Don Renzo Del Fante -
APOSTOLATO MARIANO Melegnano (MI)
Edizione extra
commerciale - Questo opuscolo può essere richiesto a: Don Renzo Del
Fante
Via Cavour, 21 - 20077
Melegnano (Mi)
Almeno un pochino,
tutti vogliamo bene alla Madonna.
Però la conosciamo così poco...
Ci aiutiamo con la memoria e la fantasia, mettendo insieme immagini
artistiche e dozzinali, ricordi di prediche sentite in chiesa e di
articoli letti su qualche rivista. I più fortunati conoscono la
Madonna attraverso qualche libro che parla dei suoi Santuari e delle
sue apparizioni a Fatima ecc., oltre le frasi ed episodi riferiti dal
Vangelo.
Meglio che niente!
Ma sarebbe troppo poco per noi che alla Madonna vogliamo bene per
davvero, e che ce la sentiamo, dopo di Dio, come la persona più cara
e vicina, anzi la più stretta: la nostra Mamma del Cielo.
Conoscerla a
perfezione è impossibile, perché Maria Santissima è la creatura
più sublime che Dio abbia creato. Non è possibile, e neppure
necessario, leggere tutti i libri che parlano di lei. Si tratta di
decine di migliaia di opere, scritte in ogni lingua del mondo. Maria
è una vera Madre, e la mamma deve essere amata, imitata, ubbidita;
occorre guardarla, ascoltarla, starle vicino aiutandola e soprattutto
lasciandosi aiutare e guidare.
Per incoraggiarci
l'un l'altro in una gioiosa e impegnativa devozione alla Madonna,
desidero offrirvi il racconto, familiare nella forma e ricco nella
sostanza, della vita della Madonna.
Vogliamo rivivere
insieme gli anni della vita che Maria ha vissuto sulla terra, prima
della sua Assunzione in Cielo. Sapete benissimo infatti che la
Madonna non fu sepolta in nessun cimitero e il suo corpo non è
venerato in nessuna chiesa, come invece avviene per le reliquie di
tanti Santi e Sante. Questo perché la Madonna è ancora viva (dopo
tanti secoli, come se fosse passato un sol giorno) in carne ed ossa!
E all'ora della nostra morte la troveremo, insieme con Gesù, ad
attenderci per darci il suo abbraccio materno.
Sono certo che
questo libro vi piacerà. L'argomento è troppo interessante e la
persona di cui parla ci sta troppo a cuore. Ebbene, se dovesse
piacere anche ai vostri cari e vi chiedessero in regalo il libro,
datelo volentieri e richiedete subito per voi altre copie. Leggetelo
con semplicità fino alle ultime pagine, dopo aver fatto un bel segno
di croce e di aver detto, adagio e con amore, un'Ave Maria.
Vi accorgerete che
ho scritto, parola dopo parola, guardando con gli occhi dell'anima la
nostra Mamma del Cielo e cercando di incontrare gli occhi vostri e di
tutti coloro che, giovani o anziani, felici o sofferenti, avrebbero
poi letto queste pagine.
Nel narrarvi quanto la Madonna ha
goduto e patito, non ho voluto tenermi davanti agli occhi nessun
libro, eccetto il Vangelo. Devo però riconoscere che mi ha aiutato
moltissimo l'aver letto, negli anni scorsi Il poema dell'Uomo-Dio, e
il volume La Madonna negli scritti di Maria Valtorta, del celebre
mariologo Padre Gabriele Roschini.
Per tutti i miei lettori, piccoli e grandi, ho già
chiesto più volte alla Madonna una generosa e affettuosa benedizione
nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Questo piccolo libro
riassume - per quanto riguarda la Madonna - i racconti di Storia
Sacra che esponevo ai miei attentissimi ragazzi di Via Copernico, in
Milano.
Rinnovandone
l'edizione, lo offro oggi in dono anzitutto ai miei simpatici uomini
della Casa di Riposo, e a te, se ami la semplicità di cuore.
Melegnano, 13 ottobre
1995
Don Renzo
Nazareth, duemila anni fa
La Madonna non è uno
di quei personaggi della storia antica, ormai da secoli morti e
sepolti.
Ella è persona ancora
viva: vede, parla, ascolta! Per volontà di Dio onnipotente, la
Madonna è viva, in anima e corpo. Mamma premurosa accanto a ciascuno
di noi, non più soggetta alle leggi dello spazio e del tempo,
splende di una bellezza e giovinezza immortale, vicina a Dio e vicina
a noi.
Ma la sua vita ha pure
avuto un inizio, e fu a Nazareth negli anni in cui a Roma avevano da
poco ucciso Giulio Cesare e il nipote Cesare Augusto stava prendendo
le redini di tutto l'Impero Romano.
Allora della Palestina,
in Italia e altrove, si parlava ben poco. Chi vi era stato, per
guerra o per affari, la descriveva come una delle province più
lontane e più povere di questo immenso Impero.
La Galilea poi, era
disprezzata dagli stessi Giudei come la regione meno evoluta della
Palestina. E i Galilei, tra le loro cittadine, consideravano
all'ultimo posto un paese di nome Nazareth, dal quale difficilmente
sarebbe potuto uscire qualcosa di buono...
Dio però aveva altri
progetti, tanto che ancora oggi a Nazareth vanno e vengono turisti e
pellegrini da ogni parte del mondo.
Vi abitavano allora due
coniugi tanto onesti quanto sfortunati. Si volevano un bene
grandissimo, ma i loro capelli si eran fatti grigi senza che nessun
bambino venisse a riempir di strilli e di sorrisi la loro casetta. E
sì che avrebbero avuto tempo, modo e mezzi per allevarlo bene, da
buon israelita, diremmo noi adesso, «da buon cristiano».
Ma fin che c'è vita,
c'è speranza! E la loro buona volontà, unita a una grande fede che
li aveva fatti pellegrinare più volte a Gerusalemme, per le grandi
feste, ottenne finalmente la grazia.
Quando ormai umanamente
sembrava logico rassegnarsi, Anna si accorse che aspettava un bimbo.
Pensate alla gioia di quel povero Gioacchino che già pregustava la
dolcezza di sentirsi chiamare papà dalla sua creatura, magari un bel
maschietto! Quella casa, quei piccoli poderi avrebbero avuto
finalmente un erede.
Sorge l'aurora
Nella quiete silenziosa
di quella casa, era avvenuto un fatto di enorme importanza: Maria,
unica fra tutte le persone della stirpe umana, la sola tra i
discendenti di Adamo ed Eva, aveva iniziato la sua esistenza, in una
concezione naturale ma immacolata.
Stava per venire alla
luce la «Stella del mattino», la «Benedetta fra tutte le donne»,
la «Piena di grazia» destinata a essere un giorno la Mamma di Gesù.
Certo né Anna che la
portava in grembo, né Gioacchino che, pur nella contentezza, temeva
per la sofferenza e i rischi della sua sposa piuttosto anziana,
avevano una chiara idea di chi avrebbero messo al mondo.
Avevano letto chissà
quante volte sui rotoli della Bibbia la tremenda maledizione al
Serpente, e la grande promessa all'umanità peccatrice e punita.
Dio aveva detto a
Satana, in quella fosca sera del peccato originale: «Io porrò
inimicizia fra te e la Donna, fra la stirpe tua e la stirpe di Lei.
Essa ti schiaccerà il capo».
In Maria si compiva la
sconfitta del «principe» di questo mondo. Satana non poté
macchiare quest'anima perfetta e questo corpicino immacolato, con la
bava della sua grande invidia.
Concepita e nata come
tutti i bambini e le bambine di questo mondo, la Madonna non solo era
stata preservata dal peccato originale ma ebbe l'anima colma di
Grazia e il corpo adorno di ogni perfezione.
Tutti gli Angeli
poterono subito riconoscere in quel piccolo essere, ancora nascosto
nel grembo materno, la loro umile e grande Regina, il più bel
capolavoro di Dio.
I mesi, intanto,
passavano e Sant'Anna era sempre più stupita del suo benessere:
sembrava quasi che fosse la nascitura a dar vigore alla mamma,
piuttosto che la mamma a portarla. E il voto riconoscente venne
fatto, di perfetto accordo, dai due santi genitori: avrebbero
consacrato al Signore la loro creatura, maschio o femminuccia che
fosse.
Quando Maria venne al
mondo, esultarono i Cieli per la «piena di Grazia». Sulla Terra,
all'infuori della gioia dei genitori e dei loro vicini, in quella
sconosciuta borgata di Galilea, nulla di strano.
Solo, a sera, secondo
una tradizione, uno stupendo arcobaleno segnò un mistico abbraccio
tra il Cielo e la Terra; esso però apparve alla gente come il
codazzo di un qualunque acquazzone estivo.
La prima infanzia
Quanto amarono, la loro
bambina Sant'Anna e San Gioacchino! La bellezza di quel volto, di
quelle manine, di quella voce, di quegli occhi, li estasiavano.
Subito rassegnati a non
vedere un maschietto, scelsero per la piccola un nome antico e sacro
per il loro popolo: Maria, che potrebbe significare Stella o, ancor
meglio, Amarezza.
Vedendola crescere di
mese in mese, di anno in anno, così bella, serena, attiva, di una
saggezza gioiosa e insieme tanto profonda, con un senso di Dio così
familiare, intenso, comunicativo, dovettero sospettare che non poteva
essere una bambina qualunque.
Il Signore poteva avere
dei disegni speciali su quella loro creatura, che maturava così in
fretta pur in un perfetto equilibrio di fisico, di intelligenza e di
carattere.
Questo fu un motivo di
più perché adempissero il loro voto, progettato prima che Ella
fosse concepita e deciso ancor prima che nascesse.
E quando Maria fu ormai
una fanciulla capace di cavarsela un poco da sola, venne accompagnata
dai suoi stessi genitori da Nazareth a Gerusalemme.
Fu un viaggio che Maria
poi ripeterà molte volte nella sua vita e quel che meno le costerà
sarà la fatica di tre o quattro giorni di cammino e le notti passate
sotto la tenda o in qualche alloggio di fortuna.
La presentazione al Tempio
Noi Cristiani siamo
ricchi di templi: ogni città ha il suo duomo, ogni parrocchia la sua
chiesa, magari anche più di una, dove viene offerto a Dio il
sacrificio della Santa Messa.
Gli Ebrei invece
avevano, in tutta la Palestina, un solo Tempio. Era enorme, sfarzoso,
solidamente costruito sul monte Sion, in Gerusalemme.
Chi viveva lontano
dalla Città santa, se aveva fede, tempo e denaro, si recava al
Tempio tre, quattro volte all'anno. Almeno per la Pasqua ebraica però
tutti cercavano di non mancare.
Vicino al Tempio vero e
proprio, con i suoi portici e cortili, c'erano le abitazioni, più o
meno lussuose, dei Sacerdoti. Vi era un certo numero di sale per
alcune cerimonie religiose, alcune aule per interrogare ed
eventualmente promuovere alla «maturità» i ragazzi dodicenni, aule
per le discussioni e lezioni dei «dottori» che erano i grandi
maestri di Israele.
Presso il Tempio vi
erano pure due edifici che adesso chiameremmo collegi: uno per i
maschietti (i primogeniti delle famiglie più ferventi o più
abbienti, che riuscivano così a dare ai loro figli anche un poco di
istruzione), e un collegio-convitto per le ragazze, assistite e
guidate dalle loro educatrici. Il Sommo Sacerdote faceva anche,
diremmo noi, da «Rettor maggiore» di queste due comunità,
lasciando ad altri di interessarsene nei piccoli particolari.
È in questo Tempio che
la piccola Maria (che sembrava ancor più piccola in mezzo a quelle
costruzioni ciclopiche) venne presentata da Anna e da Gioacchino al
Signore.
Accolta e benedetta da
un Sacerdote, la bambina, felicissima nello spirito anche se le
lacrime le rigavano il bel visetto, fu affidata alle maestre che
dovettero sgranare gli occhi davanti a un fiore tanto fragile e
gentile.
Passano gli anni
Furono anni molto
belli, per la Madonna, quelli trascorsi presso il Tempio. La sua
estrema bontà, priva affatto di timidezza o gelosia, aveva ben
presto conquistato la simpatia delle compagne, la maggior parte più
grandicelle, e delle educatrici che avrebbero voluto tutte così le
loro alunne.
Le giornate passavano
veloci, non c'era tempo da perdere. Ci si recava più volte al
Tempio, per la pulizia e per decorare le funzioni più suggestive con
il canto di queste fanciulle; c'era da badare a lavare, rammendare,
confezionare le vesti e i paramenti sacerdotali, lucidare gli arredi
sacri, collaborare ai lavori di cucina e di guardaroba del loro
convitto.
Quante cose Maria,
tanto svelta e attenta, è riuscita a imparare! Apprese il cucire e
il tessere e poi anche a tingere la stoffa (oh, le belle vesti che
farà al suo Gesù che neanche i crocifissori avranno il coraggio di
stracciare!). Si addestrò a preparare i cibi e tutte le infinite
cosette che una saggia donna di casa sa far da sé, con risparmio di
tempo e donando una impronta personale alla propria casa.
C'era pure un po' di
scuola. Si studiava la Bibbia, l'Antico Testamento. Perciò si
imparava a leggere e a scrivere. Con le spiegazioni che ne venivano
fatte si apprendevano anche nozioni di geografia, di storia, di arte,
ecc. E le donne che sapessero tener in mano la penna e leggere con
speditezza e comprensione erano, a quei tempi, assai poche.
Lì vivevano ragazze e
adolescenti sane e senza pensieri. Chissà di quanti strilli,
corsette e risate furon testimoni quei grandi cortili. E la Madonna,
senza scalmanarsi eccessivamente, partecipava con slancio e con amore
al gioco delle compagne, trovandovi ristoro e insieme l'occasione di
continui atti di virtù, dal momento che è tanto difficile, e non
solo ai ragazzi, giocare in perfetta armonia.
Ma ciò che più
interessava la Madonna, ed era il motivo per cui i suoi genitori
l'avevano presentata al Tempio, era la vita di preghiera. Amava la
preghiera liturgica a cui Lei, umile fra gli umili, sapeva dare
un'anima, assai più dei pomposi sacerdoti. Le piacevano gli inni e i
salmi di Davide cantati lentamente, insieme alle sue maestre e alle
sue compagne, nelle melodie orientali che a noi sembrano quasi nenie.
Soprattutto Maria amava
la sua preghiera personale in quei lunghi ferventi colloqui con il
Signore, nella pace della sua piccola cella, quando Dio si chinava
con amore di Padre su colei che Egli stesso un giorno avrebbe
chiamato col nome di Mamma.
Sola al mondo
Nel cuore forte e
insieme tenerissimo della piccola Maria, dopo l'amore che portava a
Dio, l'affetto per i suoi anziani genitori teneva certo il primo
posto. La sua famiglia, la sua casa, la sua Nazareth ritornavano
spesso alla sua mente accrescendo, con la sofferenza, il merito per
averne accettato la lontananza.
Intanto i genitori
invecchiavano. Nelle visite, sempre più rare, Maria notava che i
malanni e gli acciacchi li rendevano più curvi e più lenti. E poi,
come è destino di ogni uomo che viene a questo mondo per piantarvi
una tenda provvisoria in attesa dell'Eternità, papà Gioacchino e
poi la mamma, lasciarono orfana la loro Maria, la «Stella» che
aveva illuminato di amore il loro santo tramonto.
A Nazareth, sepolta
anche Anna, mani amiche chiusero quella casa benedetta e conservarono
la chiave per l'unica erede, quando essa sarebbe tornata dal Tempio
per rimanere in paese.
A consolare il suo
dolore di orfana, oltre alla sua fede senza ombre e l'affetto delle
maestre e delle compagne, si unì Elisabetta, una carissima cugina,
assai più avanti di lei in età, moglie di uno dei sacerdoti più
precisi e devoti.
Anche Zaccaria, lo
sposo di Elisabetta, quando veniva a Gerusalemme per il suo turno di
servizio nel Tempio, trovava modo di vedere Maria che cresceva in
statura, ma ancor più in saggezza e bontà.
Che qualche misterioso
destino fosse celato in questa ragazza, tanto umile ma insieme di
stirpe e di portamento regale?
Zaccaria ed Elisabetta
amavano Maria col loro affetto di vecchi sposi, buoni e fedeli, ma
amareggiati e delusi per essere senza figli.
Studiando la Bibbia
Intelligenza aperta,
costanza di carattere e un continuo e gioioso spirito di preghiera
che attirava la luce dello Spirito Santo, permisero alla Madonna di
conoscere e comprendere in profondità la Parola di Dio.
Certamente la
consolarono la promessa fatta da Dio ai Progenitori, cioè la
sconfitta di Satana: «Una Donna ti schiaccerà il capo!», e la
promessa fatta ad Abramo, a Giacobbe e a Davide che fra i loro
discendenti sarebbe nato il Messia. Maria dovette piangere di
anticipata compassione leggendo i salmi del Re Davide e le profezie
di Isaia che descrivevano le sofferenze morali e fisiche del futuro
Redentore.
Sentendo le profezie di
Michea e di Daniele, si era resa conto che tutta questa lunga e
misericordiosa preparazione della venuta al mondo di Dio Salvatore,
era giunta al suo compimento. Ancora pochi anni e sarebbe spuntato
questo virgulto dall'antico ceppo di Davide, nativo di Betlemme.
È in questa amorosa
attesa del Messia, del Santo di Dio, che la Madonna emette il suo
voto di Verginità. Non è certo per paura della vita (che Ella anzi
ama nella sua bellezza e nei suoi sacrifici) che Maria rinuncia al
pensiero di formarsi un giorno la propria famiglia. Rinuncia al
matrimonio perché si sente attratta da Dio, fin dalla sua infanzia,
fin dall'inizio della sua esistenza, con un amore assoluto.
Tutta e soltanto di
Dio, per sempre!
Ma l'amore di Dio ha
come conseguenza necessaria l'amore del prossimo. Lei avrebbe
incontrato Dio, che si sarebbe fatto ancor più prossimo nel Figlio,
fattosi uomo tra gli uomini: «Ecco la Vergine che dà alla luce il
Figlio e il suo nome è: Emmanuele (Dio con noi)!».
Maria presentiva, pur
non sapendo in quale modo, che avrebbe certamente incontrato il
Cristo. Subito si sarebbe messa, come l'ultima ancella, a sua
disposizione per aiutarlo - da lontano o da vicino - nella sua
missione.
Consacrata a Dio, per
il suo Messia, per il bene di tutti, nella purezza e nella preghiera,
avrebbe consumato la sua vita nell'esercizio della più grande carità
materiale e spirituale.
La Madonna, che era
così distaccata dalle cose di questa Terra e che non ebbe mai un
pensiero egoista, fu colei che tutta desiderò il Signore, senza
immaginare che proprio lei, fra tutte le donne, doveva essergli madre
per donarlo a questo mondo nella grotta di Betlemme e presso la Croce
del Calvario.
In quegli anni
trascorsi presso il Tempio, Maria fu davvero la calamita di Dio, ne
affrettò la venuta.
Sposa a Giuseppe
Maria era rimasta
orfana. Gli anni passavano e, siccome si era ormai fatta grande,
bisognava pensare al suo avvenire.
Lasciarla, come maestra
ed educatrice, nel Tempio? Ma era della stirpe di Davide, era erede
della casa paterna, era così saggia e così buona che avrebbe fatto
felice certamente il suo sposo!...
E poi in Palestina a
quel tempo non si era mai sentito parlare di ragazze che avessero
fatto voto di non sposarsi e la Madonna, così riservata, non era
certo il tipo da raccontare a tutti il suo fermo proposito.
Così un giorno il
Sacerdote, responsabile di quella comunità, chiama Maria e le espone
il suo progetto, che è quasi un comando: «È tempo che ti formi una
tua famiglia».
Maria soffre, ma non si
ribella. È sicura che Dio provvederà!
Ma la ragazza non ha né
conoscenze né amicizie ed è bene, se si decide per il matrimonio,
che si scelga, secondo la legge ebraica, uno della sua stirpe.
Il Sacerdote perciò,
ispirato dal Signore, manda a invitare i pochi giovani, della stirpe
di Davide, disposti a farvi un pensierino.
Passavano i giorni e la
pena di Maria sarebbe diventata angoscia nella prospettiva di dover
poi mancare al suo voto, se la fiducia nella Provvidenza non l'avesse
sorretta.
Chi con cuore puro
guarda il Signore vestire ogni primavera la Terra di miliardi di
fiori, non fa fatica a credere come antica tradizione, e non come
pura leggenda, la vicenda del bastone fiorito di San Giuseppe.
Il miracolo, già
compiuto per iniziativa di Mosè a favore di Aronne, il Signore lo
ripeté su iniziativa del Sacerdote che aveva raccolto i bastoni dei
giovani pretendenti.
Queste verghe ben
lavorate erano, insieme a un pugnaletto appeso a una ricca cintura,
parte dell'abbigliamento festivo dei giovanotti di allora.
Il Sacerdote li aveva
raccolti dai presenti, portati nel luogo santo del Tempio e infine,
dopo una preghiera, riportati indietro tali e quali, eccetto il
bastone dello stupito San Giuseppe che, alla sua verga, vedeva
spuntare foglie e fiorellini.
È stata così la
Provvidenza a guidare l'incontro della Donna immacolata con il più
giusto fra gli uomini.
Il santo sposalizio
La Madonna amava le sue
maestre, e tra queste ci piace ricordare una certa Anna di Fanuel. Di
essa parla il Vangelo, dandoci notizie assai dettagliate, che non si
spiegherebbero se non si trattasse di una persona ben conosciuta e
molto amata dalla giovane Maria.
Le sue educatrici,
felici, accompagnarono Maria a colui che, per volontà umana e per
scelta divina, le veniva proposto quale sposo.
A quei tempi
l'iniziativa lasciata alle figliole nella scelta dello sposo, era
assai limitata: chi decideva il loro destino erano o il padre, o chi
ne teneva le veci.
Ma bastò uno sguardo,
che fu un incontro di anime, perché rifiorisse sul volto vergineo di
Maria il sorriso più bello. Di Giuseppe poteva fidarsi, di questo
giovane maturo, quasi vicino alla trentina, così onesto e buono. Lo
vide come un forte, nel corpo ben piantato e nello sguardo umile e
nobile a un tempo. Dopo Dio e con Dio, sarebbe stato per lei, non un
ostacolo, ma il più valido aiuto nel vivere la sua consacrazione al
Signore.
Senza bisogno di tanti
preamboli, Maria e Giuseppe si compresero pienamente. A lui non
rimaneva che continuare, fino a renderlo definitivo, quel voto di
Nazireato che già da tempo andava mantenendo. Si sarebbero amati
come nessun altro al mondo, e insieme sarebbero vissuti nella stessa
casa ma come fratello e sorella, in una felice e angelica verginità.
Vennero così
celebrati, con la decorazione delle compagne e delle educatrici, di
Sacerdoti amici di Zaccaria ed Elisabetta, e di qualche altro
parente, gli sponsali. Era una promessa solenne di fidanzamento che,
praticamente, equivaleva alle vere e proprie nozze, anticipandone
tutti i diritti.
E poi il ritorno a
Nazareth, dopo tanti anni...
È tornata Maria!
I genitori non c'erano
più ad attendere la loro bambina, fattasi ormai giovane sposa.
L'accoglienza del paese, non fu malvagia: i santi vecchi avevano
lasciato non solo la casa con la grotticella e l'orto attorno come
eredità, ma anche tanto buon esempio e un ricordo che attirava
simpatia sull'unica figlia, rimasta sola.
Giuseppe poi non era un
estraneo a Nazareth. Quando i suoi parenti avevano lasciato Betlemme,
lui era andato a vivere presso il fratello Alfeo (detto anche Cleofa)
di qualche anno maggiore di lui. Alfeo, a Nazareth, aveva sposato una
donna umile e laboriosa di nome Maria, dalla quale ebbe, secondo il
Vangelo, quattro figli: Giuseppe e Simone, Giacomo e Giuda, che vien
detto appunto di Alfeo per distinguerlo da Giuda il traditore.
L'affiatamento tra
Maria Santissima e la sua cognata - che il Vangelo chiama sorella per
la povertà di vocaboli della lingua ebraica - avviene presto e
durerà sempre più stretto. I piccoli nipoti cominciarono presto a
frequentare la casa dello zio Giuseppe e della giovane zia Maria,
venuta da Gerusalemme. Cresceranno così alla scuola di Maria e fra
loro Gesù sceglierà poi i due più piccoli, Giacomo e Giuda, come
suoi Apostoli.
