"Senza
coloro che ci hanno preceduti, noi non saremmo nulla ", diceva
Zita di Borbone-Parma pensando a sua madre e alle zie, donne
esemplari e luminose, principesse della famiglia reale del
Portogallo. Esse avevano come principio : « Nulla è duraturo in
questo mondo, nulla è più aleatorio che il potere temporale. Ciò
che conta è l’amore e nient’altro. » Ma la riconoscenza di
Zita era rivolta soprattutto al marito Karl von Habsburg-Lothringen,
pronipote dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe. Divenuto
egli stesso imperatore nella bufera della Grande Guerra, Carlo,
fedelmente sostenuto dalla moglie, ha tentato l’impossibile per
riportare la pace ai suoi popoli e al mondo intero. Morto in esilio
nel 1922, è stato beatificato da san Giovanni Paolo II il 3
ottobre 2004. Zita, ultima imperatrice d’Europa, gli è
sopravvissuta con coraggio per sessantasette anni.
Quinta
di dodici figli, Zita Maria di Borbone-Parma nasce il 9 maggio 1892 a
Pianore (Italia). È figlia di Roberto di Parma e di Maria Antonia di
Braganza, sposata in seconde nozze. La questione delle origini della
famiglia sorge spesso : « La gente di Pianore, riferisce Zita,
ci considerava totalmente dei loro. I nostri amici di
Schwarzau-am-Steinfeld ci ritenevano austriaci. A Chambord, eravamo
rivendicati come francesi (i Borboni-Parma sono discendenti diretti
di Luigi XIV). Tutto questo ci appariva nello stesso tempo
strano e bello. Ma Papà doveva ogni tanto chiarire la nostra
situazione : noi siamo principi francesi che hanno regnato su
Parma. » L’esercizio del potere politico, che è stato a lungo
il destino riservato alla famiglia di Zita, è al servizio del bene
comune : « L’impegno politico è un’espressione qualificata
ed esigente dell’impegno cristiano al servizio degli altri. Il
perseguimento del bene comune in uno spirito di servizio ; lo
sviluppo della giustizia con un’attenzione particolare verso le
situazioni di povertà e sofferenza ; il rispetto dell’autonomia
delle realtà terrene ; il principio di sussidiarietà ; la
promozione del dialogo e della pace nell’orizzonte della
solidarietà : sono questi gli orientamenti a cui i cristiani laici
devono ispirare la loro azione politica » (Compendio della
Dottrina sociale della Chiesa, CDSC, n° 565).
Zita
conserva un eccellente ricordo della sua giovinezza : « Ho avuto
un’infanzia estremamente felice e allegra… Il doppio
trasferimento dall’Austria a Pianore e il ritorno, in primavera, a
Schwarzau, dove trascorrevamo l’estate, era per noi, bambini,
l’evento principale. » Ricorda : « Se, durante le vacanze,
studiavamo troppo poco secondo i nostri precettori, dovevamo però
cucire, rammendare e rattoppare. E non solo la nostra biancheria, ma
anche quella delle persone anziane e dei malati di Schwarzau. » Le
ragazze si occupavano anche dei malati senza famiglia : « La
sera, tornavamo spesso esauste e dovevamo disinfettarci come misura
preventiva nei confronti dei più giovani. Quando questa pulizia
durava troppo, nostra madre ci ricordava : “La carità è il
miglior rimedio contro i rischi di contagio.” »
Ci
sono anche momenti di distensione, in cui i principini possono fare
picnic a proprio agio e darsi fino a sera a cavalcate e nuotate e
giocare con i bambini del villaggio. L’educazione è ferma, ma
amorevole : « Per noi, la privazione del dolce – raramente
inflitta – era la punizione peggiore. Perché i nostri pasti erano
frugali : un qualcosina di dolce in più era una festa… Mia madre
era severa, ma l’adoravamo. Papà era l’allegria e la bontà
personificate. Non ha mai picchiato, ma quando doveva sgridare uno di
noi, questo ci colpiva duramente. » Tra di loro, i bambini ridono
e chiacchierano ; ma con gli invitati, bisogna rispettare l’ordine
gerarchico e fare l’inchino. Le giovani altezze imparano presto a
indovinare l’importanza degli ospiti in base al volume di polvere
sollevata dal tiro di cavalli o dal corteo che li accompagna.
