Gesù
sulla Croce, sul Calvario, sembrava essere lo sconfitto, il
perdente,ma la risurrezione ha dimostrato alla fine che Lui era il
vincitore. “Lo sconfitto vince”: il cardinale ungherese Joszef
Mindszenty portava sempre con sé queste parole scritte su
un'immagine di Gesù crocifisso e da esse attinse la forza per
rimanere fedele a Dio anche durante le terribili torture della
prigionia.
È
la stessa esperienza che ha vissuto il beato rumeno Wladimir Ghika
(1873-1954).
Il
principe rumeno visse “in compagnia” della croce fin da piccolo.
Wladimir, quinto figlio della famiglia dei principi Ghika, nacque il
25 dicembre 1873 a Costantinopoli e fu battezzato e cresimato nella
Chiesa Ortodossa. Quando nel 1878 suo padre Giovanni Ghika fu
nominato ambasciatore a Parigi, la famiglia si trasferì in Francia,
ma, ancor prima di raggiungere i suoi, il capofamiglia morì per le
conseguenze di una polmonite. Fu la prima dolorosa perdita per il
piccolo Wladimir. Nella scuola francese, tramite i suoi amici, il
ragazzo conobbe la fede cattolica e desiderò ardentemente ricevere
la Prima Comunione con loro, ma la mamma fu contraria: “Pensa ai
tuoi antenati! Tu, discendente dei principi greco-ortodossi, vuoi
diventare un traditore?”. Più tardi Wladimir confessò: “Ho
aspettato sedici anni prima di decidermi; più aspettavo e più la
mia anima si infiammava. La chiamata si faceva sentire in me perfino
di notte". Questa sofferenza interiore fu la sua croce nascosta,
alla quale si aggiunse presto un'altra umiliazione, la salute
cagionevole. Dopo aver brillantemente completato gli studi a Parigi,
Wladimir si ammalò di polmonite e dovette rinunciare alla prevista
carriera diplomatica. Ma proprio attraverso questo sacrificio Dio gli
rivelò passo dopo passo la sua vera vocazione. Con il fratello,
chiamato all'Ambasciata rumena in Italia, soggiorno per sei anni a
Roma. Più tardi descrisse questi anni come “il tempo della presa
di possesso della fede cattolica sul mio spirito e sul mio cuore".
Wladimir
comprese che l'unità dei cristiani può essere realizzata solo sotto
l'autorità del Papa, successore di Pietro. Per questo a Roma nel
1902, assieme alla cugina, la regina Natalia di Serbia, passò
ufficialmente alla Chiesa Cattolica. Questo passo scandalizzò non
solo la sua famiglia, ma anche i fedeli ortodossi rumeni. La mamma,
che intuiva, temendola, la possibilità che il figlio potesse perfino
diventare sacerdote cattolico, si rivolse personalmente a papa Pio X
con la supplica di dissuadere il figlio da questa scelta.
Effettivamente il santo Pontefice consigliò al principe di rimanere
nel mondo e di testimoniare lì la sua fede. Un'altra pugnalata, ma
Wladimir obbedì. Ad un monaco ortodosso che, dolorosamente colpito,
lo interrogava sul perché fosse diventato cattolico, egli rispose
semplicemente: “Mi sono fatto cattolico per essere più
ortodosso!”.
San
Giosafat, il martire che diede la vita per l'unità dei fedeli
ortodossi con il Santo Padre di Roma, divenne il suo grande modello.
Da laico Wladimir volle operare per l'unificazione mediante la
carità. Cristiani ortodossi, ebrei e non credenti, tutti avrebbero
dovuto sperimentare la testimonianza dell'amore concreto per il
prossimo, per potersi così aprire a tutta la verità. Insieme a suor
Pucci, una suora di carità di San Vincenzo de' Paoli, con il proprio
patrimonio, il trentunenne principe aprì a Bucarest un ambulatorio
medico, nel quale in poco tempo arrivarono a collaborare circa cento
“dame di carità" dell'aristocrazia rumena e un giovane
medico.
Wladimir
fu l'anima di quest'opera, da lui impregnata di spirito profondamente
sacerdotale. Chiamò il servizio ai poveri la “liturgia del
prossimo”.
"Doppia
e misteriosa liturgia: il povero vede Cristo venire a lui sotto le
specie di colui che lo soccorre, e il benefattore vede apparire nel
povero il Cristo sofferente, sul quale egli si china. Ma, per ciò
stesso, si tratta di un'unica liturgia. Infatti, se il gesto è
compiuto come si deve, da ambedue i lati c'è soltanto Cristo: il
Cristo Salvatore viene verso il Cristo Sofferente, e ambedue si
integrano nel Cristo Risorto, glorioso e benedicente”.
Così
la liturgia eucaristica, già celebrata sull'altare, si prolunga
nella cura ai poveri. Non si tratta d'altro che di “dilatare la
Messa nella giornata e nel mondo intero, come onde concentriche che
si propagano a partire dalla comunione eucaristica del mattino".
Quando
nel 1914 la principessa Alexandrina, mamma di Wladimir, morì, al
figlio si ripresentò la questione della sua vocazione al sacerdozio.
Una fedele lo aiutò a prendere la decisione con queste parole: “La
celebrazione di una sola Santa Messa è più efficace di tutte le
altre opere che si possano compiere per il bene della Chiesa e
dell'umanità”.