Nei primi mesi, dopo il
ritorno di Maria a Nazareth, San Giuseppe era ancora alloggiato
presso il fratello Alfeo, anche se ogni giorno veniva a trovare la
sua sposa. Lentamente la casa, rimasta a lungo disabitata, veniva
rimessa a nuovo nelle mura, nelle pareti e nell'arredamento. La
povertà dei due sposi donava alla casa il sorriso, nel buon gusto di
Maria e nella laboriosità del falegname Giuseppe.
L'annunciazione
Giuseppe stava ormai
per trasferirsi definitivamente nella casa paterna di Maria, quando
avvenne il fatto più bello e importante della storia del mondo.
San Giuseppe era in
paese per il suo lavoro di carpentiere. Maria era al suo piccolo
telaio, in un lavoro che si faceva quel giorno sempre più preghiera
e desiderio di Dio, quando, senza aprir porta o finestra, le si
presenta l'Angelo Gabriele.
È uno dei Serafini più
belli del Paradiso che, per primo, saluta la Madonna: «Ave, o
Maria!». E prosegue: «Tu sei piena di Grazia, il Signore è con
Te!».
La Madonna rimane
stupita della visita dell'Angelo, ancor più del saluto che, pieno di
venerazione, egli le ha rivolto.
L'Angelo la
tranquillizza: «Non temere, o Maria: tu hai trovato grazia presso
Dio. Ecco, tu concepirai e darai alla luce un figlio. Lo chiamerai
Gesù. Egli sarà grande, sarà chiamato il Figlio di Dio, che gli
darà il trono di Davide, suo antenato; regnerà sulla casa di
Giacobbe in eterno; il suo regno non avrà mai fine».
La Madonna si ricordò
del suo voto, di cui anche Giuseppe era a conoscenza, e rispose: «In
che modo avverrà questo, poiché io non conosco uomo?».
L'Angelo le spiegò:
«Lo Spirito Santo scenderà su di te, e la potenza dell'Altissimo ti
coprirà con la sua ombra. Per questo quel bimbo santo che nascerà
sarà chiamato il Figlio di Dio».
Poi Gabriele parlò a
Maria di una cugina, che Ella ormai da parecchi mesi non vedeva più.
«Ecco, la tua parente Elisabetta, pur essendo anziana, aspetta anche
lei un bambino. Essa, che era chiamata la sterile, è già al sesto
mese della sua attesa, poiché a Dio niente è impossibile».
La Madonna allora
pronunciò il «sì» più bello e importante della storia
dell'universo, compiendo un atto di fede, di umiltà e di ubbidienza
che diede gioia e gloria a Dio e agli Angeli e fece tanta rabbia ai
demoni.
Rispose a Gabriele: «Io
sono la serva del Signore; che avvenga di me come tu hai detto!».
E l'Angelo si partì da
lei.
In quegli istanti, per
opera dello Spirito Santo, il Figlio dell'Eterno Padre cominciò a
essere anche il piccolo Figlio della Santissima Vergine Maria.
Dio diventò nostro
fratello, come uno di noi.
Nella casa della
Madonna, che adesso per miracolo della onnipotente Provvidenza si
trova qui in Italia, nel bel Santuario di Loreto, (mentre a Nazareth,
sotto la splendida basilica, si venera la grotticella e il luogo su
cui la casa sorgeva) ci sono scritte queste parole: «Qui il Verbo si
è fatto Carne, e venne ad abitare in mezzo a noi».
Sei mesi prima
La Madonna aveva da
poco lasciato Gerusalemme, per venire ad abitare a Nazareth con
Giuseppe, quando, proprio nel luogo più sacro del Tempio, avvenne un
fatto piuttosto insolito.
Come tutte le sere (in
quei giorni era lui di turno), il Sacerdote Zaccaria entra nel
Santuario per offrire l'incenso al Signore.
La gente doveva rimaner
fuori e un grande e spesso velo impediva di vederlo.
Zaccaria entra dunque
in questo luogo santo e trova presso l'altare dell'incenso,
nientemeno che un Angelo: è lo stesso Gabriele che poi si presenterà
alla Madonna nella sua casetta di Nazareth.
Zaccaria ne prova
paura, tanto che l'Angelo gli fa subito coraggio: «Ho una bella
notizia: la tua preghiera è stata esaudita! Tua moglie Elisabetta
diverrà mamma di un figlio a cui darai il nome di Giovanni. Questo
tuo bambino darà gioia a te e a molti altri. Sarà grande davanti a
Dio; vivrà una vita di penitenza e, pieno di Spirito Santo ancor
prima di nascere, dovrà preparare al Signore un popolo ben disposto
a riceverlo».
Al vecchio Sacerdote
passa la paura, ma non riesce a credere a quanto gli ha annunciato
Gabriele. È vero che avevano tanto desiderato di avere un figlio e
tanto pregato. La grazia non era mai venuta e ora era troppo tardi...
Tanto lui quanto
Elisabetta, erano troppo avanti negli anni, per sperar di aver ancora
un figliolo. Dopo il rifiuto di credere, l'Angelo risponde a
Zaccaria: «Io sono Gabriele, che sto davanti a Dio, e sono stato
mandato per parlarti e annunziarti questa bella notizia. Ma poiché
tu non hai creduto alle mie parole, che a suo tempo verranno
adempiute, ecco: sarai sordo e resterai muto! Non potrai parlare fino
al giorno in cui queste cose si compiranno».
Intanto il popolo
aspettava Zaccaria, meravigliato che si trattenesse così a lungo
davanti all'altare dell'incenso. Quando il velo si scostò, e
Zaccaria riapparve, capirono dai segni che doveva avere avuto una
visione; ma non poteva spiegarsi a parole, essendo rimasto muto.
Finito il suo turno di
servizio sacerdotale, se ne tornò alla sua casa, sui monti della
Giudea. Dopo quei giorni, Elisabetta divenne madre, ma non raccontò
in giro il suo gioioso segreto. Se ne stava ritirata in casa e
diceva: «Come è stato buono il Signore, quando ha rivolto il suo
sguardo verso di me, concedendomi la grazia di diventare anch'io
mamma!».
Questa grazia speciale
del Signore lasciava però alla anziana Elisabetta, insieme con la
consolazione, tutto il peso di una maternità piuttosto difficile. I
disturbi, di mese in mese, crescevano.
A questi si aggiungeva
anche la sofferenza morale di avere in casa il marito punito da Dio,
il Sacerdote scoraggiato e diffidente, che aveva rifiutato di credere
all'Angelo e per questo era rimasto muto.
Ma la Provvidenza aveva
in serbo una lietissima sorpresa per la madre di quel bimbo che
sarebbe stato ricolmo di Spirito Santo prima ancora di nascere, e che
tutto il mondo venera col nome di San Giovanni Battista.
La Madonna va da Elisabetta
«Tua cugina Elisabetta
aspetta anche lei un bambino ed è già al sesto mese», aveva detto
a Maria l'Angelo Gabriele. Quando, alla sera, Giuseppe venne a farle
la solita visita, Maria gli accennò il suo desiderio di recarsi per
qualche mese presso la cugina.
Però non disse parola
del suo incontro con l'Angelo, né del suo annuncio, né di avere
accettato di diventar la Madre di Gesù, il Figlio di Dio.
Giuseppe amava
veramente la Madonna. Per farla contenta, permettendole di passare
qualche mese in compagnia e in aiuto alla sua cugina, accettò il
sacrificio della sua lontananza; anzi volle accompagnarla per buona
parte del lungo viaggio.
E Maria, in quella
stupenda primavera che ricopriva di fiori e di canti i monti della
Galilea, della Samaria e della Giudea, poteva dire soltanto agli
Angeli e agli uccelli la sua gioia di Madre, di Mamma di un Bimbo che
avrebbe chiamato col nome santo e dolcissimo di Gesù.
Al termine di questo
viaggio, fatto senza perder tempo, eccola finalmente a Ain Karim
davanti alla casa di Zaccaria, circondata di giardino e di orto.
Maria chiama la sua
parente e mentre Elisabetta scende con tutta quella premura che l'età
e le sue condizioni le permettono, la giovane cugina la saluta: «La
pace sia con te, Elisabetta!». La donna si ferma, quasi
impallidendo: il bimbo le sussulta nel grembo.
Ma non è un malessere:
il suo volto rugoso si illumina di una gioia sovrumana, e ispirata
dallo Spirito Santo, che era sceso in lei e nel nascituro Giovanni,
esclama: «Benedetta, o Maria, fra tutte le donne e benedetto è il
frutto del tuo seno! Come mai mi è concesso che la Madre del mio
Signore venga a me? Ecco, appena mi è giunta la voce del tuo saluto,
il mio bimbo ha esultato di gioia nel mio grembo...».
Elisabetta guarda con
pena il suo Zaccaria che, avvisato, viene a dare il benvenuto alla
inattesa parente, senza però poterle rivolgere neppure una parola,
perché muto. E, rivolta a Maria, aggiunge dolorosa: «Beata te che
hai creduto! Certamente si compiranno le cose che ti son state dette
da parte del Signore!».
Magnificat!
Maria, la Vergine
prudente e silenziosa, aveva creduto suo dovere stendere il velo del
silenzio con tutti su quanto l'Angelo le aveva annunciato.
Aveva taciuto persino
con Giuseppe nel quale pure aveva perfetta fiducia e che al fatto
poteva essere interessato, essendo egli ormai lo sposo legittimo
della Madre di questo Gesù nascituro.
Invece, la Madonna ora
vede il suo segreto svelato direttamente da Dio alla sua parente, la
quale subito riconosce e venera Maria come Madre del Signore, come
portatrice di Dio e della sua Grazia.
La commozione si fa
incontenibile e dal cuore della più religiosa fra le creature, più
ancora che dalla sua limpida intelligenza e dalla sua voce
celestiale, sgorga l'inno del Magnificat.
Ecco come l'Evangelista
San Luca, che queste notizie le ha apprese dalla bocca stessa di
Maria, ce lo riporta:
L'anima mia magnifica
il Signore
e il mio spirito esulta
in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato
l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le
generazioni
mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in
me l'Onnipotente e Santo è il suo nome:
di generazione in
generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza
del suo braccio,
ha disperso i superbi
nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni
gli affamati,
ha rimandato i ricchi a
mani vuote.
Ha soccorso Israele,
suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso
ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.
Poi, Maria, accolta con
amore come il più bel dono della Provvidenza, entrò in quella casa
ove doveva nascere, dopo tre mesi, San Giovanni Battista.
Chi sarà questo bambino?
Essendo donna esperta,
attenta e laboriosa, Maria Santissima badava alle faccende di casa,
risparmiando ogni possibile fatica alla cugina che soffriva
maggiormente con l'avvicinarsi del parto. Faceva a lei e al vecchio
Zaccaria santa e gioiosa compagnia, spronandoli alla fiducia nel
Signore, nella certezza che avrebbe portato felicemente a termine ciò
che per sua grazia era iniziato.
Giunto il suo tempo,
Elisabetta diede alla luce un bel maschietto, robusto e vivace. Da
quella casa la gioia per l'evento fluiva alle case dei parenti e dei
vicini.
Otto giorni dopo la
nascita, il rito della circoncisione fu motivo di festa e di nuova
allegrezza per quanti conoscevano quella famiglia.
Come da noi per il
Battesimo, così gli Ebrei nella circoncisione davano ufficialmente
il nome al bambino. Siccome Zaccaria taceva, i parenti pensarono di
dargli il nome del padre, tanto l'ormai vecchio Sacerdote non sarebbe
campato molto e poi, a quei tempi, non c'erano tanti problemi di
anagrafe.
Forse avvisata dalla
Madonna, la proposta venne all'orecchio di Elisabetta, la quale si
oppose energicamente: «Si chiamerà Giovanni!».
Le fecero osservare che
nel loro parentado quello era un nome nuovo. Ma non cambiando essa
parere, chiesero con dei segni a Zaccaria cosa egli ne pensasse; in
fondo toccava proprio al padre dare il nome.
Zaccaria chiese una
tavoletta; con lo stilo, senza esitazione, scrisse: «Giovanni è il
suo nome!» ricordando ciò che l'Angelo Gabriele gli aveva predetto
e constatando che tutto si era fatto ormai realtà.
In quello stesso
momento il bravo vecchio riacquistò l'udito e la parola ed esclamò:
Benedetto il Signore
Dio d'Israele
perché ha visitato e
redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente
nella casa di Davide, suo servo,
come aveva promesso
per bocca dei suoi
santi profeti d'un tempo: salvezza dai nostri nemici,
e dalle mani di quanti
ci odiano.
Così egli ha concesso
misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa
alleanza,
del giuramento fatto ad
Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto,
per tutti i nostri giorni.
Quando si trovò col
suo florido bambino fra le braccia, Zaccaria disse:
E tu, bambino
sarai chiamato profeta
dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore,
a preparargli le
strade,
per dare al suo popolo
la conoscenza della salvezza nella remissione dei peccati,
grazie alla bontà
misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall'alto
un Sole che sorge,
per rischiarare quelli
che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte
e dirigere i nostri
passi sulla via della pace.
Zaccaria non immaginava
certamente che la «Presenza del Signore», che suo figlio avrebbe un
giorno annunziato e testimoniato, aveva già in quei mesi riempito la
sua casa e portato benedizioni in tutti, Giovannino compreso.
Ormai il bimbo cresceva
avido di latte e di movimento. Elisabetta, contenta anche per la
riacquistata parola del marito, si riprendeva bene in forze.
Maria poteva quindi
considerare ormai chiusa la sua missione di carità e far ritorno
alla sua Nazareth.
A questo pensiero però
una nube sfiorava la sua fronte: «Che avrebbe pensato ora di lei il
suo Giuseppe?».
Il tormento di San Giuseppe
Erano passati più di
tre mesi dal quel mattino di fine marzo quando, per opera dello
Spirito Santo e in modo unico nella storia della generazione umana,
Maria era diventata Madre, pur restando Vergine.
Ora il silenzio non
bastava più a nascondere il suo divino segreto. L'attesa era ormai
evidente in quella giovane sposa e nessuno ne avrebbe fatto
meraviglia, eccetto la persona più cara a Maria, il suo sposo
Giuseppe, con il quale si era fatto, di perfetto accordo, il voto di
vivere come fratello e sorella, in perpetua verginità di anima e di
corpo.
Ed è appunto nel
viaggio di ritorno da Ain Karim (San Giuseppe, avvisato, le era
andato incontro) che lo sposo si accorge di un fatto umanamente
inspiegabile: Maria attendeva un bimbo! ma come?
Per San Giuseppe fu una
constatazione così sconcertante che meno grave sarebbe stato il
veder distrutta la casa appena arredata, il veder la bottega in
fiamme, la clientela dispersa.
Egli amava immensamente
Maria; aveva per lei una stima senza incrinature; anche di ritorno da
Elisabetta la Madonna conservava un volto più sereno del cielo e più
puro di un fiore, anche se si era fatta ancor più matura e pensosa.
Che cosa mai poteva
essere successo alla sua carissima sposa?
Che la sua Maria avesse
potuto tradirlo gli sembrava una cosa tanto assurda che non meritava
di essere presa in considerazione. Che avesse subito violenza, da
parte di qualche malvagio? Ciò era possibile, ma perché allora
Maria non gliene parlava? Giuseppe avrebbe condiviso con lei
l'umiliazione e con lei avrebbe perdonato il colpevole.
Noi che già conosciamo
il Vangelo, gli avremmo suggerito di pensare a un miracolo... Ma
Giuseppe non aveva mai sentito dire che una donna fosse diventata
madre senza conoscere uomo: era una legge di natura tanto
universale...
Col passare delle ore e
dei giorni la sofferenza cresceva nel povero sposo che, almeno in
apparenza, guardando i fatti, anche senza volerli giudicare, si
vedeva come un uomo tradito.
L'eroico silenzio di Maria
E la Madonna taceva.
Un altro mistero per
Giuseppe e un po' anche per noi. Non sappiamo quanto questo silenzio
eroico sia costato alla Madonna che soffriva di esser motivo, anche
se involontario, di tanta angoscia per lo sposo suo che amava
verginalmente ma appunto per questo tenerissimamente. Si aggiungeva
in Maria il timore per la decisione che Giuseppe avrebbe potuto
prendere, se avesse voluto agire secondo la Legge: denunciare la
presunta colpevole, farla condannare alla lapidazione. Sotto le
violenti sassate avrebbe trovato la morte, con la mamma, anche il
piccolo Gesù che le cresceva in grembo.
Ma la Madonna, grande
nella sua fiducia nella Provvidenza, soffrì, ma non si disperò.
Ragionava press'a poco così: «Dio mi ha mandato l'Angelo Gabriele
quando il mio Giuseppe era fuori di casa. Se quindi avesse preferito
che fosse messo al corrente dei suoi disegni di Redenzione anche il
mio sposo, avrebbe scelto un altro momento, con lui presente. E poi,
come la luce dello Spirito Santo svelò il mistero della mia divina
maternità alla cugina Elisabetta, quando era ancor umanamente
impossibile sospettare che io fossi madre e, tanto meno che io fossi
la Madre di Dio, così lo stesso Spirito Santo, se è suo volere,
illuminerà a tempo giusto anche il mio sposo, togliendolo finalmente
dal suo incubo».
La Madonna non si
sentiva perciò in diritto di violare il segreto di Dio, anche se il
tacere causava tanta sofferenza e l'avrebbe potuta portare a tragiche
conclusioni.
In quei giorni a
Giuseppe, che fu il più buono e il più puro, ma anche il più leale
e appassionato nei suoi sentimenti di uomo e di sposo, sembrava di
impazzire.
Una sera salutò
malinconicamente Maria, chiudendo stancamente la porta di quella
casetta ormai perfettamente riordinata, nella quale aveva sognato di
trascorrere una vita laboriosa, piena di amore e di santità con la
sua dolcissima Maria. Tutto, invece, crollava e così amaramente...
La Madonna intuì che
il suo sposo se ne andava, così, in silenzio, col cuore spezzato dal
dolore e roso dal dubbio. Forse non sarebbe più tornato, avendo egli
difatti pensato e deciso, in cuor suo, di lasciare Maria. Se ne
andava così, senza rumore, senza far scenate né esporre denunzie.
Gli porrai nome Gesù
La Santa Vergine certo
non dormì quella notte e nella preghiera strappò a Dio la luce per
il suo sposo.
Ancor meno Giuseppe
poté prender sonno. Si chiedeva perché mai Dio li avesse uniti in
modo tanto profondo e provvidenziale per poi permettere che tutto
finisse così presto, in una angoscia che rasentava la disperazione.
Ma Dio non prova i suoi
figli al di sopra delle loro forze. Mandò un Angelo, che apparve a
Giuseppe durante la notte, e gli disse: «Giuseppe, ricordati che sei
discendente della stirpe di Davide! Non temere di prendere Maria come
tua sposa. Infatti, quella creatura che porta in grembo, è opera
dello Spirito Santo! Maria darà alla luce un figlio e tu gli porrai
nome Gesù; perché sarà Lui che salverà il popolo dai suoi
peccati».
Ora Giuseppe, come se
tutti quei giorni fossero stati un lungo sogno pauroso, attendeva con
impazienza l'alba per correre a quella casa, bussare di nuovo a
quella porta, chiamare la sua Maria e buttarsele davanti in ginocchio
e chiederle perdono, supplicarla di dimenticare tutto!
Certo Lei lo avrebbe
capito e carezzato con quel suo sorriso che uguale non hanno neanche
gli Angeli in Cielo...
E io penso commosso
alla cara Madonna, quando con ansia sì, ma senza paura, va a
socchiuder la porta, e nella prima luce del giorno rivede il suo
Giuseppe smagrito dal grande patire ma ora raggiante per aver
conosciuto la Verità.
Adorando in lei Gesù
nascituro, lo sposo le si inginocchia dinnanzi, prendendo nelle sue
robuste mani di artigiano le bianche, fini mani di lei, bagnandole
con i goccioloni che gli scivolano dagli occhi. Con la fede dei
Patriarchi e l'ansia dei Profeti riconosce ed accetta come figlio, in
quel tempio vivo e purissimo, la «Presenza del Signore che viene».
E la vita riprende
felice.
L'editto di Roma
A Nazareth nessuno si
stupiva che Maria, una sposa tanto bella e tanto buona, attendesse un
bimbo. Quel galantuomo di Giuseppe, così laborioso e devoto, che non
mancava mai di pazienza e che era tanto fedele ai suoi doveri di
bravo Israelita, si meritava davvero una donna così!
A nessuno però veniva
in mente che quell'artigiano, la sua sposa e l'atteso bambino,
avrebbero fatto famosa Nazareth in tutto il mondo e sino alla fine
dei secoli.
Anche la cara Maria,
sposa di Alfeo e che, uno dopo l'altro, aveva messo al mondo già
quattro maschietti, guardava con simpatia la sua giovane cognata,
Maria di Giuseppe, senza poter immaginare quanto ella stessa avrebbe
poi amato quel suo Bambino.
Mentre San Giuseppe
pensava alla culla - e con quale passione se la lavorava in quelle
lunghe sere autunnali! - la previdente Mamma preparava il necessario
corredo.
Di mese in mese, con
una gravidanza nient'affatto penosa, il gran giorno si avvicinava. A
volte un pensiero le veniva, ma non aveva forza di turbarla. Quando
era al Tempio, nelle profezie di Michea aveva letto che il Messia
sarebbe nato a Betlemme. Ora Lei, che portava in seno questo Bambino,
viveva a Nazareth, e i giorni passavano... Come si sarebbero
adempiute le Sacre Scritture?
Un giorno Giuseppe,
contrariamente al solito, tornò dal lavoro in anticipo e con una
grave preoccupazione dipinta sul volto. I messi di Roma avevano
proclamato l'editto di Cesare Ottaviano Augusto. E a Roma si
ubbidisce e non si scherza!
Era bandito il
censimento: ogni famiglia avrebbe dovuto recarsi alla città di
origine e là segnare sui registri nome e cognome.
Maria e Giuseppe, della
stirpe regale di Davide, avrebbero quindi dovuto recarsi a Betlemme,
il paese presso Gerusalemme dove il profeta Samuele aveva scelto e
consacrato re, per volere di Dio, il coraggioso e generoso figlio di
Isai: Davide.
Ma si era in pieno
inverno, quando gli sbalzi di temperatura sono fortissimi, specie dal
giorno alla notte. Un viaggio tanto lungo e disagiato non era una
prospettiva rosea nemmeno per gente in condizioni normali.
Rifiutare il
censimento? Troppo rischioso. Aspettare a dopo la nascita del
bambino? Forse sarebbe stato troppo tardi. Partire subito? Si sarebbe
poi fatto in tempo a tornare?...
Verso Betlemme
San Giuseppe restò
colpito dalla tranquillità, da cui affiorava un senso di sollievo,
con cui la sua sposa aveva accolto la notizia dell'editto.
Maria lasciava parlare
il suo sposo, leggendo nelle sue ansietà tutto l'amore e il rispetto
che egli portava al Nascituro e a lei. Poi, come se si trattasse di
andare al pozzo ad attingere acqua, disse che il suo pensiero era
quello di vedere in quell'ordine dell'Imperatore romano la Volontà
di Dio.
Bisognava quindi
partire e presto. Non conveniva forse illudersi troppo che avrebbero
fatto in tempo a tornare. In un piccolo cofano avrebbero posto
l'indispensabile per un neonato. E la Provvidenza li avrebbe
accompagnati.
Fatti i preparativi, a
ora opportuna, Maria a dorso di un asinello e Giuseppe a piedi,
lasciarono Nazareth. Come deve essere dispiaciuto a tutti e due dover
richiudere quella loro casetta, che già aveva visto qualche giorno
di pena e poi tanti giorni felici. In essa, non potendo raccontare il
segreto agli estranei, avean cercato di preparare la più dignitosa e
affettuosa accoglienza al Figlio di Dio!
Tutto, lì, era pronto,
e tutto lasciavano. Per fortuna Dio teneva loro nascosto che quella
casetta sarebbe rimasta chiusa non per pochi giorni o eventualmente
per qualche mese, ma per alcuni anni!
Sulle strade
principali, alcune già sistemate a scopo militare dai Romani e
vigilate dai loro soldati, era un crescente andare e venire di gente
mossa, più o meno volentieri, dallo stesso editto, il che rendeva
ancor più difficile trovare un alloggio o, almeno, un riparo durante
le soste della notte.
Questo problema che,
per amore alla sposa madre, assillava sempre più Giuseppe, si
manifestò in tutta la sua gravità proprio alla fine del viaggio,
quando giunsero a Betlemme. Non c'era posto nel grande e rudimentale
albergo pubblico presso il quale stavano anche le carovane. E non si
trovò un locale, un buco almeno, ma riparato, in nessuna delle case
a cui Giuseppe sempre più amareggiato andò a bussare.
