1.
– Perché Cristo non dice: colui che fa la mia volontà? Perché
per allora bastava che accettassero quanto ha detto, dal momento che
quell’altra cosa sarebbe stata troppo forte per la debolezza dei
suoi ascoltatori. E, del resto, parlando della volontà del Padre,
alludeva anche alla sua volontà; e con quell’espressione anche
questo intendeva dire: che la volontà del Figlio non è diversa
dalla volontà del Padre. Mi sembra che qui si rivolga in particolare
ai giudei, che facevano consistere tutta la religione nella
conoscenza della legge, senza curarsi della vita. Per questo anche
Paolo indirizzava loro questo rimprovero: «Ti fai bello del nome di
giudeo e ti riposi sopra la legge, e ti glori delle grazie di Dio, e
ne conosci i voleri». Ma questo non giova a nulla se non è
accompagnato dalla dimostrazione della vita e delle opere.
Non
si ferma qui, ma dice altre cose che sono ancora più forti: Molti
in quel giorno mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo noi nel tuo
nome profetato? Non
soltanto – egli afferma – sarà escluso dal regno chi, pur avendo
la fede, trascura la vita; ma ne sarà escluso chi non avrà compiuto
niente di buono, anche se avrà compiuto molti prodigi in forza della
sua fede. «Molti in quel giorno mi diranno: Signore, Signore, non
abbiamo noi nel tuo nome profetato?». Notate come egli comincia a
introdursi nel discorso prima in modo ancora velato, poi in modo più
aperto, terminando quindi la sua energica apostrofe, e dichiarando
infine di essere lui il giudice. Aveva già mostrato prima che i
peccatori saranno infallibilmente puniti; qui rivela chi è il
giudice che li condannerà. Ma non dice ancora chiaramente: «Sono
io»; però con le parole «Molti in quel giorno mi diranno» lo
lascia capire.
Se
non fosse lui il giudice, come potrebbe dir loro: Ed
io allora dichiarerò ad essi pubblicamente: Non vi ho mai
conosciuti; andate via da me .
Ed egli intende: non solo nel momento in cui vi giudicherò, ma anche
nel momento in cui voi avete fatto quei miracoli. Ecco perché
ripeteva anche ai discepoli: «Non gioite di questo che gli spiriti
vi sono soggetti; ma gioite che i vostri nomi stanno scritti nei
cieli» . Li esortava, insomma, ad impegnarsi molto nel loro
comportamento, nel modo di vivere: quando un uomo vive bene,
rettamente, e sta lontano dai vizi, è impossibile che sia trascurato
da Dio. Ma quand’anche, per caso, sbagliasse, subito Dio lo
porterebbe nuovamente alla verità. Alcuni credono che coloro, di cui
parla Gesù ora, diranno, mentendo, di aver fatto molti miracoli in
suo nome, e che per questa loro menzogna non si salveranno. Questa
ipotesi non è affatto vera, anzi è proprio il contrario di quanto
Cristo vuol qui dimostrare. Il suo scopo consiste infatti nel far
vedere che la fede non vale senza le opere. Volendo ancor più
rilevare quanto ha detto sinora, aggiunge anche i miracoli , e
dichiara che non solo la fede, ma neppure la prova dei miracoli giova
a chi li compie, senza la virtù. Se questi uomini non avessero fatto
dei veri miracoli, come potrebbe reggere questo esempio, e questo
ragionamento star qui? E, d’altra parte, come oserebbero costoro
mentire a Cristo, mentre è in atto il loro giudizio? Inoltre, il
modo in cui essi parlano interrogando Gesù e la risposta stessa di
Cristo fanno capire che realmente essi hanno operato quei miracoli.
