di serietà
morale e di purezza. I benefici effetti del suo modo di vivere si
ripercuotevano in quanti l'avvicinavano, che sentivano così il
desiderio di diventare migliori.
Obbedienza
La
Serva di Dio osservò in grado eroico anche la virtù
dell'obbedienza. In famiglia si segnalò subito per la pronta e
perfetta esecuzione di quanto i genitori e i fratelli le chiedevano.
Sin
da bambina sbrigava tutto quanto era in grado di fare, incoraggiando
la madre malferma di salute e sostituendosi a lei per quanto
possibile alla sua età. Crescendo, ubbidì sempre e senza
dilazionare quanto le veniva chiesto; Edvige ricordava in
continuazione e metteva in pratica il quarto comandamento, vedendo
Dio nei genitori. Era Lei a pulire e a governare la casa, a seguire i
fratelli più piccoli che videro in Lei una seconda madre.
Fu
per obbedienza ai genitori che dovette rinunciare alla sua vocazione
religiosa; a casa era indispensabile la sua presenza perché, uno
dopo l'altro, si ammalarono la mamma, uno zio, una zia che finirono i
loro giorni tra le sue braccia. Dopo la scomparsa della madre Maria
Domenica, seguì il padre in tutto, pronta ad eseguire i suoi
desideri, nonostante il difficile carattere tipico delle persone
anziane. Pur di accontentarlo, non solo si mostrava ubbidiente Lei,
ma invitava gli altri — quando si presentava il caso — ad essere
accondiscendenti con l'anziano padre che talvolta era piuttosto
esigente anche nelle cose futili; allora Edvige ripeteva: "Cumpatide,
cumpatide" (Abbiate pazienza, compatite). A tutti ricordava di
onorare i genitori e di portare rispetto ai propri mariti o mogli.
Anche
nel Lazio la Serva di Dio fu attenta e premurosissima nel seguire
l'anziano genitore fino alla morte.
Esemplare,
a detta di tutti i testimoni, fu nel seguire la nonna
ultranovantenne, allettata per una brutta caduta in casa e poi
divenuta cieca. Pur non avendo un obbligo morale di obbedienza ai
fratelli minori di Lei, ma ormai adulti, Edvige fu ammirevole anche
in questo. Se veniva da essi umiliata, Ella non replicava mai.
La
Serva di Dio mostrò un' eroica ubbidienza nel seguire le sue guide
spirituali, a Pozzomaggiore prima e nelle varie località laziali
poi. Fu per obbedienza anche ad essi che dovette rinunciare alla sua
vocazione religiosa. Alle loro esortazioni ubbidiva ciecamente e per
loro nutriva il più profondo rispetto, anche quando, nei primi
tempi, qualcuno nutriva dei dubbi non tanto sulla sua santità di
costumi, quanto sui doni mistici che manifestava. Tra i suoi
direttori di spirito e confessori vanno segnalati: San Luigi Orione,
i Servi di Dio padre Giovanni Battista Manzella e padre Felice
Cappello, il parroco di Pozzomaggiore don Luigi Carta ed il vicario
generale della diocesi di Alghero, il canonico Salvatore Deriu.
Fra
tutti si segnalò il padre Manzella, venerato in Sardegna come un
santo, ideatore della giornata mondiale missionaria, al quale tanto
dispiacque che Edvige lasciasse la Sardegna: era infatti sicuro che
la sua presenza nell'isola sarebbe stata in benedizione per tutti.
La
stessa ubbidienza fu mostrata anche con le guide spirituali che la
Carboni ebbe a Roma, in modo particolare monsignor Giuseppe Massimi,
monsignor Alfredo Vitali e il padre passionista Ignazio Parmeggiani,
di venerata memoria.
Edvige
Carboni fu prontissima nell'eseguire alla perfezione tutto quanto la
santa Chiesa proponeva a credere e a fare: inviti del papa, le sue
esortazioni alla preghiera e alla penitenza nei difficili anni di
guerra, nonché tutte le disposizioni fissate nei vari periodi
dell'anno liturgico.
Un
voto particolare di ubbidienza, mantenuto fino alla sua morte, fu
quello che, su suggerimento di un sacerdote, la Serva di Dio fece
alla sorella Paolina. Dato il difficile, spigoloso carattere di
quest'ultima, che contava quindici anni in meno di Edvige, la sua
sottomissione è da ritenersi eroica.
