mercoledì 27 giugno 2018

Non chiunque mi dice «Signore, Signore» entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli … Discorso ventiquattresimo – Mt. 7, 21-27 - San Giovanni Crisostomo - Commento al Vangelo di San Matteo vol. 1°



1. – Perché Cristo non dice: colui che fa la mia volontà? Perché per allora bastava che accettassero quanto ha detto, dal momento che quell’altra cosa sarebbe stata troppo forte per la debolezza dei suoi ascoltatori. E, del resto, parlando della volontà del Padre, alludeva anche alla sua volontà; e con quell’espressione anche questo intendeva dire: che la volontà del Figlio non è diversa dalla volontà del Padre. Mi sembra che qui si rivolga in particolare ai giudei, che facevano consistere tutta la religione nella conoscenza della legge, senza curarsi della vita. Per questo anche Paolo indirizzava loro questo rimprovero: «Ti fai bello del nome di giudeo e ti riposi sopra la legge, e ti glori delle grazie di Dio, e ne conosci i voleri». Ma questo non giova a nulla se non è accompagnato dalla dimostrazione della vita e delle opere.
Non si ferma qui, ma dice altre cose che sono ancora più forti: Molti in quel giorno mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo noi nel tuo nome profetato?  Non soltanto – egli afferma – sarà escluso dal regno chi, pur avendo la fede, trascura la vita; ma ne sarà escluso chi non avrà compiuto niente di buono, anche se avrà compiuto molti prodigi in forza della sua fede. «Molti in quel giorno mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo noi nel tuo nome profetato?». Notate come egli comincia a introdursi nel discorso prima in modo ancora velato, poi in modo più aperto, terminando quindi la sua energica apostrofe, e dichiarando infine di essere lui il giudice. Aveva già mostrato prima che i peccatori saranno infallibilmente puniti; qui rivela chi è il giudice che li condannerà. Ma non dice ancora chiaramente: «Sono io»; però con le parole «Molti in quel giorno mi diranno» lo lascia capire.

Se non fosse lui il giudice, come potrebbe dir loro: Ed io allora dichiarerò ad essi pubblicamente: Non vi ho mai conosciuti; andate via da me . Ed egli intende: non solo nel momento in cui vi giudicherò, ma anche nel momento in cui voi avete fatto quei miracoli. Ecco perché ripeteva anche ai discepoli: «Non gioite di questo che gli spiriti vi sono soggetti; ma gioite che i vostri nomi stanno scritti nei cieli» . Li esortava, insomma, ad impegnarsi molto nel loro comportamento, nel modo di vivere: quando un uomo vive bene, rettamente, e sta lontano dai vizi, è impossibile che sia trascurato da Dio. Ma quand’anche, per caso, sbagliasse, subito Dio lo porterebbe nuovamente alla verità. Alcuni credono che coloro, di cui parla Gesù ora, diranno, mentendo, di aver fatto molti miracoli in suo nome, e che per questa loro menzogna non si salveranno. Questa ipotesi non è affatto vera, anzi è proprio il contrario di quanto Cristo vuol qui dimostrare. Il suo scopo consiste infatti nel far vedere che la fede non vale senza le opere. Volendo ancor più rilevare quanto ha detto sinora, aggiunge anche i miracoli , e dichiara che non solo la fede, ma neppure la prova dei miracoli giova a chi li compie, senza la virtù. Se questi uomini non avessero fatto dei veri miracoli, come potrebbe reggere questo esempio, e questo ragionamento star qui? E, d’altra parte, come oserebbero costoro mentire a Cristo, mentre è in atto il loro giudizio? Inoltre, il modo in cui essi parlano interrogando Gesù e la risposta stessa di Cristo fanno capire che realmente essi hanno operato quei miracoli. Costoro, sorpresi al trovare una fine contraria a quella che si sarebbero attesa, sorpresi cioè nel vedersi condannati nell’altra vita, mentre in questa sono stati da tutti ammirati per i loro prodigi, gridano al colmo dello stupore e della costernazione: «Signore, Signore, non abbiamo noi nel tuo nome profetato?». E come, dunque, ora ci scacci? Come mai questa fine è tanto contraria alle nostre speranze e ai nostri desideri? Ebbene, se costoro si stupiscono al