sabato 5 agosto 2023

Sant’Isidoro e la beata Maria Toribia


Isidoro  nacque nei pressi di Madrid verso il 1070. In giovane età lasciò la casa paterna per andare a lavorare nei  campi al servizio di  alcuni proprietari terrieri.  In quel periodo parte della Spagna era soggetta agli Almoravidi, musulmani berberi originari del Marocco. Quando questi conquistarono Madrid, Isidoro si rifugiò a Torrelaguna dove conobbe e sposò la giovane Maria Toribia. La loro unione fu caratterizzata dall’attenzione verso i poveri, con i quali condividevano la loro casa, il loro cibo, i loro averi. 

Isidoro morì il 15 maggio 1130 e venne canonizzato il 12 marzo 1622 da Papa Gregorio XV, mentre Maria Toribia venne proclamata Beata nel 1697 da Papa Innocenzo XII. 


La vita di questi due sposi, laici illetterati dalla fede adamantina, elevati agli onori degli altari e dichiarati – a furor di popolo – patroni dei raccolti e della gente dei campi, si può riassumere in tre verbi: lavorare, pregare, donare. Un programma di vita attualissimo ancora oggi. 

Fa un po’ meraviglia vedere due semplici laici – per giunta marito e moglie – con l’aureola della santità, dato che da secoli siamo abituati a vedere figure di santi che sono per lo più suore, monache, frati, sacerdoti, Vescovi e Papi. In genere i laici venerati come santi lo sono in quanto martiri. Spiegateci come avete guadagnato questa fama di santità pur vivendo come degli umili contadini? 

Isidoro e Maria Toribia: La santità non consiste nel fare grandi cose, ma nel fare in modo grande le piccole cose di ogni giorno. Noi abbiamo cercato di fare sempre la volontà di Dio, vivendo con gioia la fede in Cristo nella vita quotidiana. 

A me risulta che pregavate molto durante le vostre giornate. 

Isidoro: È vero, io passavo molto tempo in preghiera, non saprei quantificare le ore e i minuti in quanto durante la mia epoca ci si regolava, specialmente nel lavoro dei campi, con la luce del sole. Questo mio modo di fare ha suscitato l’invidia degli altri lavoratori, i quali sono andati a dire al padrone bugie e maldicenze sul mio conto: che avevo poca voglia di lavorare, che perdevo tempo e guadagnavo il pane alle spalle delle loro fatiche.  

Maria Toribia: Io ero piuttosto tiepida nella preghiera, ma vedendo il fervore di Isidoro, ho capito che era mio dovere imitarlo. E devo dire che proprio cominciando a pregare insieme abbiamo superato tante avversità, la più grande è stata la perdita dell’unica creatura nata dalla nostra unione. Quando nostro figlio è morto in tenera età, la sola consolazione l’abbiamo trovata proprio nella preghiera. 

Ai vostri tempi la Spagna era in gran parte occupata dagli Almoravidi che erano di religione islamica. I proprietari terrieri per i quali lavoravate erano anch’essi musulmani? 

Isidoro e Maria Toribia: Abbiamo lavorato sotto diversi padroni, quindi anche con dei padroni che appartenevano a un’altra religione. Nella mia epoca, come dici tu, gli Almoravidi dominavano la Spagna, essi erano una dinastia musulmana nordafricana nata nell’undicesimo secolo ed era all’origine un movimento religioso di tipo riformista che si era propagato fra le tribù berbere conquistando in pochi decenni il Nord Africa e parte della Spagna. Il vasto impero almoravide però è durato meno di un cinquantennio, fino all’apparizione degli Almohadi, che nel 1147 hanno conquistato parte dell’Africa mediterranea e i domini iberici 

Sotto di loro non avevate problemi per la vostra vita cristiana, il culto o la pratica religiosa? 

Isidoro e Maria Toribia: Assolutamente no, c’era da parte di tutti una grande tolleranza. Come sempre, le cause delle guerre che si sono succedute, checché se ne dica, erano più legate a conquiste territoriali per ampliare i propri possedimenti e presentarsi così come dei grandi sovrani con molta terra e con molti popoli al loro servizio. 