« Naturalmente, confesserà Zita, preferivamo spesso quelli che
sollevavano meno polvere ! »
Zita
è in pensione presso il convento di Zangberg, in Alta Baviera,
quando riceve la notizia che suo padre sta morendo ; è richiamato
a Dio il 16 novembre 1907, prima che lei abbia potuto
rivederlo. Nel 1909, la madre la manda a studiare a Ryde, sull’isola
di Wight, dalle monache di Solesmes allora in esilio. La sua nonna
materna, entrata in monastero dopo essere rimasta vedova, vi è
Priora, e sua sorella Adelaide, monaca da poco. Lì, Zita riceve
un’istruzione preziosa in filosofia, teologia e musica. Nella sua
anima nasce l’attrazione del chiostro.
Profezia
Nel
frattempo, Zita e Carlo, che si conoscono fin dall’infanzia, si
frequentano con una gioia crescente. Nel 1911, l’arciduca chiede la
mano alla giovane principessa donandole un anello di fidanzamento che
Zita si mette in tasca con un « Grazie ! » birichino. Il 24
giugno, Zita e sua madre vengono ricevute da papa Pio X. Durante
l’udienza, questi dichiara alla ragazza, con un sorriso : « Così
Lei sposerà l’erede al trono ? » Per tre volte Zita cerca di
farlo ricredere : « Santo Padre, il mio fidanzato è l’arciduca
Carlo ; l’arciduca erede è Francesco Ferdinando. » Nonostante
questo, il Papa non torna indietro sulle sue parole : « Mi
rallegro infinitamente che Carlo sia la ricompensa concessa da Dio
all’Austria per i servizi che essa ha resi alla Chiesa. »
Uscendo dal colloquio, Zita sussurra alla madre : « Grazie a
Dio, il Papa non infallibile in materia di politica ! »
« Testimoniai, in occasione del processo di beatificazione di
Pio X, dirà Zita, che si trattava in realtà di una profezia
che si è pienamente realizzata. »
Durante
un raduno aereo nei pressi di Vienna, i giovani fidanzati ricevono
un’ovazione.. Zita s’incupisce : « Queste acclamazioni
assomigliano a clamori d’insurrezione », osserva. Carlo se ne
stupisce, ma lei rievoca allora la caduta della sua famiglia a Parma
e dei Braganza in Portogallo : « Bisogna essere realisti, la
nostra vita è fragile e il potere effimero. » Carlo rimane in
silenzio per diversi minuti. Soppesa il valore delle parole. « Credo
di capire che cosa vuoi dire…, ma in Austria, è diverso. Ti prego,
non parliamone più ! » Zita osserverà : « Per anni, non
ne parlammo più. Fu il 24 marzo 1919, appena dopo che avevamo
attraversato il confine per raggiungere l’inferno dell’esilio,
che Carlo mi disse : “Avevi ragione…” Compresi immediatamente
che cosa volesse dire. – “Come preferirei aver avuto torto !”,
dissi a bassa voce. Questa fu l’ultima parola della nostra disputa,
o piuttosto della più grande divergenza di vedute che abbiamo mai
avuta. »
Il
matrimonio viene celebrato il 21 ottobre 1911 con tutto il fasto
richiesto da una delle più grandi corti d’Europa. Il viaggio di
nozze delle altezze consiste nel percorrere in automobile l’impero
austro-ungarico. Carlo può esprimersi nelle diciassette lingue
parlate nell’impero, e ne conosce sei perfettamente ; Zita impara
con fervore i rudimenti di quelle che le mancano. Il
20 novembre 1912, dà alla luce Otto, il primo dei loro
otto figli. Carlo ha ripreso la sua vita di ufficiale dei Dragoni,
mentre intensifica le sue relazioni con lo zio Francesco Ferdinando.
Già da molto tempo, l’arciduca erede espone volentieri le sue idee
politiche al nipote e lo prepara quindi alle sue future
responsabilità.
« Nel
contesto dell’impegno politico del fedele laico, osserva
il Compendio, richiede una precisa cura la preparazione
all’esercizio del potere, che i credenti devono assumersi…
L’esercizio dell’autorità deve assumere il carattere del
servizio, da svolgere sempre nell’ambito della legge morale per il
conseguimento del bene comune : chi esercita l’autorità politica
deve far convergere le energie di tutti i cittadini verso tale
obiettivo, non in forma autoritaria, ma avvalendosi della forza
morale alimentata dalla libertà » (CDSC, n° 567).
