Giudizio
severo contro la falsa pietà dei farisei e gravi minacce contro di
loro
Le
insidie che gli scribi e i farisei avevano teso a Gesù, per
comprometterlo e sfatarne l'autorità, erano una rivelazione del loro
animo perverso. La loro condotta scandalosa, ambigua e ipocrita,
secondo i casi, era un ostacolo grande alla conversione del popolo,
poiché lo allontanava dalla Legge di Dio e dal Redentore; era però
inevitabile e necessaria una chiarificazione da parte di Gesù Cristo
che non poteva permettere lo scempio delle anime.
Egli
parlò chiaramente alle folle e, pur sapendo che si sarebbe attirato
addosso l'odio dei nemici, non omise di farlo.
Prima
di tutto, volle salvare il principio di autorità, affinché il
popolo non avesse preso occasione o pretesto dal suo discorso per
ribellarsi ai legittimi capi, e perciò disse che sedendo essi sulla
cattedra di Mosè, cioè essendo i successori dell'insegnamento di
lui, dovevano ascoltarli e praticare quello che insegnavano ma non
dovevano guardare al loro esempio, tanto dissimile dalla dottrina che
predicavano. Dicono e non fanno: ecco la triste caratteristica dei
pastori infedeli che non hanno il senso della loro responsabilità
dinanzi a Dio e agli uomini. Impongono agli altri pesi gravissimi ed
essi non li smuovono neppure con un dito, cioè non fanno nulla. Sono
severi con gli altri e indulgenti verso loro stessi. Eppure chi sta a
capo e chi insegna agli altri deve prima di tutto dare l'esempio,
perché l'insegnamento può illuminare, ma l'esempio trascina
all'imitazione e all'azione.
I
farisei avevano moltiplicato i precetti, ma non ne facevano nulla;
erano solo solleciti di ostentare giustizia, e quindi osservavano
esageratamente quello che li poteva far apparire grandi santi dinanzi
al popolo, restringendosi a esteriorità che non riflettevano per
nulla lo spirito. Portavano quindi lunghi filatteri e lunghe frange.
I filatteri erano strisce di pergamena sulle quali erano scritte
quattro sezioni della Legge (cf. Es 13,1-10; 13,1116; Dt 6,4-9;
11,13-21). Queste strisce erano chiuse in apposite custodie che
venivano legate con nastri sulla fronte e sul braccio sinistro. Per
ostentare l'osservanza della Legge, i farisei le facevano di
proporzioni più grandi e allungavano le frange del mantello che, nel
simbolismo ebraico, figuravano i Comandamenti di Dio. Contenti di
questo, non pensavano ad osservare la Legge del Signore e
segretamente conducevano una vita disordinata.
Si
fingevano giusti unicamente per carpire onori e, pieni d'orgoglio,
amavano esser tenuti in considerazione dovunque, sia occupando i
primi posti sia desiderando essere salutati e chiamati maestri. Tutto
questo rendeva vano ogni loro insegnamento, anche se buono, e
concentrava tutta la loro anima in stupide vanità.
Chi
sta a capo rappresenta Dio e logicamente non può presumere di
rappresentare se stesso. Come rappresentante di Dio dev'essere
benefico e diffondere la verità, la bontà, l'ordine, l'armonia, la
pace e la provvidenza. Non può pretendere di avere dei criteri
personali o delle dottrine cervellotiche nel governare né può
credersi padrone o anche semplicemente padre del popolo,
indipendentemente da Dio. Gesù Cristo non vieta che uno si possa
chiamare maestro o padre come rappresentante del Maestro divino e del
Padre infinito di tutti, ma vieta che uno possa credersi, diciamo
così, fondatore o caposcuola di una particolare dottrina e che possa
chiamarsi padre per orgoglio di superiorità.
I
sacerdoti della Chiesa di Dio si chiamano padri e anche maestri,
proprio per ricordare l'unico Maestro e l'unico Padre che abbiamo;
essi, quindi, essendo viva rappresentanza di Gesù Cristo, non solo
non contravvengono alla sua parola, ma la praticano. S'intende che se
volessero essere chiamati così per vanità o per ostentazione di un
titolo di benemerenza, cadrebbero nella colpa e trasgredirebbero il
comando del Signore.