L'ultimo
gesto eroico della vita della Serva di Dio si puntualizzò
sull'obbedienza il giorno della sua morte quando, per accontentare
Paolina che voleva recarsi a seguire, a Santa Maria Maggiore,
un'omelia del padre Lombardi, Edvige rinunciò a quello che avrebbe
dovuto essere il suo ultimo incontro col confessore alla Scala Santa.
"L'obbedienza
prima di tutto",
era solita ripetere.
Umiltà
La
virtù dell'umiltà e del nascondimento non fu da meno delle altre
nella Serva di Dio. Non c'è testimonianza in cui non si parli della
sua vita semplice, umile e ritirata. Nonostante i doni ricevuti,
questa virtù era talmente radicata in Edvige da ritenersi solo una
grande peccatrice, l'ultima di tutti, bisognosa delle preghiere
altrui. Quanto Ella faceva era di poco valore e insignificante, e se
qualcuno si permetteva di lodare le sue virtù o definirla santa,
come quasi tutti a Pozzomaggiore la definivano, confusa ed umiliata,
esaltava invece le virtù e le azioni degli altri. Mai Edvige si fece
un'idea troppo alta di se stessa ( Rm 12,16).
Sintomatico
di tanta umiltà è il fatto accaduto nel vicino paese di Mara in un
periodo di grave siccità: la Serva di Dio partecipò ad una
processione in onore della Beata Vergine di Bonuighinu per invocare
la grazia della pioggia; non appena questa cominciò a venir giù, i
presenti ne attribuirono il merito alla stessa Edvige, chiamandola
santa. Ma la Serva di Dio si sentì a disagio ed, una volta rientrata
a casa, raccontò quanto accaduto ad una sua cara amica che abitava
di fronte a Lei. Questa si dimostrò convinta dell'appellativo
rivolto ad Edvige, la quale replicò con queste parole: " Maria
Luisa mia, hai più meriti tu dinanzi a Dio perché governi una
famiglia, di quanti invece non ne abbia io". La Serva di Dio si
sentì sempre mortificata dell'appellativo di santa che più volte le
veniva dato; non amò porsi sul piedistallo dell'ostentazione, anzi
amò il silenzio e il nascondimento, né poteva essere altrimenti se
voleva portare alla luce le ricchezze dell'amore di Dio che Ella
scoprì e rafforzò con la sua devozione al Crocifisso e alla
Madonna.
Con
grande umiltà rese in casa il suo servizio quotidiano e l'assistenza
agli ammalati; non si ribellò quando la nonna la ingiuriava e la
maltrattava, giungendo persino a gettarle addosso i suoi escrementi.
Spesse
volte, per recarsi nella parrocchiale del suo paese, la Serva di Dio
preferiva passare per vie secondarie anziché per la via principale
dove aveva la sua casa, e sempre in atteggiamento umile e dimesso.
Talvolta veniva frainteso il suo camminare sempre ad occhi bassi,
quasi assorta in mille pensieri; per questo qualcuno la definiva
piena di sé. Ma non era vero. Chi la conosceva veramente od ebbe la
possibilità di avvicinarla, la definiva persona amabilissima,
cordiale e semplice. Probabilmente alcuni avrebbero preferito che la
Serva di Dio si fermasse per strada a coltivare le chiacchiere, ma
Edvige non amava buttare via il tempo in cose futili e inutili e
rubarlo così alla preghiera e al lavoro; persino nei negozi, dopo
aver atteso il suo turno ed essere stata servita, andava subito via.
L'eroica
umiltà della Serva di Dio si manifestò anche nel suo sobrio modo di
vestire: abiti scuri, scialle, calze in cotone e scarpe a mezzo
tacco; dal momento che viveva in famiglia, teneva nascoste per quanto
possibile le dure penitenze cui si sottoponeva e i carismi ricevuti.
Fu con sua grande confusione che, per obbedienza al padre Luigi
Carta, fece vedere le sue stimmate che amava tenere ben nascoste.
Grande era la sua confusione quando in chiesa trovava qualcuno ad
aspettare che terminassero le sue estasi; il giovedì poi e il
venerdì in modo particolare era sua abitudine uscire di casa appena
l'indispensabile: era giorno di preghiera, di offerta e di
sofferenza.
