venerdì 20 settembre 2019

Il “Giglio di Quito” - Santa Maria Anna di Gesù de Paredes - Vergine, Terziaria francescana



Come la donazione di un'anima abbia un effetto benefico perfino sulla creazione, ce lo mostra in modo straordinario la vita di santa Mariana di Gesù (1618-1645), che nacque in Ecuador 400 anni fa. Il sacrificio della sua vita liberò Quito, la sua città natale, dalla peste e la protesse da un'eruzione vulcanica. Per questo nel 1946 il Parlamento ecuadoriano l'ha addirittura onorata come eroe nazionale.

La nobile famiglia di Mariana de Paredes y Flores godeva di una profonda stima da parte dei cittadini di Quito, perché i genitori erano persone magnanime e devote. Dopo la loro morte precoce, la piccola orfana, di cinque anni, andò a vivere presso la famiglia della sorella Jerónima, già sposata; la preghiera e le piccole rinunce per amore di Dio diventarono presto il suo "passatempo" preferito. A sei anni superò illesa due gravi incidenti e con pura gratitudine donò interamente la sua vita a Dio, facendosi carico di penitenze dolorosissime, che era il Signore stesso a suggerirle e a darle la forza di eseguire.
Colpita, Jerónima osservava la prontezza di donazione sempre più eroica della piccola sorella, finché decise di portarla dai Gesuiti che le consentirono di ricevere la santa Comunione, nonostante avesse solo sette anni.
Incantata dall'amore di Gesù nell'Eucaristia, Mariana iniziò una vita nuova: promise al Signore la sua verginità, scelse un gesuita come padre spirituale e desiderò di essere chiamata solo "Mariana di Gesù". Ad appena dodici anni le fu permesso di ricevere la Comunione ogni giorno, all'epoca una cosa inaudita! Gli ultimi sette anni della sua vita Mariana vivrà esclusivamente della santa Eucaristia. In tutta chiarezza riconobbe nella preghiera la sua vocazione: vivere non in un convento, ma nel mondo, in modo però ritirato ed esclusivamente per Dio. Così la ragazza tornò nella casa paterna ed iniziò a condurre una vita di penitenza estremamente austera. Si cucì un modesto vestito nero e vi ricamò davanti le lettere "IHS", annunciando felice: "Sono interamente gesuita!". Nonostante la dura vita di sacrifici la santa irradiava una gaiezza piena di pace, nelle ore libere chiacchierava con i suoi familiari e cantava accompagnandosi con il suo liuto. A Quito fu presto stimatissima. Mariana dedicava tanto tempo ai bisognosi. "Se fosse possibile dare la vita per i bisogni dei poveri, lo farei", confessò e con amore materno radunò attorno a sé i bambini della città per istruirli nella fede. Ma soprattutto, attraverso la forza delle sue parole ispirate e il suo fulgido esempio, guidò molti peccatori alla conversione, contribuendo così ad un rinnovamento spirituale del popolo; la penitente innocente era come un'avvocata che, presso Dio, intercedeva ed espiava per i suoi concittadini colpevoli ottenendo per loro autentici miracoli.


Più forte della peste e del vulcano

Nel febbraio del 1645 a Quito scoppiò un'epidemia di peste che in sole sei settimane tolse la vita a 12.000 persone, circa un quarto della popolazione. In marzo si avvertirono sempre più numerose delle scosse sismiche che annunciavano un grave terremoto imminente e si temette l'eruzione del vulcano attivo Pichincha, ai piedi del quale era situata la capitale. Lo shock per quanto capitato alla vicina città delle Ande, Riobamba, distrutta da un'eruzione vulcanica e da un terremoto, era ancora profondo. Il pericolo imminente scosse i cuori degli abitanti di Quito: nelle sovraffollate chiese della città i predicatori richiamavano alla conversione e a delle processioni d'intercessione.
La quarta domenica di Quaresima, il 26 marzo 1645, p. Alonso de Rojas, uno dei confessori di Mariana, durante una predica infuocata nella chiesa dei Gesuiti offrì la sua vita a Dio affinché la città fosse liberata dalla peste e preservata dal terremoto. Mariana, che aveva 26 anni, ne fu colpita profondamente e si offrì al posto del sacerdote. A voce alta esclamò davanti a tutti i presenti: "Mio Dio, ti offro la mia vita per il mio popolo! " . E tra sé e sé aggiunse: "Perché il Signore offrì liberamente la vita per dare vita alle anime, io, per imitare il mio sposo e per amare i miei fratelli come Cristo li ha amati, ti offro, mio Dio, senza riserve la mia vita. Libera i miei concittadini e i fratelli amatissimi dal flagello che stai permettendo mediante la peste e la rovina che si teme a causa delle scosse di terremoto. Mi rendo conto che la mia offerta vale poco, ma i miei desideri suppliscano quanto a me manca. ... Riversa su di me il flagello e il castigo colpisca me affinché la mia patria non perisca, né i suoi abitanti sentano la tua giustizia". Quello stesso giorno Mariana si ammalò gravemente. Ebbe febbre alta, dolori in tutto il corpo e difficoltà a respirare. La terra invece si calmò! Quanto fu felice la santa che Dio avesse accettato la sua offerta. Più il suo stato di salute peggiorava, meno la peste infuriava su Quito, finché dopo 3 settimane per la prima volta non ci furono più morti! Il 26 maggio 1645, esattamente due mesi dopo che aveva offerto la sua vita a Dio, il Signore la prese dolcemente con Sé. Il suo santo padre spirituale poté assicurare ai presenti: "Non vi affliggete per la morte di questa felicissima vergine. È andata dritta in Cielo e ha conquistato tanti meriti che gliene avanzano anche per noi poverelli che restiamo quaggiù".

