sabato 11 maggio 2019

L'impressione del discorso di Gesù Cristo sui suoi discepoli e la sua replica per confermare la sua promessa... Commento del Sac.Dolindo Ruotolo



Molti dei discepoli di Gesù Cristo, ascoltando il suo discorso, dissero fra loro stessi: Questo discorso è duro o, secondo il testo greco, è aspro, è crudele, e chi può ascoltarlo? Avrebbero dovuto dire semplicemente che era assurdo, avendolo preso in senso materiale di un corpo fatto in pezzi e dato da mangiare e di un sangue bevuto nell'uccidere il corpo, ma era tanto l'accento di verità delle parole di Gesù che non poterono dirlo.
Essi inconsciamente sentivano che era vero e, non intendendone il senso, lo dichiaravano duro, aspro, crudele. Gesù Cristo, conoscendo i loro pensieri e le loro mormorazioni, disse: Voi vi scandalizzate di quello che vi ho detto? E se vedrete salire il Figlio dell'uomo dov'era prima? Lo spirito è quello che vivifica, la carne non giova a nulla; le parole che io vi dico sono spirito e vita. Egli rispondeva alla loro interpretazione antropofaga delle sue parole e faceva notare che il suo Corpo non aveva bisogno di essere diviso per darsi. Essi lo avrebbero visto salire dove era prima, cioè al Cielo e avrebbero osservato, ancora una volta, che quel Corpo poteva sottrarsi alle leggi della materia ascendendo, mentre il suo peso l'avrebbe portato in basso.