Sempre,
per tutta la sua vita e in modo davvero eccezionale la Serva di Dio
amò e coltivò questa virtù, per ammissione di tutti, guide
spirituali, sacerdoti e laici.
Ora
si attende, con fiducia, la definitiva ed ufficiale proclamazione di
tutte le sue virtù praticate in grado eroico.
Per
quanto riguarda i carismi della Serva di Dio, che irrompono nella sua
vita in un modo davvero straordinario, è da sottolineare che essi
non sono indispensabili per una vita santa che è fatta solo di virtù
e di atti eroici. I doni mistici vengono sempre distribuiti
gratuitamente dal Signore ad edificazione di tutti i cristiani e come
prova della sua esistenza e del suo amore. In essi e con essi Dio
manifesta la sua potenza, come vuole e in chi vuole; non in modo
rigidamente scientifico, ma con discrezione, al punto che la sua
potenza può sempre essere rifiutata dal razionalismo. Quando il
Signore vuol dare segni del suo amore e della sua potenza li dà
gratuitamente, non preoccupandosi affatto di soddisfare né la nostra
curiosità e neppure la ricerca scientifica.
I
segni del cielo il Signore preferisce darli ai poveri e agli umili,
quasi mai ai potenti, ai curiosi o agli esperti come gli scribi e i
farisei del vangelo ( Mt 12,39; Mc 8,12; Lc 11,16). I segni del cielo
e i carismi possono essere capiti ed accolti solo se dentro una
particolare luce di fede che, purtroppo, non tutti abbiamo.
(1)
Cfr. a cura di Domenico Bertetto, I discorsi di papa Pio XI, vol. 1,
p. 759.
(2)
Diario, p.7981; cfr. Ciomei F., Lettere e diario, n.121, p.438.
Tratto
dal libro “ TI
CHIAMI EDVIGE
– DEVI
ESSERE L’EFFIGIE DELLA MIA PASSIONE
“ del prof. Ernesto Madau – da pag.505 a pag.525
Biografia
Edvige
Carboni nacque a Pozzomaggiore (SS) il 2 maggio 1880 da Giovanni
Battista e Maria Domenica Pinna, sposi di nobili virtù.
Alla sua nascita la mamma notò che, sul petto della propria bambina, era impressa una piccola croce che durò per tutta la vita, segno presago di quello che sarebbe stata l’intera sua esistenza.
Alla sua nascita la mamma notò che, sul petto della propria bambina, era impressa una piccola croce che durò per tutta la vita, segno presago di quello che sarebbe stata l’intera sua esistenza.
A
soli cinque anni ebbe l’insigne favore di avere vicino a sé Gesù
Bambino che la Madonna, animandosi, le diede più volte da un quadro,
e il suo Angelo Custode che la invitò a consacrarsi tutta a Dio e ad
offrirgli le varie sofferenze e disagi di ogni giorno. Consacrazione
che ella ripeteva ogni sera, quando la mamma la portava in chiesa per
la visita al Signore Sacramentato. Umile, generosa e ubbidiente si
mostrò anche da giovinetta, corrispondendo alla Grazia con la
partecipazione costante alla santa Messa e ai sacramenti.
Terminate
lodevolmente le classi elementari, desiderò abbracciare la vita
religiosa ma, per ubbidienza al confessore, dovette rinunciarvi per
accudire alla famiglia che, col tempo, gravò tutta su di lei una
volta scomparsa la mamma, che si spense tra le sue braccia. Per
diversi componenti della sua famiglia visitati dalla malattia, la
Serva di Dio fu infermiera premurosa. Nello stesso tempo Edvige si
occupava dell’insegnamento catechistico in chiesa e del
tradizionale lavoro al telaio e soprattutto del ricamo a casa, in cui
era abilissima. Si era anche iscritta a varie associazioni religiose:
le Guardie d’Onore, le Figlie di Maria, il Terz’Ordine
Francescano, la confraternita del Carmelo; e più tardi, a Roma,
all’Arciconfraternita della Passione, alle Cooperatrici delle opere
Salesiane, al Quadrante della Misericordia. Ben presto nacque in lei
l’amore per i bisognosi e gli ammalati, nell’anima e nel corpo;
consolò i familiari di quanti partivano al fronte durante la prima
guerra mondiale ed aiutò le future spose senza la dote.
