martedì 7 agosto 2018

Miracoli eucaristici - ( Buenos Aires - Lanciano - Sokolka - Scienza e fede - Devozione eucaristica )



«Nell’epoca moderna si è pensato che la luce della fede potesse bastare per le società antiche, ma non servisse per i nuovi tempi, per l’uomo diventato adulto, fiero della sua ragione, desideroso di esplorare in modo nuovo il futuro. In questo senso, la fede appariva come una luce illusoria, che impediva all’uomo di coltivare l’audacia del sapere… La fede è stata intesa come un salto nel vuoto che compiamo per mancanza di luce, spinti da un sentimento cieco ; o come una luce soggettiva, capace forse di riscaldare il cuore, di portare una consolazione privata, ma che non può proporsi agli altri come luce oggettiva e comune per rischiarare il cammino » (Papa Francesco, enciclica Lumen fidei, 29 giugno 2013, 2-3).
Tuttavia, recenti miracoli eucaristici, sottoposti alle analisi della tecnica moderna, portano una luce che conferma i dati della fede e ricordano alla scienza che essa non può rendere ragione di tutta la realtà. Questi miracoli forniscono una prova della presenza reale oggettiva del Corpo e del Sangue del Signore nel Santissimo Sacramento.
Una sostanza sanguinante
Il 18 agosto del 1996, padre Alejandro Pezet celebra la Messa nella chiesa del centro commerciale della città di Buenos Aires, in Argentina. Termina di dare la santa Comunione, quando una donna viene a dirgli che ha visto un’ostia che qualcuno ha buttata via in fondo alla chiesa. Andando al luogo indicato, il sacerdote vede l’ostia sporca ; la mette in un piccolo contenitore con dell’acqua che ripone nel tabernacolo della cappella del Santissimo Sacramento. Il lunedì 26 agosto, aprendo il tabernacolo, vede, con suo grande stupore, che l’ostia è diventata una sostanza sanguinante. Ne informa mons. Jorge Bergoglio, vescovo ausiliare del cardinal Quarracino e futuro Papa, che dà istruzioni perché l’ostia così trasformata venga fotografata da un professionista. Le fotografie, scattate il 6 settembre, mostrano chiaramente che l’ostia, divenuta un frammento di carne sanguinante, è molto aumentata di dimensioni. Per tre anni, rimane conservata nel tabernacolo, e tutta la vicenda viene mantenuta segreta ; ma, constatando che l’ostia non subisce alcuna decomposizione visibile, mons. Bergoglio decide di farla analizzare scientificamente.
A partire dal mese di ottobre del 1999, vengono effettuate analisi su campioni dell’ostia. Esse conducono alla dichiarazione fatta nel 2005 dal dottor Frederic Zugibe, esperto di cardiologia e patologo medico-legale : « Il materiale analizzato è un frammento del muscolo del cuore che si trova nella parete del ventricolo sinistro in prossimità delle valvole. Questo muscolo è responsabile della contrazione del cuore. Il ventricolo sinistro del cuore pompa sangue a tutte le parti del corpo. Il muscolo cardiaco in esame è in una condizione infiammatoria e contiene un gran numero di globuli bianchi. Ciò indica che il cuore era vivo al momento del prelievo del campione. Affermo che il cuore era vivo perché i globuli bianchi, al di fuori di un organismo vivente, muoiono ; hanno bisogno di un organismo vivente per sostenerli. Quindi la loro presenza indica che il cuore era ancora vivo quando è stato prelevato il campione. Per di più, questi globuli bianchi sono penetrati nei tessuti, il che dimostra che il cuore era stato sottoposto a un intenso stress, come se il suo proprietario fosse stato percosso duramente sul petto. »
Due australiani, il giornalista Mike Willesee e il giurista Ron Tesoriero, sono stati i testimoni di questi test. Dopo la conclusione del medico, questi viene informato del fatto che la sostanza da cui proveniva il campione risaliva al 1996. Il dottor Zugibe chiede : « Dovete spiegarmi una cosa : se questo campione proviene da una persona morta, come è possibile che, mentre io lo esaminavo, le cellule del campione fossero in movimento e animate da pulsazioni ? Se questo cuore proviene da qualcuno che è morto nel 1996, come può essere tuttora in vita ? » Solo allora, Mike Willesee spiega al dottor Zugibe che il campione analizzato proviene da un’ostia consacrata che si è misteriosamente trasformata in carne umana sanguinante. Sbalordito da questa informazione, il medico risponde : « Come e perché un’ostia consacrata possa cambiare le sue caratteristiche e diventare carne e sangue umani vivi rimarrà un mistero inspiegabile per la scienza, un mistero del tutto al di là della sua competenza. »