L’ultimatum
Una
sera, durante una cena di famiglia, Francesco Ferdinando confida al
nipote : « Sarò assassinato ! Carlo, sono destinati a te
certi documenti, chiusi a chiave in un cofanetto. Sono delle
riflessioni, dei progetti, delle idee, forse ti saranno utili. Ma,
silenzio, non voglio che Sophie si rattristi. » L’erede aveva
sposato Sophie Chotek – matrimonio morganatico perché la moglie
non aveva i quarti di nobiltà sufficienti per diventare
imperatrice ; di conseguenza i loro figli non potevano ereditare il
trono. Zita capisce subito che Carlo rischia di succedere allo zio
alla testa dell’impero ben prima del previsto. Il 28 giugno 1914,
Carlo e Zita ricevono con dolore la notizia dell’assassinio del
principe ereditario e di sua moglie a Sarajevo, per mano di un
nazionalista serbo. « Eravamo stranamente combattuti, ricorderà
Zita. Da un lato, si doveva fare ogni sforzo per realizzare la pace.
Questo andava nella linea seguita dall’erede al trono assassinato.
Dall’altra, e lo si dimentica troppo facilmente a distanza di
tempo, una grande potenza come l’Austria-Ungheria non poteva
permettersi di lasciar assassinare l’erede al trono che incarnava
l’avvenire ! In una tale situazione, nessun governo avrebbe
potuto fare come se nulla fosse accaduto ! » L’imperatore
Francesco Giuseppe ritiene quindi di non poter eludere il dovere di
giustizia e, credendosi in grado di limitare il conflitto a livello
locale, lancia alla Serbia l’ultimatum che metterà in moto, di
fatto, l’ingranaggio delle alleanze offensive e la guerra europea.
La famiglia di Zita è divisa : tre figli combatteranno
nell’esercito imperiale alleato alla Germania, mentre i due
maggiori, Sisto e Saverio, respinti dalla Repubblica francese, in
quanto principi borboni, si arruoleranno nell’esercito belga. Zita
cela la sua emozione durante l’ultima serata in famiglia sulla
terrazza di Schwarzau. Saverio annota nel suo diario : « Mai
eravamo stati così consapevoli come in quel momento della solidità
dei nostri legami. Combattiamo su fronti completamente diversi,
eppure, siamo tutti nel campo di coloro che difendono l’Europa
contro quelli che vogliono distruggere il nostro continente. »
Durante
la guerra, Zita è incaricata di ispezionare gli ospedali e di fare
una relazione circonstanziata. Le condizioni diventano rapidamente
deplorevoli. Avendo predetto un esito disastroso della guerra,
l’imperatore Francesco Giuseppe cerca un modo di ristabilire la
pace, ma i suoi consiglieri e lo spirito del popolo, influenzato
dalla propaganda tedesca, vi si oppongono. Egli lavora ancora a
questo progetto quando spira, all’età di ottantasei anni, il
21 novembre 1916. Carlo diventa allora imperatore. Zita è
animata dallo stesso spirito di fede del marito : « Mille
poteri, potere unico ! dirà lei. Tutte le forze che, attorno a
noi, si agitano, premono o frenano, non sono nulla accanto all’Unica
Potenza (Dio) che ci domina. È al suo servizio che è stato
l’imperatore Carlo. » L’incoronazione come sovrani di Ungheria
a Budapest, il 23 dicembre 1916, fa pensare alla trasfigurazione
di Gesù sul Tabor prima della sua passione. La corona delle regine
d’Ungheria viene posta sul capo di Zita, poi la corona di santo
Stefano, primo re di Ungheria, di cui Carlo è appena stato cinto, le
viene posata sulla spalla destra dall’arcivescovo primate che
dice : « Ricevi la corona della sovranità, affinché tu sappia
che sei la sposa del re e che devi sempre prenderti cura del popolo
di Dio. Più in alto sei posta, più devi essere umile e rimanere in
Gesù Cristo. » Queste cerimonie sfarzose non fanno dimenticare
alla coppia reale le sofferenze del popolo provato dalla guerra :
le diciotto portate del banchetto di quel giorno vengono solamente
presentate ai commensali prima di essere inviate ai feriti
dell’ospedale di guerra di Budapest ; il ballo tradizionale viene
soppresso.
Zita
conforta il suo popolo
Il
nuovo imperatore assume rapidamente il comando effettivo
dell’esercito ; con la sua prudenza, risparmia centinaia di
migliaia di vite. Per parte sua, Zita conforta il suo popolo e gli
procura tutto il sostegno materiale in suo potere. A partire dal
1917, l’imperatore tenta di concludere una pace separata tra
l’Austria e gli Alleati (Francia, Inghilterra, Italia). A tal fine,
invia a più riprese i principi Sisto e Saverio presso i governanti
della Francia e dell’Inghilterra. Purtroppo, vari intrighi politici
fanno fallire questi tentativi che avrebbero salvato tante vite.
