Oggi
si ricorda la nascita non su questa terra, ma in cielo di san
Giovanni Battista, il precursore del Signore. Tra tutti i martiri
egli ha l’onore particolare di essere celebrato due volte dalla
Chiesa, una (il 24 giugno) per la sua nascita, l’altra (il 29
agosto) per la sua morte. In questo giorno si ricorda la
decapitazione di san Giovanni. Un padre della Chiesa dice: caput
prophetae factum est pretium meretricis, la testa del
profeta è divenuta il prezzo di una meretrice. Ecco con quale
astuzia agisce il demonio contro i santi di Cristo! Pensiamo
all’inimicizia che il Signore pose sin dall’inizio tra gli uomini
buoni e santi, che appartengono a Gesù, e la stirpe di Satana, il
serpente antico. Nessun pacifismo potrà mai togliere di mezzo questa
inimicizia irriducibile. Sono terribili le insidie del demonio,
perché in esse la più depravata sensualità si unisce alla più
sfacciata crudeltà. Sensualità e crudeltà sono due strumenti di
Satana che vanno sempre di pari passo.
È
bene che pensiamo anzitutto al motivo che portò san Giovanni al
martirio.
Tutti i Santi hanno dovuto subire la crudele inimicizia
dell’infernale nemico e del mondo che soggiace al suo potere. Tutti
i santi hanno testimoniato la loro fede in Cristo e alcuni tra loro,
i martiri, cioè i "testimoni" per eccellenza, hanno
persino versato il sangue per la loro perseveranza nella fede. Il
martirio è una testimonianza basata sull’oblazione della propria
vita.
Per
essere martiri non basta farsi ammazzare. Bisogna morire per Cristo,
cioè per qualcosa che supera la nostra la vita. Il mondo di oggi
stenta a capirlo. Persino nella Chiesa s’è fatta strada la
mentalità superficiale e poco metafisica, secondo la quale il bene
supremo dell’uomo è la sua vita. Se c’è qualcosa di
anticristiano, di antievangelico è proprio questo porre alla sommità
della scala del bene il bene della vita fisica. Il vangelo è in
perfetta consonanza con quanto disse già il poeta pagano
Giovenale: Summum crede nafas animam praeferre pudori / et
propter vitam vivendi perdere causas "Reputa il
peggiore dei disonori il preferire la vita all’onestà e per
salvare la vita il perdere le motivazioni del vivere" (8,
83-84). Al di là della vita biologica c’è un’altra vita, la
vita spirituale. Se dobbiamo curare la nostra vita terrena, molto più
bisogna rimanere fedeli alla vita del Verbo, di cui abbiamo visto la
luce, la gloria, la grazia e la verità. Manteniamoci fedeli alla
parola del Signore, giacché nella fede contempliamo non già la
parola di un uomo, ma la verità increata di Dio.
San
Giovanni morì per una verità di ordine non speculativo, ma etico.
Spesso i màrtiri, soprattutto nei primi secoli cristiani, morivano
per affermare i contenuti speculativi della fede, ad esempio per
professare la divinità di Cristo, figlio unigenito del Padre, o per
dire che non c’erano altri dei. San Giovanni invece fu messo a
morte per un motivo diverso, un motivo pratico e morale. L’ordine
pratico riguarda quelle verità che dobbiamo realizzare nella nostra
vita tramite le nostre azioni responsabili. San Giovanni muore per
un’ammonizione coraggiosa rivolta a Erode, Erode l’intemperante,
Erode l’incestuoso, Erode il depravato. San Giovanni gli dice con
severità e chiarezza: "Non ti è lecito (non licet tibi)
tenere la moglie di tuo fratello, habere uxorem fratris tui"
(Mc 6, 18). Quindi san Giovanni muore per la santità
della famiglia, del matrimonio, per la virtù della purezza.
Ecco
una virtù della quale al giorno d’oggi si sente poco parlare.
Molti sono intimiditi da un certo psicologismo di bassa lega, da
un’antropologia (scusate, cari fratelli, se dico così, ma ne ho
ben donde) che bisognerebbe chiamare più brutologia che
antropologia, giacché riduce l’uomo allo stato di una bestia
irragionevole, come se l’uomo non fosse altro che la sua
polimorfa libido. Purtroppo è vero che la sfera
razionale dell’uomo è alquanto debole, però è quella che lo
rende umano. L’uomo è un animale ragionevole. Ha sì una vita
sensitiva, ha sì delle passioni, però quello che lo rende uomo e
che lo distingue da tutti gli altri esseri inferiori è la sua
razionalità, la sua intellettualità, la sua spiritualità.