Difficoltà a credere
A Lanciano, nella regione degli Abruzzi, avvenne, verso il 750, un fatto prodigioso simile. Un monaco basiliano aveva difficoltà a credere nella presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nell’Eucaristia. Pregava continuamente per trovare sollievo alle sue incertezze così penose. Una mattina, sempre afflitto dai suoi dubbi, iniziò la celebrazione della Messa davanti agli abitanti di un paese vicino. Improvvisamente, dopo la consacrazione del pane e del vino, ciò che vide sull’altare gli fece tremare le mani e rimase tutto interdetto per un momento che sembrò ai parrocchiani un’eternità. Poi, lentamente, si voltò verso di loro e disse : « O felici testimoni ai quali il Dio benedetto, per contraddire la mia incredulità, ha voluto rivelarsi Egli stesso in questo Santissimo Sacramento e rendersi visibile ai nostri occhi, venite a vedere il nostro Dio così vicino a noi : ecco la Carne e il Sangue del nostro amato Cristo » L’ostia era diventata carne e il vino sangue ! Quello stesso giorno, la notizia del miracolo percorse tutto il villaggio come un incendio divampa nel bosco e, altrettanto rapidamente, raggiunse i villaggi vicini e si propagò fino a Roma.
Questo miracolo rimane visibile per noi oggi : l’ostia divenuta carne e il vino divenuto sangue sono rimasti, per più di dodici secoli, perfettamente intatti. Nel 1970, l’arcivescovo di Lanciano e il ministro Provinciale dei Conventuali di Abruzzo, con l’autorizzazione di Roma, chiesero al professor Edoardo Linoli, direttore dell’ospedale di Arezzo, di effettuare un approfondito esame scientifico delle reliquie del prodigio avvenuto dodici secoli prima. Il 4 marzo 1971, il professore presentò le sue conclusioni :
1. La “carne miracolosa” è una carne costituita dal tessuto muscolare striato del miocardio (cuore).
2. Il “sangue miracoloso” è vero sangue : l’analisi cromatografica lo prova indiscutibilmente.
3. La carne e il sangue sono di natura umana e il test immunologico mostra che appartengono al gruppo sanguigno AB, che è lo stesso di quello dell’uomo della Sindone (di Torino), e caratteristico delle popolazioni del Medio Oriente.
4. Le proteine contenute nel sangue sono distribuite in una percentuale identica a quella dello schema siero-proteico del sangue fresco normale.
5. Nessuna sezione istologica ha rivelato la presenza di tracce di infiltrazioni di sali o di sostanze utilizzate nell’antichità per la mummificazione.
Notiamo inoltre che, una volta liquefatto, il sangue eucaristico di Lanciano (che è abitualmente secco) mantiene tutte le sue proprietà chimiche e fisiche senza deteriorarsi sotto una qualsiasi forma. Ora, normalmente, quindici minuti dopo l’estrazione di sangue umano ordinario, tutte le attività biologiche periscono irrimediabilmente.
La relazione medica, pubblicata nei “Quaderni Sclavo” (fasc. 3, 1971), suscitò un grande interesse nell’ambiente scientifico. Nel 1973, il Consiglio superiore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nominò una commissione scientifica per verificare le conclusioni del professor Linoli. I lavori durarono quindici mesi e vennero eseguiti cinquecento esami. La commissione dichiarò che si trattava di un tessuto vivente che presentava tutte le reazioni cliniche degli esseri viventi. A partire dall’ottavo secolo, la carne e il sangue di Lanciano rimangono tali e quali sarebbero se fossero stati prelevati il giorno stesso su un essere vivente. La sintesi dei lavori della Commissione, pubblicata nel dicembre 1976 a New York e a Ginevra, riconosce che la scienza, consapevole dei propri limiti, si trova di fronte all’impossibilità di fornire una spiegazione.