vedersi condannati dopo aver compiuto miracoli, voi, non vi stupite? Tutte le grazie vengono dalla bontà di colui che ce ne fa dono. Costoro sono stati molto favoriti, ma non hanno portato nulla da parte loro. È dunque giusto che siano puniti, poiché sono stati indifferenti e ingrati verso lui che li ha così onorati, ricevendo tanta grazia da persone indegne. Voi potreste dirmi: Ma come potevano operare miracoli uomini che vivevano nel male? Alcuni rispondono a questa domanda asserendo che non vivevano nel male allorché operavano miracoli, e che in seguito si sono corrotti e hanno compiuto iniquità. Ma se le cose stessero così, le parole gravi e severe di Cristo perderebbero anche questa volta il loro significato. Lo scopo di queste parole è, invece, di dimostrare che né la fede né i miracoli valgono, se non c’è una vita conseguente, come anche Paolo afferma: «Quand’anche avessi tanta fede da trasportare le montagne, quand’anche penetrassi tutti i misteri e avessi piena scienza di tutte le cose divine, se non ho la carità, non sono niente» . Ma chi sono queste persone? – mi chiederete. Molti di coloro che credevano avevano avuto il dono di compiere miracoli e ciononostante non erano con Cristo, come quell’uomo che cacciava i demoni ; o come Giuda che, pur essendo malvagio, ricevette, come tutti gli altri apostoli, il dono di compiere miracoli. Anche nel Vecchio Testamento si riscontra sovente questo fatto: persone indegne hanno ricevuto la grazia per operare il bene di altri. La causa di ciò sta nel fatto che allora tutti erano in qualche cosa imperfetti. Gli uni eccellevano per la purezza della loro vita, ma non avevano una viva fede; mentre gli altri, al contrario, avevano una fede fermissima, ma erano deboli nella virtù. Dio intende esortare i primi attraverso i secondi: vuole infatti che chi ha più virtù acquisti e dimostri grande fede, mentre gli altri, stimolati da questo ineffabile dono, diventino migliori e rendano la loro vita più perfetta.
2. – Perciò con abbondanza egli concedeva la grazia. Abbiamo operato – essi dicono – nel tuo nome molti miracoli . Ma egli a loro: «Io non vi ho mai conosciuti». Cioè, dice il Signore, per aver compiuto miracoli essi credono di essere miei amici: allora, invece, riconosceranno che io ho donato loro la grazia, ma non perché mi erano amici. Vi stupite che abbia fatto questo dono a persone che credevano in lui, ma la cui vita non era degna della loro fede, quando egli ha donato tale facoltà anche a chi non ne aveva né la fede né la virtù? Balaam era privo di fede e non conduceva certo una vita buona, eppure ricevette questo dono a favore degli altri . Anche il Faraone, non aveva né fede né virtù; eppure Dio, anche a lui rivelò l’avvenire. Nabucodonosor era assai malvagio, e malgrado questo Dio gli fece conoscere ciò che sarebbe avvenuto dopo molte generazioni . Anche al figlio di questo re, che pure era ancor più malvagio di suo padre, Dio svelò grandi e mirabili fatti che si sarebbero compiuti nell’avvenire, allo scopo di mettere in esecuzione i disegni della sua provvidenza e della sua giustizia . Infine, poiché la predicazione stava allora per cominciare, ed era straordinario che vi fossero prove straordinarie della sua validità, molti, anche tra persone indegne, ricevettero il dono dei miracoli. Ma alcuni non trassero alcun vantaggio da questi prodigi che compivano, anzi meritarono una più grave punizione. Ecco perché Cristo disse queste terribili parole: «Io non vi ho mai conosciuti». Ci sono infatti molte persone per cui ha avversione anche in questa vita, e che allontana anche prima che compaiano in giudizio dinanzi a lui. Tremiamo, dunque, carissimi, e vigiliamo con cura sul nostro modo di vivere, né riteniamoci da meno per il fatto che noi non compiamo miracoli. Se saremo stati virtuosi, l’aver fatto miracoli non ci procurerà alcun vantaggio in più; né saremo meno ricompensati, se non li avremo compiuti. Noi siamo debitori verso Dio per le azioni prodigiose: mentre Dio sarà nostro debitore per la vita e per le opere buone che noi compiamo.