Non era tanto la
povertà di questi sposini, che non eran certo dei mendicanti, e
qualche denaro pur l'avevano, ma era il fatto fin troppo evidente
della avanzata gravidanza di Maria a impressionare la gente. Non si
sa mai come va a finire in casi del genere... Se nascesse il bambino,
come si farebbe poi a sbatterli fuori? E le porte, con più o meno
garbate scuse, si richiudevano. Proprio come scrisse poi San Giovanni
Evangelista: «... è venuto nella sua casa, e i suoi non lo vollero
accogliere».
Rifiutando ospitalità
a Maria e a Giuseppe, Betlemme anticipa Gerusalemme che rifiuterà il
suo Salvatore. Gesù nascerà fuori del paese, in una povera grotta;
e morirà fuori della Città santa, sopra una croce. «Regnerà sul
trono di Davide, suo padre e il suo regno non avrà mai fine... ».
«Non vogliamo che costui regni sopra di noi. Il suo sangue cada pure
su noi tutti... ».
La notte santa
Ma qualche buon'anima
la si trova dappertutto. Un pastore che tornava alla sua tenda aveva
notato quella giovane sposa e l'uomo tanto in pensiero, mentre già
faceva notte: «Più avanti troverete una grotta, la cantina di una
casa diroccata; la usa, chi capita, come stalla. Non è né bella né
comoda, ma almeno è un riparo...».
Vanno fiduciosi che la
Provvidenza Divina non li abbandonerà. Giuseppe è attento perché
l'asino non inciampi per i sentieri aspri e scuri dei campi gelati di
quella notte di dicembre e trovano la grotta.
Entrando, noi ci
saremmo scoraggiati. Invece il sorriso di sollievo della Madonna,
sebbene stanca, rianima ancor più Giuseppe, che aiuta Maria a
scendere dall'asino. Dopo aver preso dalla greppia un poco di fieno,
lo distende a tappeto e fa accomodare la sua Sposa Santissima.
Poi si dà da fare, al
lume della sua lucerna, per compiere una pulizia almeno sommaria. Con
legni e avanzi di fascine riesce, presso un angolo - dove il fumo
trova un buco per uscire - ad accendere un focherello che dà più
allegria che calore.
Sistema l'asino alla greppia, dopo aver trovato
modo di abbeverarlo, poi prepara di nuovo un meno scomodo giaciglio
con la paglia, con del fieno e con il suo mantello, alla sposa.
Maria si siede,
ringraziando, lì, proprio tra l'asinello stanco e un grosso pacifico
bue che si era svegliato e aveva guardato bonariamente. Quegli
intrusi, non sembravano avere nessuna intenzione di fargli del male.
Prendendolo dalle loro bisacce, mangiano un boccone: un poco di pane
e formaggio. L'appetito, specie allo sposo, non doveva mancare.
Poi Giuseppe si siede
presso il focherello, col proposito di vincere il sonno e la
stanchezza, per mantenerlo acceso.
La Madonna, dopo essere
rimasta alquanto seduta, si pone in ginocchio e si raccoglie in
intensa preghiera. Ha il presentimento che Gesù sta per nascere; ma
non si preoccupa affatto di mancare di qualunque assistenza, lei che
si era data tanto da fare per Elisabetta perché venisse ben
assistita. Non avvisa neppure Giuseppe che pure, ogni tanto, la
chiama, invitandola a riposare un po'.
La mole calda e quieta
del bue fa da velo alla tenuissima luce del focherello che lo stanco
Giuseppe, pur dormicchiando, riesce a non lasciar morire. E nel
silenzio di questa notte santissima, da Maria viene al mondo Gesù.
Il Figlio di Dio,
concepito per opera dello Spirito Santo, veniva al mondo, senza
procurare alla Madonna la benché minima pena, come un bel raggio di
sole attraversa un terso cristallo, lasciandolo intatto.
La Vergine Madre, con
l'animo inondato da una beatitudine che nessuno può misurare,
accoglie il suo Bimbo sul cuore e, prima ancora di avvolgerlo in
fasce, chiama festosa il suo Giuseppe.
Il povero sposo, che
pure immaginava quanto sarebbe potuto accadere (ma non credeva così
presto, così miracolosamente facile, già avvenuto ormai!) si
scuote, va verso Maria. Quasi non osa prendere in braccio
quell'Infante, che egli sa essere figlio della sua Maria e Figlio di
Dio!
Vedere e toccare Dio!
Dio che nasce bambino, che strilla, che pare mendichi subito latte e
calore e protezione! Ma Giuseppe si fa animo e lo accoglie, timoroso
quasi di fargli male con le sue mani callose e le vesti pesanti.
La Madonna leva dal
cofano le piccole fasce e i pannicelli e, come aveva visto fare col
piccolo Giovannino, avvolge delicatamente il suo Gesù. Il piccolo
però continua a vagire e solo si acquieta quando, dopo alcun tempo,
la Madonna riesce a dargli qualche goccia di latte e poi a posarlo
nella mangiatoia.
Scostando le bestie,
Giuseppe aveva intanto preparato il fieno più asciutto e più
soffice, scaldandolo manciata per manciata al fuoco che aveva
generosamente ravvivato.
Se Betlemme dormiva, se
nella vicina Gerusalemme i Sacerdoti avevano ben altri pensieri che
accogliere il Messia, il Cielo stesso si era mosso ed esprimeva il
proprio osanna a Dio Bambino; a migliaia gli Angeli cantarono il loro
augurio agli uomini, tanto amati da Dio.
Arrivano i pastori
Alcuni Angeli scesero
fin sui prati, presso gli ovili. Le pecore si misero a belare per
l'improvvisa luce e i pastori, svegliati, uscirono dalle loro tende
rimanendo come abbagliati più che dallo splendore degli Angeli,
dalla grandiosità dell'annuncio.
Un angelo diceva: «Non
abbiate timore: vi porto una notizia bellissima: oggi, nella città
di Davide, vi è nato il Salvatore, il Messia, Nostro Signore! Ecco
il segno: troverete un bambino con la Mamma. È avvolto in fasce,
deposto in una mangiatoia».
Col freddo della notte,
arrivano pure melodie celestiali: un canto spiegato e beato di
schiere di spiriti angelici che dicevano: «Gloria a Dio nel più
alto dei Cieli, e pace in Terra agli uomini di buona volontà!».
Bisogna andare! Ma da
che parte iniziar le ricerche? Un pastore ha un lampo nella mente:
che non sia il bambino di quella sposa a cui aveva indicato, in
mancanza di altro, come alloggio una stalla?...
«Su venite con me:
corriamo fin verso Betlemme, e vedremo quanto l'Angelo ci ha
annunciato!». E lo seguono, uomini e giovanotti e anche qualche
ragazzino, incespicando nei sassi e fregandosi gli occhi ancor pieni
di sonno.
È santo e benefico e
non sentimentale, vedere la Madonna che accoglie la prima adorazione
del suo Gesù. Ella vede entrare quei poveri pastori, timidi e
venerabondi più che non fossero i Sacerdoti davanti al Santuario.
Chiedono di poter
vedere il volto di quel piccino e restano estasiati, davanti al gesto
di Maria di prenderlo dalla mangiatoia, perché lo vedano meglio.
Qualche bambino osa mandargli un bacio e un anziano si liscia la
barba per non fargli male, perché lui vuole proprio baciargli almeno
la rosea manina.
Giuseppe si tira ancor
più su di morale quando sente raccontare dell'annuncio angelico e
vede i doni presi in fretta e furia: qualche morbido vello di pecora,
assai migliore del fieno, del latte ancor spumoso munto in fretta per
portarlo alla Madre. Più ancora si rasserena quando quei buoni gli
garantiscono che, fatto giorno, si sarebbero dati da fare per trovare
in affitto una casetta, una stanza almeno per il Bambino e sua Madre.
Che triste, per questo
popolo prediletto da Dio, aspettare per secoli il Messia e poi,
quando arriva, neanche accorgersi di Lui; peggio, lasciarlo fuori
casa!
Sono i pastori, i primi
a essere avvisati dagli Angeli in persona, i primi a vederlo, a
potersi interessare di Lui! La loro allegrezza era incontenibile e
nel giro di pochi giorni non c'era paese o casolare che non sapesse
del santo Natale di Gesù e del privilegio loro toccato.
Solo pochi, però,
vollero credere... Dalla vicina Gerusalemme, la Città santa, nessuno
si mosse.
Il primo sangue
La Madonna fu ben
felice, quando vennero ad annunziarle che la casa finalmente era
stata trovata. Vivere a lungo in quella grotta e, d'inverno poi, non
era certo sano, per il Bambino soprattutto. Sarebbe stato anche un
segno troppo chiaro della durezza di cuore dei Betlemmiti.
In quella casetta,
ottenuta in affitto, mancava praticamente tutto, ma c'era il Signore!
Qualcosa avevan portato, qualcosa avevan ricevuto in dono; intanto si
viveva. Giuseppe aveva il suo mestiere e la voglia di lavorare certo
non gli difettava: si sarebbe guadagnato qualcosa; poi si sarebbe
visto.
Otto giorni dopo la
nascita, Giuseppe, riconoscendo il Bambino giuridicamente come suo
figlio, fece compiere su Gesù il rito antichissimo della
circoncisione col quale il bambino veniva accolto nel popolo di
Abramo e di Israele.
Ricordò quella notte
di angoscia di alcuni mesi prima, e quanto poi l'Angelo gli aveva
detto. E chiamò il Bimbo col nome di Gesù.
La Madonna dovette
soffrir molto nel vedere molte gocce di sangue sgorgare da quel
corpicino vispo e fragilissimo, non tanto per il dolore che questo
rito poteva procurare al piccino, quanto perché pensava a tutto quel
Sangue che il Figlio avrebbe poi sparso per la Redenzione del mondo.
Nonostante i disagi,
che però a Lui venivano risparmiati il più possibile, il piccino
cresceva sempre più bello. Non era forse il frutto della Bellezza
Increata, di Dio stesso che aveva reso fecondo il grembo della
«Benedetta fra tutte le donne», della Regina dell'Universo, la
nostra bellissima Mamma del Cielo?
La presentazione al Tempio
Le settimane passavano,
e bisognava pensare alla grande cerimonia della presentazione di Gesù
al Tempio e della purificazione della Mamma.
San Giuseppe,
ascoltando il cuore, avrebbe comperato assai volentieri un
bell'agnellino da lasciare come offerta; facendo però i conti col
borsellino, si dovette accontentare di un paio di tortorelle per il
sacrificio e dei cinque sicli per il riscatto.
In quell'andirivieni di
genitori con i loro bambini presso l'altare (su cui venivano deposti
e offerti al Signore, per essere poi restituiti ai genitori) sembrava
che proprio nessuno si fosse accorto della eccezionale importanza del
rito che in quel giorno si compiva.
Insieme con gli altri,
era il Figlio di Dio, fattosi uomo, che veniva offerto al Padre.
Giuseppe e Maria, umili e discreti, non eran certo i tipi da attirar
su di loro l'attenzione, nemmeno del Sacerdote che, al massimo, avrà
notato la bellezza straordinaria di quell'Infante.
La Madonna, benché
fosse l'Immacolata e fosse la Madre-Vergine, si sottomise come tutte
le altre mamme al rito della purificazione, una benedizione simile a
quella che viene data anche presso noi cristiani alle partorienti,
dopo il Battesimo del figlio.
E i due, felici con il
loro Bambino, dopo aver pregato insieme, già si apprestavano a
uscire dal Tempio, quando videro accorrere ansante, verso di loro, un
simpatico e sorridente vecchietto.
Era un uomo virtuoso e
saggio che, in quella religione ebraica per molti versi deragliata,
sapeva dare ancora importanza più alle cose spirituali che non alle
materiali. Egli attendeva, come la più grande fortuna, di poter
vedere il Messia.
Quel mattino, una
irresistibile ispirazione dello Spirito Santo l'aveva fatto accorrere
al Tempio. Fra tanta gente che andava e veniva, a colpo sicuro
indovinò chi lui cercava e, preso un po' di fiato per la corsa e per
l'emozione, si rivolse alla Madonna, chiedendole che le cedesse un
minuto il piccolino.
La Mamma accondiscese
sorridendo, e il vecchietto, tenendo con cura e rispetto fra le sue
braccia Gesù Bambino, disse, beato: «O Signore, lascia pure che il
tuo servo se ne vada in pace da questo mondo, perché i miei occhi
hanno veduto il Salvatore che ci hai mandato.
Ecco la Salvezza che Tu
hai preparato al cospetto di tutti i popoli!
Ecco la Luce che
illumina tutte le genti, ecco la tua Gloria, o Israele!».
Anche Giuseppe era
visibilmente commosso.
Il vecchio Simeone
invocò sopra di loro la benedizione di Dio, poi volgendosi a Maria,
la Mamma, continuò dicendo: «Questo Bambino è posto a salvezza di
alcuni e a rovina di altri, in Israele. Sarà un segno di
contraddizione, e per questo anche a Te una spada trapasserà
l'anima».
La Madonna impallidì,
non tanto per la spada del dolore che già, poco per volta, stava
penetrando nel suo cuore di madre, ma per i chiodi e la lancia che i
profeti avevano già predetto, e che avrebbero ferito i piedi, le
mani e il cuore di quel suo Bambino.
E queste cinque piaghe
sarebbero state i segni visibili di una ben più profonda trafittura
che avrebbe squarciato quel Cuore: l'immensa stoltezza, cattiveria e
ingratitudine degli uomini.
Ma ecco ancora un altro
incontro, questa volta felicissimo. La sua cara vecchia maestra, Anna
di Fanuel della tribù di Aser, che non soltanto portava lo stesso
nome della mamma defunta della Madonna, ma le aveva fatto anche un
po' da mamma, le veniva incontro festosa...
Poco più di un anno
prima, Anna aveva visto partire Maria che a lei sembrava ancora quasi
un bambina, e ora la rivedeva, accanto al suo sposo, già madre
felice, col suo Bimbo fra le braccia.
Ma essendo Anna di
Fanuel, come ci attesta il Vangelo, una donna piena di fede, come il
vecchio Simeone, è lei pure illuminata dallo Spirito Santo: sa Chi
gli sta di fronte! E poi col cuore colmo di riconoscenza parlerà del
Bambino Gesù a tutti quelli che aspettavano il Liberatore.
La visita dei Magi
San Giuseppe e la
Madonna avrebbero, dopo la Presentazione del Bambino al Tempio, fatto
volentieri ritorno a Nazareth, appena il clima, passate le piogge
primaverili, si fosse messo al bello.
Attendevano però un
cenno dal Signore, dal momento che Zaccaria, il loro parente
Sacerdote che la sapeva lunga, sosteneva che il Messia non solo
doveva nascere a Betlemme, ma di lì doveva uscire per incominciare
la sua missione.
Della Galilea si
parlava infatti tanto poco nella Bibbia e di Nazareth poi neanche un
accenno... Giuseppe credette quindi suo dovere rimboccare bene le
maniche, per procurare il necessario per il vitto, i vestiti, le
suppellettili indispensabili, i soldi per l'affitto e gli attrezzi
stessi di lavoro. A Nazareth aveva lasciato, con la sua bottega in
ordine, anche una clientela che andava già infoltendo e
rinsaldandosi. A Betlemme partiva da zero.
Era trascorso poco più
di un anno, quando a Betlemme arriva una carovana sfarzosa. Non eran
mercanti, ma principi e studiosi orientali che, poco prima, erano
passati da Gerusalemme.
Pur venendo da regioni
lontane e diverse, avevano finito per ritrovarsi sullo stesso cammino
per un unico scopo: cercare il nuovo Re dei Giudei, annunciato loro
da una stella non naturale. Secondo la Bibbia, che essi pure
conoscevano, doveva essere un Re universale, divino. Essendo
scomparsa la stella, proprio quando si ritenevano giunti alla meta,
con un gran atto di fede, si avviarono verso Gerusalemme per chiedere
informazioni. Il loro grado sociale permise di avere udienza presso
lo stesso Erode, il re grande nella ferocia e nella malizia. Costui
passò dallo stupore alla beffa e, infine, a una certa paura
superstiziosa. Se ci fosse stato qualcosa di vero i suoi consiglieri
del Tempio glielo avrebbero indicato. Difatti, interrogati i capi dei
Sacerdoti, ebbe la risposta: «Se dovesse nascere questo Messia,
Betlemme è la sua patria».
E la volpe congedò
quegli onesti con la proposta: «Se per caso riusciste a trovare
questo fanciullo, fatemelo sapere perché anch'io vorrei andarci per
adorarlo!».
Usciti da Gerusalemme,
guidati di nuovo dalla luce paradisiaca di quell'astro, che si era
abbassato e rendeva fantasmagorica quella carovana, già variopinta
dei bei colori d'Oriente, i santi Magi si diressero sicuri verso la
casa dove alloggiava la sacra Famiglia.
Non si impressionarono
della povertà e piccolezza dell'edificio, pure abituati come erano
alle regge fastose. Chiesero udienza e subito la ebbero.
In quella piccola
stanza semibuia, seduta su uno sgabello stava la Vergine Maria, col
suo Piccino in braccio che guardava attonito e divertito tutto quello
splendore di vesti e di monili.
Chinandosi sulla pietra
e sulla terra battuta di quel lindo ma poverissimo locale, fecero
atto di adorazione al Re divino e universale. Alla sua fortunatissima
Madre espressero, più con l'anima che non le parole, la loro
consolazione di aver raggiunto la meta di un lunghissimo e
travagliato viaggio.
I santi Re si fecero
consegnare dai loro accompagnatori i doni simbolici che avevan
portato: un cofanetto con dell'oro, quasi fosse un tributo che
spontaneamente pagavano a quel Bimbo indicato loro dal Cielo, e degli
aromi, come la mirra e l'incenso, quasi a riconoscere la sua
divinità.
Anche noi cristiani
usiamo ancora l'incenso e ne offriamo il profumo a Gesù Eucaristico.
Il piccolo Gesù, che
pure aveva presente anche in quel momento tutto quanto c'è e si
svolge nell'universo, si comportava da bambino di circa un anno.
Toccò quindi alla
Madonna far gli onori di casa, ad accogliere e congedare quegli
ospiti eccezionali. Lo fece con tanta umile semplicità e con tale
regale finezza che i Magi non dimenticarono più quel volto di donna,
più luminoso dell'astro che li aveva guidati. E si disposero a far
ritorno ciascuno al suo paese.
La tappa a Gerusalemme,
per riferire a Erode, venne cancellata dal loro programma per
l'intervento di un Angelo che apparve loro nel sonno, comandando di
prendere invece un'altra strada.
Fuggi in Egitto!
Erode non aveva
dimenticato la strana visita dei Magi; il timore che ci fosse
qualcosa di vero, che potesse turbare subito la sua sporca coscienza
e a lungo andare, minare la sicurezza del suo trono, si faceva più
forte.
Attese il loro ritorno
e quando si accorse di essere stato beffato, accecato dalla rabbia e
dalla paura, diede un ordine feroce: che si sgozzassero in Betlemme e
nei dintorni tutti i bambini dai due anni in giù. Così sarebbe
perito, con gli altri, anche questo bambino presunto Messia.
San Giuseppe aveva
invece in mente ben altri pensieri. Qualcuno anche materiale, lui che
doveva pensare anche a quello! Quell'oro che i santi Magi avevano
portato, poteva almeno in parte servire a pagare qualche conticino,
ad acquistare qualche attrezzo migliore, a sistemare un po' meglio la
casetta. Era tutta provvidenza, non richiesta e quindi ancor più
gradita, che veniva a dargli un po' di respiro.
Ma proprio in quella
notte tranquilla, il sonno gli venne bruscamente interrotto dal
richiamo di un Angelo: «Presto, alzati! prendi il Bambino e sua
Madre e fuggi in Egitto. Non perder tempo perché vogliono ammazzare
il Bambino!».
Giuseppe, se gli fosse
caduto un fulmine a pochi passi, sarebbe rimasto meno stordito.
Comunque si alza, va da Maria, la desta dal suo sonno leggero. Gli
dice dell'Angelo, dell'ordine avuto, e Maria tosto gli crede.
Alla luce della lucerna
raccolgono nella casa l'indispensabile. Ma stavolta c'è anche il
Bambino. Giuseppe allora, oltre alla sua cavalcatura, noleggia un
altro asino che porterà le poche masserizie. Senza avvisar nessun
altro, senza neppure attendere l'alba, si mettono in cammino.
La Madonna, oltre al
timore per il pericolo che incombe sul Bambino, ha il suo da fare con
lo stesso Gesù che, svegliato in pieno sonno, sembra non capire
nulla di quel trambusto, di quella premura, di quel viaggio di notte,
e frigna e piange, attirando l'attenzione dei cani che abbaiano lungo
le strade deserte.
La vita di esuli
Fu un viaggio
estremamente disagevole, con quel Bambino ancor tanto piccolo, verso
l'ignoto, seguendo non le strade comuni o, almeno, le piste
carovaniere.
Evitavano il più
possibile l'incontro con altre persone, nel timore di imbattersi
negli emissari di Erode. Chiunque incontrassero poteva divenire,
anche senza volerlo, un informatore della loro fuga e del loro
itinerario.
Nessun miracolo addolcì
quella fuga, durata parecchi giorni, durante la quale la sete, la
fame e la stanchezza che si accumulavano di ora in ora, erano poco
compensate dal sonno inquieto delle notti. Tutto questo pesava assai
meno alla Madonna e a San Giuseppe che non il timore di venir
raggiunti e che Gesù fosse loro strappato e ucciso.
Quando finalmente si
accorsero di essere penetrati profondamente nella zona del Delta del
Nilo, ormai ben lontani dai confini con la Palestina, si diedero a
cercare una abitazione e riuscirono a prendersi una minuscola
casetta. L'oro donato dai Magi cominciava a rivelarsi prezioso.
E lì, in terra
straniera, di cui non conoscevano né lingua né usanze, dovettero
ricominciare tutto da capo. Con i doni ricevuti prima della fortunosa
partenza, poterono prendersi l'indispensabile per la casa e per il
lavoro; ma la vita consuma ogni giorno e anche a far miracoli di
risparmio il sacchetto si svuota.
Rimboccarono subito di
nuovo le maniche. La Madonna badava al Bambino e alla casa e
coltivava un po' di terra attorno alla casetta rurale. San Giuseppe
mendicava un po' di lavoro che eseguiva a puntino e del cui prezzo
doveva, purtroppo, sempre accontentarsi per non crearsi pericolosi
contrasti in quel paese straniero.
Infatti, nonostante la
faccia di perfetti galantuomini che avevano quei due sposi e il loro
splendido Bambino, venivano considerati dagli Egiziani come dei
profughi, scappati per chissà quali debiti con la giustizia, o
almeno dei poveri immigrati con delle grosse noie al loro paese di
origine.
Fin quando sarebbe
durata questa vita? Dei mesi o addirittura degli anni? E quando e
come avrebbero fatto ritorno in Patria?
Intanto Gesù cresceva
meravigliosamente bello nell'aspetto e nel carattere che rifletteva,
sublimandolo, il volto e il carattere della sua Mamma dolcissima.
Lì, su quel suolo
straniero, Gesù aveva mosso i primi passi, ripetute le prime parole,
imparato dalla Madonna e dal padre putativo le espressioni più
semplici di buona educazione. Lui, Unico e Vero Dio, nella sua natura
di uomo, da Giuseppe e da Maria aveva imparato a pregare.
I suoi giochi, le sue
risate, le sue battute e le sue carezze, riempivano di autentica
felicità i santi genitori, scacciando dal cuore le nubi che si
affollavano a volte sul loro e specialmente sul Suo avvenire.
Avrei pagato un mondo
per bussare ed entrare una sera in quell'umile casetta di profughi,
per godere un istante di quella pace ultraterrena, per unirmi alla
quieta preghiera dell'uomo più santo, della Madre di Dio, del Verbo
di Dio fattosi Carne viva.
Finalmente, ancora di
notte, Giuseppe riceve una notizia e un ordine: «Erode, che cercava
a morte il Bambino, è morto. Ritorna quindi nella tua terra!».
Il ritorno a Nazareth
Sulla contentezza del
ritorno in Patria, ancora la spina di un interrogativo: la meta sarà
Betlemme o addirittura si doveva puntare direttamente su Nazareth?