Costoro, sorpresi al trovare una fine contraria a quella che si
sarebbero attesa, sorpresi cioè nel vedersi condannati nell’altra
vita, mentre in questa sono stati da tutti ammirati per i loro
prodigi, gridano al colmo dello stupore e della costernazione:
«Signore, Signore, non abbiamo noi nel tuo nome profetato?». E
come, dunque, ora ci scacci? Come mai questa fine è tanto contraria
alle nostre speranze e ai nostri desideri? Ebbene, se costoro si
stupiscono al vedersi condannati dopo aver compiuto miracoli, voi,
non vi stupite? Tutte le grazie vengono dalla bontà di colui che ce
ne fa dono. Costoro sono stati molto favoriti, ma non hanno portato
nulla da parte loro. È dunque giusto che siano puniti, poiché sono
stati indifferenti e ingrati verso lui che li ha così onorati,
ricevendo tanta grazia da persone indegne. Voi potreste dirmi: Ma
come potevano operare miracoli uomini che vivevano nel male? Alcuni
rispondono a questa domanda asserendo che non vivevano nel male
allorché operavano miracoli, e che in seguito si sono corrotti e
hanno compiuto iniquità. Ma se le cose stessero così, le parole
gravi e severe di Cristo perderebbero anche questa volta il loro
significato. Lo scopo di queste parole è, invece, di dimostrare che
né la fede né i miracoli valgono, se non c’è una vita
conseguente, come anche Paolo afferma: «Quand’anche avessi tanta
fede da trasportare le montagne, quand’anche penetrassi tutti i
misteri e avessi piena scienza di tutte le cose divine, se non ho la
carità, non sono niente» . Ma chi sono queste persone? – mi
chiederete. Molti di coloro che credevano avevano avuto il dono di
compiere miracoli e ciononostante non erano con Cristo, come
quell’uomo che cacciava i demoni ; o come Giuda che, pur
essendo malvagio, ricevette, come tutti gli altri apostoli, il dono
di compiere miracoli. Anche nel Vecchio Testamento si riscontra
sovente questo fatto: persone indegne hanno ricevuto la grazia per
operare il bene di altri. La causa di ciò sta nel fatto che allora
tutti erano in qualche cosa imperfetti. Gli uni eccellevano per la
purezza della loro vita, ma non avevano una viva fede; mentre gli
altri, al contrario, avevano una fede fermissima, ma erano deboli
nella virtù. Dio intende esortare i primi attraverso i secondi:
vuole infatti che chi ha più virtù acquisti e dimostri grande fede,
mentre gli altri, stimolati da questo ineffabile dono, diventino
migliori e rendano la loro vita più perfetta.
2.
– Perciò con abbondanza egli concedeva la grazia. Abbiamo
operato –
essi dicono – nel
tuo nome molti miracoli .
Ma egli a loro: «Io non vi ho mai conosciuti». Cioè, dice il
Signore, per aver compiuto miracoli essi credono di essere miei
amici: allora, invece, riconosceranno che io ho donato loro la
grazia, ma non perché mi erano amici. Vi stupite che abbia fatto
questo dono a persone che credevano in lui, ma la cui vita non era
degna della loro fede, quando egli ha donato tale facoltà anche a
chi non ne aveva né la fede né la virtù? Balaam era privo di fede
e non conduceva certo una vita buona, eppure ricevette questo dono a
favore degli altri . Anche il Faraone, non aveva né fede né
virtù; eppure Dio, anche a lui rivelò l’avvenire. Nabucodonosor
era assai malvagio, e malgrado questo Dio gli fece conoscere ciò che
sarebbe avvenuto dopo molte generazioni . Anche al figlio di
questo re, che pure era ancor più malvagio di suo padre, Dio svelò
grandi e mirabili fatti che si sarebbero compiuti nell’avvenire,
allo scopo di mettere in esecuzione i disegni della sua provvidenza e
della sua giustizia . Infine, poiché la predicazione stava
allora per cominciare, ed era straordinario che vi fossero prove
straordinarie della sua validità, molti, anche tra persone indegne,
ricevettero il dono dei miracoli. Ma alcuni non trassero alcun
vantaggio da questi prodigi che compivano, anzi meritarono una più
grave punizione. Ecco perché Cristo disse queste terribili parole:
«Io non vi ho mai conosciuti». Ci sono infatti molte persone per
cui ha avversione anche in questa vita, e che allontana anche prima
che compaiano in giudizio dinanzi a lui. Tremiamo, dunque, carissimi,
e vigiliamo con cura sul nostro modo di vivere, né riteniamoci da
meno per il fatto che noi non compiamo miracoli. Se saremo stati
virtuosi, l’aver fatto miracoli non ci procurerà alcun vantaggio
in più; né saremo meno ricompensati, se non li avremo compiuti. Noi
siamo debitori verso Dio per le azioni prodigiose: mentre Dio sarà
nostro debitore per la vita e per le opere buone che noi compiamo.