Come praticavate la vostra fede? 

Isidoro e Maria Toribia: Ogni giorno partecipavamo alla Messa mattutina e durante la giornata, in casa come nei campi, spesso lasciavamo il lavoro per passare qualche momento di intimità con il Signore in preghiera. Nonostante queste pause il risultato della nostra fatica era né più né meno consistente di quello dei nostri compagni: tanti campi aravano loro, tanti ne aravamo noi, tanti covoni mietevano loro, tanti ne mietevamo noi. Qualcuno addirittura azzarda che grazie alla nostra vita di preghiera gli angeli si sostituissero a noi nel lavoro dei campi. 

Ho letto su di voi queste cose: eravate molto caritatevoli verso i più poveri, ma i risultati ottenuti non si spiegavano con la sola vostra capacità di lavoro. Attraverso la vostra vita umile e semplice avvenivano dei miracoli. 

Isidoro: Dicono anche che mentre trasportavo sulle spalle un sacco di grano con il fondo bucato, i chicchi cadevano sulla neve, una vera manna per gli uccellini nella stagione invernale. Arrivato al mulino, chissà come, il sacco non aveva buchi ed era prodigiosamente pieno. 

La vostra epoca era caratterizzata da grandi condottieri come Alfonso VI il Bravo, Re di Castiglia e di Leon che conquistò tante città; come Yusuf ibn Tashufin, capo degli Almoravidi musulmani che sconfisse Alfonso incorporando ampie zone della Spagna nel suo impero Nordafricano; come il condottiero dei condottieri, Ruiz Diaz de Bivar, detto el Cid Campeador. 

Isidoro e Maria Toribia: Noi non avevamo né spada né cavallo. Quando aravamo la terra utilizzavamo i buoi del padrone e vicino casa avevamo gli animali da cortile, come tutti i contadini. Quando vedevamo passare questi cavalieri per andare a combattere, ci prendeva lo sconforto al pensiero di quanti giovani avrebbero lasciato la loro vita sui campi di battaglia per gli interessi di qualche potente. 

Voi avevate un rapporto ideale, quasi mistico con la terra. Ed è proprio questo amore viscerale alla vita dei campi che fa di voi persone con molte cose da dire agli uomini d’oggi. 

Isidoro e Maria Toribia: Pur essendo dei semplici salariati, contadini cioè che lavoravano la terra di un padrone, ricavavamo dalla terra ciò che era necessario per vivere. Non come voi modei che avete inventato addirittura il land grabbing impoverendo ancora di più i contadini dei paesi del Sud del mondo. 

Voi sapete cos’è il land grabbing? 

Isidoro e Maria Toribia: Dove siamo adesso vediamo delle cose, è proprio il caso di dirlo, che non stanno né in cielo né in terra, come appunto il fenomeno del land grabbing, ovvero l’accaparramento della terra per sfruttare intere zone di paesi poveri, a favore dei paesi ricchi che non hanno spazio sufficiente per le necessità alimentari delle loro popolazioni. 

Infatti, questo è un problema serio, in molte parti del mondo i frutti della terra non restano alla popolazione che li ha coltivati ma vengono dirottati a nazioni ricche come l’Arabia Saudita o potenze industriali emergenti come l’India e la Cina che per avere risorse alimentari per la loro gente non esitano a sfruttare e impoverire i paesi già poveri. 

Isidoro e Maria Toribia: E pensare che una migliore ridistribuzione dei beni darebbe cibo sufficiente a tutto il pianeta. 