Rifatti ancora una
volta i bagagli, la santa Famiglia lascia, con passo più tranquillo,
l'Egitto. Gesù si annoia sempre seduto sulla cavalcatura e a volte
vuol scendere a sgambettare, mettendo la sua manina in quella del
padre o in quella della Mamma.
Siccome Betlemme è,
press'a poco, sulla via per Gerusalemme e poi per la Galilea,
decidono di fermarsi a Betlemme, tenendo conto anche delle idee di
Zaccaria riguardo alla città del Messia.
Cambiano però ben
presto parere, oltre che per una nuova illuminazione avuta dal Cielo,
per due motivi: il primo perché vengono a sapere che a Erode, detto
il grande, era successo Archelao, il figlio che aveva imparato fin
troppo malizia e crudeltà dal padre; e il secondo, per avere udito
la descrizione della strage dei bambini innocenti. Quel gesto, tanto
efferato, aveva commosso e indignato persino il governo di Roma, e il
ricordo continuava a essere vivissimo nelle famiglie di Betlemme...
Come allora poteva
tornare a viverci quel Bambino che era stato la causa, anche se
inconsapevole, di un bagno di sangue? Lui, il ricercato, era ancor in
vita mentre decine di infanti erano stati strappati nella notte dalle
braccia delle madri atterrite e dei padri sorti in disperata difesa,
ed erano stati sgozzati come capretti per il sacrificio pasquale, per
la ferocia di Erode.
Non restava loro che
tirar diritto, verso casa, fino alla ancor lontana Nazareth, dove
l'eco di tutto questo era giunto assai affievolito e con gli anni si
era poi praticamente spento.
Madre e maestra
Bisogna essere donna ed
essere mamma per comprendere un pochino con quali sentimenti la
Vergine Santissima abbia riaperto, dopo tanti anni e tante traversie,
la porta di casa sua e baciato quelle pareti testimoni del miracolo
avvenuto in Lei.
II tempo vi aveva
lasciato la sua polvere e fatto i suoi danni; non eccessivi però,
perché qualcuno dei vicini e dei parenti vi dava ogni tanto
un'occhiata, anche se le speranze che quella famiglia tornasse si
andavano affievolendo.
Si temeva che forse
quel loro Bambino fosse perito sotto il pugnale dei sicari e i
genitori fossero pure stati massacrati con lui, o dispersi o fatti
prigionieri chissà dove...
Finalmente tornati al
paese, si apriva un avvenire tranquillo: il lavoro, incerto dapprima,
si faceva più continuo con il risaldarsi della vecchia clientela. La
Madonna, donna esperta e operosa, pur nella sua imperturbabile calma
e dolcezza, frutto di un completo dominio sui propri gesti e
sentimenti, sapeva impiegare bene le ore della sua giornata.
Gesù Bambino, al quale
tutto era nuovo a Nazareth, mostrava capacità di adattamento e di
apprendimento sorprendenti.
Era davvero l'amore di
Giuseppe e di Maria, che adoravano in Lui, senza minimamente
manifestarlo ad altri, il loro Dio fattosi uomo.
Ma a voler bene a Gesù
erano anche i suoi cuginetti, alcuni più grandicelli, altri coetanei
come Giacomo e Giuda (nome tanto comune nel popolo ebreo e profanato
poi dal traditore Giuda Iscariota) che giocavano assai volentieri col
piccolo Gesù.
Le due mamme, la
Madonna e Maria di Alfeo, andavano perfettamente d'accordo perché al
mondo, con un poco di buona volontà, è possibile volersi un gran
bene anche tra cognate.
La casa, l'officina e
l'orticello di Giuseppe risuonavano spesso delle grida gioiose di
quei frugoli.
A quei tempi la scuola
era facoltativa e organizzata in modo assai rudimentale: un pedagogo
per villaggio tirava avanti la sua truppa di scolaretti servendosi di
non molti strumenti didattici, tra cui spiccavano lunghe filastrocche
da impararsi a memoria e frequenti bastonate che si facevano
ricordare da sole.
La Madonna non volle
che Gesù frequentasse una simile scuola, dove il bene da imparare
era pochino e l'esempio dei compagni non sempre edificante. Quel suo
bambino, che del resto si mostrava assai intelligente, aveva una
origine e un destino eccezionale: meritava quindi una eccezione.
Si aggiungeva il fatto
che la Madonna sapeva trovare il tempo per compiere questo dovere e
che, anche da un punto di vista scolastico, era in grado di
assolverlo, essendosi fatta una buona cultura durante gli anni
trascorsi presso il Tempio.
Così l'onnisciente
Creatore del Cielo e della Terra volle farsi attento scolaro e
imparare da Maria a leggere e a comprendere la sua stessa Parola,
contenuta nel Libro Sacro.
Compierla per uno o
compierla per tre, la fatica di insegnante non sarebbe stata più
grave. Così la Madonna accolse ben volentieri la proposta della
cognata Maria, con il consenso di Giuseppe e di Alfeo, di far scuola
anche ai piccoli Giuda e Giacomo, felicissimi di trascorrere qualche
ora del giorno con la carissima zia e il loro cuginetto Gesù.
Non solo per la povertà
di termini della lingua ebraica, ma anche perché erano cresciuti
quasi sempre in casa della Madonna, i due futuri Apostoli e Martiri
Giacomo e Giuda soprannominato Taddeo, verranno detti nel Vangelo più
volte «i fratelli di Gesù».
Gli esami di... maturità
Quando Gesù ebbe
compiuto i dodici anni, dice il Vangelo, venne accompagnato al
Tempio. L'età di Gesù aveva tutta la sua importanza e spiega assai
bene il grave... inconveniente, successo nel viaggio di ritorno.
Fino a dodici anni,
anche i maschietti erano un po' considerati quanto le donne, umanità
di secondo ordine. Sarà proprio Gesù a riconoscere ai piccoli e
alle donne la loro completa dignità in tutto uguale, in quanto a
valori fondamentali, a quella degli adulti maschi.
Come da noi occorre una
certa età per guidare una moto o per porre una firma, così, allora,
si veniva dichiarati «adulti», responsabili cioè delle proprie
azioni e omissioni dopo aver superato un certo esame di cultura,
soprattutto religiosa, che poteva essere affrontato dopo i dodici
anni.
A Gerusalemme, presso
il Tempio, c'erano sale destinate allo scopo e i famosi «Dottori
della Legge» di cui nel Vangelo spesso si parla, erano insegnanti di
religione e avevano, tra gli altri, anche questo compito di
esaminatori.
Gesù si presentò ben
preparato. Non c'era neppure bisogno di ricorrere alla sua
Onniscienza divina e alle Scienze speciali di cui parlano i teologi.
Era bastata la sua lodevole applicazione a quanto gli era stato
insegnato dalla Mamma.
Maria era una maestra
non diplomata, ma che aveva capito la «Legge», la «Parola di Dio»,
meglio di qualunque professorone, ricolma come aveva il cuore e la
mente di Spirito Santo.
E Gesù anche in questo
senso spirituale, e sublimandolo, cioè rendendolo ancor più
egregio, portava il volto di sua Madre. Davvero nell'abisso della sua
amorosa umiltà, il Signore Gesù voleva essere il frutto non solo
del grembo, ma pure del cuore e della mente di Maria Santissima!
Gli esami, era da
prevederlo, per il dodicenne Gesù furono un trionfo. I Dottori
rimasero sbalorditi di questo fanciullo che non solo non aveva
incertezze nel rispondere, ma mostrava di capire assai bene le loro
domande e obiezioni.
Anzi, con una dolcezza
e una semplicità che li disarmava, questo fanciullo di Nazareth
passava al contrattacco e poneva lui stesso dei quesiti e aiutava
quei vecchi studiosi nella ricerca delle soluzioni. Era, insomma,
qualcosa di più di un fanciullo prodigio!
Era diventato, già da
ragazzo, ciò che Simeone aveva predetto: un segno di contraddizione.
E i Dottori si accaloravano, dividendosi tra i freddi e pomposi
maestri di casistica e di giuridismo senz'anima, e tra i seguaci di
questo Fanciullo che spazzava via, come il fuoco, tante
sovrastrutture umane, e ridonava alla Parola del Signore la luce e il
calore delle origini.
Dio Padre voleva che,
almeno negli onesti, fosse sparso con abbondanza quel seme di vera
Sapienza. Il Padre Celeste perciò permise che le cose andassero in
modo che, passati i giorni delle feste, quando le comitive dei
pellegrini ripresero cantando le vie del ritorno, il fanciullo Gesù
non si trovasse in alcuna di esse.
Il doloroso smarrimento
Portiamoci con il
pensiero alle città orientali di quei tempi, dove ogni casa e ogni
piazza formicolava di bambini e nelle quali nei giorni di festa, come
succedeva a Gerusalemme tre, quattro volte all'anno, si avanzava a
fatica nelle strade strette e ingombre di merci e di rifiuti. I
servizi di polizia e di vigilanza urbana erano assolutamente
insufficienti in mezzo a quell'andare e venire di gente allegra e
rissosa, ricchissima e povera, nella quale i cittadini di Gerusalemme
sparivano nel caleidoscopio dei pellegrini provenienti da tutte le
regioni dell'Impero.
C'è un altro fattore
da tener presente: essendo Gesù dodicenne e avendo superato gli
esami di... maturità è in pieno diritto di prender posto nella
comitiva degli uomini. La Madonna non vedendoselo vicino, può
benissimo pensare che si sia messo con San Giuseppe e gli altri
compaesani.
Giuseppe, a sua volta,
pensa che Gesù, nonostante la promozione legale, è ancora un
ragazzo che può star benissimo - come nella venuta da Nazareth -
insieme a sua Madre.
Fatto sta che a sera,
quando le comitive degli uomini e delle donne si ricompongono, perché
le singole famiglie possano consumare il loro pasto e provvedere al
riposo della notte, Gesù non si trova né presso la Madonna né
presso gli uomini.
Altro che pensare alla
cena! Appena riavutisi dal doloroso stupore, Maria e Giuseppe rifanno
nella notte il cammino percorso. Che sia rimasto a Gerusalemme in
casa di conoscenti?
Il giorno che segue lo
dedicano alla ricerca, e l'ansia cresce col passar delle ore. Viene
notte e non ne possono più: le gambe non reggono allo spossante
cammino e gli occhi arrossati dolgono per il pianto e il continuo
scrutare in mezzo alla gente.
Gesù è smarrito! Di
Lui neppure un indizio. Solo la più o meno superficiale compassione
di tutti coloro ai quali avevano chiesto, se mai avessero visto,
sentito...
La notte, tristissima e
insonne come quelle del dubbio di Giuseppe e della fuga verso
l'Egitto, portò però buon consiglio. E se Gesù avesse fatto
ritorno al Tempio, dove aveva subito l'esame e dove essi stessi
l'avevano riaccompagnato altre volte?
Maria, pratica di quei
locali che nella sua adolescenza aveva forse più volte riordinato,
quando entra in una di quelle sale, affollata di Dottori eppur
silenziosa da parere vuota, si trova davanti a una visione
incredibile!
Il suo Gesù è lì, in
mezzo a quei vecchi barbuti, che tien cattedra. Bello e fresco come
una rosa, risponde, interroga, corregge come fossero quelli i
discepoli e Lui il maestro.
«Perché mi
cercavate?»
La Madonna non riesce a
trattenere l'emozione. Trascinandosi dietro Giuseppe, lui pure
trasecolato, si avvicina a Gesù e, baciandolo con gli occhi rossi di
pianto, gli domanda: «Figlio mio, perché ci hai fatto questo?».
Gesù pare non capire neppure la domanda e la Madonna prosegue: «Non
sapevi che tuo padre ed io, pieni di angoscia, andavamo in cerca di
te?».
La risposta del
Fanciullo deve aver avuto l'effetto di un nuovo acquazzone sulle
spalle di chi è già madido di pioggia. Disse Gesù, anche se in
tono veramente affettuoso: «Ma perché mi cercavate? Non pensavate
che Io sono obbligato a fare, per prima, la Volontà del Padre mio, a
interessarmi anzitutto delle cose Sue?».
Lasciatemi dire che ho
meditato per delle ore su queste parole, tra le più preziose del
Vangelo. Esse emancipano la iniziativa di ogni persona, fosse anche
di un ragazzino, da qualunque autorità, anche dalla più alta, che è
quella dei genitori. Quando è in gioco non un capriccio o un'azione
qualsiasi, ma l'obbedienza alla voce di Dio, cioè alla propria
vocazione, non c'è legge o vincolo umano che prevalga.
Nello stesso tempo
notiamo come Gesù, pur amando San Giuseppe da figlio devoto e
ubbidientissimo, sapesse bene che il suo vero padre era solo Dio
Padre.
Egli era venuto nel
mondo per fare la volontà di Colui che lo aveva mandato, anche
quando la volontà di Dio lasciava in momentanea sofferenza le due
persone che al mondo aveva più care: la Mamma e il Padre legale.
Ma la Madonna e San
Giuseppe erano troppo felici di aver ritrovato - e sano come un pesce
- il loro Gesù, che ne accettarono la risposta... come una scheggia
di tegola sulla testa: così, senza discuterla, certo senza
comprenderla.
Quanto vorrei
convincere come siano in errore coloro che si illudono che la Madonna
abbia trascorso una vita beata, quasi insensibile ai drammi di ogni
esistenza, di ogni famiglia, come fosse cullata dai sorrisi degli
Angeli e sospinta da dolci sospiri d'amore...
No! La Madonna se l'è
guadagnato più di tutte e più di tutti il suo pane, il suo Paradiso
e il suo posto di Corredentrice, seconda solo al Figlio Gesù
nell'amore e nel dolore.
Il Vangelo è limpido:
«I suoi genitori, al momento, non compresero quella risposta», che
sembrava poi anche in contrasto con la dolcezza con cui veniva
pronunciata e con quanto Gesù fece subito dopo.
Gesù infatti presentò,
senza vergognarsi del loro abito dimesso e polveroso, i suoi genitori
ai Dottori. Si scusò di non poter più restare a discutere cose pur
tanto interessanti. Disse che un giorno si sarebbero rivisti.
E senza oltre
indugiare, infondendo loro energia e letizia, prese con Giuseppe e
Maria la strada per la Galilea.
Gesù cresceva
Il tempo è buon
medico, e poi è bene ciò che finisce bene. Così la Sacra Famiglia
riprese la sua vita di ordinaria e gioiosa operosità. Il gioco con i
cuginetti e la scuola lasciavano sempre più il posto al lavoro,
appreso rudimentalmente fin da bambino come divertimento e mezzo per
far contenta la Mamma, e poi raffinatosi in vero e proprio mestiere.
Giuseppe sapeva il
fatto suo nel rude lavoro di carpentiere e di falegname, e a Gesù
non mancò né la forza, né l'occhio attento per imparare, né il
buon gusto per accontentare i clienti anche oltre i diritti delle
scarse dramme pattuite.
Maria appariva la donna
più felice: il pane, pur sudato, non mancava mai, come invece era
successo ai tempi di Betlemme e dell'esilio in Egitto. La casa era
ordinata, funzionale.
Uno sposo così, che
continuava a rispettarla come se ella fosse sua sorella e che nello
stesso tempo la amava tenerissimamente, solo Dio aveva potuto
prepararglielo! E il Figlio? Oh, Gesù cominciava a essere, in misura
sempre più ampia, fonte delle più pure consolazioni materne e
motivo di un segreto martirio.
La Madonna infatti non
poteva illudersi. Era segnato il destino a quel Figlio che adorava la
sua Mamma e che un giorno le sarebbe stato tolto e poi restituito
schiodato da una croce.
Quando, pregando in
casa, cantavano insieme i salmi di Davide o, nella Sinagoga sentivano
leggere di Sabato le pagine di Isaia, alla Madonna mancava la voce e
gli occhi le si riempivan di pianto. Faceva il tirocinio per saper
non piangere, sul Calvario, il giorno in cui si sarebbero realizzate
quelle profetiche parole: «Hanno scavato con i chiodi le mie mani e
i miei piedi, potrebbero contare le mie ossa...
... Non sembrava più
un essere umano, sembrava un verme.
Un uomo che fa
ribrezzo, da cui si torce lo sguardo, un percosso da Dio, proprio
umiliato...
E che cosa si poteva
fare per risparmiare tanto dolore, per cambiare tale destino che la
cattiveria degli uomini, aizzati da Satana, avrebbero preparato al
suo Gesù?
Nulla, perché Maria
ricordava il suo «sì» all'Angelo Gabriele, che comprendeva anche
questo. In tutto sentiva di essere l'umile ancella del Signore.
Avrebbe quindi non solo non distolto, ma aiutato Gesù a salire il
lungo Calvario, già iniziato a Betlemme. Questo era un dolore
dell'anima, che la Madonna, con la sua fede e il suo carattere,
sapeva però nascondere quasi a se stessa.
La vita in famiglia, in
paese, nella Palestina procedeva tranquilla. Sorgeva sì qualche
effimera sommossa, con a capo qualcuno che si autoproclamava messia e
che i Romani, senza troppo scomporsi, soffocavano nel sangue.
La gente però lavorava
e pensava ai fatti suoi, anche in quella provincia in cui soltanto i
dominatori di Roma erano riusciti a metter un po' d'ordine e avviare
anzi un certo progresso.
La morte di San Giuseppe
Per Gesù eran passati
gli anni della fanciullezza e della adolescenza. Si era fatto un
robusto giovanotto, di una bontà e serietà di cui a Nazareth non
s'era mai visto l'eguale. Un giovane così bello, onesto e forte
faceva stupire molti che si andavan chiedendo come mai anche Gesù,
da buon Israelita, non si guardasse in giro per trovarsi una ragazza
e formarsi lui pure una famiglia.
E gli anni passavano
ancora. Venti, venticinque, ventotto. Tutto tranquillo in quella
casa, dove gli ospiti venivano trattati con finezza e amore.
Giuseppe, Maria e Gesù
erano persone che vivevano quanto mai riservate ma erano sempre
pronte se c'era un consiglio o una mano da dare, una pena da
consolare, e senza mai chiedere in cambio nemmeno un bel grazie.
Giuseppe però - la
Madonna e Gesù se ne avvedevano con pena - invecchiava troppo in
fretta.
Era sì e no appena
sulla sessantina ma le forze gli venivano a mancare di giorno in
giorno, finché fu necessario costringerlo a letto.
Forse chi è abituato a
vedere un Gesù dal miracolo facile (anche se a Lui non costa certo
fatica), si meraviglia che Egli non abbia fatto nulla per guarire e
prolungare la vita a quel Santo che, se anche non gli aveva dato la
vita, gli era stato più che un ottimo papà.
Invece Gesù soffre, ma
non fa nulla di miracoloso; solo allevia con tutte le arti dell'amore
filiale la sofferenza di San Giuseppe e l'apprensione crescente della
Mamma.
Passano le settimane, i
giorni, le ore: Giuseppe si aggrava. La Madonna, che chiederà un
miracolo per conservare l'allegria a un banchetto, non dice parola a
Gesù per ottenere la grazia allo Sposo, neanche davanti al Figlio
che prega e frena a stento i singhiozzi mentre assiste e conforta il
padre morente.
Rimasta vedova
E Giuseppe muore. La
santa casa di Nazareth, che aveva raccolto i rantoli di Sant'Anna e
San Gioacchino morenti, è ora in lutto per la morte del più grande
Santo del Paradiso.
«Un Santo tutto da
scoprire» pare ci dica Gesù che papà l'ha chiamato allora. E lo
chiama e lo considera ancora adesso il suo caro papà. «Un Santo la
cui bontà e potenza dovete scoprire» pare ci supplichi Maria, sua
vera e fedelissima Sposa.
Mi viene un pensiero.
Nella nostra conoscenza
così imprecisa della vita della Madonna (e queste pagine non si
illudono certo di colmare una lacuna; rappresentano soltanto un gesto
di amore verso di Lei e verso chi, in umiltà, La sente sua Madre),
diamo giustamente rilievo alla sua condizione di Vergine illibata, di
Madre amorosa, di Sposa fedelissima. Non accenniamo però quasi mai
alla sua condizione di Vedova, in cui ha pure trascorso tanti anni
della sua vita.
La Madonna, pur
rassegnatissima alla Volontà di Dio, non ha mai dimenticato il suo
Giuseppe. Quelli che han fatto del sesso l'altissimo e pesante idolo
che ora li schiaccia, non possono comprendere questo discorso. Quelli
che amano ancora, di tutto cuore nella purezza e nel sacrificio, a
qualunque stato di vita appartengano, sposati o celibi, maritate o
nubili che siano, ne intuiscono l'arcana bellezza.
Modello di sposo, di
capo famiglia, di padre (pur essendolo solo di adozione), di
cittadino ossequioso e di lavoratore capace, San Giuseppe, come
Maria, potrebbe essere ora additato a modello perfetto anche a chi si
consacra interamente a Dio con i voti di castità, di povertà e di
ubbidienza.
Chi più di lui ha
ubbidito, con prontezza e amore? Che ha meglio vissuto in santa e
lieta povertà unendo al suo sudore una illimitata fiducia nella
Provvidenza di Dio? Chi ha più onestamente praticato la purezza,
rimanendo vergine, pur vivendo in famiglia, accanto a una Sposa che
amava e dalla quale era riamato?
Giuseppe non solo fu
casto, ma vergine, pur essendo un uomo di carne e ossa lui pure. Non
pensiamolo un povero vecchio di cartapesta, come si ostinano a
presentarlo quelli che non credono nella grazia di Dio e nella virtù
di un uomo forte e leale.
È bello ricordare
questo tanto più che, se la Madonna e San Giuseppe fecero voto a Dio
di perfetta e perpetua verginità, non fu certo perché a proposito
delle leggi della vita avessero sentimenti gretti o idee sbagliate.
Non per mancanza di coraggio e di amore, ma per l'amore più sublime,
che si elevava direttamente fino a Dio, ripiovendo poi benefico su
tutta l'umanità, avevano scelto di vivere così.
La lunga attesa
Davanti al piccolo
tavolo sono di fronte la Madonna e il suo Gesù. Il posto di Giuseppe
ora è vuoto. Il suo corpo e sepolto non lontano, l'anima è tanto
vicina: eppure come si sente la sua scomparsa!
A Nazareth i giorni, i
mesi riprendono la loro corsa. La Madonna passa lunghe ore sola,
quando Gesù è in paese per il suo lavoro di carpentiere. Lavora,
prega e medita in cuor suo.
Aveva tanto desiderato
la venuta del Salvatore. Le preghiere infocate della sua adolescenza
al Tempio e di Lei, giovane sposa, ne avevan affrettato l'ora. Ed
erano poi passati circa trent'anni da quel mattino di primavera in
cui il Verbo di Dio si era fatto Carne viva nel suo grembo verginale.
Ma perché ancora nulla
di nuovo? Gesù ormai è uomo nella pienezza del suo vigore fisico e
spirituale; eppure continua, giorno dopo giorno, la vita comune di un
qualunque onesto artigiano.
Eppure è il Figlio di
Dio, annunciato da Gabriele, il Salvatore indicato ai pastori, il Re
universale adorato dai Magi, il Maestro ammirato dai Dottori, il
Messia atteso da Israele...
Era sembrato che la sua
missione si chiudesse - troppo presto - all'età di dodici anni; e
Maria ripensava all'angoscia dello smarrimento e alla sorpresa del
suo ritrovamento. Ma ora?
Nel cuore di Lei si
scontravano due sentimenti. La madre avrebbe voluto sempre con sé il
Figlio amatissimo, avrebbe desiderato che quella santa, perfetta
unità familiare non conoscesse lacerazioni. Ma era pure l'ancella
del Signore, postasi al suo servizio per la Gloria dell'Altissimo e
perché la Redenzione potesse giungere a tutte le anime...
Oh, non avrebbe mai
detto a Gesù di lasciare la casa, ma non avrebbe neppure fatto
alcuna resistenza alla sua partenza, il giorno che il Padre lo avesse
chiamato.
Arrivederci, Mamma!
In paese si cominciò a
parlare di un certo Giovanni, figlio del Sacerdote Zaccaria, che dopo
aver passati alcuni anni di dura penitenza sulle montagne deserte,
era sceso lungo il Giordano e s'era messo a predicare e a battezzare.
È facile immaginare
l'attenzione che la Madonna prestava a queste notizie e quanto ne
godeva, perché Giovanni se lo sentiva non solo parente, ma un
pochino suo. Trent'anni prima, con il suo saluto alla cugina
Elisabetta, non aveva lei stessa, già madre di Gesù, portato a lui
la vita di Dio, santificandolo prima ancor che nascesse?
Alcuni del paese
prendono la strada per il lago di Tiberiade e raggiungono i guadi del
Giordano dove la gente si raccoglie ad ascoltare questo giovane
Profeta. Le impressioni che riportano sono serie e sembrano essi pure
toccati nel cuore.