Altri esperti hanno proceduto al confronto tra le relazioni di laboratorio prodotte in seguito al miracolo di Buenos Aires e quelle presentate per il miracolo di Lanciano. Questi scienziati, che non conoscevano la provenienza dei campioni, conclusero che le due relazioni dei laboratori riguardavano campioni di materiale proveniente, presumibilmente, dalla stessa persona.
La ricerca di una grande luce
Nell’enciclica Lumen fidei, papa Francesco scrive : « Poco a poco, si è visto che la luce della ragione autonoma non riesce a illuminare abbastanza il futuro ; alla fine, esso resta nella sua oscurità e lascia l’uomo nella paura dell’ignoto. E così l’uomo ha rinunciato alla ricerca di una luce grande, di una verità grande, per accontentarsi delle piccole luci che illuminano il breve istante, ma sono incapaci di aprire la strada. Quando manca la luce, tutto diventa confuso, è impossibile distinguere il bene dal male, la strada che porta alla meta da quella che ci fa camminare in cerchi ripetitivi, senza direzione » (LF, 3). Per evitare questo male, abbiamo bisogno della fede : « È urgente perciò, afferma ancora il Papa, recuperare il carattere di luce proprio della fede, perché, quando la sua fiamma si spegne, anche tutte le altre luci finiscono per perdere il loro vigore. La luce della fede possiede, infatti, un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo. Perché una luce sia così potente, non può procedere da noi stessi, deve venire da una fonte più originaria, deve venire, in definitiva, da Dio. La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita. Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso c’è una grande promessa di pienezza e si apre a noi lo sguardo del futuro. La fede, che riceviamo da Dio come dono soprannaturale, appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo » (ibid., 4)
Una nuova prova
A conferma della fede della Chiesa, il Signore ha voluto dare al mondo, nel 2008, una nuova prova del suo amore con un altro miracolo eucaristico che presenta caratteristiche del tutto simili a quelle del miracolo di Buenos Aires. Il 12 ottobre di quell’anno, padre Jacek Ingielewicz celebra la Messa nella chiesa di Sant’Antonio di Padova, a Sokólka (Polonia), in presenza di duecento persone. Durante la distribuzione della Comunione, un’ostia cade a terra. Padre Jacek la raccoglie e la mette in un piccolo vaso liturgico d’argento che riempie d’acqua in modo che l’ostia si sciolga, poi ripone il tutto in una cassaforte in sacrestia. Infatti, dopo che un’ostia si è completamente sciolta, il corpo di Cristo non è più presente.
Informato da padre Jacek, padre Stanislaw Gniedziejko, parroco della parrocchia, lascia il vaso nella cassaforte per due settimane. Constata allora che non solo l’ostia non si è sciolta nell’acqua, ma che è apparsa una forma che ricorda una macchia di sangue. « Sconvolto, non sapevo che cosa pensare di questo, affermerà padre Stanislaw, le mie mani tremavano quando ho richiuso la cassaforte : non riuscivo quasi a parlare. » Decide di sottoporre il caso all’arcivescovo metropolita di Bialystok, la città vicina, mons. Edward Ozorowski. Quando quest’ultimo si reca a Sokóka, gli viene mostrata l’ostia che è stata deposta sopra un corporale. Egli vi vede, oltre a una macchia di sangue, qualche cosa che assomiglia a una sostanza organica. Sembra, fa notare padre Jacek, alla natura dei tessuti che « molti di noi hanno analizzato nelle nostre lezioni di biologia ».