Chi
sta a capo dev'essere servo e, in realtà, è tale quando vuole
veramente essere utile agli altri; deve stare a disposizione di tutti
e deve provvedere a tutti dimenticando se stesso; dev'essere pieno di
umiltà, di affabilità, di carità, proprio come una mamma che cura
i suoi figli, servendoli.
La
Chiesa non conosce altro concetto di superiorità nel suo seno, e se
conserva scrupolosamente la gerarchia e il principio di autorità,
non lo conserva in una falsa luce di orgoglio, ma in un'aureola di
umiltà e di bontà. Se possono esserci quelli che vengono meno a
questo dovere, essi non partecipano allo spirito della Chiesa e sono
lontani dal Vangelo.
La
bontà, l'umiltà e l'affabilità sono la luce più bella
dell’autorità e le danno un fascino dominatore che non può essere
sostituito da nessuna forza.
L'autorità
dev'essere in perfetta unione con Dio per poter essere sua
rappresentanza, e quando devia dal Signore non domina che con la
forza. La forza non è mai un segreto di dominio, ma piuttosto di
oppressione e, lungi dall'unire i sudditi in una sola famiglia, li
divide e suscita in loro la reazione e la rivolta. Non accenniamo
neppure a quelle esose manifestazioni di dominio tiranno o
dittatoriale, quali si vedono proprio in quelle nazioni che
pretendono di predicare la libertà; quelle autorità che si reggono
con la violenza, dopo aver usurpato il potere, e si dichiarano contro
Dio, non sono autorità, sono un' accolta di delinquenti che è
sacrosanto dovere combattere e punire, per restituire alla nazione la
tranquillità e la pace.
Dopo
aver stabilito il principio di autorità e la vera natura del potere
dominante, Gesù si rivolse con severità agli scribi e ai farisei,
sfatando dinanzi al popolo quel falso prestigio che avevano e del
quale abusavano per consumare tanti delitti. Egli era Dio, e come
tale aveva il diritto di giudicarli; era Redentore, e come tale non
poteva tollerare quella malignità che tentava di distruggere la sua
opera in mezzo alle anime. Enumerò quindi le miserie delle quali
erano infetti, condannandole con quella terribile parola: Guai a voi!
Essi non sarebbero entrati nel regno dei cieli e non permettevano che
altri vi entrasse, con la scusa di tutelare la Legge di Mosè.
Affettando pietà e promettendo lunghe orazioni, spillavano denaro
alle vedove, fingendo di voler consolare il loro dolore e di voler
suffragare i loro morti.
Si
mostravano zelanti nel fare proseliti alla Legge, ma con l'unico
scopo di formare un numero maggiore di affiliati alla loro setta, più
perversi di loro e figli di perdizione. Il loro insegnamento,
infatti, era falsato e arbitrario, ed essi interpretavano la Legge a
modo loro. Gesù Cristo porta un esempio di questa falsità a
proposito del giuramento. All'apparenza si mostravano scrupolosi e,
mentre era prescritto di pagare solo le decime del frumento e dei
frutti (cf. Lv 27,30; Dt 14,22), essi le pagavano anche delle più
piccole erbe aromatiche, come la menta, l'aneto e il cumino, ma
dimenticavano la Legge nelle sue prescrizioni più gravi e
manomettevano la giustizia con i loro soprusi, la misericordia con i
loro odi inveterati e la fede, cioè la fedeltà al Signore, con le
loro gravi trasgressioni. Questi erano doveri precisi e gravi che si
dovevano compiere, mentre le opere di supererogazione potevano anche
essere fatte, e in ogni caso dovevano essere fatte con vero spirito
di pietà e non per ipocrisia.
Gli
scribi e i farisei, al contrario, temevano di contaminarsi ingoiando
un moscerino e perciò filtravano i liquidi per evitare il pericolo
d'ingoiarne per caso qualcuno, mentre ingoiavano, in realtà,
trasgressioni così gravi contro lo spirito stesso della Legge che, a
confronto, si sarebbero potuti paragonare alla mole di un cammello.