Giovanni, il Battista,
parla con forza, con amore, va subito al sodo. La Madonna non può
non ricordare le parole profetiche del vecchio Zaccaria: «E tu,
bambino, sarai chiamato Profeta dell'Altissimo perché gli andrai
innanzi a preparargli la strada».
Per Gesù, l'inizio di
questa predicazione, fu il segno che anche la «sua ora» stava per
giungere.
Così un giorno la
Madonna dovette prendere una sacca, riporvi qualche indumento e
qualche pagnotta del buon pane che per tanti anni aveva, con infinito
amore, impastato e cotto per lo sposo e per il suo Gesù, e ricevere
da Lui il bacio di pace sulle guance rigate di lacrime, mentre il
cuore batteva forte a tutti e due, e vederlo partire.
Fra alcune settimane
sarebbe ritornato. Ma intanto quanto grande, quanto silente e vuota
le sembrava la casetta senza di Lui...
I trent'anni, che Gesù
aveva passati quasi interamente a Nazareth con la Mamma e il padre
putativo, non erano stati solo una preparazione ai tre anni circa di
apostolato fra le città e i paesi della Palestina.
Per Giuseppe, per la
Madonna e per Gesù furono un lungo, fervidissimo apostolato formato
dagli elementi essenziali: il colloquio interiore e continuo con Dio,
la preghiera, il lavoro, una squisita carità in famiglia e con tutte
le persone con cui, nelle mille circostanze della vita, venivano a
contatto.
Nella casa della Santa
Famiglia la Redenzione del mondo non era solo in attesa ma già in
atto, come una giovane vita che palpita nel grembo materno e non
ancora dischiusa alla luce.
Ora questa esperienza
irripetibile nella sua perfezione, di vita familiare, si chiudeva per
sempre? E Gesù dove sarebbe andato?
L'Agnello di Dio
Gesù iniziò la sua
vita pubblica con un grande atto di umiltà. Si recò lui pure presso
il Giordano per chiedere a Giovanni il battesimo quale segno di
penitenza e di purificazione.
Giovanni vide Gesù, -
era la prima volta - mentre scendeva, tutto solo, verso il fiume.
Senza esitazione lo indicò ai presenti: «Ecco l'Agnello di Dio!»
cioè la vittima più pura e più gradita a Dio, che offrirà se
stesso per cancellare il peccato del mondo. E mentre Gesù si
avvicinava, Giovanni continuò: «Vi parlavo di Lui quando dicevo che
in mezzo a voi c'è Uno che non conoscete, a cui devo preparare la
strada. Di fronte a Lui non mi sento degno neppure di slacciargli i
sandali».
Intanto Gesù era
arrivato presso il fiume e stava realmente per slacciarsi i sandali
per entrare alquanto nell'acqua e ricevere lui pure il battesimo.
Giovanni protestò:
«Non lo posso permettere! Io piuttosto dovrei essere battezzato da
Te».
Ma poi dovette cedere e
battezzarlo.
In quel momento una
grande luce, non violenta come un fulmine, ma dolce come una colomba,
venne a posarsi sopra di Gesù, mentre si udì una voce potente:
«Questo è il mio
Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto!».
Tutte queste cose
commossero e sbigottirono anche i numerosi presenti.
Erano gente di ogni
ceto, contadini e pastori, farisei e pubblicani, gente di Gerusalemme
e pescatori del vicino lago di Tiberiade; vi erano persino dei
soldati romani venuti per fare una ispezione.
Fra costoro due
pescatori, Andrea e il suo giovane amico Giovanni, furono attratti,
come ferro da calamita, a seguire Gesù.
Rimasero con Lui fino
alla sera.
Dunque quel giorno,
sulla riva del fiume Giordano, aveva incontrato il Signore chi
sarebbe diventato l'Apostolo prediletto di Gesù e, un giorno, il
figlio di adozione di Maria, sempre vicino e amatissimo: Giovanni,
l'Evangelista.
L'ora si avvicina
Lo stesso Spirito, che
condusse Giovanni Battista nel deserto a far penitenza e poi lo
richiamò in mezzo alla gente, condusse pure Gesù sulla brulla
montagna, ora detta delle Tentazioni.
Maria, rimasta sola,
pensava continuamente al suo Gesù che come Mosè, Elia e altri santi
e profeti che lo avevano preannunciato, si sarebbe recato su quella
montagna in cui neppur le capre trovavano da brucare. Vi avrebbe
trascorso una quarantina di giorni nei disagi fisici, nel digiuno,
immerso nella meditazione e nell'intimo colloquio con Dio Padre.
Poi, e la Madonna lo
sapeva benissimo, ci sarebbe stata l'evangelizzazione con
l'entusiasmo delle folle, il ritorno di tante anime a Dio, la
guarigione di tanti malati, dei lebbrosi, degli indemoniati...
E poi l'invidia dei
capi, e le male lingue che avrebbero seminato zizzania tra i
semplici, e poi l'ingratitudine delle masse, così facili a cambiar
bandiera, l'abbandono anche degli amici, dei beneficiati.
La Mamma vedeva
avanzarsi la tragedia del Calvario, come un ciclone che venga a
coprire un cielo prima tersissimo e a rovinare una natura rigogliosa
di vita.
Ne aveva letto già fin
troppi particolari sui rotoli della Sacra Scrittura, quand'era a
Gerusalemme. Le aveva risentito rileggere tante e tante volte queste
tremende profezie, seduta nella Sinagoga, il sabato, con accanto lo
sposo Giuseppe e il Figlio. Il «Servo di Dio» avrebbe dato la vita,
in sacrificio totale e volontario, per riparare la disobbedienza al
Signore e offrire alle persone di buona volontà, di qualunque popolo
e religione, la possibilità della Salvezza.
Una salvezza offerta
attraverso una Croce, e per molti sarà offerta inutilmente. «Una
spada ti trapasserà l'anima» le aveva detto Simeone. E già la
spada cominciava a penetrarle più profondamente in cuore.
Non di solo pane...
Mentre la Mamma, a
casa, lavorava pregando, con davanti agli occhi dell'anima il suo
Gesù, Egli trascorreva in digiuno e preghiera un lungo periodo di
penitenza. Dopo quaranta giorni di mortificazione, ce lo dice il
Vangelo, si sentì sfinito. La fame si faceva prepotentemente
sentire.
Satana, il Nemico,
subito approfitta di questa debolezza fisica per tentare di
travolgere Gesù. Non gli era riuscito di eliminarlo quando Egli era
ancora nel grembo di Maria, con la lapidazione di Lei perché
Giuseppe, uomo giusto, non pensò neppure a denunciare la Sposa.
Satana non era riuscito
a ucciderlo, Bambino, neppure aizzandogli contro la rabbia di Erode e
le spade dei suoi soldati. Che ci riesca ora a vincerlo, ancor prima
che Gesù inizi la sua manifestazione al mondo, distogliendolo dalla
volontà del Padre, anzi asservendolo ai suoi stessi loschi
disegni?...
Ma chi era poi questo
Gesù di Nazareth? Certo un essere che incuteva terrore anche a lui,
il Principe delle Tenebre. Era un semplice uomo, anche se di gran
lunga il migliore di tutti, o era addirittura il Figlio di Dio? Era
forse Dio stesso che, scavalcando nel suo volontario annientamento la
natura angelica, si era fatto uomo tra gli uomini?
Satana lo avvicinò,
con l'astuzia di un aspide che non vuol lasciarsi sfuggire la preda,
usando tutta la diplomazia, ammantata del cosiddetto buon senso, di
cui si sentiva capace.
«Non ti accorgi che
muori di fame? Non sarai buono né per te né per gli altri. Ma su,
mangia! Te lo ha dato Dio lo stomaco, e il pane Tu non hai bisogno né
di cuocerlo né di acquistarlo. Di' una parola e queste pietre
diventeranno pane... ».
Gesù rispose: «Non di
solo pane vive l'uomo... » e rifiutò non soltanto il momentaneo
nutrimento ma la seduzione di una vita «normale» senza eccessive
preghiere e penitenze. Sarebbe, secondo il Diavolo, potuto tornare a
Nazareth, e lì mangiare onestamente il buon pane cotto da sua Madre.
Poi, magari, formarsi Lui pure una famiglia. Che cosa c'è di più
santo, di più «normale» di una bella famiglia?...
Satana vedeva però il
suo discorrere cozzare contro la roccia del monte e ancor più contro
la volontà ferma di Gesù.
Il Diavolo cambiò
discorso: «E allora fa qualche cosa di "diverso", se sei
diverso dagli altri! Se hai una missione da compiere, datti da fare,
e presto! Vedrai tutto il mondo correre a inginocchiarsi ai tuoi
piedi... Ti suggerisco io un lancio pubblicitario di sicura
efficacia: il luogo, Gerusalemme "la città santa", e il
modo? Buttati, quando i cortili sono affollati di gente, dalla Torre
presso il Tempio. Non ti romperai neppure una caviglia. E’ scritto
che Dio manderà i suoi Angeli a sorreggerti... ».
«È scritto anche,
rispose Gesù, che Dio non va tentato, chiedendogli miracoli
inutili».
La partita si metteva
male. Due vittorie per Gesù e niente per il Seduttore.
Sfoderò l'ultima arma
come uno che, sfortunato in giochi d'azzardo, pazzamente gioca tutto
il patrimonio, fino alla camicia.
«Tu vedi nella sua
grandezza e conosci nella sua bellezza il mondo meglio di me. Tu sai
che non mento se mi ritengo io il "principe" di questo
mondo. Ebbene, sono pronto a lasciartelo tutto nelle mani, ad
andarmene al mio maledetto destino, se Tu per un istante ti
inginocchi di fronte a me e mi riconosci per tuo dio... ».
Gesù pensò al
tentativo di Lucifero di occupare in Cielo il posto di Dio, e ciò
costò al Ribelle e a miriadi di angeli sedotti la dannazione eterna.
Lo stesso sacrilego tentativo veniva ripetuto ora di fronte a Lui,
Uomo-Dio. Lucifero adorato da Dio stesso, come a Lui superiore...
Oh, che il cedere in
cambio tutto l'universo era per Satana meno che il cedere un
giocattolo, in questo mostruoso baratto...
Gesù pensò anche alla
sua Mamma, all'umile ancella del Signore, a colei che era sempre
pronta per fare la Volontà del Padre. Per ricomprare il mondo da
Satana, la Madre era disposta a offrire al Padre il suo stesso Figlio
in redenzione.
Con voce potente, anche
se il corpo era sfinito, Gesù ordinò a Satana di andarsene.
«Solo a Dio si deve
adorazione e ubbidienza... ».
Forse nella stessa ora
la Madonna mormorava a fior di labbra quella preghiera nata parola
per parola, poco per volta, nelle tranquille sere di Nazareth, e che
Gesù poi confiderà ai suoi Apostoli perché la ripetessero
anch'essi. La preghiera terminava così: «Non lasciarci soccombere
nella tentazione, liberaci dal Maligno... ».
Le nozze di Cana
La Madonna aveva dei
parenti nel vicino paese di Cana e un giorno fu invitata a
partecipare, con Gesù, alle nozze.
Ma il Figlio, dopo il
battesimo voluto ricevere da Giovanni il Battista, e di ritorno dalla
quaresima di penitenza compiuta nel deserto, non stava più a
Nazareth.
Già si era messo a
predicare nei paesi sul lago, in Cafarnao, Betzaida, Corozin, ecc., e
a raccogliere attorno a Sé i primi quattro o cinque discepoli.
La Madonna riuscì
comunque a fargli pervenire l'invito alle nozze che Gesù accettò
volentieri.
Quasi verso la fine del
lunghissimo pranzo (per quei paesi poveri era un avvenimento da
ricordare in vita) ecco arrivare Gesù con i suoi primi Apostoli, tra
i quali San Giovanni che ce ne ha tramandato il racconto.
Molto conosciuto e
stimato fra quei suoi parenti, Gesù fu chiamato al posto d'onore
presso gli sposi. La sua venuta accrebbe la gioia ai convitati che,
facendo subito posto anche agli altri venuti, ripresero... sete e
appetito.
La Madonna, lei pure
seduta a tavola, pur nella serenità del momento, era sempre attenta
a quanto avveniva.
Si accorse infatti per
prima che i servi tardavano a riempire di nuovo i boccali del vino.
Forse si erano esaurite le scorte.
Non si poteva pensare,
come ai giorni nostri, di fare una corsetta dal droghiere o
dall'oste. Allora ogni famiglia aveva il suo vino e il farselo
prestare o vendere, in una occasione come quella e all'ultimo
momento, sarebbe bastato per diventare la favola del paese.
Per evitare a quei cari
parenti, specialmente ai giovani sposi, una figura in quei frangenti
piuttosto meschina, non disponendo di risorse umane, Maria ricorse al
suo Gesù.
Gli si avvicinò senza
dar nell'occhio e, come se gli dicesse la cosa più comune, gli
sussurrò: «Figlio, non hanno più vino».
Gesù comprese l'enorme
peso di quella semplice frase, e quale atto di eroismo fosse costato
alla Madre il pronunziarla.
Le rispose, serio e
affettuoso insieme: «Che c'è più fra me e te, o Donna? La mia ora
non è ancora venuta».
La Madonna non ritirò
la sua richiesta, pur sapendo le conseguenze che quel piccolo gesto
avrebbe causato e, lasciando a Gesù l'ultima scelta, si rivolse ai
servi, che si erano avvicinati, dicendo loro: «Fate quello che Lui
vi dirà».
Gesù, ormai
compromesso dalla fede e dalla costanza della Mamma, buttò lì una
frase che poteva sembrare addirittura una presa in giro per chi, come
noi, già non conoscesse il miracolo che ne sarebbe avvenuto. «Fuori
ci sono i recipienti per fare le abluzioni. Vuotateli, risciacquateli
e riempiteli di nuovo d'acqua. Poi portate in tavola da bere».
Quei poveri camerieri
dovettero sbarrare gli occhi di fronte a un ordine tanto strano e...
inutile. Ma Gesù era così serio e calmo nel parlare, e lo sguardo
amoroso e gioioso della Madonna era rimasto così imperturbato che,
anche per liberarsi dalle sempre più pressanti richieste di altro
vino che essi non potevano più evadere, decisero di ubbidire al
Signore.
Sapete anche voi come
la cosa andò a finire. Quando, quasi per gioco, vollero assaggiare
quell'acqua da loro stessi versata in quella specie di grosse anfore,
si accorsero di bere del vino degno della tavola di Erode e dei Sommi
Sacerdoti. Un vino di cui forse neppure a Roma o ad Atene se ne
beveva l'uguale...
In pochi minuti le
tavole rifiorirono di boccali e l'allegria cresceva senza sforzo.
Solo una protesta: il responsabile dei preparativi alle nozze, che
però non si era accorto del vino che mancava e del modo in cui Gesù
vi aveva provveduto, se la prese con gli sposi e i loro parenti
perché gli avevano tenuto nascosto il vino migliore. Quello ci
sarebbe voluto all'inizio e non alla fine quando i gusti si fanno
meno esigenti e i giudizi più vaporosi...
Donna, la mia ora...
Vi confesso, miei cari,
che quasi tutte le frasi di Gesù alla Madonna, come ce le riporta il
Vangelo, mi hanno fatto impressione. Non sono facili da capirsi.
Ho detto che la Madonna
compì un atto eroico nel riferire a Gesù che veniva a mancare il
vino. E c'è un perché.
Tanto intelligente e
riflessiva, Ella si rendeva conto che Gesù avrebbe potuto risolvere
quella incresciosa situazione solo ricorrendo alla sua onnipotenza di
Dio. Ci voleva un miracolo, e il Vangelo ci assicura che fino allora
Gesù non ne aveva mai fatti. Fu la Madonna a strapparglielo.
Chiedergli un miracolo
era quasi obbligarlo a rivelarsi per quello che Egli era: il Figlio
di Dio. Voleva perciò dire accorciare le tappe della sua
evangelizzazione, del suo manifestarsi a quel mondo che poi lo
avrebbe deriso, respinto, abbandonato. Era dare il via a quella
tremenda reazione a catena che si sarebbe conclusa con la tragedia
del Calvario, con la morte sulla croce.
Gesù comprende
benissimo quale peso abbia l'intervento della Madonna e la sua
risposta lo testimonia. Ecco come potremmo parafrasarla: «Ora non
sei più soltanto la Madre che nella vicina Nazareth mi chiedevi,
come a figlio tuo, questo o quel favore. Tu rivolgendoti a Me, Figlio
di Dio, vai oltre ai tuoi diritti di madre di famiglia, e prendi il
ruolo di Madre della Chiesa, di Corredentrice dell'umanità, di
quella Donna che con Me schiaccerà il capo a Satana. E Io
rivolgendomi a te con lo stesso nobilissimo nome con cui, morente, ti
chiamerò dalla Croce a essere madre a Giovanni e a tutta la Chiesa,
adesso ti avverto, o Donna, che questa mia ora non è ancora venuta».
Nessuno, come la
Madonna, conosce la potenza della preghiera umile e fiduciosa. Con lo
stupendo programma proposto a quei bravi camerieri e a tutti noi:
«Fate quello che Lui vi dirà!», Ella anticipa l'ora di Dio!
Nel Tempio, a Gesù
dodicenne, che s'era fermato senza avvisare i genitori, la Madonna
aveva chiesto, addolorata, il perché...
Gesù le aveva risposto
che quando si tratta di vocazione, di missione divina da svolgere,
non c'è affetto e autorità umana che possa frapporre ostacoli.
La Madonna aveva fatto
tesoro di quella lezione, e ora che la missione di Gesù sta
avviandosi, Lei stessa ve lo introduce, donando a noi non più il
Bambino di Betlemme o il Falegname di Nazareth, ma il Taumaturgo, il
Maestro, l'Amico dei sofferenti e degli umili.
Un giorno Maria ce lo
donerà totalmente questo suo Figlio come la vittima del Calvario e
dei nostri altari.
Non a caso San Giovanni
Evangelista commenta: «Quello fu il primo dei miracoli compiuti da
Gesù e i suoi discepoli credettero in Lui».
Il primo ritorno a Nazareth
Dopo il miracolo della
trasformazione dell'acqua in ottimo vino, avvenuta a Cana, la
curiosità della gente e l'attenzione delle persone sofferenti e
religiose si diffusero come un benefico contagio in tutta la Galilea.
Tutti volevano Gesù.
E Gesù, non badando a
sacrifici e stanchezze, e già allenandovi i suoi discepoli che
intanto andavano crescendo di numero, passava di paese in paese,
predicando il suo Vangelo, risanando ogni sorta di malati e
scacciando i demoni dai corpi degli ossessi. Con le opere e le parole
insegnava agli umili quanto Dio fosse loro vicino e li amasse come
vero padre.
Passate alcune
settimane, volle fare ritorno a Nazareth per rivedere e riabbracciare
la Mamma, per farla meglio conoscere ai suoi Apostoli, ed anche per
far provvista di indumenti e vesti che la Mamma gli andava tenendo
sempre in perfetto ordine.
Mi par di vedere Gesù
con quanta dignità e proprietà vestisse pur senza ricercatezza di
stoffe e senza stranezze di fogge. Anche in questo si intravvedeva
l'occhio e la mano intelligente della Mamma e soprattutto l'amore e
l'adorazione della umile ancella di Dio e della perfetta discepola
del suo Messia.
Il primo incontro con
Maria fu per gli Apostoli una santa sorpresa e una consolazione
all'anima che li entusiasmò ancor più a seguire il Figlio di questa
semplice, buona, benedetta fra tutte le donne.
Anche Giacomo e Giuda
di Alfeo, rividero ben volentieri la zia, felici e orgogliosi di
essere stati scelti come Apostoli dal loro cugino Gesù. Corsero poi
dalla loro madre e dai fratelli per godere insieme di tanta
vocazione, e delle prime felici esperienze compiute insieme con Gesù.
Si sistemarono così
alcuni nella casa stessa della Madonna, altri in quella di Maria di
Alfeo, altri in case vicine ospitali. Giunto il sabato, come era
solito fare, Gesù si recò alla Sinagoga. Il capo della comunità,
dopo le preghiere e i canti di rito, invitò Gesù a leggere e a
commentare la Bibbia. Penso naturalmente che, da buoni israeliti,
siano stati presenti, mescolati fra la gente di Nazareth, gli
Apostoli e la Madre.
Quando Gesù si alzò
per andare al leggio a leggere, un brusio di commenti e poi un
silenzio perfetto fecero capire quanta voglia i Nazareni avessero di
udire con le loro orecchie questo concittadino che faceva già
parlare tanto di sé, per quanto andava compiendo e dicendo un po'
dappertutto.
E Gesù, calmo e
solenne a un tempo, prese il rotolo della profezia di Isaia, andò a
cercare il passo in cui il profeta diceva: «Lo Spirito del Signore è
sopra di me. Lui mi ha consacrato e mandato a predicare ai poveri la
buona novella... ».
Lesse il brano con la
sua bella voce, dolce e sicura. Una pausa. Riavvolse il rotolo, lo
consegnò all'inserviente. Si sedette. Nella Sinagoga nessuno si
muoveva. Si poteva udire volare una mosca.
Poi Gesù commentò:
«Io vi assicuro che quanto qui è stato predetto, oggi si realizza
di fronte ai vostri occhi».
Come a dire: Questo
Messia, che voi pure attendete, vi sta qui davanti: sono Io che vi
parlo!
La gente rimase
dapprima sbalordita. Era troppo violenta e improvvisa questa
rivelazione per poterla accettare o rifiutare tutta d'un colpo.
Poi cominciarono i
bisbigli, i commenti. Che Gesù fosse un galantuomo nel lavoro, un
onesto sotto tutti gli aspetti nessuno poteva avere dubbi.
Conoscevano bene pure la Madre, una santa donna e Giuseppe, il
falegname, aveva lasciato un caro ricordo. Anche dei parenti di Gesù,
della famiglia di Alfeo soprattutto, non si poteva anche volendolo
dir male.
Con tutto questo però,
ad arrivare a credere che quel Gesù, figlio di Maria, fosse non solo
un bravo uomo, ma addirittura il Messia del Signore, il passo era
troppo lungo per la loro poca fede.
E la Madonna, con
intimo dolore, vide Gesù diventare nella sua Nazareth segno di
contraddizione. La maggior parte, pur riconoscendo a Gesù l'onestà
a tutti i livelli, la capacità di parlare, anche una grande bontà
che gli permetteva di ottenere da Dio grazie particolari, rifiutò di
credere che fosse proprio Lui il Cristo atteso da secoli. Se ne
uscirono della Sinagoga frastornati, discutendo e scuotendo la testa.
Gesù era tornato dalla
Mamma con una gran voglia di far tanto del bene anche a Nazareth. La
sua famiglia era conosciuta in paese ed era al corrente di tante
situazioni penose, di tanti malati, di handicappati, di persone
infelici ancor più nell'anima che nel corpo. Ma, ci dice il Vangelo,
nonostante la sua disponibilità, Egli non vi poté compiere che
pochissimi miracoli, appunto perché era mancata la fede in Lui.
Gli dispiaceva per loro
e per la Mamma che sarebbe stata felice che anche i suoi compaesani,
che Essa tanto amava, potessero approfittare delle infinite ricchezze
di grazia che Gesù aveva tenuto fino allora nascoste. Adesso era
giunto il tempo di distribuire a piene mani.
Beata Te, che hai creduto!
Di San Giovanni
Battista è riportato un bellissimo elogio fattogli, in sua assenza,
da Gesù. Elogi ed anche rimproveri non furono risparmiati agli
Apostoli, specialmente a San Pietro e a San Giovanni. E della Madonna
non troviamo niente?
Io amo pensare che
l'elogio più bello e più completo di sua madre Gesù lo abbia
tracciato all'inizio del grande discorso della montagna. Quanto è
caro rileggere anche in chiave mariana le Beatitudini, pagine d'oro
della letteratura umana!
- Beati gli umili!
Beati i poveri convinti e contenti di essere tali, e perciò
fiduciosi di raggiungere Dio, per bontà sua, nel Regno dei Cieli.
Beata Te, Ancella
obbediente di quel Dio che fa cadere i prepotenti dai troni e innalza
Te, umile Regina, a fianco di Gesù, a una regalità senza confini.
- Beati i puri di
cuore, perché vedranno Dio.
Beata Te, o piena di
grazia, diventata il paradiso di Dio, il suo vivo tabernacolo. Da Te
verrà il Verbo, fattosi uomo, a rivelarci il volto del Padre.