Isidoro muore nel 1130 e lo seppelliscono con una semplice cerimonia nel cimitero del villaggio in cui era sempre vissuto. Qualche anno dopo la moglie lo raggiunge in paradiso. La loro tomba diventa subito meta di pellegrinaggi e qualche decennio dopo, a furor di popolo, il corpo di Isidoro viene esumato per essere sepolto nella chiesa madrilena di Sant’Andrea. Inspiegabilmente lo trovano incorrotto. La sua fama si diffonde subito in tutta la Spagna e in seguito nelle colonie spagnole. Isidoro viene elevato alla gloria degli altari insieme a quattro stelle della santità di ogni tempo: San Filippo Neri, Santa Teresa d’Avila, Sant’Ignazio di Loyola e San Francesco Saverio. Gente con cui, di sicuro, Isidoro e Maria Toribia si sarebbero trovati in difficoltà a parlare durante la loro vita. 

Questa santità di coppia è poco conosciuta perché la devozione popolare ha fatto prevalere l’aspetto prodigioso e miracolistico del marito. La popolarità che Isidoro si è guadagnato come patrono dei raccolti e dei contadini ha finito per oscurare quella di lei che pure si è fatta santa condividendo gli stessi ideali di generosità e laboriosità del marito, conquistando la perfezione spirituale tra casseruole, bucati e lavori nei campi. 


Tratto dal sito Sant’Isidoro e la beata Maria Toribia - (rivistamissioniconsolata.it) 


La fatica delle tue mani... Amoris laetitia: Esortazione Apostolica sull'amore nella famiglia (19 marzo 2016) | Francesco (vatican.va) 

23. All’inizio del Salmo 128, si presenta il padre come un lavoratore, che con l’opera delle sue mani può sostenere il benessere fisico e la serenità della sua famiglia: «Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene» (v. 2). Che il lavoro sia una parte fondamentale della dignità della vita umana, lo si deduce dalle prime pagine della Bibbia, quando si dice che «il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen 2,15). E’ la rappresentazione del lavoratore che trasforma la materia e sfrutta le energie del creato, producendo il «pane di fatica» (Sal 127,2), oltre a coltivare sé stesso. 

24. Il lavoro rende possibile nello stesso tempo lo sviluppo della società, il sostentamento della famiglia e anche la sua stabilità e la sua fecondità: «Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita! Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!» (Sal 128,5-6). Nel Libro dei Proverbi si presenta anche il compito della madre di famiglia, il cui lavoro viene descritto in tutte le sue particolarità quotidiane, attirando la lode dello sposo e dei figli (cfr 31,10-31). Lo stesso apostolo Paolo si mostrava orgoglioso di aver vissuto senza essere di peso per gli altri, perché lavorò con le sue mani assicurandosi così il sostentamento (cfr At 18,3; 1 Cor 4,12; 9,12). Era talmente convinto della necessità del lavoro, che stabilì una ferrea norma per le sue comunità: «Chi non vuole lavorare, neppure mangi» (2 Ts 3,10; cfr 1 Ts 4,11). 

25. Detto questo, si capisce come la disoccupazione e la precarietà lavorativa diventino sofferenza, come si registra nel piccolo Libro di Rut e come ricorda Gesù nella parabola dei lavoratori che stanno seduti, in un ozio forzato, nella piazza del paese (cfr Mt 20,1-16), o come Egli sperimenta nel fatto stesso di essere tante volte circondato da bisognosi e affamati. E’ ciò che la società sta vivendo tragicamente in molti paesi, e questa mancanza di lavoro colpisce in diversi modi la serenità delle famiglie. 

26. Nemmeno possiamo dimenticare la degenerazione che il peccato introduce nella società, quando l’essere umano si comporta come tiranno nei confronti della natura, devastandola, usandola in modo egoistico e persino brutale. Le conseguenze sono al tempo stesso la desertificazione del suolo (cfr Gen 3,17-19) e gli squilibri economici e sociali, contro i quali si leva con chiarezza la voce dei profeti, da Elia (cfr 1 Re 21) fino alle parole che Gesù stesso pronuncia contro l’ingiustizia (cfr Lc 12,13-21; 16,1-31). 

Amoris laetitia: Esortazione Apostolica sull'amore nella famiglia (19 marzo 2016) | Francesco (vatican.va) 


 

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