La loro purezza era tutta esterna e si curavano di lavare i piatti ei
bicchieri diligentemente, senza badare a purificare la coscienza dai
peccati. Erano perciò come sepolcri imbiancati, che sembrano belli
all'esterno, mentre dentro sono pieni di putredine e di ossa.
Gli
scribi e i farisei avevano premura di elevare sontuosi monumenti
sepolcrali ai Profeti uccisi dai loro padri, e apparentemente
stigmatizzavano quei delitti, ma essi stessi se ne rendevano rei
perseguitando quelli che il Signore inviava loro per convertirli, e
perseguitando soprattutto il Redentore. Con questo, manifestavano
chiaramente di avere il medesimo spirito dei loro padri e, essendo
con i fatti conniventi alle loro malvagità, ne colmavano la misura e
dovevano raccogliere un castigo proporzionato a tanta empietà. Essi
avevano verso gli inviati di Dio lo spirito di Caino nell'uccidere
per invidia e lo spirito dello scellerato Ioas, che fece uccidere il
sacerdote Zaccaria tra il Santo dei Santi e l'altare degli olocausti
(cf. 2Cr 24,20) perché aveva rimproverato il popolo per la
prevaricazione dalla Legge divina(101).
Gesù
Cristo, dicendo che tutto il sangue giusto sparso da Abele a Zaccaria
sarebbe caduto sulla generazione che gli era contemporanea, allude
evidentemente al delitto che contro di Lui stavano per consumare gli
Ebrei, del quale i delitti passati erano figura. Ognuno dei misfatti
passati aveva un grado di responsabilità proporzionato alla persona
soppressa, ma il delitto di uccidere il Figlio di Dio era tale che
cumulava sulla generazione contemporanea tutte le responsabilità
passate che lo figuravano. La nazione, poi, era un'unica personalità
morale ed era giusto e logico che, colmati i suoi delitti in quello
dell'uccisione del Redentore, fosse chiesto conto alla generazione
deicida di tutti i delitti, come si chiede conto di un debito agli
eredi.
Gesù
Cristo apostrofa con parole severissime gli scribi e i farisei,
chiamandoli serpenti e razza di vipere, cioè astuti avvelenatori del
popolo, e perché Egli conosceva bene le loro insidie e le loro
congiure, domandava loro come avrebbero fatto a scampare dalla
condanna dell'inferno. Evidentemente il suo Cuore era angosciato per
questo ed Egli parlava severamente per allontanarli dall'abisso che
minacciava d'ingoiarli. Volgendosi a Gerusalemme, poi, l’apostrofò
con parole cocenti d'amore e con severe minacce, annunciando ad essa
e a tutto Israele la completa rovina della nazione e il completo
eclissamento del Redentore da loro finché, convertendosi alla fine
dei tempi, l'avessero riconosciuto, invocandolo come vero Messia:
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Contro
quelli che nel corso dei secoli imitano gli scribi e i farisei. La
falsa pietà degli eretici
Gli
scribi e i farisei hanno fatto scuola nel mondo e, dolorosamente, si
sono moltiplicati, specialmente tra quelli che, lontani dalla vera
Chiesa, pretendono di rappresentare la vera religione. I poveri
protestanti, in questo, sono stati e sono all'avanguardia di tutti i
traviamenti moderni. Chi non conosce il puritanesimo di certe sette
protestanti che si atteggiano a baluardi del buon costume, della fede
e della carità? Eppure perfino in mezzo ad esse cresce la
corruzione, la miscredenza e l'odio implacabile. Si mostrano con
falso splendore di pietà, di bibbie, di pose mistiche, ma tutte
queste apparenze sono solo filatteri e frange che nascondono
l'orgoglio, la rapacità e la miseria morale. Troppo facilmente e
troppo spesso si dice, da certi cattolici da strapazzo, che i
protestanti, per esempio, sono gente per bene o, peggio, che sono
migliori dei cattolici. Questo, in generale, possono affermarlo solo
quelli che non conoscono che cosa siano la pietà e la pratica di
virtù cristiane.