Egli parlava del suo Corpo e del suo Sangue non come materia stretta dalle dimensioni, non come carne determinata dalla quantità, divisa in pezzi, ma come sostanza vivificata dall'anima e completata dalla Persona divina.
Una carne divisa in pezzi e morta, a che cosa poteva giovare? Tutt'al più a nutrire il corpo per un po'. Ora, questo nutrimento non sarebbe stato utile all'anima. Egli parlava di un cibo che doveva essere spirito e vita, che doveva alimentare l'anima, non il corpo, e che doveva dare all'anima la vita soprannaturale del suo stesso spirito, la vita della glorificazione e dell'amore di Dio.
"Voi non capite il mio discorso - soggiunse Gesù - perché non credete; non credete che Io sono veramente il Figlio di Dio, non credete che il mio Corpo e il mio Sangue sono divini e vivificano, non credete alla mia onnipotenza che può darveli come cibo dell'anima. Mi considerate come uomo, ed è logico che come uomo Io non potrei darvi la carne e il sangue quale cibo dell'anima". Il Sacro Testo soggiunge che Gesù parlava cosi perché sapeva fin dal principio coloro che non credevano e chi stesse per tradirlo. Questo ci fa capire che uno di quelli ai quali il discorso di Gesù fu più ripugnante fu proprio Giuda.
Tutto rivolto ad aspirazioni terrene e tutto teso col desiderio al guadagno materiale, non poteva capire una promessa d'infinita carità e ne mormorò. Fu il primo protestante, che con gli altri giudicò duro e inaccettabile il Cibo della Vita che Gesù prometteva. I poveri protestanti, che pretendono di trovare la loro origine nei primi secoli della Chiesa, possono andare un po' oltre e fermarsi a Giuda e a quelli che protestarono contro la promessa dell'amore.
Questi si, furono i loro precursori ma, dolorosamente, precursori che Gesù Cristo dichiarò rigettati dal Padre per il loro orgoglio, incapaci di andare a Lui, privi di fede perché privi di grazia e di amore.
Non si può andare a Gesù Cristo con le proprie forze: occorre la grazia di Dio, e le sue parole non si possono comprendere col proprio criterio ma con la luce di Dio, che passa per Gesù Cristo stesso e ci raggiunge attraverso la Chiesa. Rigettare l'Eucaristia, quindi, secondo le stesse parole di Gesù, significa non credere in Lui, tradirlo, ed essere già rigettati da Dio. È terribile! I protestanti dovrebbero riflettere per convertirsi sinceramente,
Dolorosamente, l'incomprensione e l'ingratitudine umana non si smentiscono mai!
Il discorso della promessa dell'Eucaristia avrebbe dovuto suscitare un delirio di entusiasmo da parte di tutti, se avessero ponderato il dono che era stato loro annunciato, ma, dolorosamente, l'incomprensione e l'ingratitudine umana non si smentiscono mai e, come tutta risposta, molti dei discepoli che seguivano Gesù se ne andarono e non lo seguirono più.
Se Gesù avesse parlato in senso figurato o simbolico avrebbe dovuto certamente dichiararsi per impedire agli altri discepoli di andarsene. Egli, invece, rivolto ai dodici Apostoli, disse: Volete andarvene anche voi?
Il suo dolcissimo Cuore, che pur li amava d'intensissimo amore, preferiva perderli anziché averli vicino senza fede nel dono più bello che voleva loro fare. Egli fece loro questa domanda perché in realtà la fede che avevano non era ancora piena, e volle suscitare nel loro cuore una salutare reazione.
San Pietro, infatti, nell'impeto del suo amore, prendendo la parola a nome di tutti disse: Signore, da chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna. E noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio. Alla domanda recisa di Gesù, san Pietro riflette di più che le parole che Egli aveva detto erano spirito e vita; il solo pensiero di poter abbandonare un Maestro così buono lo angustiò e, supponendo anche negli altri lo stesso sentimento, parlò pure a loro nome. Non avevano essi visto i miracoli da Lui compiuti? Non avevano ascoltato le sue profonde parole di vita?
Essi, dunque, avevano creduto per fede e conosciuto dalle opere che Egli era il Figlio di Dio e, pur non comprendendo il discorso che aveva fatto, non avevano ragione di allontanarsi da Lui. San Pietro credé di parlare a nome di tutti e protestò la loro fedeltà come una decisione presa da essi medesimi, ma Gesù lo corresse, esclamando: Non sono stato io che ho eletto voi dodici? Eppure uno di voi è un demonio. Egli soggiunge l'Evangelista - alludeva a Giuda figlio di Simone Iscariota, poiché questi stava per tradirlo, pur essendo uno dei Dodici. "Io vi ho eletti – voleva dire Gesù - e se rimanete fedeli è per mia misericordia, ma nonostante questo potreste pure abbandonarmi di vostra volontà, perché la mia grazia non vi forza. Tu, Pietro, parli a nome di tutti, ma non sai che c'è tra voi uno che è un demonio e che non condivide i tuoi sentimenti di fede". In tal modo, dolorosamente, Giuda fu presente alla promessa eucaristica e al suo compimento, rappresentanza tristissima di quelli che avrebbero disturbato nei secoli con la loro perfidia le divine espansioni dell'amore di Gesù Sacramentato.