- Beati i miti, i
portatori di pace, perché possederanno la terra e saranno chiamati
figli di Dio.
Beata Te, benedetta fra
tutte le donne per il tuo cuore buono e misericordioso. Tu sei non
solo la figlia prediletta ma la madre del tuo Dio.
- Beati quelli che
hanno fame e sete di giustizia; un giorno saranno saziati.
Beata Te, dolce e
potente calamita che hai attirato sulla terra il Verbo di Dio,
l'Agnello che toglie il peccato. Tu hai goduto nel vedere il Signore
realizzare finalmente le promesse fatte ad Abramo e ai suoi
discendenti.
- Beati coloro che
soffrono persecuzioni e calunnie a causa della loro fedeltà a Cristo
Gesù.
Beata Te, Madre, anche
se una spada ti ha trafitto l'anima prima ancora che Egli nascesse. E
questa ferita si allargherà fino alla morte sopra la Croce del tuo
Unigenito, e fino a che un tuo figlio soffrirà sulla Terra...
Tu hai esultato nel
vedere il Signore ricolmare di misericordia e di forza gli affamati
di perdono e di giustizia, mentre sono rimandati a mani vuote quelli
che si credono ricchi e sicuri.
- Beati quelli che
credono senza aver visto! - dirà un giorno il tuo Gesù risorto, di
fronte all'incredulo Tommaso.
Beata Te, che hai
creduto a quanto Ti ha rivelato il Signore! Così ti ha salutato la
cugina Elisabetta dinnanzi al muto Zaccaria, punito dall'Arcangelo
Gabriele per la sua mancanza di fede.
Un tentato omicidio
Il primo ritorno di
Gesù a Nazareth, dopo alcune settimane di apostolato, non aveva
certamente avuto una conclusione confortante. Dall'entusiasmo allo
scetticismo, dalle lodi all'ironia, per la gente di qualunque razza o
paese il passo è breve e tanto facile... Ma erano state allora
soltanto parole.
Il tempo e, diciamolo
pure, il Diavolo continuarono però a lavorare a sfavore di Gesù. La
zizzania cresce anche da sola, ancor meglio si allarga se
sopraggiungono Scribi e Farisei a seminarla a piene mani.
Da gente che passava da
Nazareth, poiché lì si incrociavano alcune piste carovaniere,
venivano riportate su Gesù e sui suoi discepoli un sacco di notizie.
In parte erano vere, in buona parte esagerate o alterate anche senza
cattiveria, in parte infine erano maliziosamente distorte o inventate
di sana pianta.
La popolazione, a causa
di Gesù, si era ormai suddivisa in due partiti: un piccolo nucleo di
fedeli, e la gran massa di oppositori con la solita fascia intermedia
di timidi e incerti.
La Madonna sempre più
ne soffriva, perché amava tanto il suo paese e il suo popolo, e
avrebbe desiderato che il suo Gesù fosse per tutti causa di
salvezza, e non occasione di rovina per molti in Israele.
Dovette, una sera,
impallidire quando persone amiche le riferirono il rischio mortale
che Gesù aveva incontrato proprio a Nazareth. Come fosse una preda
incalzata da una muta di cani arrabbiati, Gesù era stato sospinto da
un gruppo di quanti già lo odiavano fino sul ciglio di un
precipizio, e non mancò neppure chi tentò di buttarvi giù il
Signore.
Gesù non si scompose.
Amareggiato per il rifiuto dei concittadini, per vedersi cacciato
fuori dal suo paese (un giorno, quando sarà la sua ora, verrà
buttato fuori anche da Gerusalemme) ma per nulla spaventato, non
pensò né a fuggire né a difendersi. Passando sicuro e tranquillo
in mezzo a loro, senza che più potessero mettergli addosso una mano,
se ne partì di là.
Chi è mia madre?
Lo smacco subito dai
più scalmanati non fece riflettere gli altri, anzi il cattivo
lievito farisaico faceva fermentare e inacidire ormai tutta la massa.
Fortunato San Giuseppe,
il falegname, che era già morto! Su di Maria, la Madre di questo
pericoloso sognatore, già si indirizzavano le prime frecciate.
Eppure fino allora la amavano tutti, o almeno la stimavano, anche
perché la sua Famiglia, pur nella sua riservatezza e discrezione,
non era vissuta come uccelli in gabbia, ma normalmente impegnata
nella vita del paese, come carità voleva e come il mestiere stesso
di Giuseppe e di Gesù richiedevano.
Maria però era pur
sempre una donna e le donne, a quei tempi, erano considerate ben
poco. Gesù aveva altri parenti. Morto Alfeo (o Cleofa), capo
famiglia restava il figlio maggiore, un certo Giuseppe, insieme a
Simone. Costoro sono gli altri due cugini di Gesù che il Vangelo
nominerà come testimoni, addolorati e finalmente credenti, della
Crocifissione.
Già innervositi per
conto loro di queste chiacchiere, e mal consigliati dai capi del
paese, un bel giorno Giuseppe e Simone radunarono il parentado.
Facendo un riassunto di tutte le maldicenze, conclusero - bontà
loro! - che Gesù non era né un delinquente, né uno stregone, né
un pericoloso arruffapopoli, ma semplicemente un pochino malato di
mente, un sognatore impenitente...
Il Vangelo dice più
brevemente: lo ritennero folle. E tutti, compresa la Madre che,
essendo rimasta vedova, in faccende di clan doveva ubbidire e tacere,
furono obbligati a recarsi a Cafarnao, dove Gesù stava
evangelizzando.
Il Signore è intento,
in una casa, a ricevere molte persone bisognose in anima e corpo,
quando gli annunciano la visita della Madre e dei «fratelli».
L'onnisciente Signore non ha bisogno di far domande sullo scopo di
quella visita. Semplicemente la rifiuta. I parenti attendono? Non li
vuole neppure vedere!
Esce perciò in una
risposta che, se lascia perplessi talvolta noi, deve aver dato
grandissima consolazione e lode alla Madre sua, pur suonando
apparentemente all'opposto.
«Chi è mia madre, chi
sono i miei fratelli?». E volgendo lo sguardo sui suoi discepoli,
disse a chi gli aveva annunciato la visita dei parenti: «Ecco: è
questa la mia famiglia: perché chi compie la Volontà del Padre mio,
al disopra di ogni parentela naturale, mi è fratello, sorella e
madre!».
La Madonna, nella
umiliante sofferenza di quella imposta visita a Cafarnao, non aveva
sperato di meglio, cioè che Gesù rifiutasse di seguire i cugini che
nella loro cieca pietà, volevano riportarlo alla «normalità»,
facendogli riaprire a Nazareth l'officina di falegname.
Godette di sentirsi
incoraggiata, prima fra le discepole del Figlio-Maestro, nel suo
unico desiderio di fare a ogni costo l'ubbidienza, di seguire la
volontà del Padre celeste.
Quanto ci devono però
aver patito, con la Madonna e la sua buona cognata Maria Alfeo, i due
nipoti Apostoli, Giacomo e Giuda vedendosi accomunati, nel disprezzo
e nella emarginazione, con questo Gesù «uscito di mente», e
diventato, a detta degli altri fratelli, il disonore del parentado e
la favola del paese!...
Silenzio e preghiera
Le visite di Gesù a
Nazareth si facevano intanto più rare. Ormai il lavoro di
evangelizzazione si dilatava sempre più e si organizzava meglio.
Attorno a Gesù e ai
dodici Apostoli facevano perno un bel gruppo di discepoli e di donne
devote e volonterose che badavano anche alle necessità materiali di
vitto e vestito di Gesù e di chi faceva l'apostolato, diremmo noi
adesso, «a tempo pieno».
Anche la cognata della
Madonna, Maria di Alfeo, aveva accolto l'invito di Gesù a seguirlo,
con altre brave donne come Maria, Salomé, Giovanna di Cusa. La Mamma
invece doveva restare ancora nel silenzio, anche se straripante di
amore e di preghiera, della casetta di Nazareth.
Con la mente seguiva il
suo Gesù, ed era felice delle buone notizie che i pochi amici,
rimasti credenti in Lui, le portavano. Si rendeva intimamente
partecipe dei dispiaceri che il Figlio incontrava sempre più
frequenti e gravi, soprattutto per l'incomprensione e l'astio di
tutte le autorità, salvo qualche rarissima eccezione.
Si andava componendo,
nitido e vivo, quel quadro che Giovanni (l'apostolo che Gesù
prediligeva e che diventerà sempre più caro anche a Maria, per la
sua purezza e per il suo giovanile entusiasmo) firmerà con le
parole: «Il Verbo di Dio venne al mondo e il mondo non lo riconobbe.
Venne in casa sua, e i suoi non lo vollero accogliere... ».
Ma anche Gesù non
poteva dimenticare la sua Mamma, il capolavoro della sua Redenzione,
dalla quale aveva umanamente ricevuto non molto ma tutto, e per la
cui santificazione Egli aveva dedicato ben trenta dei trentatré anni
della sua vita.
Leggendo attentamente
il Vangelo notiamo senza fatica come i paragoni e le parabole di Gesù
traboccano di ricordi di casa, di riferimenti alle abitudini materne.
Gli pare, a volte, di
rivedere la Madre che mette un pugno di lievito in tre staia di
farina, che aveva prima macinato, impastato, e poi lascia che la
massa fermenti. Intanto accende il forno usando anche fieno e
sterpaglie fra cui ci sono gigli di campo tagliati dalla falce e
presto seccati, e sì che prima erano vestiti di splendidi colori,
meglio che il re Salomone.
Forse rivede la sua
Mamma nella donna rimasta sola, senza più marito e figlio, in casa.
Non ha più introiti e non ha nemmeno la pensione sociale (a quei
tempi, anzi fino a pochi decenni fa non si sapeva nemmeno cosa
fossero queste cose). Questa donna perde una delle dieci monete che
le erano rimaste. Non ne fa una tragedia, ma nemmeno ci dorme sopra.
Si dà a frugare la casa fin che la moneta salta fuori, ed è
contenta che nemmeno un briciolo di provvidenza sia andato perduto.
Gesù prende le difese
dei bambini e delle loro madri, che glieli portavano perché li
abbracciasse e benedicesse, contro le impazienze degli stessi
apostoli. «Lasciate che i bambini vengano a me!».
Non so poi immaginare
quanta fatica Gesù debba aver fatto nel sostenere quel dialogo,
apparentemente assai duro da parte Sua, con quella madre Cananea che
aveva la figlia inferma perché ossessa dal Demonio. E come, dopo
aver provato la fede di quella madre fino all'eroismo, deve averle
detto col cuore traboccante di gioia: «Donna, come è grande la tua
fede! Torna a casa e troverai la figlia già guarita».
Donna, non piangere!
In ogni volto di madre,
sorridenti o addolorate, giovanissime con il bimbo al collo o già
con i capelli brizzolati e il volto segnato da rughe, penso che Gesù
rivedesse il volto bellissimo della Vergine Madre, con quel sorriso
di cielo velato impercettibilmente da una malinconia di chi già
sapeva, e viveva in anticipo, il dramma del Calvario.
Un giorno però a Gesù,
mentre con gli Apostoli saliva verso Naim, l'incontro con una madre
gli toccò il cuore come non mai. Usciva dal paesetto un corteo di
gente che accompagnava alla sepoltura un giovane. Era figlio, unico
per di più, di una donna rimasta vedova. Il caso era evidentemente
pietoso e tutto il paese partecipava al lutto.
Gesù guardò quella
barella, su cui era disteso il cadavere del giovane avvolto nella
sindone, e pregò i portatori di fermarsi, di appoggiarla a terra.
Guardò a lungo la madre, quel volto arrossato dal pianto e devastato
dal dolore. E pensò a sua Madre.
Anche a Nazareth
viveva, in una casetta, una Vedova, con nell'anima ancor forte il
dolore per la recente morte dello sposo Giuseppe. Aveva un figlio,
l'unico, che era l'Unigenito di Dio Padre e di Lei, la Vergine Madre.
E questo Figlio amatissimo, fra poco più di un anno, sarebbe morto.
Non di morte naturale, come per una fatalità, ma giustiziato in
croce, come un delinquente...
Lo avrebbero, quel
Figlio, accompagnato a una tomba non un lungo corteo rispettoso e
dolente di popolo, ma i pochi, pochissimi amici rimastigli, con la
Madre disfatta dal pianto, troppo a lungo trattenuto fin che Egli
viveva.
Quella mamma di Naim
gli anticipava con cruda evidenza il dolore ben più grande della
Madonna e, quasi per chiederle un favore, Gesù le disse: «Donna,
non piangere».
E come avrebbe poi
consolato sua Madre, il mattino di Pasqua, non con dolci parole ma
con ridarle tutto Se stesso, risorto come aveva predetto, così volle
dar conforto a quella vedova doppiamente in lutto, ridonandole vivo
il figlio.
Gesù si chinò, scoprì
il volto del morto, gli prese la mano gelida e con voce sicura e
carezzevole, nel silenzio attonito della folla strettasi attorno,
disse: «Giovinetto, Io te lo dico, alzati!». E alla madre, quasi
impietrita da troppa commozione, Gesù consegnò il figlio, dopo
averlo aiutato a mettersi a sedere e a levarsi in piedi.
Sì, sarebbe venuto
anche per Lui e per la Mamma dolcissima, dopo la interminabile,
dolorosa attesa, quel mattino di Pasqua: «Sono risorto, come ti
avevo detto. Sono vivo, e sono ancora con te!».
Giovanni in prigione
Di mese in mese
cresceva attorno a Giovanni il Battista la popolarità. Più che da
curiosi questo strano personaggio, che sembrava tratto dal granito
dei monti, era circondato da persone desiderose di cambiare
totalmente o almeno di migliorare la propria condotta. L'abbassare le
superbie, il colmare le pigrizie, il raddrizzare atteggiamenti
tortuosi era un programma che il profeta proponeva non alla società,
«agli altri», ma a se stesso e a chi, imitandolo, volesse attuarlo
di persona.
Le autorità religiose,
ingelosite del suo ascendente sulle folle, se ne preoccupavano e non
protestarono certo quando Erode, offeso, lo punì con la prigione nei
sotterranei dello sperduto castello di Macheronte, per avergli
Giovanni rinfacciato la sua scandalosa condotta. La notizia si
diffuse ovunque e portò indignazione e sgomento. Anche Gesù ne
tenne conto e lasciò per un po' di tempo quelle regioni, per recarsi
dove la evangelizzazione era meno ostacolata.
La Madonna ne dovette
soffrire profondamente. Sentiva quanto la vita e la missione del
figlio di Elisabetta fosse legata al destino del suo Gesù. Lo stesso
angelo Gabriele ne aveva preannunciato la nascita, lo stesso Spirito
li aveva portati ambedue prima alla penitenza del deserto poi alla
predicazione.
Che fosse già vicino
il momento della suprema testimonianza, fino alla stessa morte, sia
per Giovanni, già imprigionato da un re senza scrupoli e senza
carattere, sia per suo Figlio che vedeva crescere intorno, come un
mare in burrasca, la diffidenza, il disprezzo, l'odio di tutti i
detentori del potere?
Quell'Erode Antipa, che
pur s'era reso conto che il Battista era un onesto, ma non era capace
di tirarne la conclusione liberandolo, avrebbe avuto un nome e un
ruolo, insieme a tanti altri, anche nella sofferenza e nel sacrificio
dell'Agnello di Dio.
Che sarà di Gesù?
La Madonna non può non
averne pianto. Nel suo cuore sensibilissimo, anche se tanto forte,
pulsava l'amore e il dolore di tutte le madri. Era un innocente, era
il Profeta venuto per indicare a tutti il Messia e la strada su cui
incontrarlo, che ora scriveva la testimonianza con il proprio sangue,
e cadeva simbolo e preannuncio della grande Vittima, sulla stessa
strada che conduceva al Calvario.
Morto Giovanni, le
autorità religiose si sentirono più libere e più forti nel
prendere posizione contro Gesù. La Madonna venne così a sapere che
in quello stesso Tempio in cui Ella era vissuta per tanti anni, Gesù
rischiò un giorno di essere ucciso a sassate da un gruppo di
fanatici farisei.
Le dissero pure, e
purtroppo le notizie erano vere, che i Capi dei Sacerdoti tentarono
di imprigionare anche Gesù. Se la cosa non era riuscita fu solo
perché le guardie ebbero paura della gente che attorniava in quel
momento il Maestro, e perché anch'esse erano rimaste un po'
frastornate, se non proprio convinte, dal suo splendido discorso.
Non sappiamo misurare
quanto abbia patito la Madonna quando seppe che a Gesù era stato
negato il permesso di predicare nel Tempio. Ella, umile e
ubbidientissima alla Legge, vedeva il suo rispetto per l'autorità,
soprattutto religiosa, cozzare contro il modo indegno con cui veniva
esercitata. Al Verbo di Dio veniva proibito di rivelarsi proprio nel
Tempio di Dio; veniva cacciato dalla sua stessa Casa!...
Noi, così superficiali
nel leggere il Vangelo, forse non abbiamo pensato alla profonda
ferita che la Madonna provò nel suo spirito quando si arrivò a
scomunicare non solo Gesù, ma a cacciar fuori dalla Sinagoga (e non
soltanto dal locale delle riunioni come capitò al cieco dalla
nascita guarito da Gesù) coloro che avessero creduto in Lui. Anzi si
giunse a far obbligo a chi sapeva qualcosa sul conto del Maestro
galileo, di esporre denuncia.
Raccogliendo nel cuore
le pene intime e le torture fisiche di tutti i perseguitati per la
giustizia, nell'amore eroico a Gesù e alle anime, Maria di Nazareth
pregustava la beatitudine di chi subisce oltraggi, calunnie e
persecuzioni per causa di Lui. Grande sarebbe stata la ricompensa nei
Cieli!
Con i discepoli
Erano già passati più
di due anni di questa intensa predicazione, del meraviglioso e
molteplice apostolato compiuto da Gesù e di cui il Vangelo ci dà
appena le notizie essenziali.
Gesù viaggiava di
città in città accompagnato dagli Apostoli. Abbiamo già ricordato
che vi erano pure alcune donne che collaboravano materialmente,
badando alle necessità di vitto, vesti, ecc., dei discepoli del
Signore, e che collaboravano anche spiritualmente con il buon
esempio, la preghiera e il contatto discreto con le anime.
Come Giovanni Battista
non conobbe il rispetto umano e disse chiaro e tondo a Erode che non
gli era lecito tener presso di sé la cognata, così Gesù disprezzò
le male lingue e accolse tra gli Apostoli il pentito pubblicano
Matteo e tra le discepole la convertita Maria di Magdala. La Mamma, a
Nazareth, soffriva la solitudine, vedova e con il Figlio lontano e
fra crescenti difficoltà. Anche la cara Maria di Alfeo, vicina di
casa, e che le era stata per tanti anni come una sorella, era
lontana, perché chiamata, appena morto il marito, a far parte del
gruppo delle pie donne.
Ma anche per Lei venne
il giorno, in cui Gesù, in una delle sue rapide visite a Nazareth,
pregò la Mamma che lo accompagnasse, discepola Lei pure insieme alle
altre discepole. Si avviava l'ultimo ciclo di evangelizzazione che si
sarebbe concluso nella Morte e nella Risurrezione.
La Mamma disse il suo
sì, come tante altre volte, alla Volontà del suo Dio, e chiuse
quella casetta che chissà quando e da chi sarebbe poi stata
riaperta, che forse Lei non avrebbe più riveduto, per condividere
con il Figlio Gesù le ormai rare consolazioni e le sempre più
frequenti amarezze.
Il «Servo di Jahvè»
stava per salire gli ultimi gradini dell'Altare del Suo volontario e
cruento Sacrificio, e la Serva del Signore gli era ora anche
visibilmente accanto, con il suo conforto di Madre e il suo impegno
di Corredentrice.
La casa di Betania
La bontà di Gesù è
senza confini, la misericordia di Dio fa sovrabbondare la Grazia dove
prima il peccato ha compiuto le sue devastazioni.
Quando il Signore
perdona a una persona veramente pentita, Egli dimentica tutto il
passato per quanto vergognoso sia stato, e le ridona la sua stima e
l'affetto di Padre. Lo dimostra la conversione di Maria, sorella di
Marta e di Lazzaro, che lascia Magdala per seguire, con le altre pie
donne, Gesù nel suo apostolato.
Con l'affetto del
Signore - il Vangelo dice espressamente che Gesù voleva bene a
Lazzaro e alle di lui sorelle Marta e Maria - questa famiglia di
Betania ebbe certamente tutto l'affetto anche da parte della Madonna.
Insieme all'Apostolo Giovanni infatti saranno sul Calvario, accanto
al Cristo sulla croce e alla Madre crocefissa nell'anima, sia Maria
Maddalena, sia Marta, mentre il fratello Lazzaro resterà a Betania a
offrire il primo rifugio agli Apostoli sbandati e spaventati per la
cattura e la condanna del Maestro.
La Madonna, Creatura
concepita immacolata e poi vissuta sempre nella immagine e
somiglianza con Dio, ha voluto bene, con amore eroico e doloroso,
anche ai più ostinati e perfidi nemici del suo Gesù per ottenere
pure a loro la Redenzione. Ma è più che naturale che il suo cuore
si sia dilatato di gioia e di riconoscenza verso le persone e le
famiglie che hanno accolto, con fiducia e adorazione di veri
credenti, il suo Figlio, riconoscendolo Figlio di Dio.
Non so dirvi - il
Vangelo non vi accenna - se la Madonna, già unita al gruppo delle
Discepole, fosse presente al miracolo grandioso della risurrezione di
Lazzaro, e nemmeno se fu Ella pure invitata con Gesù e gli Apostoli
a quella cena, semplice e solenne insieme, che la famiglia di Betania
offrì qualche tempo dopo, come piccolo gesto di ringraziamento al
Signore. Quel giorno, erano le stesse padrone di casa, Marta e Maria,
a servire a tavola.
La conclusione di
quella cena deve aver addolorato anche la Madonna per la villania di
Giuda, il campione della giustizia sociale e della carità blaterata,
fatta cioè a spese degli altri, negando anche a Dio i suoi sacri
diritti. Giuda offende Maria, padrona di casa, e l'ospite Gesù
tirando falsamente in ballo i bisogni dei poveri.
Anche quel gesto di
Maria Maddalena che versa sul capo e sui piedi di Gesù il profumo
racchiuso in un vasetto prezioso di alabastro, deve aver commosso
intensamente, per la fede e il presentimento che lo suggeriva, il
cuore della Madre.
Suo Figlio, così
sereno quel giorno con i suoi Apostoli e in casa di sinceri amici,
avrebbe conosciuto presto la morte e quel profumo che ora inondava la
casa, anticipava gli odori degli aromi che sarebbero serviti per la
sua sepoltura.
Gerusalemme, che
uccidi...
Da Betania a
Gerusalemme la distanza è di pochi chilometri, e Gesù chissà
quante volte aveva percorso quella strada. Quel mattino però la sua
venuta nella Città Santa non passò inosservata.
Dapprima la sua
tristezza impressionò gli Apostoli. Videro il loro Maestro guardare,
dalle pendici del Monte degli Ulivi, la «santa» Città col suo
Tempio splendente nel sole di primavera, con infinita pena, fino a
non riuscire a trattenere il pianto.
Quante cose gli
ricordavano quelle strade, quei palazzi, quelle case, e di quanti
fatti santi e orribili sarebbero presto divenuti teatro!
Quel Tempio, la Casa
del Padre, che cosa era divenuto ormai?... Gli ricordava la sua Mamma
che vi era vissuta, fanciulla e adolescente, almeno una decina
d'anni, che ve lo aveva poi portato Bambino, insieme a Giuseppe, per
presentarlo in Offerta santa e immacolata al Padre, che era venuta,
sudata e preoccupata, a prenderlo quando Lui dodicenne vi era rimasto
fra i dottori.
Ora la Mamma stava per
compiere il terzo, il più eroico atto di offerta di quel Figlio,
umanamente tutto suo. Come aveva fatto di lui Bambino a Betlemme e
nel Tempio, e di lui Maestro a casa, così ora sul vicino Calvario
stava per offrire (e per offrirsi insieme) il Figlio come vittima di
espiazione e di redenzione.
E Gesù pensava, mentre
le lacrime rigavano le sue guance, che per troppi uomini il
sacrificio di Se stesso, di valore infinito (e accompagnato da quello
di sua Madre e di tutti i buoni), sarebbe stato inutile, anzi pietra
di inciampo invece che di salvezza. Ricordava le parole di Simeone
che più di una volta la Mamma aveva ripetuto al Figlio: «Sarà
posto come segno di contraddizione. Una spada a te, Madre, trapasserà
l'anima».