È
logico che un poveretto che non ha mai visto dei gioielli scambi per
veri quelli che sono falsi, ma chi è intenditore non si lascia
sedurre dai falsi bagliori(102). Quando la pretesa virtù è
solo un'illusione di momenti fugaci o, peggio, è un'ipocrisia del
momento per poter accalappiare gli incauti, allora non è virtù ma è
insidia alla Fede e merita quella maledizione che Gesù scagliò
contro gli scribi e i farisei. Gli eretici chiudono in faccia agli
uomini il regno dei cieli e impediscono alle anime di entrarvi;
agiscono per interesse, spesso sono pagati lautamente e percorrono le
terre e i mari per fare proseliti peggiori di loro. Solo chi non
conosce da vicino il male che fanno i gruppi settari nelle cosiddette
loro missioni, intralciando il cammino della Verità può usare i
guanti gialli nello stigmatizzare la loro nefasta e ipocrita
propaganda. Solo chi non pondera che cosa sia chiudere a un'anima il
regno dei cieli può trattare alla stregua di galantuomini autentici
i ministri del regno di satana. Questo è possibile solo quando la
pietà è talmente rilassata e la fede così debole da non saper
distinguere tra l'errore e la verità, tra la virtù e l'ipocrisia,
tra la vita e la morte.
È
un fatto storico innegabile che gli eretici sono sempre alleati con i
massoni, con i comunisti e con la peggiore canaglia del mondo per
nuocere alla Chiesa Cattolica. Essi, dunque, sono conniventi delle
stragi che i perversi fanno nel mondo, e nel tempo stesso in cui
fingono di predicare la carità si macchiano le mani di sangue. La
storia delle persecuzioni violentissime del Messico e della Spagna è
un argomento irrefutabile di ciò che diciamo (103).
Non
bisogna dimenticare, infine, quei cristiani falsi e superficiali che
onorano i Santi e perseguitano quelli che ancora vivono sulla terra;
che edificano tempi sontuosi; che preparano feste a quelli che in
passato furono colmati di obbrobri e di umiliazioni dai loro padri, e
li imitano avversando coloro che operano il bene e zelano la gloria
di Dio. È una miseria che dovrebbe finire, poiché troppo spesso le
più fiere e pericolose opposizioni alle opere di bene vengono
proprio da quelli che dovrebbero sostenerle. Satana non ha,
disgraziatamente, migliori aiutanti nel combatterle, e molto spesso
riesce a paralizzarle o addirittura a stroncarle. Lasciamo alla
legittima autorità la cura di vigilare contro le possibili
deviazioni delle sante iniziative e aiutiamola con tutte le nostre
forze, per riparare l'ingratitudine con la quale gli uomini sogliono
rispondere ai divini benefici.
(101)
Zaccaria è chiamato figlio di Barachia, mentre nei libri delle
Cronache è detto figlio di Ioiada o perché il padre aveva due nomi
– cosa comunissima tra gli Ebrei – o per errore del copista che,
nel trascrivere il Testo, confuse il sacerdote Zaccaria con il
profeta omonimo, il cui padre era veramente Barachia.
(102)
Come è stato osservato altre volte, Don Dolindo era spesso a
contatto con alcune frange del protestantesimo italiano la cui
attività non era quella di approfondire la religione, ma di
accrescere sempre più violentemente una polemica contro la Chiesa
Cattolica. Ci voleva proprio il Concilio Ecumenico per far aprire a
tutti le finestre, per far respirare l'aria pura da cui è derivato
il nuovo clima [nde].
(103)
E già stato osservato che in Spagna, quando presero il potere
gli estremisti – oggi diremmo gli extra-parlamentari, le brigate
rosse, le brigate nere, ecc. -, vennero uccisi 17 vescovi, 15.000 tra
sacerdoti e religiosi; furono profanati cimiteri e chiese, vennero
decapitate immagini sacre e profanate nel modo più osceno molte
chiese e persone sacre. Perciò non si tratta più di pluralismo
sociale, ma di vero odio satanico. Ancora si possono documentare
largamente quelli che ricercano la verità e non la demagogia
marxista, la sola che vada di moda, con la tacita connivenza degli
altri che non vogliono noie [nde].
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