«Il
cammino di santità compiuto insieme, come coppia, è possibile, è
bello, è straordinariamente fecondo ed è fondamentale per il bene
della famiglia, della Chiesa e della società». Giovanni Paolo II ha
pronunciato queste parole in occasione della beatificazione degli
sposi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, il 21 ottobre 2001.
Figlia
unica di due fiorentini, Maria Luisa Corsini è nata il 24 giugno
1884 a Firenze. Suo padre, un ufficiale, è irascibile, e sua madre
possiede un carattere vivace e dominatore. Fin dalla sua più tenera
età, Maria Luisa, bambina dal temperamento timido e sensibile,
prende l'abitudine, apparecchiando, di posare una foglietta di ulivo
sotto il tovagliolo dei suoi genitori, per manifestare il suo
desiderio di pace. Un giorno, dichiara a suo padre: «Vedi, papà, io
non ti avrei sposato come l'ha fatto la mamma, con il tuo cattivo
carattere!» Tuttavia, i coniugi Corsini amano molto la loro figlia.
La famiglia si stabilisce a Roma nel 1893. Maria Luisa vi frequenta
le lezioni di una scuola commerciale dove impara la contabilità
nonché le lingue francese e inglese. I suoi gusti personali la
spingono verso le lettere: acquisisce una vasta cultura letteraria.
Sviluppando anche un talento per la musica, Maria suona il
pianoforte.
Luigi
Beltrame nasce il 12 gennaio 1880, a Catania in Sicilia, terzo figlio
dei suoi genitori. Egli aggiungerà al nome di suo padre quello di
suo zio Quattrocchi che, non potendo avere figli, lo adotterà. Nel
1891, si stabilisce a Roma con suo zio e sua zia. Dopo studi di
legge, Luigi inizia una carriera di avvocato. Frequenta volentieri i
grandi classici della letteratura, ama la musica, il teatro, la
bellezza della natura e i viaggi. L'amicizia tra le famiglie Corsini
e Quattrocchi fornisce la cornice per l'incontro di Maria e di Luigi.
Alla fine dell'anno 1904, Luigi cade gravemente ammalato; Maria,
molto colpita, ne prova una grande sofferenza e gli invia un'immagine
della Madonna di Pompei. Questo episodio rivela ai due giovani amici
la profondità del loro amore vicendevole. Il 25 novembre 1905, si
sposano nella basilica di santa Maria Maggiore di Roma, poi si
stabiliscono nella casa familiare dei Corsini dove sono allo stretto
per via della presenza dei genitori e dei nonni di Maria. Luigi,
tuttavia, dà prova di una grande deferenza nei confronti dei
suoceri. Ogni sera, gli sposi si ritrovano con gioia e si distendono
in famiglia. Ognuno s'interessa del lavoro dell'altro. Luigi deve
spesso allontanarsi da Roma per motivi professionali. Gli sposi ne
soffrono ma si scrivono allora molto.
La
prima gravidanza di Maria procura loro una felicità indicibile,
presto contrastata dall'angoscia che prova la futura mamma alla
prospettiva del parto, ma la gioia è al suo culmine alla nascita di
Filippo, il 15 ottobre 1906. La giovane mamma sperimenta nella
maternità la necessaria dimenticanza di sé: «Certo, per lei,
abituata a tenersi al corrente delle novità teatrali, musicali,
letterarie, non doveva essere una rinuncia da poco ridurre quasi a
nulla la lettura e a zero gli spettacoli e i concerti... », scriverà
una delle sue figlie. Nel settembre 1907, Maria è di nuovo incinta.
La invade una sensazione di sgomento e di solitudine, tanto più che
Luigi è in Sicilia per qualche giorno. Gli scrive: «Chi mi darà la
forza di pensare a due bambini? di sopportare la fatica fisica e
fisiologica della gravidanza e il resto? Credimi che sono veramente
disperata». Poco per volta, grazie alla preghiera, la serenità
ritorna nell'anima di Maria, con l'accettazione della volontà di
Dio. Il 9 marzo 1908, nasce una figlia che viene chiamata Stefania.
Il
27 novembre 1909, vede la luce un terzo bambino, Cesarino, dopo un
parto laborioso. Nel settembre 1913, Maria concepisce nuovamente. A
partire dal quarto mese, viene presa da violente emorragie. La
diagnosi è: «Placenta prævia», il che equivale, all'epoca, a una
sentenza di morte per la madre e il bambino. Il ginecologo, un
professore molto rinomato, dichiara che solo un'interruzione della
gravidanza permetterà forse di salvare la madre. Maria e Luigi sono
sconvolti; rivolgendo i loro sguardi al Crocifisso appeso al muro,
attingono in Lui la forza per opporre un no categorico all'aborto.