Amica dei poveri e dei derelitti, aveva parole di conforto per tutti; soleva dire: “Si deve sempre infondere conforto e speranza“. Era capace di trasformare il suo lavoro in preghiera, sempre pronta a fare la volontà di Dio e disponibile a ricevere la sua Grazia che tutti, in Lei, vedevano crescere e trasformarla in una donna sempre più ricca delle virtù evangeliche.
Amica dei poveri e dei derelitti, aveva parole di conforto per tutti; soleva dire: “Si deve sempre infondere conforto e speranza“. Era capace di trasformare il suo lavoro in preghiera, sempre pronta a fare la volontà di Dio e disponibile a ricevere la sua Grazia che tutti, in Lei, vedevano crescere e trasformarla in una donna sempre più ricca delle virtù evangeliche.
Caratteristica
sua fu la devozione alla Croce del Signore che, nel 1911, volle
donare al suo corpo i segni della sua Passione. In una delle tante
apparizioni Gesù le disse: “Tu
ti chiami Edvige e devi essere l’effigie della mia passione“.
E fu veramente l’immagine del Crocifisso: stimmate, corona di spine
e varie piaghe come quelle di Gesù nel suo corpo.
Fu
oggetto di persecuzione, di gelosie e di affrettate condanne da parte
di chi non riusciva a starle dietro nella corsa verso la perfezione
evangelica.
Nel novembre del 1929 lasciò il suo paese e la Sardegna, per vivere il resto della sua vita nel Lazio con la sorella Paolina, insegnante elementare, passando da una località all’altra secondo il posto di lavoro della sorella. Ovunque portò il suo impegno di apostolato di bene, lasciando tracce di santità e di virtù. Si distinse per le sue penitenze e per le opere di carità, specie durante la seconda guerra mondiale: soccorreva poveri, malati, disoccupati, prigionieri politici, distribuendo quanto poteva, senza distinzione di persona, di colore politico o della vita che conducevano. Il Signore stesso la soccorreva in questa sua attività in modo straordinario. Allora viveva a Roma, provata così duramente dagli eventi bellici. Più volte si tolse perfino di dosso alcuni indumenti e il pane di bocca per darli a chi sapeva in necessità.
Prevenne il Concilio nell’apostolato dei laici e nel volontariato; soleva dire: “Chi arde, incendia“.
Nel novembre del 1929 lasciò il suo paese e la Sardegna, per vivere il resto della sua vita nel Lazio con la sorella Paolina, insegnante elementare, passando da una località all’altra secondo il posto di lavoro della sorella. Ovunque portò il suo impegno di apostolato di bene, lasciando tracce di santità e di virtù. Si distinse per le sue penitenze e per le opere di carità, specie durante la seconda guerra mondiale: soccorreva poveri, malati, disoccupati, prigionieri politici, distribuendo quanto poteva, senza distinzione di persona, di colore politico o della vita che conducevano. Il Signore stesso la soccorreva in questa sua attività in modo straordinario. Allora viveva a Roma, provata così duramente dagli eventi bellici. Più volte si tolse perfino di dosso alcuni indumenti e il pane di bocca per darli a chi sapeva in necessità.
Prevenne il Concilio nell’apostolato dei laici e nel volontariato; soleva dire: “Chi arde, incendia“.
In
effetti, con il suo esempio, invitava tutti a fare come lei. Di
carattere affabile, era pronta ad ascoltare tutti e a pregare per
ogni necessità. Semplice come una colomba, era prudente a tutta
prova e asseriva: “Amici
tutti, ma fidarsi di Dio solo“.
Devotissima della Madonna, che le apparve più e più volte, ottenne da lei le più segnalate grazie. Tanti i Santi che dall’eternità andavano a visitarla, in modo particolare si segnalarono san Giovanni Bosco e san Domenico Savio. Ammirabile il suo spirito di penitenza, fatta specialmente per amore a Cristo Crocifisso e per ottenere da lui la conversione dei peccatori, la cessazione della guerra e delle persecuzioni contro la Chiesa nei paesi sottomessi alla Russia dell’epoca, dove sperava che il Crocifisso tornasse a regnare e realizzare così il desiderio della Madonna espresso a Fatima. Venne arricchita di innumerevoli carismi soprannaturali: visioni, estasi, spirito di profezia, apparizioni di anime dell’aldilà, bilocazione, levitazioni ecc., e fu anche vessata dal diavolo.