Egli dunque, - dopo aver completato i suoi insegnamenti morali, dopo aver parlato della virtù scendendo sino ai più piccoli dettagli e aver dimostrato che gli ipocriti la contraffanno in diversi modi, alcuni digiunando e pregando per vanità, altri avvicinandosi a noi in veste di agnelli, altri ancora, che chiama «cani e porci», corrompendo questa virtù, - per farci capire quale vantaggio trarremo dal vivere bene anche in questa vita, e quale sciagura ci colpirà se vivremo male, aggiunge: Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo sapiente . Voi avete già udito che cosa dovranno subire coloro che non mettono in pratica gli insegnamenti del Signore, quand’anche abbiano operato miracoli. È necessario, quindi, che sappiate anche di quali beni godranno quelli che metteranno in pratica tutte le parole di Cristo, e non soltanto nella vita futura ma anche in questa: infatti, «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo sapiente». Considerate come egli colorisce e varia il suo discorso, ora dicendo: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore», e rivelando così se stesso; ora dicendo che entrerà nel regno dei cieli «chi fa la volontà del Padre mio»; e di nuovo dichiarandosi apertamente giudice con le parole: «Molti in quel giorno mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo noi nel tuo nome profetato? Io allora dichiarerò: Io non vi ho mai conosciuti», e qui conferma ancora che egli possiede il dominio di tutte le cose; per questo dice anche: «Chiunque ascolta queste mie parole». Siccome ha sempre parlato di realtà future, ricordando il regno eterno, una ricompensa ineffabile, consolazioni celesti e altre cose simili, egli vuole ora mostrare i frutti e la forza della virtù anche nella vita terrena. Che cosa, dunque, può farci ottenere la virtù? Può farci vivere con sicurezza, senza lasciarci travolgere dalle sciagure di questa vita ed elevandoci al di sopra di tutti coloro che ci offendono e ci minacciano. Quale felicità può eguagliare questa? Neppure i re potrebbero procurarsela. Essa è riservata soltanto a chi vive la virtù: solo l’uomo virtuoso, infatti possiede in abbondanza questa sicurezza; egli solo, in mezzo al flusso e riflusso dei turbinosi avvenimenti terreni, gode di una inalterabile serenità. Quello che fa rimanere stupefatti è il fatto che, quando attorno non c’è calma, ma violenta è la tempesta, vivo il turbamento e continue sono le prove e le tentazioni, egli non si muove né vacilla neppure un poco.
Cadde la pioggia a dirotto, i fiumi strariparono, soffiarono i venti e s’abbatterono su quella casa, ed essa non crollò, perché fondata sopra la roccia . Qui, con le parole «pioggia», «fiumi» e «venti», indica metaforicamente le sciagure e le tribolazioni umane, quali le calunnie, le insidie e i tranelli dei malvagi, il dolore, la morte, la perdita dei nostri cari, gli insulti dei nostri nemici e tutte le altre simili afflizioni che ci possono colpire durante questa vita terrena. Ma l’anima del giusto non cede a nessuna di queste prove, perché essa è fondata sulla «roccia». Per «roccia» Cristo intende la fermezza e la stabilità dei suoi insegnamenti. I suoi precetti, infatti, sono più solidi di una roccia. Essi innalzano chi li mette in pratica al di sopra di tutte le bufere di questo mondo. Chi osserva questi precetti con fedeltà, resterà inaccessibile non solo agli attacchi degli uomini, ma anche ai tranelli dei demoni.