Nessuna ragione, «per quanto grave e drammatica, può mai
giustificare la soppressione deliberata di un essere umano
innocente», ricorderà papa Giovanni Paolo II (Enciclica Evangelium
vitæ, 25 marzo 1995, n. 58). Interdetto e sconcertato, il
professore si rivolge a Luigi: «Lei non si rende conto, Avvocato:
Lei si prepara così a restare vedovo con tre figli a carico!» La
risposta rimane immutata: il «no» resta «no». Un'angoscia
terribile invade la famiglia. L'unica sorgente di luce viene da una
fiducia illimitata in Dio e nella Santissima Vergine Maria. La
comunione dei due sposi, radicata in Dio, diventa più forte che mai.
Trascorrono così 4 mesi, Maria rimane a letto. Infine, il 6
aprile 1914, al termine dell'ottavo mese, di fronte allo stato di
debolezza della madre, il ginecologo interviene per il parto che ha
luogo per via naturale. Viene al mondo una piccola Enrichetta.
Nonostante la prognosi pessimista, la madre e la bambina si salvano.
«
Apostolato della penna »
Spirito
molto aperto, Maria prova una sete di conoscenza che non diminuirà
con il tempo. Delega molti compiti materiali al personale che serve
la famiglia, come è uso all'epoca nelle famiglie borghesi. Nel corso
degli anni, scrive articoli e libri: è il suo «apostolato della
penna». I suoi testi, ai quali lavora anche suo marito, si rivolgono
alle madri e alle famiglie. Maria s'impegna anche in opere
caritative. Nel 1925, viene chiamata a collaborare con l'Azione
cattolica femminile; ma non le sono risparmiate difficoltà e
incomprensioni e preferisce ritirarsi. Ogni volta che possono, Maria
e Luigi partecipano alle attività dell'Unione nazionale italiana per
il trasporto dei malati: accompagnano questi ultimi a Loreto o a
Lourdes. In politica, i coniugi Beltrame seguono, in un primo tempo,
il fascismo, al fine di promuovere gli ideali morali, religiosi,
culturali e sociali di cui esso si fa forte. Poco per volta,
tuttavia, si mostrano più circospetti nei confronti del regime e
arrivano a una disapprovazione pura e semplice in occasione delle
leggi razziali. Si prodigano allora senza risparmiarsi per salvare
degli Ebrei.
Luigi
che, nel 1909, era risultato primo vincitore al concorso nazionale
per l'avvocatura erariale dello Stato, eserciterà grandi
responsabilità in diversi ministeri grazie alla sua vasta cultura
giuridica e amministrativa. Nel 1943, verrà interpellato dal
Consiglio dei ministri per diventare avvocato generale dello Stato.
«Personalità eminente dell'avvocatura dello Stato, dirà uno dei
suoi amici, avrebbe dovuto essere il primo di tutti ad assumerne la
carica suprema. Una campagna subdola condotta da alcuni membri di
questa stessa avvocatura, con tendenze laiche e anticlericali, gli
oppose una barriera. Il servo di Dio, pur profondamente ferito nel
suo intimo dall'ingiustizia che aveva appena subito, non ebbe alcuna
reazione apparente». Luigi può essere considerato come un esempio
per coloro che pagano con un'emarginazione professionale l'onestà e
la coerenza di una vita in armonia con la fede. Nel 1948, gli verrà
offerto di presentare la propria candidatura per un seggio al Senato.
D'accordo con Maria, declina questa offerta, perché non condivide
certi orientamenti di coloro che ne sono gli autori.
Luigi
è un uomo discreto, dotato per natura di una certa distinzione e di
affabilità nelle sue relazioni. Più interessato dall'apostolato
attivo che dagli incarichi, s'impegna nelle attività parrocchiali e
nazionali, in particolare per la formazione dei giovani e in modo
specifico degli scout; per loro, sacrifica delle ore che avrebbe
potuto dedicare alla distensione e al riposo. Gli incarichi assunti
nella società gli valgono numerosi titoli onorifici e decorazioni,
ma una volta che li ha ricevuti, li ripone in fondo a un cassetto e
non ne parla più. Uno dei suoi figli scriverà di lui: «Non si
sopravvalutava rispetto agli altri, ma non si svalutava neppure
sistematicamente... Con quelli che erano «lontani dalla fede», dava
prova di un tatto particolare che attirava sempre la loro amicizia...