Il 5 gennaio 2009, il vescovo chiede a due professori di medicina presso l’Università di Bialystok, Maria Elizabeth Sobaniecotowska e Stanislaw Sulkowski, di eseguire un’analisi di una particella dell’ostia. Entrambi hanno lavorato nel campo dell’istopatologia per oltre trent’anni. Padre Andrzej Kakareko, cancelliere della curia metropolitana di Bialystok, consegna a ciascun esperto un campione dell’ostia. Lo studio viene effettuato presso l’Istituto di patologia dell’Università. Quando sono stati prelevati i campioni, la parte ancora intatta dell’ostia rimaneva strettamente legata al tessuto da analizzare, senza aver perso nulla del suo candore. I due esperti, dopo aver lavorato separatamente, arrivarono alla stessa conclusione : ciò che è stato loro consegnato proviene dal tessuto di un muscolo cardiaco umano ancora vivo, ma in agonia. Il professor Sulkowski dichiara di aver osservato la presenza di « molti indicatori biomorfologici tipici del tessuto del muscolo cardiaco », nonché danni visibili sotto forma di piccole rotture delle fibre del tessuto. Aggiunge : « Questi danni si possono osservare solo in fibre vive e sono segni di spasmi rapidi del muscolo cardiaco nel periodo che precede la morte. »
La professoressa Sobianiecotowska conferma : « Si tratta del tessuto del muscolo cardiaco in vita. » Dopo aver riflettuto, manifesta il suo stupore di fronte al fatto di un tessuto rimasto vivo dopo essere stato separato dall’organismo di cui era parte integrante ; è un « fenomeno incredibile ! » E spiega : « Per molto tempo, l’ostia è rimasta immersa nell’acqua, poi deposta sul corporale ; quindi il tessuto avrebbe dovuto subire il processo di “asfissia”, ma questo non è stato osservato durante i nostri test… Lo stato attuale delle conoscenze biologiche non ci permette di spiegare scientificamente questo fenomeno. » Molto sconcertata anche dalla connessione del tessuto cardiaco con l’ostia consacrata, ella dichiara che « questo straordinario fenomeno della compenetrazione del tessuto del muscolo cardiaco e dell’ostia, osservato al microscopio ottico e anche a quello elettronico a trasmissione, prova che non è potuto avvenire alcun intervento umano sul campione ». Infatti, la struttura delle fibre del miocardio e la struttura del pane sono nel caso specifico così strettamente legate che non si può ammettere un intervento umano per realizzare questo (cfr. dichiarazione della professoressa M. Sobaniecotowska nella relazione « Il miracolo dell’Eucaristia di Sokóka », Lux Veritatis, 2010). D’altra parte, il sangue dell’ostia ha le stesse caratteristiche di quello della Sindone di Torino e del miracolo di Lanciano (gruppo AB).
La devozione aumenta
Dopo aver ottenuto i risultati dei test, l’arcivescovo ne informa il nunzio apostolico a Varsavia, che trasmette il dossier a Roma per esame. Nel settembre 2009, il pubblico, che ha avuto conoscenza della relazione dei due esperti, comincia a venire a Sokóka da tutta la Polonia, ma anche dalla Bielorussia e dalla Lituania. Nella stessa Sokóka, si constata un aumento immediato della devozione alla Santa Eucaristia. La gente viene a pregare nella chiesa per le famiglie divise, per i figli che abbandonano la fede, per ottenere guarigioni… Dopo aver ufficialmente dichiarato che il tessuto visibile sull’ostia è veramente miracoloso, mons Ozorowski la pone in un ostensorio esposto alla devozione dei fedeli in una cappella della chiesa di Sant’Antonio.
Riguardo all’Eucaristia, la Chiesa chiede il culto di latria, « cioè di adorazione, riservato solo a Dio, sia durante la celebrazione eucaristica sia al di fuori di essa » (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, 286). « Occorre, in particolare, scriveva san Giovanni Paolo II, coltivare, sia nella celebrazione della Messa che nel culto eucaristico fuori della Messa, la viva consapevolezza della presenza reale di Cristo » (Lettera apostolica Mane nobiscum Domine, 7 ottobre 2004, 18). A tal fine, « come la donna dell’unzione di Betania, la Chiesa non ha temuto di “sprecare”, investendo il meglio delle sue risorse per esprimere il suo stupore adorante di fronte al dono incommensurabile dell’Eucaristia. Non meno dei primi discepoli incaricati di predisporre la “grande sala”, essa si è sentita spinta lungo i secoli e nell’avvicendarsi delle culture a celebrare l’Eucaristia in un contesto degno di così grande Mistero… Se la logica del “convito” ispira familiarità, la Chiesa non ha mai ceduto alla tentazione di banalizzare questa “dimestichezza” col suo Sposo dimenticando che Egli è anche il suo Signore e che il “convito” resta pur sempre un convito sacrificale, segnato dal sangue versato sul Golgota. (Enciclica Ecclesia de Eucharistia, Giovedì Santo 2003, 48).