Alla
presenza di tanti rappresentanti delle famiglie reali d'Europa,
Wladimir Ghika venne ordinato sacerdote il 7 ottobre 1923 all'età di
50 anni dall'arcivescovo di Parigi. Subito iniziò il suo benefico
apostolato. Ovunque egli giungesse nei suoi numerosi viaggi
pastorali, parlava di Dio con persone di tutti gli orientamenti
religiosi e non di rado i suoi interlocutori si convertivano, poveri
e ricchi, colti e persino satanisti. Prima di tutto però guidò le
anime alla profonda contrizione e, come il suo modello San Giosafat,
impartì loro ovunque nel segno della croce l'assoluzione - in treno
o al bar, in teatro o in una sala da concerti - così da essere
chiamato “il confessore
delle
strade”.
Egli
stesso, con indescrivibile mitezza, accettò ogni croce che incontrò
nel suo apostolato e così, con tanta pazienza, conquistò per Dio
anche gli atei più accaniti. Sperimentò come la sofferenza
accettata per amore sconfigga ogni malizia e diventi benedizione per
se stessi e per gli altri. Ebbe modo perfino di comprendere come Dio
si servisse di lui per operare miracoli nel segno della croce. Dopo
che nel 1931 Papa Pio XI gli ebbe conferito il titolo di
“Protonotario Apostolico”, l'apostolato di padre Ghika lo portò
fino in Giappone. Li andò a trovare un amico, l'ammiraglio Yamamoto,
che si convertì alla fede cattolica e gli procurò un'udienza con
l'imperatore Hirohito. Per l'occasione padre Wladimir imparò a dire
in giapponese: “Che Dio onnipotente ti benedica!”, sebbene
gli avessero spiegato che era impossibile benedire l'imperatore, dal
momento che era ritenuto una divinità.
Il
sovrano si intrattenne a lungo con p. Ghika parlando in francese e
gli confidò la sua grande pena di avere delle figlie femmine, ma
nessun maschio successore al trono. P. Wladimir, confidando nel
Signore, gli disse: “Maestà imperiale, vi darò la benedizione
di Dio e Dio vi darà un figlio”. Dopo il colloquio i due si
alzarono in piedi e l'imperatore chinò il capo. Quando p. Ghika
sollevò la mano per il segno della croce e pronunciò la benedizione
in lingua giapponese, i dignitari presenti si precipitarono
esterrefatti su di lui per impedirglielo. Ma il loro “dio in terra"
fece segno di essere consenziente a quanto stava facendo lo
straniero. L'anno dopo l'imperatore ebbe tra le braccia un figlio.
Questo
è solo uno dei tanti miracoli sconosciuti che p. Wladimir poté
ottenere per mezzo della sua benedizione sacerdotale.
L'imperatore
Hirohito fu il 124° "sovrano celeste” del Giappone. Il suo
regno, il più lungo nella storiadella monarchia giapponese, durò
dal 1926 al 1989. Abolì l'usanza delle concubine, fino a quel
momento vigente, provocando forti discussioni, soprattutto perché
per lungo tempo non gli nacque un figlio maschio. Con la moglie,
l'imperatrice Kojun, ebbe 7 figli; dopo le prime quattro figlie, nel
1933 nacque finalmente il desiderato erede, l'attuale imperatore
Akihito, salito al trono imperiale del Giappone nel 1989.
I
più grandi miracoli, però, furono quelli della consolazione e della
fedeltà, che operò nella prigione militare in Romania negli anni
1952-1954, quando sacerdoti e laici furono arrestati e torturati dai
comunisti con l'accusa di “spionaggio per il Vaticano”.
Da
prigioniero, p. Wladimir ripeteva continuamente queste parole:
"Signore, credo più alla tua bontà che alla realtà che mi
lascia soffrire, più che al mio tormento". Così divenne
per i suoi compagni una luce nella terribile oscurità della
prigione. A 80 anni di età, alto 1,76 metri, arrivò a pesare meno
di 50 chili. Ma p. Ghika non si piegò neanche quando, con un falso
processo, fu condannato ad altri 3 anni di prigione. “Quando
prendi su di te il dolore del tuo prossimo, il tuo lo prenderà su di
Sé il Signore e lo farà suo proprio, che vuol dire che lo farà
redentivo". Con la sua presenza la buia cella del carcere
divenne una chiesa.
P.
Wladimir trasmise ai compagni di prigione la forza di accettare le
loro sofferenze dalle mani di Dio come espiazione e per questo
diffuse intorno a sé una profonda pace. Un testimone ricorda: "In
questo uomo ho visto la vera libertà. Per lui non esistevano le mura
della prigione. Lui era libero perché compiva la volontà di Dio".
Nel mese di gennaio del 1954, l'ottantunenne prigioniero Ghika fu
valutato non idoneo al lavoro e trasferito nell'infermeria dove,
nella continua preghiera, la sua vita si spense lentamente il 16
maggio. Lo si sentiva ripetere: “Signore, non mi abbandonare. Mi
aggrappo al Tuo amore per sconfiggere l'odio dei miei nemici”.
Offrì la sua vita per l'unità degli ortodossi con la Chiesa
Cattolica e per la Romania, il suo paese.
Tratto
da “ Il Trionfo del Cuore” - Nella Croce è la Salvezza – Marzo
Aprile 2018 - Anno 9 n° 48 http://www.familiemariens.org
– Opera di Gesù Sommo Sacerdote-Famiglia di Maria
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