E coloro che erano «lontani dalla morale», evitava di importunarli,
a meno che non mettessero essi stessi la questione sul tappeto».
Luigi scrive: «Non dobbiamo nascondere i nostri sentimenti
religiosi, dobbiamo professarli pubblicamente, ma, prima di tutto e
principalmente, dobbiamo farlo con le nostre opere. È con l'onestà
e lo spirito cristiano che impregnano la nostra condotta nelle
relazioni umane, con il disinteresse, l'amore per il prossimo, la
carità vissuta e messa in pratica che noi facciamo professione di
uomini che hanno delle convinzioni religiose». Un amico di Luigi,
non credente e massone, commosso davanti alla spoglia mortale di
quest'ultimo, confesserà a uno dei figli del defunto: «Vedi,
durante questi anni in cui abbiamo lavorato insieme, tuo padre non mi
ha mai infastidito con delle prediche. Ma voglio dirti che è
attraverso la sua vita che ho scoperto Dio e che ho amato il Vangelo.
Prega per me!»
Pregare
non significa fuggire la realtà
L'impegno
principale di Maria e di Luigi rimane a favore della cura della
famiglia. La preghiera vi occupa un posto importante e Luigi ne è
l'anima: «Fin dalla nostra infanzia..., scrive uno dei suoi figli,
eravamo colpiti dall'atteggiamento particolare (di grande
raccoglimento) di papà durante le visite al Santissimo Sacramento,
in chiesa... Era sempre mio padre che, dopo cena, iniziava e guidava
la recita del rosario familiare... Per quanto ricordo, mio padre e
mia madre hanno ricevuto ogni giorno l'Eucaristia e ci hanno
trasmesso questa abitudine... Mi ricordo anche con emozione quanto
mio padre amasse servir Messa... in particolare quella dei molti
preti che frequentavano la casa». Per un cristiano, osserverà
papa Benedetto XVI, «pregare non è evadere dalla realtà
e dalle responsabilità che essa comporta, ma assumerle fino in
fondo, confidando nell'amore fedele e inesauribile del Signore» (4
marzo 2007). Inoltre, Luigi si prodiga senza risparmiarsi nei
confronti di sua moglie per alleviare il più possibile le
inevitabili fatiche della maternità. Comprende quello che sarà
oggetto dell'insegnamento di papa Giovanni Paolo II nella Lettera
apostolica Mulieris dignitatem del 15 agosto 1988:
«L'umano generare è comune all'uomo e alla donna« Eppure, anche se
tutti e due insieme sono genitori del loro bambino, la maternità
della donna costituisce una «parte» speciale di questo comune
essere genitori, nonché la parte più impegnativa«
Bisogna, pertanto, che l'uomo sia pienamente consapevole di
contrarre, in questo loro comune essere genitori, uno speciale debito
verso la donna... L'uomo – sia pure con tutta la sua
partecipazione all'essere genitore – si trova sempre «all'esterno»
del processo della gravidanza e della nascita del bambino, e deve per
tanti aspetti imparare dalla madre la sua propria «paternità»»
(n. 18).
Nel
1922, i figli Filippo e Cesarino manifestano il desiderio di donarsi
a Dio. Il 6 novembre 1924, Filippo entra in seminario e Cesarino
nell'abbazia benedettina di San Paolo fuori le Mura. Quest'ultimo
diventerà padre Paolino. «La partenza da casa dei due ragazzi creò
un vuoto enorme, riferisce la loro sorella Stefania. Quello che ne
risentì di più, fino ad averne dei mali fisici, fu papà ».
Tuttavia, queste sofferenze affettive vengono presto superate. Maria
scriverà ai suoi figli: «Pensare a voi è quindi per me, dopo la
Messa e la comunione, l'unico riposo e come l'unico rifugio luminoso
della mia anima che benedice il Signore». Alla conclusione del primo
anno di filosofia, Filippo deve lasciare il seminario per ragioni di
salute. Poco dopo, raggiunge suo fratello e si fa Benedettino:
diventerà padre Tarcisio.
