Come
la donazione di un'anima abbia un effetto benefico perfino sulla
creazione, ce lo mostra in modo straordinario la vita di santa
Mariana di Gesù (1618-1645), che nacque in Ecuador 400 anni fa. Il
sacrificio della sua vita liberò Quito, la sua città natale, dalla
peste e la protesse da un'eruzione vulcanica. Per questo nel 1946 il
Parlamento ecuadoriano l'ha addirittura onorata come eroe nazionale.
La
nobile famiglia di Mariana de Paredes y Flores godeva di una profonda
stima da parte dei cittadini di Quito, perché i genitori erano
persone magnanime e devote. Dopo la loro morte precoce, la piccola
orfana, di cinque anni, andò a vivere presso la famiglia della
sorella Jerónima, già sposata; la preghiera e le piccole rinunce
per amore di Dio diventarono presto il suo "passatempo"
preferito. A sei anni superò illesa due gravi incidenti e con pura
gratitudine donò interamente la sua vita a Dio, facendosi carico di
penitenze dolorosissime, che era il Signore stesso a suggerirle e a
darle la forza di eseguire.
Colpita,
Jerónima osservava la prontezza di donazione sempre più eroica
della piccola sorella, finché decise di portarla dai Gesuiti che le
consentirono di ricevere la santa Comunione, nonostante avesse solo
sette anni.
Incantata
dall'amore di Gesù nell'Eucaristia, Mariana iniziò una vita nuova:
promise al Signore la sua verginità, scelse un gesuita come padre
spirituale e desiderò di essere chiamata solo "Mariana di
Gesù". Ad appena dodici anni le fu permesso di ricevere la
Comunione ogni giorno, all'epoca una cosa inaudita! Gli ultimi sette
anni della sua vita Mariana vivrà esclusivamente della santa
Eucaristia. In tutta chiarezza riconobbe nella preghiera la sua
vocazione: vivere non in un convento, ma nel mondo, in modo però
ritirato ed esclusivamente per Dio. Così la ragazza tornò nella
casa paterna ed iniziò a condurre una vita di penitenza estremamente
austera. Si cucì un modesto vestito nero e vi ricamò davanti le
lettere "IHS", annunciando felice: "Sono interamente
gesuita!". Nonostante la dura vita di sacrifici la santa
irradiava una gaiezza piena di pace, nelle ore libere chiacchierava
con i suoi familiari e cantava accompagnandosi con il suo liuto. A
Quito fu presto stimatissima. Mariana dedicava tanto tempo ai
bisognosi. "Se fosse possibile dare la vita per i bisogni dei
poveri, lo farei", confessò e con amore materno radunò attorno
a sé i bambini della città per istruirli nella fede. Ma
soprattutto, attraverso la forza delle sue parole ispirate e il suo
fulgido esempio, guidò molti peccatori alla conversione,
contribuendo così ad un rinnovamento spirituale del popolo; la
penitente innocente era come un'avvocata che, presso Dio, intercedeva
ed espiava per i suoi concittadini colpevoli ottenendo per loro
autentici miracoli.
Più
forte della peste e del vulcano
Nel
febbraio del 1645 a Quito scoppiò un'epidemia di peste che in sole
sei settimane tolse la vita a 12.000 persone, circa un quarto della
popolazione. In marzo si avvertirono sempre più numerose delle
scosse sismiche che annunciavano un grave terremoto imminente e si
temette l'eruzione del vulcano attivo Pichincha, ai piedi del quale
era situata la capitale. Lo shock per quanto capitato alla vicina
città delle Ande, Riobamba, distrutta da un'eruzione vulcanica e da
un terremoto, era ancora profondo. Il pericolo imminente scosse i
cuori degli abitanti di Quito: nelle sovraffollate chiese della città
i predicatori richiamavano alla conversione e a delle processioni
d'intercessione.
La
quarta domenica di Quaresima, il 26 marzo 1645, p. Alonso de Rojas,
uno dei confessori di Mariana, durante una predica infuocata nella
chiesa dei Gesuiti offrì la sua vita a Dio affinché la città fosse
liberata dalla peste e preservata dal terremoto. Mariana, che aveva
26 anni, ne fu colpita profondamente e si offrì al posto del
sacerdote. A voce alta esclamò davanti a tutti i presenti: "Mio
Dio, ti offro la mia vita per il mio popolo! " . E tra sé e sé
aggiunse: "Perché il Signore offrì liberamente la vita per
dare vita alle anime, io, per imitare il mio sposo e per amare i miei
fratelli come Cristo li ha amati, ti offro, mio Dio, senza riserve la
mia vita. Libera i miei concittadini e i fratelli amatissimi dal
flagello che stai permettendo mediante la peste e la rovina che si
teme a causa delle scosse di terremoto. Mi rendo conto che la mia
offerta vale poco, ma i miei desideri suppliscano quanto a me manca.