Egli
dunque, - dopo aver completato i suoi insegnamenti morali, dopo aver
parlato della virtù scendendo sino ai più piccoli dettagli e aver
dimostrato che gli ipocriti la contraffanno in diversi modi, alcuni
digiunando e pregando per vanità, altri avvicinandosi a noi in veste
di agnelli, altri ancora, che chiama «cani e porci», corrompendo
questa virtù, - per farci capire quale vantaggio trarremo dal vivere
bene anche in questa vita, e quale sciagura ci colpirà se vivremo
male, aggiunge: Chiunque
ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un
uomo sapiente .
Voi avete già udito che cosa dovranno subire coloro che non mettono
in pratica gli insegnamenti del Signore, quand’anche abbiano
operato miracoli. È necessario, quindi, che sappiate anche di quali
beni godranno quelli che metteranno in pratica tutte le parole di
Cristo, e non soltanto nella vita futura ma anche in questa: infatti,
«Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà
simile a un uomo sapiente». Considerate come egli colorisce e varia
il suo discorso, ora dicendo: «Non chiunque mi dice: Signore,
Signore», e rivelando così se stesso; ora dicendo che entrerà nel
regno dei cieli «chi fa la volontà del Padre mio»; e di nuovo
dichiarandosi apertamente giudice con le parole: «Molti in quel
giorno mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo noi nel tuo nome
profetato? Io allora dichiarerò: Io non vi ho mai conosciuti», e
qui conferma ancora che egli possiede il dominio di tutte le cose;
per questo dice anche: «Chiunque ascolta queste mie parole».
Siccome ha sempre parlato di realtà future, ricordando il regno
eterno, una ricompensa ineffabile, consolazioni celesti e altre cose
simili, egli vuole ora mostrare i frutti e la forza della virtù
anche nella vita terrena. Che cosa, dunque, può farci ottenere la
virtù? Può farci vivere con sicurezza, senza lasciarci travolgere
dalle sciagure di questa vita ed elevandoci al di sopra di tutti
coloro che ci offendono e ci minacciano. Quale felicità può
eguagliare questa? Neppure i re potrebbero procurarsela. Essa è
riservata soltanto a chi vive la virtù: solo l’uomo virtuoso,
infatti possiede in abbondanza questa sicurezza; egli solo, in mezzo
al flusso e riflusso dei turbinosi avvenimenti terreni, gode di una
inalterabile serenità. Quello che fa rimanere stupefatti è il fatto
che, quando attorno non c’è calma, ma violenta è la tempesta,
vivo il turbamento e continue sono le prove e le tentazioni, egli non
si muove né vacilla neppure un poco.
Cadde
la pioggia a dirotto, i fiumi strariparono, soffiarono i venti e
s’abbatterono su quella casa, ed essa non crollò, perché fondata
sopra la roccia .