Un
regalo che costa
Nel
1920, il celebre padre Mateo intronizza il Sacro Cuore di Gesù nella
famiglia Beltrame. Con i suoi incoraggiamenti, Stefania decide di
consacrarsi a Dio. Nel 1927, entra nel convento delle Benedettine di
Milano e vi prende il nome di suor Cecilia. Enrichetta racconta: «La
partenza di mia sorella produsse nel cuore di papà una lacerazione
estremamente violenta. Ho ancora negli occhi, a più di settant'anni
di distanza, le lacrime silenziose e pudiche di mio padre
inginocchiato, mentre dall'altra parte della grata si svolgeva la
cerimonia di vestizione di sua figlia». Maria si era impegnata a
dare ai suoi figli un'educazione umana e cristiana, pia senza
eccessi: «Mi sono spesso chiesta, scrive, se una vita orientata in
questo modo debba necessariamente condurre alla vocazione. Non
voi avete scelto me, ma io ho scelto voi (Gv 15,16), dice il
Signore, e quindi la mia risposta è no... Ai genitori a cui Dio ha
fatto questo dono regale e gratuito, rimane il dovere e il bisogno
eterno di umiliarsi, di ringraziare, di vivere il Domine non
sum dignus (Signore, non sono degno) in una vita
riconoscente, di dedizione e di devozione». Del resto, Maria non
perde di vista la diversità dei doni di Dio: «Tutti gli stati di
vita, purché siano vissuti sotto la dolce pressione della volontà
divina, sono nobili e santi, in quanto mezzi efficaci per raggiungere
l'obiettivo (la santità)». Fa notare che se i figli fanno la scelta
di sposarsi, « è certamente una grande e sublime vocazione» ma
questa via non è, neanch'essa, una via agevole.
La
casa rappresenta, per la famiglia Beltrame, il mondo dell'intimità
in cui regna l'amore reciproco in Dio. Come ogni donna, Maria
attribuisce una grande importanza alla cura della casa, nei minimi
dettagli. Esercita il talento dell'ospitalità e instaura con i suoi
ospiti il clima più conforme allo spirito del Vangelo: i rancori, i
risentimenti e la maldicenza ne sono banditi. Nelle conversazioni, ci
si attiene ai fatti senza esprimere un giudizio sulle persone. Le
vacanze si svolgono abitualmente nella campagna, che Maria preferisce
al mare. A partire dal 1928, i Beltrame acquistano a Serravalle un
terreno sul quale fanno costruire una casa; vi installano una
cappellina dove, grazie a un permesso speciale, possono conservare il
Santissimo Sacramento.
Il
ritorno della serenità
Nella
vita di tutti i giorni, Maria e Luigi rivaleggiano nella carità. Uno
dei loro figli scrive: «La loro vita di coppia fu una vera e propria
gara di rispetto, di dedizione, di reciproca amorevole dipendenza e
ubbidienza reciproca, in una comune ricerca del «meglio» per
l'altro, a un livello eminentemente spirituale, in un'armonia delle
anime in cui il concetto stesso di obbedienza era superato da
un'esigenza trascendente di carità... fin nell'esercizio amorevole
della correzione fraterna e di una consultazione sincera e umile del
pensiero dell'altro». Tuttavia, le opinioni opposte, le discussioni
animate, e addirittura gli attriti non mancano. Maria non è molto
permeabile alle influenze estranee e discutere con lei per farla
cambiare di parere non è cosa facile. In quei momenti, Luigi può
sentirsi addolorato e nervoso, mentre Maria sembra aggressiva. Ma
questo non dura mai a lungo e le pronte richieste di perdono
riportano la serenità. Il fumo è un motivo di disaccordo. Luigi è
stato un grande fumatore fin dalla giovinezza. Per dare il buon
esempio ai suoi figli, smette di fumare alla nascita di Filippo.
Quando i figli hanno scelto la loro strada, riprende a fumare
nonostante il parere sfavorevole di Maria.
Luigi
lascia a sua moglie la cura della gestione dei loro beni, pur
valutando con lei le spese importanti. Maria sottolinea nei suoi
scritti che, per santificarsi, non è richiesto lo spogliamento
totale dai beni. D'altra parte, i due coniugi esercitano con piacere
lo spirito di solidarietà nei confronti di coloro che li sollecitano
per mille richieste. Oltre agli aiuti finanziari, Luigi mette al loro
servizio le sue capacità professionali e il prestigio che ha
acquisito nelle sfere più elevate. Quanto a Maria, esercita a suo
modo una specie di «direzione spirituale» presso i suoi famigliari
ma anche presso gli amici, addirittura preti e religiose che si
rivolgono a lei con fiducia.