3. – E Giobbe è per noi testimone che queste parole non costituiscono una pomposa e vana dichiarazione, avendo egli sostenuto tutti gli assalti e le ferite di cui il diavolo volle colpirlo, senza essere minimamente scosso. Lo testimoniano anche gli apostoli che, aggrediti dalle violente ondate di tutta la collera umana, scatenata contro di loro dai popoli, dai tiranni, dai giudei e dai gentili, dai connazionali e dagli stranieri, dal diavolo, dai suoi demoni e da tutta la malizia messa in moto, rimasero più incrollabili di una roccia, superando tutte queste tempeste vittoriosamente.
Può esistere una condizione di vita più felice di questa? Né la ricchezza, né la forza fisica, né la gloria, né la potenza, né qualsiasi altro privilegio possono procurare all’uomo una simile fermezza interiore. Solo il possesso della virtù è capace di tanto. Non si può trovare altra via libera ed esente da ogni male: la virtù soltanto può porre l’uomo in questa felice condizione. Chiamo voi a testimoni delle mie parole, voi che conoscete e vedete gli intrighi e i pericoli esistenti nelle corti dei re, voi che ben sapete quanto le case dei ricchi e dei potenti siano piene di tumulti e violenze. Gli apostoli non hanno conosciuto niente di simile. Come, dunque? Non hanno mai sperimentato nulla di questo? – voi mi chiederete. Non hanno mai sofferto nessun male, nessuna violenza da parte di alcuno? Proprio questo è soprattutto degno della più grande ammirazione: il fatto, cioè, che essi ebbero molti insidiosi assalti e innumerevoli tempeste vennero a infrangersi contro di loro: ma queste bufere non riuscirono a travolgere la loro anima né a gettarli nell’inquietudine e nello scoraggiamento; anzi, pur essendo scesi inermi nel combattimento, riuscirono sempre vittoriosi.
Se volete seguire il loro esempio, vi troverete anche voi a ridere di tutte le sciagure della vita. Dovrete però rivestirvi, come di una potente armatura, degli insegnamenti del Signore; e allora nessun fatto, nessuna circostanza potrà addolorarvi. Quale male potrà farvi, in tal caso, colui che vuol tendervi tranelli? Vi toglierà le vostre ricchezze? Ma voi, prima ancora che egli vi minacci di rubarvi i vostri beni, siete stati invitati a disprezzarli e a tenervi lontani da essi, tanto che neppure chiedete a Dio, nelle vostre preghiere, di salvarvi da tale furto. Vi chiuderà in prigione? Ma Cristo vi ordina, prima ancora che qualcuno vi metta in prigione, di vivere come se foste stati crocefissi a tutto il modo. Vi coprirà di maledizioni? Gesù vi ha già liberati da ogni pena a questo riguardo, quando vi ha promesso una grande ricompensa se sopporterete le calunnie con pazienza e, dopo avervi resi così puri e liberi dall’ira e dall’indignazione per tali false accuse, vi ha anche ordinato di pregare per i vostri nemici. Vi perseguiterà allora crudelmente e cercherà di colpirvi con mille assalti? Ma non farà che aumentare lo splendore della vostra corona. Giungerà sino a uccidervi, sino a strangolarvi? Ma questo è il più gran bene che egli possa farvi, perché vi procurerà il premio dei martiri, vi farà giungere più rapidamente nel porto tranquillo, offrendovi l’occasione di ottenere una ricompensa ben più grande e dandovi modo d’aver fiducia in quel giorno in cui tutti gli uomini renderanno conto delle loro azioni dinanzi al giudice comune.
È meraviglioso il fatto che non solo non fanno danno ai giusti coloro che tentano di far loro del male, ma li rendono anche più illustri. Niente uguaglia una vita virtuosa, che sola può porre l’uomo in una simile felice condizione.