Gli Apostoli guadavano
Gesù. Finalmente ruppe il silenzio: «Gerusalemme, Gerusalemme che
uccidi i profeti, e ammazzi a sassate coloro che Dio manda a te! Ah,
se avessi riconosciuto questa tua ora di salvezza! Come una madre
sono andato in cerca dei tuoi figli, come una chioccia che raduna i
pulcini nell'ora del pericolo, ma tu non l'hai voluto... ».
Poi un improvviso
cambiamento di scena. Gesù sa che non lascerà Gerusalemme se non
per salire il Calvario, ma non è un pauroso, tanto meno un
rassegnato, un vinto. Aveva detto: «Io darò la mia vita
spontaneamente. Posso darla e ho il potere anche poi di riprenderla.
Questo mi è dato dal Padre mio».
Tutti conoscete la
bellissima festa, che ragazzi e persone umili di ogni età e
condizione, fecero poi quel giorno a Gesù.
Il suo ingresso in
Gerusalemme, la sua venuta al Tempio furono un vero trionfo. In molti
amici del Signore Gesù rifiorirono le speranze che il vento delle
ostilità si sarebbe acquietato, che anzi avrebbe forse cambiato
direzione.
Solo Gesù non si
illudeva: già gli sembrava di sentire l'eco del «Crocifiggilo!». E
Maria sapeva che Ella aveva accettato quel Figlio, lo aveva cresciuto
e preparato non per una festa e un trionfo pur meritato, ma per un
Regno senza fine, il cui trono sarebbe stato però una croce.
Il pane vivo
Quando diciamo il
Cenacolo, intendiamo non solo la bella sala da pranzo in cui avvenne
l'ultima Cena, ma anche altre sale e stanze in cui gli Apostoli e le
prime Discepole, vi poterono vivere, per molte settimane, almeno fino
alla venuta dello Spirito Santo.
La Madonna non era a
tavola con gli Apostoli, quando Gesù istituì la Santa Eucaristia,
ma deve essere stato tanto bello per Gesù recarsi un istante dalla
Madonna, per ridonarsi totalmente a sua Madre sotto il velo del Pane
eucaristico.
Nell'ora della
Incarnazione il Figlio di Dio si era totalmente affidato a Maria di
Nazareth, per avere dalla sua carne e dal suo sangue immacolato quel
Corpo e quel Sangue che in questa ora già stava per immolare sulla
Croce.
Quel Corpo e quel
Sangue, frutto benedetto del grembo di Maria, sarebbe poi stato
glorificato in Cielo ma anche sulla Terra. In ogni paese del mondo e
per tutti i secoli sarebbe rimasto presente e palpitante di vita e di
amore, sotto le apparenze del Pane e del Vino. Non poteva quella sera
mancare la Comunione perfetta anche con la sua Mamma, con la
corredentrice del Santo Sacrificio, quasi a riparare in anticipo
tante comunioni mancate, o gelide o addirittura sacrileghe, che
sarebbero state fatte lungo i secoli fino alla fine del mondo!
La tua Volontà
Lasciato il Cenacolo
dove aveva lavato i piedi agli Apostoli, mangiato l'Agnello pasquale
e istituito la Santa Eucaristia, donando pure agli Apostoli il potere
di rinnovare questo santo Mistero, Gesù uscì verso l'Orto degli
Ulivi. Avevano pregato tanto e si era fatto buio. Anche nell'anima di
Gesù scendeva sempre più fitta la tenebra e la tristezza.
Scelse tra gli Apostoli
- Giuda intanto stava già attuando il suo tradimento - i tre che
riteneva i più affezionati, perché gli facessero compagnia.
Dormirono invece, nonostante i richiami, mentre Gesù passò ore di
sofferenze indescrivibili, tanto che sudò sangue.
Nessun conforto né dal
Cielo né dalla terra, di fronte alla sicura previsione di essere
abbandonato da tutti, di venir tradito da un amico, di essere
processato, torturato, condannato, ucciso su una croce. Gesù aveva
pure l'impressione che tutto sarebbe rimasto inutile per molti, per
troppi fra gli uomini, che Lui avrebbe voluto salvare senza
eccezioni...
«Padre, allontana da
Me questo calice!... », implorò in quel tremendo momento.
La Madonna era
certamente rimasta nel Cenacolo, ma il presentimento materno,
illuminato anche da tanti accenni che Gesù aveva fatto sulla sua
Passione, le faceva già vivere, spiritualmente vicina, la dolorosa
agonia del Figlio.
E come Lei aveva
accettato di divenire la Madre del Redentore dicendo: «Sia fatto di
me secondo la tua parola», così il Figlio ripeterà le stesse
parole della Mamma, in quella «notte delle tenebre» in cui il
Sangue già cominciava a sprizzargli dalle vene: «Padre, sia fatta
non la mia ma la tua volontà!».
Vorrei che vi fermaste
un poco a pensare quanta amarezza abbia provato in cuore la Madonna
quando l'Apostolo Giovanni le racconterà più tardi del tradimento
di Giuda.
Maria aveva sempre
amato gli Apostoli, comprendendone i limiti, sopportandone i difetti,
incoraggiando con la sua saggezza e tenerezza materna il molto bene
che scopriva in loro.
Ma Giuda, questo
infelice Giuda, alla Madonna faceva paura.
Falso, lussurioso e
quindi sempre bisognoso di denaro, in mezzo agli altri Discepoli
sembrava una aspide in un nido di uccelli. La Madonna soffriva e
pregava: temeva per il suo Gesù. La vipera avrebbe quella notte dato
l'ultimo morso, quello mortale, e sotto la forma di un bacio
traditore.
Hanno imprigionato Gesù!
Le ore della notte tra
il Giovedì santo e il Venerdì non passavano mai. La Madonna
vegliava in un crescente affanno.
Finalmente torna
Giovanni, ansante per la corsa, stravolto. Corre dalla Madonna e non
può nasconderle la verità: le racconta del sudore di sangue
nell'Orto degli Ulivi, del tradimento di Giuda, dell'arrivo delle
guardie con corde e bastoni, di Gesù trascinato prima in casa del
vecchio pontefice Anna. Ora è nel Sinedrio radunato illegalmente in
piena notte, ed è sotto processo...
E gli Apostoli? La
Madonna apprende con pena quanto Giovanni, il prediletto, non sa come
confessarle..., gli Apostoli sono fuggiti spauriti, delusi, quasi
arrabbiati con il Signore che, pur potendolo (e lo aveva dimostrato
con un miracolo a favore di una guardia), non aveva voluto
difendersi.
Giuda, dopo il bacio
del tradimento, era scappato via dal Getsemani come un pazzo; Pietro,
dopo lo sbandamento generale, si era messo a cercare notizie di Gesù;
anzi Giovanni lo aveva visto aggirarsi dalle parti del Sinedrio. E
gli altri? Nessuna notizia. Che almeno fossero andati a rifugiarsi
presso il buono e potente Lazzaro a Betania...
La Madonna era
veramente desolata.
Pregò Giovanni che
almeno, almeno lui non abbandonasse il suo Gesù, e che appena gli
fosse possibile venisse di nuovo a prenderla perché anche la Mamma
fosse vicina e seguisse passo passo la tragica conclusione della
Passione del Figlio.
Che sia crocifisso!
Mescolata in mezzo alla
gente, accompagnata da Giovanni e dalle più coraggiose delle
discepole, la Madonna fu testimone del processo iniquo di fronte a
Ponzio Pilato.
Rivide il Figlio
tornare dalla farsa inscenatagli da Erode, con addosso una vestaglia
e trattato da pazzo. Con il cuore che le si spezzava dal dolore, più
che se i colpi piovessero su di lei, assisté, sia pur da lontano,
alla orrenda flagellazione, in cui ogni colpo arava di ferite il
Corpo santissimo del suo Figlio e Dio.
Povera Mamma, che aveva
pure le orecchie stordite dalle urla della folla inferocita che
aizzava i carnefici a raddoppiare il numero e la violenza di quelle
frustate selvagge!
Quale strazio ha
provato la Mamma quando più tardi, sulla gradinata del palazzo di
Ponzio Pilato, vide suo figlio Gesù presentato alla folla dallo
stesso Governatore, uomo indeciso sul giudizio, crudele e pauroso a
un tempo...
Il bel Volto era rigato
di sudore e di sangue, sporco di sputi; la testa era beffardamente
coronata di spine che penetravano nella pelle e la facevano
sanguinare, le belle mani del suo Gesù, tumefatte e legate,
stringevano una canna a mo' di scettro...
La Madonna ricordava
l'annuncio dell'Angelo: «Darai alla luce un figlio, lo chiamerai
Gesù. Dio gli darà il trono di Davide suo antenato. Il suo regno
non avrà mai fine... ».
Davvero che questo suo
Figlio era Re, il Re dell'universo, ma non certo come l'avrebbe
voluto quel popolo imbestialito che osannava a Barabba e chiedeva la
morte per Gesù.
Lungo il Calvario
«Che volete che io
faccia di questo vostro Re?», aveva chiesto con sprezzo Pilato alla
folla in tumulto. «Noi non abbiamo altro re se non Cesare. Costui
sia crocifisso!», fu la risposta ispirata dai Sacerdoti e dai
Farisei che, come lupi famelici, già pregustavano il sangue della
preda.
E Pilato, per paura di
aver noie con Roma, dopo aver apertamente riconosciuto Gesù
innocente e aversene stupidamente lavato le mani, lo condannò a
morte di croce.
La lunga Via Crucis era
cominciata per la Madonna ancor prima di Betlemme. Ora Ella stava per
percorrere, anche materialmente, insieme al suo Gesù, i brevi ma
aspri sentieri che li conducevano alla cima del Calvario.
Tutti conoscete bene,
come ce lo ricordano al vivo i Santi Vangeli, il viaggio di Gesù,
carico della croce, dal pretorio di Pilato, per le strade strette,
sporche e affollate da gente curiosa e ostile della città, fino alle
mura e poi, fuori dalle porte, la breve ma faticosissima salita fino
alla vetta del Calvario.
I nomi del Cireneo,
della Veronica, di un gruppo di donne di Gerusalemme, piangenti di
dolore per la sorte di Gesù e di vergogna per il contegno dei loro
mariti e figli, sono noti e cari a noi, che ricordiamo le dolorose
cadute, gli insulti, le sassate contro il Condannato. Uno dei momenti
più strazianti di questo salire carico della croce fu quando, a una
svolta della stradicciola, Gesù si vide di fronte la Mamma, bianca
di pena come la più addolorata fra le madri, e nobile e forte come
una regina. Un colloquio di pochi secondi fatto solo di sguardo, di
respiro, di battito di cuore. Le anime si parlavano, condividevano la
pena uno dell'altro; si confortavano nel fare con amore, senza
tentennamenti, la Volontà del Padre.
Se la Madonna ci avesse
amati di meno, se fosse stata egoista nel suo dolore materno, avrebbe
potuto chiedere a Gesù di usare per un istante la sua non certo
perduta onnipotenza, e annientando ogni potere infernale e mondano,
sottrarre Se stesso alla morte e la Madre allo strazio.
Invece Maria era
presente sul Calvario proprio per la ragione opposta: stava anche lei
completando la terza fase della sua non ancora finita missione
materna. Ella doveva, dall'alto di quel piccolo colle, divenuto per
sempre l'Altare del mondo, donare il suo Figlio (unita a Lui come
goccia all'oceano), all'Eterno Padre e a tutta la famiglia umana,
come la vittima che espia volontariamente per tutti i peccati del
mondo.
Gesù accettò il
conforto della Madre, infondendo e moltiplicando pure in Lei quel
coraggio e quella tenerezza che l'avrebbero fatta la Consolatrice
degli afflitti. «Tutto è compiuto!»
Mentre spira un vento
cattivo e il cielo accenna a rannuvolarsi Gesù giunge sul Calvario.
È spogliato delle vesti; le ferite della flagellazione, delle cadute
e delle percosse si riaprono.
Viene steso sulla
croce. Incomincia la crocifissione. Sul Calvario c'è un baccano
veramente demoniaco: si acquieta solo per udire i colpi dei martelli
sui chiodi che penetrano inesorabilmente presso i polsi e le
caviglie, nelle mani e nei piedi di Gesù, e poi nel legno. Simeone
aveva preavvertito la madre: «Questo Figlio sarà segno di
contraddizione, posto a salvezza e a rovina. Per questo una spada ti
trapasserà l'anima».
Quei chiodi sembravano
penetrare nella testa, nel cuore della Madonna che era lì, a pochi
metri, che vedeva, che sentiva.
E non poter far nulla
per evitare o almeno alleviare tanto dolore...
Poi la croce viene
issata in piedi, è fissata nel buco già preparato. Il corpo di Gesù
è sospeso ai chiodi che segano e straziano nervi, pelle, vene,
carni.
Il sangue, quel poco
rimasto del molto già sparso, continua a colare. La sete aumenta. Il
corpo trema per la febbre, gli spasimi tetanici sono sempre più
forti.
E nell'anima di Gesù
scende una notte ancor più profonda e paurosa del buio che sta
sempre più, inspiegabilmente a quell'ora, ricoprendo la terra.
«Dio, Dio mio, perché
mi hai abbandonato? ...». Gli uomini, invasati da Satana che con
loro si illude della vittoria contro il Cristo, urlano, bestemmiano,
insultano Gesù e anche la Madre che l'ha messo al mondo per farlo
morire in croce...
Dalla croce parte una
preghiera, che la Madonna ha già fatta sua: «Padre, perdona loro
perché non sanno quello che fanno».
E come Madre, non solo
di Gesù ma dell'intera umanità, la Madonna prega, e perdona... Oh,
il perdono della Madre a coloro che stanno insultando il Figlio
morente... che ancora si prendono beffe del Figlio di Dio... Io
ritengo che questo perdono totale fosse la prova che solo la più
santa e buona delle creature poteva superare, prima di accettare da
Dio il riconoscimento di una missione che, già da tempo, si
accorgeva di andare svolgendo.
La Madonna, Mamma di
Gesù, vera Madre di Dio, doveva essere sempre più visibilmente e
intensamente anche la Madre soprannaturale di tutti gli uomini
chiamati a essere figli di Dio.
Il nome «Donna» che
figura, riferito a Maria, all'inizio e alla fine della Bibbia (nella
Genesi e nell'Apocalisse), e che Gesù aveva già usato alle nozze di
Cana, ritorna sulle labbra, secche per l'arsura, di Gesù
agonizzante.
Sentiamo come ce lo
riferisce l'Apostolo San Giovanni, testimone interessato in prima
persona a questo colloquio: «Gesù, volgendosi alla Mamma, disse: -
Donna, ecco tuo figlio! -. Poi volgendo la testa verso il Discepolo,
disse: "Figlio, ecco tua Mamma!". E da quel momento il
Discepolo la tenne sempre con se».
Se i Sacerdoti possono
ritenersi rappresentati in maniera speciale dall'Apostolo Giovanni, è
pur vero che tutti i cristiani, anzi che tutte le persone del mondo
possono sentire come rivolte a sé le parole di Gesù.
Prima di morire, il
Crocifisso ci offre il più grande dono, dopo quello di Se stesso: ci
affida la Sua come nostra Madre. Ci chiede un impegno, una
responsabilità: riconoscere e trattare la Madonna come nostra
autentica Mamma.
Su questa verità che
il recente Concilio Vaticano II, proprio nell'ora della sua
conclusione, ha in modo solenne ricordato per bocca del Papa che
riconobbe in Maria la Madre della Chiesa, dovremmo ancora riflettere
per trarre alcune meravigliose e impegnative conclusioni.
E uscì sangue e acqua
Le forze al Crocifisso
vengono rapidamente a mancare. Il respiro è sempre più affannoso e
irregolare. Ormai Gesù non ode più nemmeno gli insulti: «Scendi
dalla croce, e ti crederemo! Salva te stesso, tu che salvavi gli
altri!... ».
In questo isolamento e
buio pauroso, mentre come dice il Vangelo sulla terra calarono le
tenebre, nel cuore di Gesù cresce la pace. Il Cielo sta riaprendosi
al suo spirito di uomo. Il Figlio di Dio e di Maria può dire in
verità di aver ormai compiuto, e a perfezione, il proprio dovere.
Anche la Mamma può
ripetere in cuor suo, in umiltà e sincerità: «Tutto è compiuto!»
Ecco, o Padre, ho finito la mia missione verso la Persona del tuo
Figlio Unigenito. L'ho accolto e l'ho generato alla vita umana, l'ho
dato alla luce del mondo; ora lo rendo di nuovo alla luce del Cielo,
in Sacrificio santo e immacolato. Ora aiutami a esser madre non solo
del mio Gesù ma di tutti i tuoi figli che Lui è venuto a salvare...
Già si udiva, ma
sempre più debole, il rantolo dell'agonia. A un certo punto un grido
possente, insospettabile da quel petto straziato ed esangue; e subito
Gesù reclina il capo e spira.
Quale sarà stata
l'ultima parola di Gesù, quest'ultimo grido, quasi un urlo? Non sono
il solo a credere che sia stato il nome, almeno parte del nome di
mamma, in aramaico «Immàh», parola pressoché identica in tutte le
lingue e presente su quasi tutte le labbra delle persone che muoiono
straziate dalla sofferenza.
La cognata Maria di
Alfeo e Maria Maddalena, pur piegate dal dolore, dovettero sostenere
la Madonna che, all'ultimo respiro di Gesù, si sentiva pur essa
morire.
La spada del dolore
faceva di Lei la Regina dei Martiri, pur lasciandola in vita.
Nessuno, tranne il Signore, può scandagliare la grandezza sublime e
l'intensità dell'amore della Madre di Dio, e quindi l'abisso di pena
nel vedere morire e a quel modo, nella natura umana che aveva da lei
assunto, il proprio Dio.
Mi par di sentire nelle
orecchie il gemito che la Madonna non poté soffocare vedendo il
soldato che, con gesto preciso, anche se privo di cattiveria,
squarciò il petto ormai non più palpitante di Gesù. Il cuore ne fu
trapassato, e dall'ampia ferita sgorgò l'ultimo fiotto di sangue e
acqua.
Maria, la Vergine Madre
Io vivo così l'inizio
del Vangelo di San Giovanni: Dalla croce pende, ormai senza vita, il
Corpo del Crocifisso. Giovanni, sorreggendo Maria, Madre di Gesù e
sua, soffre ma spera ancora nel suo Maestro. In attesa del permesso
di staccare dal legno quel Corpo martoriato e poi seppellirlo,
l'Apostolo più caro al cuore di Gesù medita il tremendo mistero
della Redenzione di cui egli è testimone.
«... in Lui era la
vita». Fin dal principio; perché quel Crocifisso è Dio, come Dio è
il Padre.
È venuto tra i suoi,
nella casa che gli appartiene, ma i suoi non l'hanno accolto. Egli
era la luce per ogni uomo, ma le tenebre lo hanno respinto... ».
E qui variando dal
plurale al singolare, io continuo a leggere così:
«E ha dato il potere
di diventare figli di Dio a coloro che lo hanno accolto, che credono
nel nome di Lui che non da comuni leggi naturali, non da passione o
volontà di uomo, ma da Dio è stato generato. Sì, questo Verbo si è
fatto Carne viva ed abitò fra noi; e noi vedemmo... ».
Fui confortato dal
leggere che alcuni Padri della Chiesa Orientale e sommi Teologi della
Scolastica avevano avvertito prima di me l'assurdo di credere che
possano diventare figli di Dio coloro che da Dio già sono stati
generati, e nel leggere nella recente Bibbia di Gerusalemme una nota
incoraggiante la lettura che ripropongo.
Se mi sono permessa
questa... digressione è perché vedo chiaramente in essa non solo
una rinnovata proclamazione della divinità del Verbo nato dal Padre,
ma anche una chiarissima affermazione della Verginità di Maria che
ha concepito e dato alla luce quel Figlio non per comuni leggi
naturali, per passione o per volontà anche santa di uomo, ma per
volontà onnipotente e amore infinito di Dio Padre.
Così questo Verbo si è
fatto carne ed è per Lui, nostro Dio perché nato da Dio Padre, e
nostro fratello perché nato da Maria, che noi abbiamo grazia su
grazia!
In grembo alla Mamma
Nicodemo e Giuseppe di
Arimatea, con qualche loro servo e San Giovanni, avuto il permesso da
Pilato, salirono con delle scale sulla croce. Levarono i chiodi, e
con delicatezza e rispetto calarono il corpo di Gesù. La Madonna,
che si era seduta presso la croce, lo ricevette fra le braccia.
Isaia, parecchi secoli
prima, aveva visto con esattezza la scena: «Non ha più aspetto di
uomo. È un essere umiliato, quasi un percosso da Dio, che fa torcere
la bocca e da cui si allontana lo sguardo... ».
Il suo Gesù! Il suo
bambino nato nella Grotta di Betlemme, il suo Gesù, bello, sano,
forte lavoratore di Nazareth, il suo splendido Gesù degli anni della
evangelizzazione... ora tutto una ferita, uno scempio...
Quel Corpo santissimo
era coperto di sangue e sudore, di polvere e di sputi... Le mani e i
piedi scavati dai chiodi erano già freddi; la santa ferita al Cuore,
oh! come faceva male alla Madonna, anche se Gesù, almeno quella,
aveva potuto non sentirla!
Le brave donne,
previdenti, si erano intanto procurate dell'acqua, degli aromi e
delle lenzuola per ripulire alla meglio il corpo di Gesù.
La Mamma cercava di
togliere le spine dai capelli, adagio adagio, quasi per non fargli
ancora male; le altre compivano la loro pietosa opera.
Mi par di udire il
lungo pianto, il lamento della Vergine, da quegli occhi e da quella
bocca che, con fermezza eroica, avevano cercato di trattenere le
lacrime e avere solo voce di conforto finché Lui ancora viveva.
Di questo santo, lungo,
umanissimo lamento è rimasta eco anche nella poesia cristiana per
lunghi secoli perché, non dimentichiamolo, l'Immacolata Regina del
Cielo è stata quaggiù la più umana, la più vera fra tutte le
donne; ha condiviso, insieme al suo Figlio-Dio, tutto con noi,
eccetto il peccato.
Il sepolcro nuovo
Dopo le tenebre e il
terremoto che aveva scosso il Calvario, la Città e aperto delle
tombe, era tornato un po' di sole, già però vicino al tramonto.
Era la vigilia della
grande Festa della Pasqua giudaica; fra poco sarebbe iniziato il
Riposo rigoroso del Sabato (bel riposo, bella festa per onorare quel
Dio a cui si era appena finito di uccidere il Figlio unigenito!...),
e bisognava pensare, con la massima sollecitudine, alla sepoltura.
La Regina dell'Universo
non aveva una moneta per queste necessità materiali; non aveva una
tomba per seppellirvi suo Figlio. Ma al Figlio spirato nudo sulla
Croce la Provvidenza aveva riservato un bel sepolcro, tutto nuovo,
donato alla Madonna, con prontezza e con fede, da Giuseppe di
Arimatea, perché dopo tanti dileggi e torture, quel Corpo avesse
almeno l'onore di una sepoltura nobile e degna.
Il corpo di Gesù viene
avvolto in una lunga sindone che ancora possiamo vedere e venerare,
conservata com'è con cura nella Cattedrale di Torino. Poi
accompagnato dal tristissimo corteo di alcuni buoni, fra cui più
numerose sono le coraggiose Discepole, viene introdotto nel sepolcro
e accomodato sulla tavola di pietra.
All'interno ormai è
buio e la Madonna vorrebbe restare, per vegliare il suo Gesù. Fanno
fatica a convincerla a uscire; sembra di staccare una madre dal letto
del proprio bambino molto malato, ma che finalmente dorme; ne
vorrebbe attendere il risveglio.
Gesù non è malato o
ferito soltanto. È morto. Il corpo immobile e freddo, senza più una
goccia di sangue, il cuore stesso squarciato dicono che ha finito di
soffrire.
Ora la Passione, che
continuerà nella Chiesa fino all'ultima ora del mondo, si è come
concentrata nel cuore della Madonna.
Anche se ora è
cadavere, il Figlio si risveglierà. Non sarà che un sonno di minuti
o di ore o di giorni; quegli occhi torneranno ad aprirsi, la bocca a
parlare, le mani e i piedi a muoversi, quel povero cuore a pulsare di
nuovo.
Quel Figlio, lo ha
detto Lui stesso più volte - e non può essere che così, -
risorgerà più bello e più vivo di prima!