Diretta
per più di vent'anni dal padre francescano Pellegrino Paoli, la
famiglia Beltrame si affilia al Terz'Ordine francescano. Padre Mateo
occupa anch'egli un posto importante nel percorso spirituale della
famiglia. Nell'agosto 1918, Luigi attraversa un periodo difficile che
uno dei figli rievoca così: «Nostro padre ha attraversato un
momento di crisi spirituale acuta, legata alla severa ascesi
spirituale intrapresa da sua moglie sotto l'impulso apostolico di
padre Mateo... Si è lasciato prendere da un momento di
scoraggiamento e ha finito con l'aver «paura di Dio», quasi come di
un rivale che, attirando troppo in alto la sua sposa, in certo qual
modo gliela sottraesse... Quest'ultima l'ha aiutato a superare questo
ostacolo dovuto alla natura e a lasciarsi anch'egli attirare dallo
Spirito, in un amore che non è mai diminuito ma che si è ritrovato
aumentato dalla presenza viva della grazia». Molto più tardi, Maria
emetterà il voto del «più perfetto», alla presenza del padre
domenicano Garrigou-Lagrange, diventato suo padre spirituale dopo
padre Mateo.
Intensa
comunione
Dopo
la partenza dei loro figli (eccetto Enrichetta che rimane presso i
suoi genitori), Luigi e Maria prendono in considerazione di ritirarsi
in un monastero, ma comprendono che non è questa la volontà di Dio.
Il loro desiderio di perfezione si realizzerà mantenendo la vita
comune in cui l'unione delle loro anime diventerà sempre più
profonda. Nel 1941, la salute di Luigi viene scossa da due crisi
cardiache; ma si rimette e ricupera una salute soddisfacente. Il 1°
novembre 1951, aggiorna il suo testamento: «Spero che Dio vorrà
concedermi la grazia della perseveranza finale in questa fede che
sento così viva oggi, e che cerco di conservare con coerenza nei
miei pensieri e nei miei atti, come so e come posso». Il 5, per un
felice concorso di circostanze, la famiglia intera si trova riunita a
Roma per la Santa Messa. Nella notte tra il 7 e l'8, una nuova crisi
cardiaca provoca la morte di Luigi il 9 sera, all'età di 71 anni.
Qualche mese dopo, Maria scrive: «Luigi è sempre – e in modo
incessante – l'amore e il rimpianto inguaribile di ognuno di noi,
lui che tuttavia ci assiste, che ci è vicino, che ci ama altrettanto
e ancora di più, se fosse possibile, di prima... Poco per volta, mi
accompagna sempre più, soprattutto nella preghiera, alla comunione,
davanti all'altare». Rivolgendosi a se stessa, aggiunge: «Tu ti
accorgi che tutti quei piccoli gesti d'amore che cercavano di
abbellire la casa per lui (Luigi) non hanno più alcuna ragione di
essere, alcun senso... Non è che dalla comunicazione delle anime,
dalla comunione tra di esse, cementata dalla fede, che nasce e vive
l'unità, alla quale non puoi mai più sottrarti». Negli anni che
seguono, Maria abbandona a poco a poco le sue attività esteriori e
occupa tutto il suo tempo nella preghiera, nella scrittura e nella
cura della sua famiglia. Nel 1962, padre Paolino le rivela la sua
decisione di entrare dai Trappisti, e questo le dà gioia. Durante
l'estate del 1965, trascorre un bel periodo di vacanza, ma il 26
agosto muore di una crisi cardiaca. Ha 81 anni.
I
coniugi Beltrame Quattrocchi hanno avuto delle prove nella loro vita,
ma non hanno conosciuto certe sofferenze che colpiscono altre
famiglie, come osservava papa Giovanni Paolo II nell'omelia della
loro beatificazione: «La vita coniugale e familiare può conoscere
anche momenti di smarrimento. Sappiamo quante famiglie sono tentate
in questi casi dallo scoraggiamento. Penso, in particolare, a coloro
che vivono il dramma della separazione; penso a chi deve affrontare
la malattia e a chi soffre la scomparsa prematura del coniuge o di un
figlio. Anche in queste situazioni si può dare una grande
testimonianza di fedeltà nell'amore« Affido tutte le famiglie
provate alla provvida mano di Dio e all'amorevole cura di Maria«
Carissimi sposi, non lasciatevi mai vincere dallo sconforto: la
grazia del Sacramento vi sostiene e vi aiuta ad innalzare
continuamente le braccia al cielo».
Cf. Un'aureola
per due, di Attilio Danese e Giulia Paola Di Nicola,
Città
Nuova, Roma 2001
Effatà
Editrice, Cantalupa (Torino) 2004.
Dom
Antoine Marie osb
"Lettera
mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia
(Website : www.clairval.com)".
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