Dopo aver detto che la via della virtù è stretta e angusta, alleviando già con tali parole le fatiche del cammino, dimostra che, pur essendo stretta, è assai sicura e piena di gioie, mentre, al contrario, la via opposta è colma di guai e di pene. E dopo aver mostrato il vantaggio che si ritrae anche in questa vita dalla virtù, fa vedere qual è il compenso dell’iniquità. Ciò che io dico sempre, anche ora lo ripeto: ad ogni passo Cristo opera la salvezza dei suoi ascoltatori, ispirando loro da un lato l’amore per la virtù e dall’altro l’avversione per il vizio. E siccome egli prevedeva che ci sarebbero stati alcuni uomini che avrebbero ammirato le sue parole senza però tradurle in opere, li previene con grande timore e spavento facendo loro capire che, per quanto siano belle le sue parole, non basta ascoltarle per salvarsi, ma bisogna anche metterle in pratica mediante buone azioni, poiché appunto in ciò consiste la virtù. E con tale esortazione egli conclude il suo discorso, lasciando nei cuori dei suoi ascoltatori una viva impressione di timore. Egli incita alla virtù, non soltanto con la promessa delle realtà future, ricordando cioè il regno dei cieli, le ricompense e le consolazioni ineffabili di cui godremo insieme agli altri beni infiniti, ma anche mostrando la fermezza e la stabilità incrollabile che la virtù ci conferisce in questa vita attraverso il paragone della roccia; così, anche dal vizio non solo ci allontana con il terrore dei supplizi futuri, cioè dicendo che l’albero cattivo viene tagliato e gettato in un fuoco inestinguibile e con la terribile sentenza «io non vi ho mai conosciuti», che ci preclude l’ingresso al regno dei cieli, ma anche mostrando le sciagure presenti, che egli rappresenta nella rovinosa caduta della casa costruita sulla sabbia. Perché rende il suo discorso più efficace concludendolo appunto con questa parabola. Il suo discorso non avrebbe avuto sufficiente forza, se si fosse limitato a dire che l’uomo virtuoso sarebbe rimasto incrollabile, mentre il malvagio sarebbe stato facilmente superato e travolto; egli si serve di termini figurati quali la sabbia, la roccia, la casa, i fiumi, la pioggia, il vento e simili.
Chiunque poi ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sopra la sabbia . Con grande ragione chiama stolto l’uomo che costruisce sulla sabbia. Non c’è follia più grande di chi si affatica tanto a costruire la sua casa sopra l’arena e non trae poi nessun frutto e nessun riposo dal suo lavoro, anzi, ritrae da tale vana fatica la sua rovina. Tutti sanno infatti quanto tribolano e penano coloro che si abbandonano al male. Quanti si affatica e quanto sopporta un calunniatore, un ladro, un adultero, per portare a termine le sue detestabili imprese! Eppure da tutte queste fatiche, non solo non ricava alcun vantaggio, ma ritrae un grande danno. Proprio a questo allude anche Paolo con le parole: «Chi semina nella sua carne, raccoglierà dalla sua carne la corruzione e la morte» . A costui assomigliano quanti costruiscono sulla sabbia, cioè sulla fornicazione, sulla lussuria, sull’intemperanza, sull’ira e su tutti gli altri vizi.