« Il
quinto comandamento proibisce la distruzione volontaria della vita
umana. A causa dei mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca,
la Chiesa con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché
la bontà divina ci liberi dall’antica schiavitù della guerra.
Tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per
evitare le guerre. Fintantoché, tuttavia, esisterà il pericolo
della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente,
munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di
un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto
di una legittima difesa » (CCC numeri 2307-2308).
Nell’ottobre
del 1918, scoppia a Budapest una rivoluzione di ispirazione comunista
e l’impero si disgrega rapidamente. Il 3 novembre, viene
firmato un armistizio tra l’Austria-Ungheria e le potenze
dell’Intesa. Mentre la rivoluzione raggiunge la capitale austriaca,
la maggioranza delle guardie imperiali abbandonano i loro posti. I
cadetti della scuola militare si presentano spontaneamente per
garantire la protezione del palazzo imperiale di Schönbrunn con
grande conforto di Zita, commossa da questi giovani il cui coraggio
fedele supera quella dei loro colleghi più anziani. Qualche migliaio
di operai socialisti, abilmente manipolati da agitatori repubblicani,
chiedono “a nome del popolo”, la partenza degli Asburgo.
L’imperatore rifiuta di versare il sangue dei suoi popoli che è
già stato abbondantemente profuso e, l’11 novembre 1918,
rinuncia a esercitare le sue funzioni, senza per questo abdicare. La
famiglia imperiale si ritira in una residenza di caccia dove è
esposta all’insicurezza, al freddo, alla malnutrizione e alla
malattia. Il tenente colonnello inglese Strutt, incaricato dal
governo britannico di migliorare le condizioni di vita di Carlo e
Zita, diventa un amico prezioso. Di fronte alle minacce
rivoluzionarie, egli consiglia ai sovrani di lasciare il loro paese.
Carlo vi si decide il 24 marzo 1919. L’esilio inizia in Svizzera.
Di lì, tenta per due volte, con il sostegno morale di papa
Benedetto XV, di restaurare la monarchia in Ungheria, ma invano.
Gli Alleati esiliano allora Carlo e Zita sull’isola di Madera. Essi
vi si installano il 19 novembre 1921 con qualche servitore,
ma senza i figli, che li raggiungeranno solo in seguito. Vengono
spogliati dei loro beni personali e non ricevono nessuno dei compensi
finanziari che erano stati loro promessi. Il clima invernale è
freddo e umido, la casa mal riscaldata. Il 9 marzo 1922, l’imperatore
viene colpito da una congestione polmonare ; muore il 1° aprile,
primo sabato del mese, giorno dedicato al Cuore Immacolato di Maria.
Un
grande dovere
Il
13 maggio, anniversario della prima apparizione della Vergine a
Fatima, Zita consacra la sua famiglia al Cuore Immacolato di Maria,
prima di lasciare Madera per la Spagna. Ormai, è reggente per il
figlio Otto : « Ho un grande dovere politico, e forse solo
quello. Devo allevare i miei figli nello spirito dell’imperatore,
farne uomini buoni che temono Dio. La storia dei popoli e delle
dinastie – che non conta il tempo secondo il metro di una vita
umana, ma secondo misure ben più lunghe – deve ispirarci
fiducia. » Nell’agosto del 1922, la famiglia imperiale si
trasferisce a Lekeitio nei Paesi Baschi spagnoli, abbastanza vicino a
Lourdes che Zita ama molto. Nel 1929, Zita fissa la sua residenza in
Belgio, nei pressi di Lovanio. Vi conduce una vita campestre regolata
da un’etichetta semplificata, coltiva le rose e si occupa talvolta
lei stessa delle venticinque capre e pecore. Per i suoi figli,
sceglie scuole cattoliche francofone. Otto conseguirà, nel 1935,
presso l’Università di Lovanio, un dottorato in scienze politiche
e sociali. Il 20 novembre 1930, raggiunta la maggiore età,
diventa capo della Casa d’Asburgo.
Nel
1938, Hitler invade l’Austria per realizzare l’Anschluss
(annessione in vista dell’unificazione politica dei popoli della
“Grande Germania”). Il dittatore, nato in Austria, ha sempre
odiato gli Asburgo. Il 22 aprile, Otto viene condannato a morte per
alto tradimento a causa della sua ostilità al Reich. Il 9 maggio
1940, giorno del compleanno dell’imperatrice, i tedeschi attaccano
il Belgio. Il 10 all’alba, i bombardieri della Luftwaffe sorvolando
la residenza imperiale. I diciassette occupanti partono
precipitosamente per la Francia in tre automobili. Due ore dopo la
casa è in fiamme ; per Otto, si tratta di « una piccola
attenzione di Hitler ». La famiglia s’imbarca per New York e poi
si stabilisce vicino a Québec, dove i quattro figli più giovani
termineranno i loro studi presso l’università cattolica. I
quattro figli più grandi si guadagnano da vivere, e difendono gli
interessi dei loro popoli negli Stati Uniti o in Inghilterra.