Qui, con le parole «pioggia», «fiumi» e «venti», indica
metaforicamente le sciagure e le tribolazioni umane, quali le
calunnie, le insidie e i tranelli dei malvagi, il dolore, la morte,
la perdita dei nostri cari, gli insulti dei nostri nemici e tutte le
altre simili afflizioni che ci possono colpire durante questa vita
terrena. Ma l’anima del giusto non cede a nessuna di queste prove,
perché essa è fondata sulla «roccia». Per «roccia» Cristo
intende la fermezza e la stabilità dei suoi insegnamenti. I suoi
precetti, infatti, sono più solidi di una roccia. Essi innalzano chi
li mette in pratica al di sopra di tutte le bufere di questo mondo.
Chi osserva questi precetti con fedeltà, resterà inaccessibile non
solo agli attacchi degli uomini, ma anche ai tranelli dei demoni.
3.
– E Giobbe è per noi testimone che queste parole non costituiscono
una pomposa e vana dichiarazione, avendo egli sostenuto tutti gli
assalti e le ferite di cui il diavolo volle colpirlo, senza essere
minimamente scosso. Lo testimoniano anche gli apostoli che, aggrediti
dalle violente ondate di tutta la collera umana, scatenata contro di
loro dai popoli, dai tiranni, dai giudei e dai gentili, dai
connazionali e dagli stranieri, dal diavolo, dai suoi demoni e da
tutta la malizia messa in moto, rimasero più incrollabili di una
roccia, superando tutte queste tempeste vittoriosamente.
Può
esistere una condizione di vita più felice di questa? Né la
ricchezza, né la forza fisica, né la gloria, né la potenza, né
qualsiasi altro privilegio possono procurare all’uomo una simile
fermezza interiore. Solo il possesso della virtù è capace di tanto.
Non si può trovare altra via libera ed esente da ogni male: la virtù
soltanto può porre l’uomo in questa felice condizione. Chiamo voi
a testimoni delle mie parole, voi che conoscete e vedete gli intrighi
e i pericoli esistenti nelle corti dei re, voi che ben sapete quanto
le case dei ricchi e dei potenti siano piene di tumulti e violenze.
Gli apostoli non hanno conosciuto niente di simile. Come, dunque? Non
hanno mai sperimentato nulla di questo? – voi mi chiederete. Non
hanno mai sofferto nessun male, nessuna violenza da parte di alcuno?
Proprio questo è soprattutto degno della più grande ammirazione: il
fatto, cioè, che essi ebbero molti insidiosi assalti e innumerevoli
tempeste vennero a infrangersi contro di loro: ma queste bufere non
riuscirono a travolgere la loro anima né a gettarli
nell’inquietudine e nello scoraggiamento; anzi, pur essendo scesi
inermi nel combattimento, riuscirono sempre vittoriosi.
Se
volete seguire il loro esempio, vi troverete anche voi a ridere di
tutte le sciagure della vita. Dovrete però rivestirvi, come di una
potente armatura, degli insegnamenti del Signore; e allora nessun
fatto, nessuna circostanza potrà addolorarvi. Quale male potrà
farvi, in tal caso, colui che vuol tendervi tranelli? Vi toglierà le
vostre ricchezze? Ma voi, prima ancora che egli vi minacci di rubarvi
i vostri beni, siete stati invitati a disprezzarli e a tenervi
lontani da essi, tanto che neppure chiedete a Dio, nelle vostre
preghiere, di salvarvi da tale furto. Vi chiuderà in prigione? Ma
Cristo vi ordina, prima ancora che qualcuno vi metta in prigione, di
vivere come se foste stati crocefissi a tutto il modo. Vi coprirà di
maledizioni? Gesù vi ha già liberati da ogni pena a questo
riguardo, quando vi ha promesso una grande ricompensa se sopporterete
le calunnie con pazienza e, dopo avervi resi così puri e liberi
dall’ira e dall’indignazione per tali false accuse, vi ha anche
ordinato di pregare per i vostri nemici. Vi perseguiterà allora
crudelmente e cercherà di colpirvi con mille assalti? Ma non farà
che aumentare lo splendore della vostra corona. Giungerà sino a
uccidervi, sino a strangolarvi? Ma questo è il più gran bene che
egli possa farvi, perché vi procurerà il premio dei martiri, vi
farà giungere più rapidamente nel porto tranquillo, offrendovi
l’occasione di ottenere una ricompensa ben più grande e dandovi
modo d’aver fiducia in quel giorno in cui tutti gli uomini
renderanno conto delle loro azioni dinanzi al giudice comune.