Il
Pontefice attualmente regnante spesso trova delle espressioni molto
belle. Per esempio questa: "vivere secondo la verità
dell’uomo". La verità della fede è non solo
soprannaturalmente rivelata, ma è anche naturale. Il Signore, quando
rivela a Mosè sul monte Sinai i dieci comandamenti, non dice cose
nuove, ma ribadisce semplicemente i contenuti della cosiddetta legge
naturale. Dio ha pietà dell’ignoranza dell’uomo e con la sua
autorevolezza riafferma quelle verità che nell’uomo erano state
presenti fin dall’inizio. La legge del Signore non è diventata
dettato morale dal momento in cui Dio l’ha rivelata scrivendo le
tavole di pietra con il suo dito. No! Essa vale dal momento in cui il
Signore alitò il suo spirito divino nelle narici dell’uomo fatto
di terra, come racconta il libro della genesi. L’uomo, da quando è
stato creato, ha in sé i precetti della legge divina.
Cari
fratelli, bisogna essere sapienti, bisogna in qualche moto tornare
alla lucidità di pensiero degli Antichi, del pensiero tomista ed
aristotelico, il quale ci parla di essenze. Esiste una essenza
dell’uomo: ciò per cui l’uomo è uomo, quella che i greci
chiamavano filosofia è intrisa di religione. L’uomo ha per sua
essenza delle finalità naturali, alle quali deve sottomettersi e che
Dio stesso gli ha dato. Non è l’uomo che le ha escogitate, egli
deve solo realizzarle nel suo agire libero e responsabile. Certo, è
possibile agire contro la legge naturale, ma è altrettanto possibile
— anzi doveroso — assecondarla.
San
Giovanni muore per una verità naturale: la santità del matrimonio.
La castità coniugale è un valore che non ha bisogno di essere
rivelato: è iscritto nella natura dell’uomo. Chi muore anche per
la verità più lontana dal centro della fede, per una verità che
costituisce una propaggine della fede, muore per tutta la fede.
Invece vi sono alcuni che, per voler essere ecumenici (oggi va tanto
di moda), dicono che per andare d’accordo con i fratelli separati
basta differenziare le verità di fede. Ci sono delle verità di fede
sostanziali (la Trinità, l’incarnazione ecc.) e delle verità di
fede secondarie. Fra queste ultime ci sono — Dio mi pedoni —
verità riguardo la Madonna, i santi e persino i sacramenti.
Ovviamente la linea che separa le une dalle altre è assolutamente
arbitraria. Contro questi "ecumenici" san Tommaso dice: "Il
motivo per cui crediamo le verità rivelate da Dio non si differenzia
secondo quella o quell’altra verità. Si crede non per il contenuto
che Dio ha rivelato, ma per il fatto che Dio si è rivelato".
Quindi tutte le verità della fede sono ugualmente importanti: o si
crede tutto o, se si eccettua qualcosa, non si crede più. San
Tommaso su questo punto è stato severo. E la Chiesa ha fatto sua la
dottrina di lui. Gli eretici mantengono qualche verità, ma ne
rigettano qualche altra, a loro piacimento. Per esempio credono nella
Trinità, ma non nel sacramento del matrimonio. Così fanno una
scelta. Invece per il Signore tutte le verità, speculative o morali,
fanno parte dell’unica, inscindibile e completa verità.
San
Giovanni, morendo per la santità del matrimonio, è veramente un
martire della fede. Si deve all’occorrenza morire anche per le
verità di ordine pratico e morale.
Aggiungo
solo una parola circa il motivo del martirio di San Giovanni in
riferimento ai tre personaggi del dramma: Erode, Erodiade e Salomè.
Questo ultimo è il nome della ragazza, che non risulta dal testo
evangelico, ma dalla tradizione.
Alcune
considerazioni su Erode. Erode è un esempio concreto del sillogismo
del peccatore. La recta ratio dell’agire, il
corretto giudizio sul piano morale, risultato della virtù della
prudenza, non sono puramente razionali. Il ragionamento matematico,
per esempio, in quanto speculativo, non è influenzato dalle
disposizioni affettive dello stesso matematico. Invece la razionalità
pratica, dice San Tommaso d’Aquino, è un’estensione della
razionalità speculativa ed è finalizzata all’azione, le azioni
sono sempre motivate anche affettivamente. Nell’agire tendiamo
sempre a realizzare qualcosa che ci appare come buono. Perciò, per
valutare correttamente il bene e il male, non basta essere
intelligenti, bisogna anche essere coerenti, bisogna avere
un’affettività giustamente impostata e ordinata. Pensate per
esempio all’antico testamento. Là si tuona contro i giudici che si
lasciano corrompere. Il giudice sa benissimo di fare del male, ma la
sua avidità è tale che sottopone il bene della giustizia al suo
interesse personale. Cosa lo fa sragionare? Non la mancanza
d’intelligenza, ma il disordine passionale. Così anche Erode è
incostante. Egli condivide qualche verità, ascolta volentieri il
Battista, s’intrattiene con lui, sa di avere davanti a sé un vero
profeta, ma non ha costanza nella fede. A causa di che cosa? A causa
delle passioni. Basta che Salome si metta a danzare un po’ e sùbito
la sua scarsa razionalità soccombe alla prepotenza delle passioni.