L’imperatrice rappresenta Otto presso il presidente Roosevelt ;
l’11 settembre 1943, quest’ultimo la riceve a Hyde Park. Zita
perora la causa dell’Austria e appoggia un progetto di federazione
dei popoli danubiani. Si dedica inoltre alla raccolta di fondi e
sostiene i suoi sudditi con ogni sorta di aiuti. Nel Natale del 1948,
si trasferisce nei pressi di New York e rende un ultimo servizio
politico all’Austria. Avendo appreso che il Senato conta di
escludere il suo paese dal Piano Marshall, a causa della presunta
accoglienza entusiasta riservata a Hitler nel 1938, l’imperatrice
convince una cinquantina di mogli di senatori a sollecitare i loro
mariti perché venga ristabilita la verità. Grazie a loro, vengono
votati dei sussidi per l’Austria.
Tra
le monache
I matrimoni
di tre dei figli ricentrano la famiglia in Europa. Nel 1953, Zita
decide di stabilirsi nel castello di Berg, proprietà dei granduchi
di Lussemburgo. Oblata benedettina di Sainte-Cécile de Solesmes dal
1926, sente una rinnovata attrattiva per il chiostro. L’abate di
Saint-Pierre de Solesmes la dissuade però dal lasciare il mondo a
causa della sua posizione sociale che le permette di operare a favore
di un’Europa la cui identità è incomprensibile senza il
cristianesimo. Tuttavia, grazie a un indulto di Pio XII, Zita
potrà fare diversi soggiorni tra le monache, in totale più di tre
anni. Sua nipote Caterina, che la vede un giorno dietro la grata del
parlatorio, esclama : « Nonna, sei finita in prigione ? ! –
Figlia mia, risponde l’imperatrice, sono io che sono in prigione o
tu ? » Nel 1959, si vede rifiutare dalle autorità politiche di
partecipare al funerale di sua madre che ha luogo in Alta Austria, in
una proprietà dei Borbone-Parma. A quell’epoca, Zita soggiorna
alternativamente presso i suoi figli in Baviera e a Bruxelles. Nel
1962, si stabilisce a Zizers, nel cantone svizzero dei Grigioni.
In
piedi alle 5 del mattino, l’imperatrice partecipa ogni giorno a
diverse Messe, medita sulla Passione di Gesù con l’aiuto delle
quindici orazioni di Santa Brigida e prega assiduamente il rosario.
Nel 1982, una sentenza dell’Alta Corte di giustizia amministrativa
riconosce che la legge d’esilio anti-asburgica non avrebbe dovuto
riguardare Zita, membro acquisito di quella dinastia. Il suo ritorno
trionfale in Austria, nello stesso anno, dopo sessantatré anni di
esilio, conta tra le sue più grandi gioie. Il 13 novembre, più
di ventimila persone partecipano alla Messa celebrata in sua presenza
nella cattedrale di Santo Stefano a Vienna. Ritenendo che l’essere
costretti all’esilio non autorizzi ad abbandonare la missione
ricevuta da Dio, ella non ha mai rinunciato ai suoi titoli. Tuttavia,
la sua salute peggiora : perde l’uso degli occhi e cammina con
difficoltà. Ma coloro che la circondano testimoniano la sua grande
pazienza, nella serena attesa della morte che le permetterà di
ritrovare il suo sposo. Morta il 14 marzo 1989, all’età di
novantasei anni, viene sepolta nella cripta dei Cappuccini a Vienna,
con la pompa del rituale imperiale dovuto al suo rango. Il suo cuore
riposa con quello di Carlo nell’abbazia di Muri, nella diocesi di
Basilea. Il processo di beatificazione dell’imperatrice è stato
aperto nel 2009. Le grazie ottenute per sua intercessione possono
essere segnalate all’Associazione per la Beatificazione
dell’imperatrice Zita, Abbaye Saint-Pierre, 1 place Dom
Guéranger 72300 Solesmes.
Che
possiamo, seguendo il suo esempio, imparare a servire Dio e il suo
regno per il bene del nostro paese e dell’Europa, anche in mezzo
alle circostanze umanamente più sfavorevoli !
Dom
Antoine Marie osb
"Lettera
mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia
(Website : www.clairval.com)"
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