Fiumi di grazie tra Santi

Impressionante è il profondo legame che Mariana visse con alcuni santi: chiamava sant'Ignazio di Loyola suo padre spirituale e si considerava gesuita, ma allo stesso tempo venerava come sua madre spirituale santa Caterina da Siena, la grande terziaria domenicana. Singolare si può definire l'unione spirituale di Mariana con santa Rosa da Lima, anche lei terziaria domenicana. In Perù, nella sua casa paterna, Rosa aveva condotto come lei un'austera vita di penitenza ed era morta a 31 anni, un anno prima della nascita di Mariana, come se poi dovesse essere la giovane di Quito a portare avanti la sua stessa missione ad una distanza di 1300 km. Una volta Mariana, per intercessione di santa Rosa, ottenne addirittura il miracolo della resurrezione di una donna. Dopo ferventi suppliche e dopo che erano stati posti sul suo corpo dei petali di rose di santa Rosa da Lima, una donna indigena, che era stata strangolata dal marito, ritornò in vita. Quale espressione di questa unità, Hernando de la Cruz, padre spirituale di Mariana, un fratello gesuita dal grande talento artistico, dipinse volutamente un ritratto di santa Rosa con un giglio in mano e un ritratto del "Giglio di Quito" con una corona di rose sul capo.

Quando era ancora bambina, nella chiesa dei Gesuiti, Mariana sentì parlare dei martiri Giapponesi Paolo Miki e compagni. Infiammata di zelo missionario, avrebbe desiderato anche lei partire e portare la Buona Novella agli indigeni della zona del Marañón in Perù, perché piena di compassione sapeva bene che: "Non sanno nemmeno che Gesù esiste! ".

E’ impressionante ciò che lo storico Chantre y Herrera scrisse cento anni dopo sulla missione dei Gesuiti proprio in questa regione del Perù: "Sono certo che la Compagnia deve in gran parte alle orazioni dell'innocentissima e penitente Mariana i suoi felici risultati nelle terre pagane e specialmente il buon esito dei tentativi fatti per entrare nella regione del Marañón". È come se la rinuncia di Mariana alla missione avesse spianato la strada per la spedizione gesuita! Negli anni successivi, sempre tramite i Gesuiti, Mariana venne a conoscenza della grave persecuzione dei cristiani in Giappone che andò avanti per tutto il tempo della sua vita. Anelò al poter condividere le sofferenze di questi martiri e Dio fece in modo che, per tre mesi, la giovane soffrisse di dolori atroci in tutto il corpo, dei quali così disse ad un'amica: "Il fortissimo patire corrisponde precisamente ai tormenti dei martiri giapponesi". A quanti di loro, tramite il suo compatire, avrà mediato consolazione e forza!

Spesso Mariana pregava così la Madonna:

Vi supplico pietosissima Signora,
per quell’affetto con il quale Voi
Vi siete offerta
come Serva del Signore”

Il corpo di santa Mariana giace oggi sotto l'altare principale della chiesa gesuita di Quito, una delle case di Dio più belle dell'America latina.


Il giorno della beatificazione, nel 1853, Papa Pio IX diede ufficialmente a Mariana il soprannome con il quale il suo popolo la chiamava già da tempo: il "Giglio di Quito". Fa riferimento ad un miracolo testimoniato da tanti, avvenuto immediatamente dopo la morte della santa nel giardino della sua casa. Dalla fossa, in cui durante la sua malattia era stato versato il sangue di tanti salassi, nella notte era cresciuto un giglio con tre calici.

Tratto dalla rivista “Trionfo del Cuore” - Luglio/Agosto 2019

Nessun commento:

Posta un commento