... Riversa su di me il flagello e il castigo colpisca me affinché
la mia patria non perisca, né i suoi abitanti sentano la tua
giustizia". Quello stesso giorno Mariana si ammalò gravemente.
Ebbe febbre alta, dolori in tutto il corpo e difficoltà a respirare.
La terra invece si calmò! Quanto fu felice la santa che Dio avesse
accettato la sua offerta. Più il suo stato di salute peggiorava,
meno la peste infuriava su Quito, finché dopo 3 settimane per la
prima volta non ci furono più morti! Il 26 maggio 1645, esattamente
due mesi dopo che aveva offerto la sua vita a Dio, il Signore la
prese dolcemente con Sé. Il suo santo padre spirituale poté
assicurare ai presenti: "Non vi affliggete per la morte di
questa felicissima vergine. È andata dritta in Cielo e ha
conquistato tanti meriti che gliene avanzano anche per noi poverelli
che restiamo quaggiù".
Fiumi
di grazie tra Santi
Impressionante
è il profondo legame che Mariana visse con alcuni santi: chiamava
sant'Ignazio di Loyola suo padre spirituale e si considerava gesuita,
ma allo stesso tempo venerava come sua madre spirituale santa
Caterina da Siena, la grande terziaria domenicana. Singolare si può
definire l'unione spirituale di Mariana con santa Rosa da Lima, anche
lei terziaria domenicana. In Perù, nella sua casa paterna, Rosa
aveva condotto come lei un'austera vita di penitenza ed era morta a
31 anni, un anno prima della nascita di Mariana, come se poi dovesse
essere la giovane di Quito a portare avanti la sua stessa missione ad
una distanza di 1300 km. Una volta Mariana, per intercessione di
santa Rosa, ottenne addirittura il miracolo della resurrezione di una
donna. Dopo ferventi suppliche e dopo che erano stati posti sul suo
corpo dei petali di rose di santa Rosa da Lima, una donna indigena,
che era stata strangolata dal marito, ritornò in vita. Quale
espressione di questa unità, Hernando de la Cruz, padre spirituale
di Mariana, un fratello gesuita dal grande talento artistico, dipinse
volutamente un ritratto di santa Rosa con un giglio in mano e un
ritratto del "Giglio di Quito" con una corona di rose sul
capo.
Quando
era ancora bambina, nella chiesa dei Gesuiti, Mariana sentì parlare
dei martiri
Giapponesi
Paolo Miki e compagni. Infiammata di zelo missionario, avrebbe
desiderato anche lei partire e portare la Buona Novella agli indigeni
della zona del Marañón in Perù, perché piena di compassione
sapeva bene che: "Non sanno nemmeno che Gesù esiste! ".
E’
impressionante ciò che
lo storico Chantre y Herrera scrisse cento anni dopo sulla missione
dei Gesuiti proprio in questa regione del Perù:
"Sono certo che la Compagnia deve in gran parte alle orazioni
dell'innocentissima e penitente Mariana i suoi felici risultati nelle
terre pagane e specialmente il buon esito dei tentativi fatti per
entrare nella regione del Marañón".
È come se la rinuncia di Mariana alla missione avesse spianato la
strada per la spedizione gesuita! Negli anni successivi, sempre
tramite i Gesuiti, Mariana venne a conoscenza della grave
persecuzione dei cristiani in Giappone che andò avanti per tutto il
tempo della sua vita. Anelò al poter condividere le sofferenze di
questi martiri e Dio fece in modo che, per tre mesi, la giovane
soffrisse di dolori atroci in tutto il corpo, dei quali così disse
ad un'amica: "Il fortissimo patire corrisponde precisamente ai
tormenti dei martiri giapponesi". A quanti di loro, tramite il
suo compatire, avrà mediato consolazione e forza!
Spesso
Mariana pregava così la Madonna:
“Vi
supplico pietosissima Signora,
per
quell’affetto con il quale Voi
Vi
siete offerta
come
Serva del Signore”
Il corpo di santa Mariana
giace oggi sotto l'altare principale della chiesa gesuita di Quito,
una delle case di Dio più belle dell'America latina.
Il
giorno della beatificazione, nel 1853, Papa Pio IX diede
ufficialmente a Mariana il soprannome con il quale il suo popolo la
chiamava già da tempo: il "Giglio di Quito". Fa
riferimento ad un miracolo testimoniato da tanti, avvenuto
immediatamente dopo la morte della santa nel giardino della sua casa.
Dalla fossa, in cui durante la sua malattia era stato versato il
sangue di tanti salassi, nella notte era cresciuto un giglio con tre
calici.
Tratto
dalla rivista “Trionfo del Cuore” - Luglio/Agosto 2019
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