Devotissima della Madonna, che le apparve più e più volte, ottenne da lei le più segnalate grazie. Tanti i Santi che dall’eternità andavano a visitarla, in modo particolare si segnalarono san Giovanni Bosco e san Domenico Savio. Ammirabile il suo spirito di penitenza, fatta specialmente per amore a Cristo Crocifisso e per ottenere da lui la conversione dei peccatori, la cessazione della guerra e delle persecuzioni contro la Chiesa nei paesi sottomessi alla Russia dell’epoca, dove sperava che il Crocifisso tornasse a regnare e realizzare così il desiderio della Madonna espresso a Fatima. Venne arricchita di innumerevoli carismi soprannaturali: visioni, estasi, spirito di profezia, apparizioni di anime dell’aldilà, bilocazione, levitazioni ecc., e fu anche vessata dal diavolo.
Visse
sempre nel nascondimento, nella preghiera e nell’amore
all’Eucaristia, senza dare mai importanza ai carismi di cui fu
insignita. Si riteneva come la pianta del Vangelo che non dà frutto;
umilmente pregava così: “Sono
fango di fronte al Sole; sono interamente miserabile e mi prostro
davanti alla Tua Grazia…“.
Si raccontano fatti prodigiosi, di conversioni di peccatori per opera sua e per le sue preghiere. La sua fede era certezza evidente, e pareva scomparso il confine fra la vita presente e la futura, tra l’aldiquà e l’aldilà. Anima vittima, offrì tutta se stessa come “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” per il decadimento morale di cui spesso il Signore si lamentava con lei. FORSE E’ PROPRIO QUESTA LA SUA MISSIONE NEL MONDO ATTUALE SCRISTIANIZZATO: RAVVIVARE LA FEDE MANCANTE. EDVIGE FU ED E’ UNA RISPOSTA DI DIO ALLA CRISI DELLA NOSTRA EPOCA.
Si raccontano fatti prodigiosi, di conversioni di peccatori per opera sua e per le sue preghiere. La sua fede era certezza evidente, e pareva scomparso il confine fra la vita presente e la futura, tra l’aldiquà e l’aldilà. Anima vittima, offrì tutta se stessa come “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” per il decadimento morale di cui spesso il Signore si lamentava con lei. FORSE E’ PROPRIO QUESTA LA SUA MISSIONE NEL MONDO ATTUALE SCRISTIANIZZATO: RAVVIVARE LA FEDE MANCANTE. EDVIGE FU ED E’ UNA RISPOSTA DI DIO ALLA CRISI DELLA NOSTRA EPOCA.
Amò
profondamente il Papa e la Chiesa, cui era ubbidientissima. Seguì
costantemente le esortazioni e i consigli dei suoi confessori, tra i
quali i Servi di Dio padre Giovanni Battista Manzella, padre Felice
Cappello e san Luigi Orione. Fu stimata dai vescovi della sua diocesi
di origine, il Servo di Dio Ernesto Maria Piovella, Mons. Francesco
D’Errico, e dai loro successori in tempi recenti, come Mons.
Giovanni Pes e da molti altri sacerdoti e laici conosciuti sia in
Sardegna che a Roma. Tutti in Edvige videro un’aristocrazia
spirituale che invitava tutti ad imitarla nel perseguire la santità.
Suo ultimo confessore fu il padre Passionista Ignazio Parmeggiani.
San Pio da Pietrelcina, che aveva grande stima di Edvige, a chi
andava a trovarlo a San Giovanni Rotondo consigliava l’intercessione
della Serva di Dio.
Morì quasi improvvisamente la sera del 17 febbraio 1952 a Roma, nel silenzio e nell’umiltà come era vissuta. Un operaio comunista, da lei spesso aiutato in difficili situazioni, depose dei fiori sopra la sua salma dicendo: “Questa era veramente una santa”.
Morì quasi improvvisamente la sera del 17 febbraio 1952 a Roma, nel silenzio e nell’umiltà come era vissuta. Un operaio comunista, da lei spesso aiutato in difficili situazioni, depose dei fiori sopra la sua salma dicendo: “Questa era veramente una santa”.
È
stata proclamata Venerabile da Papa Francesco il 4 maggio 2017.
Dal
sito: http://www.edvigecarboni.it/biografia
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