In effetti, « L’Eucaristia… rende presente e attuale il sacrificio che Cristo ha offerto al Padre, una volta per tutte, sulla Croce, in favore dell’umanità… Il sacrificio della Croce e il sacrificio dell’Eucaristia sono un unico sacrificio. Identici sono la vittima e l’offerente, diverso è soltanto il modo di offrirsi : cruento sulla Croce, incruento nell’Eucaristia » (Compendio del CCC, 280). Poiché dal Sacrificio della Messa scaturiscono tutte le grazie necessarie per la nostra salvezza, « la Chiesa fa obbligo ai fedeli di parteciparvi ogni domenica e nelle feste di precetto, e raccomanda di parteciparvi anche negli altri giorni » (ibid. 289).
« Bisogna imparare a vivere la Messa », ha detto una volta san Giovanni Paolo II ad alcuni giovani che lo interrogavano riguardo al profondo raccoglimento con il quale celebrava (18 ottobre 1981). San Padre Pio ce ne offre un bell’esempio : « Quando Padre Pio celebrava la Messa, dava l’impressione di un’unione così intima, così intensa, così completa con Colui che si offriva al Padre Eterno, come vittima di espiazione per i peccati degli uomini. Non appena era ai piedi dell’altare, il volto del celebrante si trasfigurava… Padre Pio possedeva il dono di far pregare gli altri. Si viveva la Messa » (Fr. Narsi Decoste, Le Padre Pio).
Il frutto del Sacrificio reso attuale sull’altare è la comunione con il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, anticipazione della comunione eterna del Cielo. Un così grande dono può essere ricevuto solo da chi è « pienamente incorporato alla Chiesa cattolica e in stato di grazia, cioè senza coscienza di peccato mortale. Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione… Importante è anche… l’osservanza del digiuno prescritto dalla Chiesa e l’atteggiamento del corpo (gesti, abiti), in segno di rispetto a Cristo » (Compendio, 291). « La santa Comunione accresce la nostra unione con Cristo e con la sua Chiesa… Ci fortifica per il pellegrinaggio di questa vita e ci fa desiderare la vita eterna, unendoci già a Cristo asceso alla destra del Padre, alla Chiesa del cielo, alla beatissima Vergine Maria e a tutti i Santi » (ibid., 292 e 294).
La suprema realizzazione
I miracoli eucaristici sono fatti innegabili ; ci pongono di fronte alla grande Realtà : Dio esiste, si è fatto carne, è presente e operante nella nostra storia, si è esposto alla sofferenza e alla morte, per distruggere la morte e darci la Vita ! La felicità che tutti cerchiamo dipende dalla nostra relazione d’amore con Lui solo ! Nell’enciclica Fides et Ratio, san Giovanni Paolo II scriveva : « Diversi sistemi filosofici, illudendolo, hanno convinto l’uomo che egli è assoluto padrone di sé, che può decidere autonomamente del proprio destino e del proprio futuro confidando solo in se stesso e sulle proprie forze. La grandezza dell’uomo non potrà mai essere questa. Determinante per la sua realizzazione sarà soltanto la scelta di inserirsi nella verità, costruendo la propria abitazione all’ombra della Sapienza e abitando in essa. Solo in questo orizzonte veritativo comprenderà il pieno esplicitarsi della sua libertà e la sua chiamata all’amore e alla conoscenza di Dio come attuazione suprema di sé » (107).
Attingiamo nell’Eucaristia la forza di cui abbiamo bisogno per seguire Gesù sulla via della vita eterna !
Dom Antoine Marie osb

"Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia (Website : www.clairval.com)".

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