È
meraviglioso il fatto che non solo non fanno danno ai giusti coloro
che tentano di far loro del male, ma li rendono anche più illustri.
Niente uguaglia una vita virtuosa, che sola può porre l’uomo in
una simile felice condizione.
Dopo
aver detto che la via della virtù è stretta e angusta, alleviando
già con tali parole le fatiche del cammino, dimostra che, pur
essendo stretta, è assai sicura e piena di gioie, mentre, al
contrario, la via opposta è colma di guai e di pene. E dopo aver
mostrato il vantaggio che si ritrae anche in questa vita dalla virtù,
fa vedere qual è il compenso dell’iniquità. Ciò che io dico
sempre, anche ora lo ripeto: ad ogni passo Cristo opera la salvezza
dei suoi ascoltatori, ispirando loro da un lato l’amore per la
virtù e dall’altro l’avversione per il vizio. E siccome egli
prevedeva che ci sarebbero stati alcuni uomini che avrebbero ammirato
le sue parole senza però tradurle in opere, li previene con grande
timore e spavento facendo loro capire che, per quanto siano belle le
sue parole, non basta ascoltarle per salvarsi, ma bisogna anche
metterle in pratica mediante buone azioni, poiché appunto in ciò
consiste la virtù. E con tale esortazione egli conclude il suo
discorso, lasciando nei cuori dei suoi ascoltatori una viva
impressione di timore. Egli incita alla virtù, non soltanto con la
promessa delle realtà future, ricordando cioè il regno dei cieli,
le ricompense e le consolazioni ineffabili di cui godremo insieme
agli altri beni infiniti, ma anche mostrando la fermezza e la
stabilità incrollabile che la virtù ci conferisce in questa vita
attraverso il paragone della roccia; così, anche dal vizio non solo
ci allontana con il terrore dei supplizi futuri, cioè dicendo che
l’albero cattivo viene tagliato e gettato in un fuoco
inestinguibile e con la terribile sentenza «io non vi ho mai conosciuti», che ci preclude l’ingresso al regno dei cieli, ma
anche mostrando le sciagure presenti, che egli rappresenta nella
rovinosa caduta della casa costruita sulla sabbia. Perché rende il
suo discorso più efficace concludendolo appunto con questa parabola.
Il suo discorso non avrebbe avuto sufficiente forza, se si fosse
limitato a dire che l’uomo virtuoso sarebbe rimasto incrollabile,
mentre il malvagio sarebbe stato facilmente superato e travolto; egli
si serve di termini figurati quali la sabbia, la roccia, la casa, i
fiumi, la pioggia, il vento e simili.
Chiunque
poi ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile
a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sopra la sabbia .
Con grande ragione chiama stolto l’uomo che costruisce sulla
sabbia. Non c’è follia più grande di chi si affatica tanto a
costruire la sua casa sopra l’arena e non trae poi nessun frutto e
nessun riposo dal suo lavoro, anzi, ritrae da tale vana fatica la sua
rovina. Tutti sanno infatti quanto tribolano e penano coloro che si
abbandonano al male. Quanti si affatica e quanto sopporta un
calunniatore, un ladro, un adultero, per portare a termine le sue
detestabili imprese! Eppure da tutte queste fatiche, non solo non
ricava alcun vantaggio, ma ritrae un grande danno. Proprio a questo
allude anche Paolo con le parole: «Chi semina nella sua carne,
raccoglierà dalla sua carne la corruzione e la morte» . A
costui assomigliano quanti costruiscono sulla sabbia, cioè sulla
fornicazione, sulla lussuria, sull’intemperanza, sull’ira e su
tutti gli altri vizi.