Cambia immediatamente parere e in maniera sconsiderata le dice:
"Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, foss’anche la metà
del mio regno" (Mc 6, 23).
Erode
fu molto incauto. San Tommaso afferma che i sovrani dovrebbero essere
prudenti, anzi prudentissimi, perché spetta a loro governare non
solo sé stessi, ma intere nazioni. Invece in Erode la prudenza fu
corrotta dalla sua passionalità.
Vorrei
che meditaste sull’infernale sposalizio tra la sensualità
rappresentata da una ragazzina, Salome, e la crudeltà del potere,
rappresentata da Erodiade. La storia sia antica che recente ci
presenta spesso queste figure. Per esempio Messalina, la terza moglie
dell’imperatore Claudio, dipinta da Tacito come donna dispotica e
dissoluta. Oppure Agrippina Minore, la madre di Nerone, femmina
ambiziosa e crudele. La prima fu depravata sul piano del
concupiscibile, la seconda sul piano dell’irascibile. Un’altra
figura assetata di potere fu la shakespeariana Lady Macbeth, per
molti versi simile a Erodiade. In loro la crudeltà e la brama di
potere si alleano con la sensualità. Non posso citare certi esempi
contemporanei, perché mi mancano le espressioni. C’è chi dice:
"Per avere la pace, per non fare la guerra, basta darsi ai
piaceri di ordine sensibile". Cosa succede? Succede che non c’è
meno violenza. La violenza, che prima poteva essere anche giusta,
diventa solo ingiusta, solo crudele e solo vile! Ecco, che cosa ci
guadagneremmo. C’è in tutti noi una misteriosa aggressività, una
brama smodata e una tendenza al male che viene dal peccato delle
origini. Da qui la necessità di una lotta ascetica, della quale
oggi, anche uomini di Chiesa, non parlano più con il pretesto di
respingere il "dualismo di anima e di corpo". Non vogliono
sentirsi chiamare antiquati, repressi, complessati. Ora in realtà,
cari fratelli, diciamocelo chiaramente, non ci sono scelte: o
abbassarci a livello di bestie o, pur accettando la rinuncia,
innalzarci alla dignità dei Santi: non ci sono altre vie. Io, ve lo
dico sinceramente, preferisco la seconda via, anche se la più ardua,
non priva di lotte e sofferenze. Non voglio scorciatoie per la
felicità, ma preferisco la via dei Santi.
Alla
depravazione dobbiamo opporre la nostra morale cattolica, morale che
non cambia. Ho sentito con queste mie povere orecchie persone che
negli anni Sessanta dicevano: "la droga ci fa buoni". I
Beatles hanno cominciato a cantare su temi di droga, facendo così
propaganda. Cosa mi è toccato sentire? Non già la voce limpida e
chiara di san Giovanni Battista, non già la voce del profeta che
gridava non licet tibi!, ma ho sentito: "bisogna
comprendere quei giovanotti, devono fare le loro esperienze...".
Adesso ne vediamo le conseguenze infernali. Chi ha fatto del bene a
quei giovani? Coloro che hanno alzato la voce o coloro che sono stati
zitti?
Vedete,
cari fratelli, come il mondo cade nell’errore rispetto al bene e al
male? Pensate a quel veleno del mondo di oggi, che distrugge le anime
giovanili. Pregate, perché sappiamo dal vangelo che certi demoni non
possono essere cacciati se non con il digiuno e con la preghiera.
Pregate per i giovani, perché il Signore li sostenga e possano
essere aiutati ad anteporre l’eccellenza della fede cattolica a
queste mene dell’inferno e il Signore possa sostenerci tutti con
quella parola che tutto sostiene, con la parola della sua verità e
così sia.
Tomas
Josef M. Tyn O. P.
Tratto
dal sito: http://www.totustuustools.net/tyn/
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