Ma la Fede,
incrollabile e perfetta della Madonna, era insidiata inutilmente da
Satana con suggestioni beffarde, con tentazioni al dubbio
violentissime, e cozzava pure con lo scoramento generale di chi,
gruppetto avvilito e silenzioso, accompagnava la Madre dal Sepolcro
al Cenacolo.
C'era Giovanni,
costernato e disfatto dal dolore. Ma dove erano gli altri Apostoli, i
molti discepoli, i beneficati, le folle osannanti? Anche le più care
amiche, le pie donne discepole del suo Gesù, sembravano vinte dai
fatti e già pensavano dove acquistare e come preparare altri aromi
per completare la imbalsamazione del Morto.
No! Il suo Gesù era
stato condannato e giustiziato, ma era l'Innocente che redimeva i
colpevoli; era spirato sulla Croce, dopo atroce agonia, ma per
vincere in Lui stesso la morte; per riaprire, dietro a Sé, a tutti i
credenti in Lui, le porte della vita.
Sono ancora con Te!
Una dopo l'altra,
lunghe e penosissime sono passate le ore dalla sera del Venerdì
santo al mattino di quello che adesso chiamiamo la Domenica di
Pasqua.
Nell'anima della
Madonna la fede in Gesù era rimasta intatta; l'attesa della sua
risurrezione era sembrata interminabile per il suo cuore materno, ma
era stata vissuta senza tentennamenti per il suo spirito vigile e
forte.
Gli Apostoli spauriti,
come uccelli sfuggenti allo sparviero, si erano di nuovo ritrovati,
alla chetichella, nel Cenacolo.
Forse la calma e la
fede di Lazzaro li aveva incoraggiati a rientrare in Gerusalemme.
Ma in quanto a credere
alla risurrezione di Gesù la faccenda era troppo grave: Lazzaro, sì,
era risorto dal sepolcro in cui già il suo cadavere si decomponeva;
di questo miracolo essi erano stati testimoni alcune settimane prima;
ma... allora c'era Gesù a richiamarlo alla vita.
Adesso il loro Maestro
era morto, e in che modo lo avevano appreso fin troppo chiaramente.
Nelle tenebre del loro spirito essi si chiedevano chi ora avrebbe
potuto ridonargli la vita.
Intanto le Discepole si
erano alzate di buon mattino per preparare gli aromi e uscire verso
il sepolcro, appena le guardie avessero aperto le porte, mentre la
città ancora dormiva.
In quell'annuncio di
alba la Madonna vegliava. Nessuna voglia in Lei di unirsi all'atto
pietoso delle pie donne, poiché sentiva che l'attesa era ormai al
suo termine. Il terzo giorno dopo la morte, avrebbe rivisto il suo
Gesù, risorto come aveva apertamente predetto. Non c'è traccia nel
Vangelo di questo incontro del Figlio con la Madre, dell'Uomo-Dio con
la fedele Discepola, con la perfetta Credente. Ogni parola
sciuperebbe la paradisiaca felicità del Figlio e della Madre nel
riabbracciarsi dopo tanto soffrire... L'Addolorata diveniva a un
tratto la Consolata, per essere a tutti un giorno la dolce
Consolatrice.
Se un'ombra di dolore
offuscò lo splendore di quel mattino di aprile, fu il constatare
l'incredulità degli Apostoli a quanto testimoniarono poco più tardi
le donne ritornate di corsa dal sepolcro vuoto.
Come sempre succede per
chi ha incarichi dal Cielo, furono prese per sognatrici. Altro che
Angeli e il Cristo risorto...
Nemmeno alla fedele,
forte testimonianza della Maddalena vollero credere, e sì che
quest'ultima l'aveva non solo visto e udito, ma quasi toccato...
La Madonna ascoltava e
taceva. Taceva anche del «suo» incontro con il Signore risorto per
non rendere ancor meno scusabile la loro incredulità.
Gesù, lasciandoli però
per ultimi, avrebbe dato la pace e il perdono anche ai suoi Apostoli,
increduli della sua Risurrezione e ancor più timorosi di rivederlo
glorioso e di ricevere, per il loro vile abbandono, una meritata
punizione.
La Madonna, nella gioia
e nella sofferenza, nella parola e nel silenzio, è stata sempre così
docile al volere di Dio...
Predicate il Vangelo!
Erano passate quasi sei
settimane dal mattino della Risurrezione quando Gesù radunò di
nuovo, con gli Apostoli, molti altri Discepoli sulla cima del Monte
degli Ulivi.
Da quella cima parlò
loro per l'ultima volta, ordinando di portare il suo Vangelo a tutte
le creature, assicurando la salvezza a chi avesse creduto e chiesto
il Battesimo.
Gesù, dopo aver
garantito che non solo sarebbe tornato visibilmente nella gloria del
suo Regno, ma sarebbe rimasto con loro sempre e ovunque sino alla
fine dei tempi, li benedisse e lentamente si levò verso il Paradiso,
scomparendo nell'azzurro di quel cielo di maggio. Gli Apostoli,
rinfrancati e illuminati nella Fede in quelle stupende settimane dopo
la Pasqua, si trovavano ora come bambini orfani di padre, come
scolari senza maestro, per di più con una missione, con un compito
nettamente sproporzionato alle loro forze umane. Allora cercarono la
Mamma.
Discesero dal monte e
con un gruppo di donne, quelle che erano state le più vicine a Gesù
e le più ferventi nell'apostolato, si recarono nel Cenacolo.
Iniziarono una novena
di raccoglimento e di preghiera, in attesa che da Dio venisse loro
uno speciale aiuto per poter eseguire la volontà del loro Maestro.
E passarono questi
giorni di preghiera e di fraternità, dice il Vangelo, «con Maria,
la Madre di Gesù».
Vieni, o Spirito Santo!
Nella sua vita, la
Madonna ha avuto almeno tre momenti di particolare comunione con lo
Spirito Santo.
Il primo fu
nell'istante stesso della sua Concezione immacolata, in cui lo
Spirito Santo la colmò di grazie e di doni, così da fare della
Madonna, già all'inizio, un mare di Grazia, cioè la creatura più
intensamente partecipe della vita di Dio.
Il secondo momento fu
quando l'Angelo Gabriele, dopo averla salutata «piena di grazia»,
le assicurò che sarebbe diventata la vera Mamma di Dio, che il
Figlio di Dio avrebbe preso in lei la natura umana per opera dello
Spirito Santo. L'amore infinito di Dio faceva un tutt'uno con l'amore
totale e immacolato della Vergine; e il Bimbo nato da Lei sarebbe
stato il Figlio stesso di Dio.
Un terzo e solenne
momento di grande effusione dello Spirito Santo in Maria fu quello
della Pentecoste. In quel giorno la Madonna fu, per così dire,
consacrata Regina degli Apostoli e Madre della nascente Chiesa.
Erano passati una
decina di giorni dall'Ascensione di Gesù in Cielo: giornate di fede,
di bontà, di rievocazioni delle parole, dei miracoli compiuti da
Gesù, delle sofferenze e delle gioie vissute insieme, sotto la guida
discreta e sapiente della Madonna. Ella sapeva collocare tutto nella
prospettiva migliore e raccontava fatti e particolari che gli
Apostoli ancora non conoscevano; così preparava i loro cuori ben
aperti a ricevere lo Spirito Santo.
Preannunciato da un
tuono fragoroso e da un sintomo di terremoto, come Gesù aveva
promesso, venne lo Spirito di Dio a posarsi in forma di fiamme sopra
la testa della Madonna, degli Apostoli e delle altre discepole
presenti.
L'anima loro intanto
veniva inondata di luce, di amore per il Signore e per il prossimo,
di fiducia incrollabile nella parola e nella potenza di Gesù.
Quando si accorsero,
dal vocio crescente, che molta gente impressionata da quel fragore,
doveva essersi accalcata attorno al Cenacolo, invece di sbarrare
ancor meglio il portone, spalancarono porte e finestre. Pietro, da
abile pescatore di poveri pesci, si ritrovò a essere coraggioso e
abilissimo pescatore di uomini.
La Chiesa del suo Gesù
muoveva quel giorno i suoi primi passi e il cuore materno di Maria ne
godeva e si allargava ad accogliere i nuovi figli che sarebbero poi
stati senza numero.
Un lungo silenzio
Siamo solitamente
abituati a giudicare e noi stessi e gli altri a seconda della
quantità e grandiosità delle cose che si riesce a realizzare.
Dio ha altri criteri:
Egli soppesa e premia soltanto l'amore che anima una vita, una
giornata, anche la più umile azione. Guarda alla finezza spirituale,
all'intenzione, al sacrificio, al desiderio intenso e disinteressato
di far contento Lui, di far del bene, di procurare gioia, aiuto, pace
al proprio prossimo.
Noi ci lasciamo
abbagliare dal grandioso, anche se è un mucchio di paglia. Dio
invece preferisce l'oro puro, anche se non è voluminoso, anche se
può passare inosservato, perché più o meno nascosto agli occhi dei
superficiali.
La Madonna riconosceva
vero tutto questo e ne godette, fin da quando, di fronte a
Elisabetta, esclamò: «Dio ha fatto in me cose grandi. Ha guardato
all'umiltà della sua serva. Con il suo braccio forte ha dimostrato
in me quanto Egli sia potente... ».
Per questo troviamo nei
Vangeli, e nell'altro stupendo libro che ne è come la continuazione,
cioè negli Atti degli Apostoli, lunghi silenzi sulla vita della
Sacra Famiglia a Nazareth e sulla vita della Madonna dopo la
Pentecoste.
La Madonna ha passato
molti anni ancora di vita con San Giovanni, l'Apostolo prediletto e
l'Evangelista più profondo, dall'occhio di aquila nello scrutare i
misteri di Dio. Forse abitavano una casetta nella zona dell'Orto
degli Ulivi.
Una vita molto
ritirata, dunque, ma tutt'altro che separata e indifferente alla vita
della Chiesa che nella vicina Gerusalemme, nei paesi e nelle città
attorno andava sempre più allargandosi in mezzo a difficoltà,
incertezze e anche grandi soddisfazioni.
A presiedere la Chiesa
in Gerusalemme era stato scelto suo nipote Giacomo che pure come
fisionomia tanto assomigliava al suo Gesù. Capo però, riconosciuto
e ubbidito da tutti i credenti in Gesù, rimaneva Pietro, un Pietro
irriconoscibile, tanto era maturato in prudenza e dolcezza, in
santità insomma, dopo l'amara esperienza di aver rinnegato il
Signore e dopo quel perdono e quella riconferma avuta sulle sponde
del lago, quale solo il Cuore di un Dio potevano dargli.
Il Cristianesimo si
diffondeva in ogni ceto; venivano a chiedere l'istruzione necessaria
e il Battesimo persone di ogni età. San Luca ci dice che anche molti
dei farisei e degli stessi Sacerdoti si fecero cristiani. Il sangue
di Gesù e il pianto della Madonna cominciavano a portare i primi
frutti.
In questo fermento di
vita la Madonna sapeva stare al suo posto, una fra le Discepole.
Pronta a ogni richiesta: a suggerire, se interpellata, il suo
consiglio, ad asciugare una lacrima, ad accogliere un povero, un
peccatore, a catechizzare, come sapeva fare Lei, chi voleva meglio
conoscere il suo Figlio, il suo Dio.
Questa discrezione,
questa serena umiltà la facevano inevitabilmente centro dell'affetto
e della venerazione più profonda. Chi poteva vedere e ascoltare
Maria aveva l'impressione che Gesù già fosse tornato, anzi che non
fosse mai partito... Se è vero che Gesù vive in ogni anima in
Grazia di Dio, in che misura Egli viveva in sua Madre, la «piena di
Grazia»?
Mi par di vederla,
insieme con San Giovanni quando gli impegni glielo permettono, oppure
con qualche brava donna o ragazzino, uscire di casa e ripercorrere
lentamente, pregando e ricordando, la dolorosa via del Calvario.
Ecco: qui il suo Gesù
era caduto; da questo sentiero era venuto il Cireneo. Su questa
pietra si era seduto un istante mentre la Veronica gli asciugava il
volto. E qui, sulla cima, fu piantata la Croce.
E mi pare di vedere la
Madonna quando il figlio di adozione Giovanni, solo o con gli altri
Apostoli, rinnova i Sacri Misteri e dona alla Madre quel Pane,
disceso dal Cielo la prima volta nel grembo di Lei per diventare
Carne viva, e quel Vino, fattosi Sangue vivo del suo Gesù. Quel
Sangue era la Madre che glielo aveva donato, e che gli aveva visto
versare nelle torture e sulla croce fino all'ultima goccia...
Il primo martire
La vita della Chiesa,
Corpo mistico di Gesù, deve ripercorrere le tappe della vita del
Signore.
Come Maria, fin dagli
inizi della Redenzione, pur salvando il Figlio in Egitto, seppe e
soffrì perché era stato versato a Betlemme il sangue innocente di
tanti bambini, così Maria, Madre della Chiesa fu testimone del
martirio di Apostoli e Discepoli di Gesù, fin dai primi anni del
Cristianesimo.
Ogni tortura, ogni
morte rinnovava nel suo spirito la Passione del Figlio. Amava infatti
ogni credente in Lui, pregava per i persecutori come fossero suoi
figli; e lo erano in realtà, poiché Dio aveva voluto che così
fosse, là sul Calvario!
Quando, in Cielo,
capiremo qualcosa del nostro essere veri fratelli di Gesù, veri
figli di Dio, comprenderemo pure che la maternità della Madonna per
ciascuno di noi è ancor più autentica e intima di quella che ci
lega alla mamma benedetta dal cui grembo siamo nati.
In Gerusalemme gli
Apostoli, sovraccarichi di lavoro, avevano scelto e consacrato sette
Diaconi perché si interessassero delle Opere di Misericordia e
avessero cura dei poveri, dei malati, dei bambini orfani, delle donne
rimaste vedove.
Fra essi eccelleva per
entusiasmo, per bontà e sapienza Santo Stefano. Così pieno di
Spirito Santo, così puro e generoso, doveva essere molto caro anche
all'Apostolo Giovanni e soprattutto alla Madonna.
Quando si scatenò più
forte la persecuzione contro i primi cristiani, la prima vittima fu
appunto il Diacono Santo Stefano.
Dopo un processo
assurdo, che richiamava alla mente quello subito qualche tempo prima
da Gesù, Santo Stefano fu spinto fuori della città e assassinato
sotto un cumulo di pietre.
I cristiani raccolsero
poi con amore quel corpo straziato dai sassi lanciatigli con
cattiveria diabolica. Lo portarono, perché fosse mondato e
ricomposto, dalla Madre, nella sua casetta solitaria presso il
Getsemani, perché lavasse quel volto simile a un Angelo e ora tutto
insanguinato, col suo pianto caldo di amore.
La Madonna riviveva le
ore del Calvario. Il suo Gesù le veniva una seconda volta ucciso
nella persona di questo Diacono santo che, ancor prima di spirare,
aveva potuto vedere spalancarsi il Cielo e in esso Gesù, alla destra
del Padre, che lo attendeva.
Questa pena le si
rinnoverà, continuando e completando anch'Essa quanto esige di
collaborazione la Passione di Cristo, ogni volta che verrà a sapere
di soprusi e di catture (quella di Pietro soprattutto, che aveva
messo tutti i cristiani in unanime preghiera per la sua liberazione)
di flagellazione e di martirio di questi figli donati a Lei da Gesù
morente sulla croce.
Assunta in cielo
Ci sono notizie varie,
ma non tutte ugualmente attendibili su questi ultimi anni di vita
della Madonna. C'è chi pensa si sia recata con San Giovanni a Efeso
in Turchia (forse confondendo il presbitero Giovanni, un santo
discepolo di nostro Signore, con l'Apostolo Giovanni Evangelista) e
poi sia morta colà. Io credo invece che abbia chiuso la sua
esistenza terrena a Gerusalemme, nella casa presso il Getsemani
Mi sono pure convinto
che la fine della vita terrena di Maria fu quanto mai semplice e
avvolta di silenzio. La sua non fu propriamente una morte a cui
necessità vuole che faccia presto seguito la sepoltura. Il suo corpo
immacolato non conobbe né la rigidità e il freddo del catafalco né
la decomposizione del sepolcro.
Fu una breve attesa, di
ore e di giorni non so, vegliata da Giovanni, il Discepolo che Gesù
aveva voluto restasse sempre vicino alla Mamma. E cuore di Lei s'era
fermato, era cessato il respiro, gli occhi s'erano chiusi e le mani
erano intrecciate come in preghiera.
Una schiera di Angeli
portano questo Corpo santissimo verso il Cielo. Il Corpo si rianima
sempre meglio e salendo si fa più bello, lieve e spirituale.
Maria sembra vestita di
sole, la luna è sotto i suoi piedi, le stelle le fanno corona.
E sale l'umile ancella
di Dio, sempre più su. Immaginate come volete la scena
dell'abbraccio di Dio con la prediletta che a Lui è Madre, Figlia e
Sposa. Pensate all'incontro con le Anime del suo sposo Giuseppe, dei
suoi genitori, di Giovanni il Battista, di Stefano, dei bambini
innocenti, di tutto il Paradiso umano e angelico che tripudia per
l'arrivo della loro Madre e Regina.
Nessuna creatura è
salita tanto in alto: è oltre il posto occupato un tempo da
Lucifero. L'angelo più bello, la «Stella del mattino» s'è spento
in fiamme di Inferno e ora una creatura umana, una Donna, splende
ancor più lucente nel Cielo, come la Stella di un mattino eterno.
La vita continua
Questo piccolo libro,
nonnini e cari ragazzi e voi tutti che mi avete seguito con
semplicità di cuore, finisce qui. Ma la vita della Madonna, come vi
ho garantito dall'inizio, non è certo finita con la sua Assunzione
in Cielo, come se fosse andata molto lontano.
La Madonna, anche in
questo momento che mi leggete, è viva e vicina, e i suoi occhi sono
rivolti a ciascuno di noi e sono pieni di tanta dolcezza...
Potremmo chiederci
(dopo aver intravisto qualcosa di quel che è stata la Madonna per
Gesù), che cosa rappresenta Maria per la Santa Chiesa. E per ognuno
di noi? Quale compito svolge Maria nella nostra vita?
Sarebbe tempo di
domandarci pure, forse con qualche rimorso, quale posto le abbiano
fatto nei nostri pensieri, nei nostri affetti, nel nostro modo di
vivere. Alla Madonna, intelligente e attiva Mamma di tutti e di
ciascuno di noi, che posto abbiamo lasciato nella nostra stessa casa?
Ma queste risposte non
le troverete su libri stampati. La risposta più vera la troverete
pregando, nella luce dello Spirito Santo, scritta in fondo alla
vostra anima, sfogliando in umiltà e riconoscenza il libro della
vostra vita.
Vi assicuro di questo -
e ve lo lascio come un ricordo o un arrivederci -, io ho dubitato
molte volte del mio amore per la Madonna (troppe incongruenze,
freddezze, ingratitudini...); ma non ho mai dubitato dell'amore che
la Mamma del Cielo vuole a me. È troppo buona per abbandonarmi.
E obbligata per volontà
di Gesù, che Essa ha volonterosamente accolto dalle labbra di Lui
moribondo, a volermi bene, ad aver cura di me, a portare avanti la
mia vita soprannaturale fino a quando mi partorirà alla Luce eterna
del Paradiso.
A me, come a voi,
chiede una cosa sola: che abbiamo fiducia in Lei, che sappiamo
aspettare e ubbidire a Gesù.
È Mamma:, e ci domanda
solo che noi la lasciamo fare.
APPENDICE... POETICA
Quando il cuore non
tiene straripa in parole arruffate, o limpide e gaie, oppure gonfie
di pianto o di desiderio. Nascono così poesie, come pane dal forno,
non limate, non raffinate. E perché si dovrebbe?
Ne colgo una
manciata fra quelle che chiamano la Mamma del Cielo e la madre da cui
nacqui un dì di novembre.
In date diverse,
sono fiorite come ginestre gratuite, selvagge e gentili, cresciute
sui bordi di un'autostrada. Serviranno solo a ingombrare cestini e
sacchi di spazzatura? Eppure, sul nascere, queste parole han fatto
sorridere un poco l'Altissimo e Vicinissimo Iddio. E mi basta.
DON RENZO
Mia cara Madonna
Di fronte all'Infinito, a Dio Uno e Trino, anche la Santa Vergine Maria è meno di un pulviscolo. Ma di fronte a Lei che si fa il suo Bambino (e tale rimane anche quando sale il Calvario della Redenzione e il Cielo della Glorificazione), la Madonna è tutto: è la Mamma. Più che la Mamma!
Grazie, mia cara
Madonna,
di avermi amato Gesù.
Nel freddo del mondo,
nel solitario cammino
gli fosti vicina,
compagna discreta e
fedele.
Di Mamma,
di Vergine Donna
gli desti tutto
l'amore.
Umile ancella,
Amica di Dio.
Sì, lo fasciasti di
amore
prima ancor che
nascesse.
Hai riso,
hai pianto con Lui.
Attendevi, da grande,
i suoi brevi ritorni.
E lo consolavi, Gesù.
Capivi la fame di amore
del cuore umano di Dio.
Gli fosti, in quei
giorni,
e ancor gli rimani
vicina.
Con amore perfetto.
O amore totale,
materno!
nascondi e supplisci
il gelo del mondo.
Amalo anche per me!
Lasciami riposare
Nessuno si può
vantare, perché è assolutamente gratuito, dell'amore di cui la
Madonna circonda ogni momento della vita. È davvero la Mamma per
eccellenza! Anche se è da molti sconosciuta, da troppi dimenticata,
da non pochi bestemmiata...
E siamo tutti suoi
figli!
Ecco, mi inginocchio
davanti al tuo altare;
sul tuo cuore buono
lasciami riposare...
Lo so quanto sei
grande,
che sei del Ciel
regina,
che l'Universo intero
innanzi a Te si
inchina.
E so che al Creatore,
al nostro eterno Iddio
puoi dire, nel
baciarlo:
«Dolce figlio mio!».
Ma quel che mi conforta
è quel tuo sguardo buono,
sei la mia Mamma:
prendimi come sono...
Presepio
Bisogna essere grandi nell'amore, quindi saggi e umili, di
animo gentile, per godere del presepio... I piccoli lo fanno per
natura; noi grandi ci riusciamo, talvolta, quando la Grazia ci invade
e ci sprona.
È tuo!
È tuo figlio, o Maria.
Un cuore gli hai dato;
al mio Dio
un cuore caldo di
sangue.
Ed il suo sguardo
che sa di orizzonti
infiniti,
ridice la luce
del tuo primo sorriso.
È bello il tuo figlio,
pur sull'umile paglia
reclino.
È bello il mio Dio
che ora mi guarda
con occhi di bimbo,
e mi
tende le braccia.
Grazie, o Maria!
Mamma perché?
La grandezza morale delle persone si misura sul banco della fedeltà amorosa al proprio dovere. Tra gli umili ho visto fiorire ricchezze interiori che gli idoli del mondo disprezzano perché le invidiano e non le sanno copiare.
Mamma,
perché sei partita?
perché mi hai
lasciato,
stupito, a guardarti?
Almeno amata ti avessi,
ti avessi capita,
e seguita una volta di
più...
Mamma,
e poi, perché sei così
in fretta?
Tu lo sapevi il tuo
male.
Tacevi,
per non farci soffrire.
Lo sguardo profondo
accennava ancora al
sorriso.
Vicina a morire,
ricordi?
mi hai perdonato, di
cuore.
Così la tua vita:
pianto e tanto sudore
e pace e grazie di Dio.
Così la tua morte:
da madre di un prete,
il volto sereno e
disteso
di chi ha imito
e ora riposa.
Milano, 10 giugno 1966
Arrivederci, Mamma!
È bella, lodevolissima
abitudine andare a trovare i morti nel cimitero. Purché la loro viva
presenza non la si ricerchi nella misera terra del misero corpo
disfatto. L'anima è piena di vita, e la croce n'è testimone!
Mamma,
anche quest'anno
sulla tua tomba
è caduta la neve.
Nel cimitero bianco e
uguale
il silenzio si sente;
fa quasi paura.
Se tu non chiamassi tuo
figlio,
se non gli parlasse
nell'anima
la voce
della tua lunga
agonia...
Sotto la neve il tuo
viso,
gli occhi e le labbra
e le mani,
tutto ritorna alla
terra.
Mamma, anche il tuo
cuore.
Eppure tu vivi!
So che mi ascolti i
pensieri,
ancor mi cammini
vicino.
A volte mi par di
sentir
la tua mano
qui, nella mia mano.
Milano, 30 gennaio 1968
Tratto dal sito http://www.preghiereagesuemaria.it
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