4.
– Così era Achab: non così era Elia. Mettendo a confronto la
virtù e il vizio, noi potremo riconoscere accuratamente la diversità
esistente tra loro. Si può infatti dire che Elia costruì sulla
roccia, mentre Achab costruì sulla sabbia. Ecco perché
quest’ultimo, pur essendo re, temeva e tremava dinanzi al profeta,
sebbene Elia fosse vestito soltanto di una pelle di pecora. Così
anche i giudei hanno costruito sulla sabbia, mentre gli apostoli
hanno costruito sulla roccia. Ecco perché gli apostoli, sebbene
fossero pochi e legati da catene, dimostrarono la fermezza e la
solidità della roccia, mentre i giudei, che pure erano numerosi e
armati, erano più fragili della sabbia. Dicevano, infatti, l’un
l’altro: «Che faremo a questi uomini?» . Vedete che sono
colti da angustia non coloro che sono stati presi e incatenati, ma
coloro che li hanno catturati e chiusi in prigione. Che cosa potrebbe
accadere di più strano e insolito? Tu hai il potere e sei inquieto e
dubbioso? Essi subiscono la giusta pena della loro stoltezza, perché,
avendo costruito sulla sabbia, sono divenuti più deboli di tutti.
Perciò dicono più avanti: «Perché volete far ricadere su di noi
il sangue di quest’uomo?» . Com’è? Tu abbatti, atterrisci,
maltratti, e tu tremi? Tu giudichi, e tremi? Sì, quanta debolezza
c’è nella malvagità! Ma non così gli apostoli: «Non possiamo
non parlare delle cose che abbiamo vedute e udite» , - essi
rispondono. Ammirate il loro eccezionale coraggio. Vedete queste
solide rocce che si ridono delle ondate e delle tempeste. Questa casa
che resiste immobile e incrollabile. Ma mi stupisce ancora di più il
fatto che essi non solo non sono affatto intimiditi e scossi dalle
sciagure da cui sono minacciati, ma da queste minacce traggono
maggior ardimento, tanto che infondono un terrore sempre più grande
nei loro persecutori. Chi colpisce un diamante, ferisce se stesso.
Chi recalcitra contro lo stimolo si trafigge da sé e si procura,
anzi, pericolose ferite. Così, chi aggredisce gli uomini virtuosi,
finisce col correre personalmente gravi pericoli. Quanto più la
malvagità si arma contro la virtù, tanto più essa aumenta la
propria debolezza. E come chi cerca di imprigionare il fuoco in una
veste non spegne la fiamma, ma consuma l’abito, così colui che
perseguita le persone virtuose, le imprigiona e le incatena, non fa
che renderle più illustri, mentre finisce col portare se stesso alla
perdizione. Quanto più sarete offesi, mentre siete innocenti e
giusti, tanto più acquisterete forza e coraggio; poiché quanto più
stimiamo e coltiviamo la virtù, tanto meno abbiamo bisogno di tutto
il resto, e questa indipendenza da ogni cosa ci renderà tanto più
forti e superiori a tutti.