Il nostro atteggiamento dinanzi al dono di Gesù
La promessa di Gesù Cristo per noi è una realtà, poiché lo abbiamo vivo e vero con noi. Il fuoco sacro del Tempio, che non si estingueva mai, era una pallida figura di questa Fiamma divina d'amore e di carità che si accese nell'Ultima Cena e non si è spenta mai più. Il pensiero di avere Gesù con noi dovrebbe farci mutare in angeli adoranti e dovrebbe rendere i sacerdoti serafini d'amore.
Invece, ahimè, è ancora notte nel nostro spirito, e dobbiamo fare quasi uno sforzo per non rinnegare il dono mirabile. Siamo come ciechi assiderati che stanno nei raggi del sole e non lo vedono, stanno esposti al suo calore e finché dura il gelo non se ne accorgono.
Da che cosa deriva questa nostra insensibilità?
Seguiamo di nuovo il discorso di Gesù per scoprirne la causa, perché è di suprema importanza per noi porre un termine alla nostra ingratitudine.
Alla folla che lo cercava, Gesù disse: Voi mi cercate perché avete mangiato i pani e ve ne siete saziati. Procuratevi non quel cibo che passa, ma quello che dura sino alla vita eterna. Noi cerchiamo tanto spesso Gesù per cercare il pane materiale, per ottenere grazie temporali, per avere un conforto, e non comprendiamo che l'Eucaristia è un Cibo ordinato alla Vita eterna.
Dobbiamo dunque andare da Gesù per vivere soprannaturalmente in Lui e per Lui, per unirci a Lui, trasvolare la terra e andare verso il Cielo. Questo ci scopre i veli che nascondono il dono di Dio. I pensieri della terra ce lo nascondono, e quando non lo vediamo più possiamo dire con certezza che l'anima non è ancora orientata all'eternità.
È questa la ragione per la quale gli uomini specialmente, assillati dalla ricerca del pane materiale, ne vivono tanto lontani, quasi che fossero estranei alla mensa dell'amore. Quello che fu la manna per gli Ebrei è l'Eucaristia per noi: sostenta la vita dell'esilio e ci fa giungere alla meta. La nostra vita senza la Comunione quotidiana è un deserto senza manna, è una vita da affamati e da assetati.
Questa è l'opera di Dio - disse Gesù , che voi crediate in Colui che Egli ha mandato. Bisogna credere veramente in Gesù Sacramentato e rinnovare questa fede in Lui, ripetendogli spesso: "lo credo in te vivo e vero in quest' Ostia d'amore, credo e ti adoro". È il Padre che ci attrae a Gesù, e Gesù ci accoglie per compiere la volontà del Padre: noi, dunque, andiamo a Dio compiendo la sua Volontà nelle tribolazioni dell'esilio. Cerchiamo la sua gloria e il suo amore, ed Egli ci attrarrà a Gesù.
Gesù Cristo è il pane della vita, Egli alimenta e sostenta chi è vivo alla grazia e impedisce che possa cadere nella morte. Il mondo è morto alla grazia perché è lontano da Gesù Eucaristia, e ne è lontano perché è morto; non vive che di carne, e l'impurità è ostacolo terribile all'intimità quotidiana con Gesù. É necessario purificarsi e cercare non la soddisfazione di un momento ma le gioie celesti.
Siamo esiliati, e tutto quello che possiamo raccogliere quaggiù non ci appartiene, è provvisorio, passa. Abbiamo solo un tesoro vero che ci appartiene, e che è come una gemma venutaci dall'alto: il pane vivo disceso dal cielo. Questo è nostro, e questo ci alimenterà in eterno, svelandoci le meraviglie di Dio.
Ora, come potremo essere cosi stolti da attaccarci a quello che passa e non è nostro, e stare lontani dall'unica vera ricchezza che abbiamo nell'esilio? Quante volte insiste Gesù nel suo discorso che il suo Corpo e il suo Sangue ci donano la vita! Ora, come possiamo noi rifiutarla, cercando la morte nelle misere cose della terra o, peggio, nel peccato? Quanti si ritirano da Gesù, come i discepoli infedeli, perché sembra loro duro rinunciare alla carne e al peccato! Che cosa terribile e spaventosa: rinunciare alla Carne divina che dà la Vita eterna, per non rinunciare alla carne del peccato che produce l'infelicità e la morte eterna! Dove compariranno quegli uomini che sono stati e sono lontani da Gesù, e che rifiutano l'unica vera e sublime felicità della vita per non rifiutare i ceppi dell'infelicità?
È davvero impazzita l'umanità, che affolla i ritrovi dove si perde la vita e lascia deserto il tabernacolo dove la si trova e la si gode! Se si acquista familiarità con Gesù e si orienta a Lui tutta l'anima, senza riserve, quanto è dolce conversare con Lui cuore a Cuore, nel placido silenzio che avvolge il tabernacolo!
Tu ci hai privilegiati, o Gesù, in una maniera mirabile; Tu sei con noi vivo e vero, Tu supplisci la nostra vita interiore, Tu sei nel tabernacolo rifulgente d'amore, e noi ti dimentichiamo e tante volte consideriamo come un segreto di normale tranquillità stare lontano da te o l'accomunarci alle abitudini di quelli che non ti amano o ti amano poco! Aprici gli occhi, non permettere più che siamo ingrati, castigaci, se occorre, ma tienici fedeli all'amor tuo per sempre. Amen.


Tratto dal libro " I Quattro Vangeli" Commento al Vangelo di Giovanni del Sac. Dolindo Ruotolo - da pag.1812 a pag.1817

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