Così
fu Giovanni Battista. Nessuno poteva spaventarlo, mentre egli fece
tremare lo stesso Erode. Giovanni non possedeva niente, ma si levò
contro il sovrano: e questo re, coronato di diademi, coperto di
porpora e di infiniti ornamenti, fu colto da timore e da terrore
dinanzi a quest’uomo spoglio di tutto; e non poté guardare, senza
tremare, neppure la testa di Giovanni che aveva fatto mozzare. E,
anche dopo la morte del precursore, il suo spirito era turbato da
grave spavento. «Ecco Giovanni che io ho ucciso» , - esclama
Erode. Non per superbia e vanità dice di averlo ucciso, ma per
cercare in qualche modo di tranquillizzare il proprio timore e per
indurre il suo animo turbato a ricordare che egli stesso l’ha fatto
decapitare. Tanto grande è la forza della virtù che, anche dopo la
morte, è più potente di chi ancora vive! Quando Giovanni era ancora
in vita, coloro che possedevano molte ricchezze accorrevano a lui e
gli chiedevano: «Che cosa facciamo?» . Come! Voi che disponete
di tanti beni, volete apprendere, da chi non possiede nulla, il modo
di essere felici? Volete che un povero insegni ai ricchi? Che un
uomo, il quale non possiede neppure una casa, istruisca coloro che
comandano eserciti?
Così
era anche Elia, di cui Giovanni Battista fece rivivere lo spirito e
lo zelo: per questo parlava al popolo con la stessa libertà e
fermezza di linguaggio. Giovanni chiamava i giudei «razza di
vipere» , mentre Elia chiedeva loro: «Fino a quando
zoppicherete da tute e due le gambe?». Elia diceva a gran voce ad
Achab: «Tu hai ucciso e tu hai posseduto» ; Giovanni ammoniva
Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello Filippo» .
Ammirate
la solidità della roccia; guardate come facilmente vien meno la
sabbia.
Osservate
quanto è fragile la malvagità, come subito cede alle sventure, come
viene travolta, anche se si riscontra in un sovrano, nella folla o
nella potenza di persone armate. La malvagità rende del tutto stolta
l’anima che possiede; non la fa precipitare semplicemente, ma con
grande rovina: il Signore dice, appunto, che grande e rovinosa è la
sua caduta. Non si tratta qui di un trascurabile rischio, ma si
tratta dell’anima, della perdita del cielo e dei beni immortali.
Anzi, prima ancora di queste estreme sciagure, chi è malvagio avrà
fin da quaggiù una vita totalmente misera e infelice, poiché vivrà
tra continue agitazioni e angustie, paure, preoccupazioni e lotte. Il
sapiente ha chiaramente espresso questa verità dicendo: «L’empio
fugge senza che nessuno lo insegua» : gli uomini malvagi,
infatti, temono le ombre; sospettano degli amici e dei nemici, dei
familiari, dei domestici, delle persone che conoscono e che non
conoscono; in questa vita, prima ancora del supplizio eterno, essi
sperimentano in anticipo le pene e i tormenti a loro riservati
nell’inferno.
Tutto
questo intendeva dire con le parole e
fu molto grande la sua rovina ,
concludendo in tal modo, con un adeguato finale, i suoi meravigliosi
insegnamenti, e cercando di persuadere vigorosamente gli increduli a
fuggire il male con la considerazione delle sciagure che li
colpiscono anche nella vita presente. Se, da una parte, è più
terribile pensare ai supplizi eterni, tuttavia parlare di sciagure
terrene è più adatto a trattenere uomini ancora rozzi e grossolani
distogliendoli dal peccato. Perciò termina proprio così il suo
discorso, perché il salutare richiamo alle sciagure e ai mali di
questa terra rimanga vivo nell’animo dei suoi ascoltatori.
Ebbene,
dato che noi ora ben conosciamo tutti i mali da cui siamo minacciati
in questo mondo e nell’altro, fuggiamo il vizio, abbracciamo la
virtù, in modo che le nostre fatiche non siano vane. Così, dopo
aver costruito un edificio solido e incrollabile, godremo in questa
vita di una sicura pace e nella vita eterna potremo partecipare alla
gloria, che io auguro a noi tutti di ottenere per mezzo della grazia
e della misericordia di nostro Signore Gesù Cristo, a cui vanno la
gloria e la potenza per i secoli dei secoli. Amen
San Giovanni Crisostomo - Commento al Vangelo di San Matteo vol. 1°
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