4. – Così era Achab: non così era Elia. Mettendo a confronto la virtù e il vizio, noi potremo riconoscere accuratamente la diversità esistente tra loro. Si può infatti dire che Elia costruì sulla roccia, mentre Achab costruì sulla sabbia. Ecco perché quest’ultimo, pur essendo re, temeva e tremava dinanzi al profeta, sebbene Elia fosse vestito soltanto di una pelle di pecora. Così anche i giudei hanno costruito sulla sabbia, mentre gli apostoli hanno costruito sulla roccia. Ecco perché gli apostoli, sebbene fossero pochi e legati da catene, dimostrarono la fermezza e la solidità della roccia, mentre i giudei, che pure erano numerosi e armati, erano più fragili della sabbia. Dicevano, infatti, l’un l’altro: «Che faremo a questi uomini?» . Vedete che sono colti da angustia non coloro che sono stati presi e incatenati, ma coloro che li hanno catturati e chiusi in prigione. Che cosa potrebbe accadere di più strano e insolito? Tu hai il potere e sei inquieto e dubbioso? Essi subiscono la giusta pena della loro stoltezza, perché, avendo costruito sulla sabbia, sono divenuti più deboli di tutti. Perciò dicono più avanti: «Perché volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo?» . Com’è? Tu abbatti, atterrisci, maltratti, e tu tremi? Tu giudichi, e tremi? Sì, quanta debolezza c’è nella malvagità! Ma non così gli apostoli: «Non possiamo non parlare delle cose che abbiamo vedute e udite» , - essi rispondono. Ammirate il loro eccezionale coraggio. Vedete queste solide rocce che si ridono delle ondate e delle tempeste. Questa casa che resiste immobile e incrollabile. Ma mi stupisce ancora di più il fatto che essi non solo non sono affatto intimiditi e scossi dalle sciagure da cui sono minacciati, ma da queste minacce traggono maggior ardimento, tanto che infondono un terrore sempre più grande nei loro persecutori. Chi colpisce un diamante, ferisce se stesso. Chi recalcitra contro lo stimolo si trafigge da sé e si procura, anzi, pericolose ferite. Così, chi aggredisce gli uomini virtuosi, finisce col correre personalmente gravi pericoli. Quanto più la malvagità si arma contro la virtù, tanto più essa aumenta la propria debolezza. E come chi cerca di imprigionare il fuoco in una veste non spegne la fiamma, ma consuma l’abito, così colui che perseguita le persone virtuose, le imprigiona e le incatena, non fa che renderle più illustri, mentre finisce col portare se stesso alla perdizione. Quanto più sarete offesi, mentre siete innocenti e giusti, tanto più acquisterete forza e coraggio; poiché quanto più stimiamo e coltiviamo la virtù, tanto meno abbiamo bisogno di tutto il resto, e questa indipendenza da ogni cosa ci renderà tanto più forti e superiori a tutti.
Così fu Giovanni Battista. Nessuno poteva spaventarlo, mentre egli fece tremare lo stesso Erode. Giovanni non possedeva niente, ma si levò contro il sovrano: e questo re, coronato di diademi, coperto di porpora e di infiniti ornamenti, fu colto da timore e da terrore dinanzi a quest’uomo spoglio di tutto; e non poté guardare, senza tremare, neppure la testa di Giovanni che aveva fatto mozzare. E, anche dopo la morte del precursore, il suo spirito era turbato da grave spavento. «Ecco Giovanni che io ho ucciso» , - esclama Erode. Non per superbia e vanità dice di averlo ucciso, ma per cercare in qualche modo di tranquillizzare il proprio timore e per indurre il suo animo turbato a ricordare che egli stesso l’ha fatto decapitare. Tanto grande è la forza della virtù che, anche dopo la morte, è più potente di chi ancora vive! Quando Giovanni era ancora in vita, coloro che possedevano molte ricchezze accorrevano a lui e gli chiedevano: «Che cosa facciamo?» . Come! Voi che disponete di tanti beni, volete apprendere, da chi non possiede nulla, il modo di essere felici? Volete che un povero insegni ai ricchi? Che un uomo, il quale non possiede neppure una casa, istruisca coloro che comandano eserciti?
Così era anche Elia, di cui Giovanni Battista fece rivivere lo spirito e lo zelo: per questo parlava al popolo con la stessa libertà e fermezza di linguaggio. Giovanni chiamava i giudei «razza di vipere» , mentre Elia chiedeva loro: «Fino a quando zoppicherete da tute e due le gambe?». Elia diceva a gran voce ad Achab: «Tu hai ucciso e tu hai posseduto» ; Giovanni ammoniva Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello Filippo» .
Ammirate la solidità della roccia; guardate come facilmente vien meno la sabbia.
Osservate quanto è fragile la malvagità, come subito cede alle sventure, come viene travolta, anche se si riscontra in un sovrano, nella folla o nella potenza di persone armate. La malvagità rende del tutto stolta l’anima che possiede; non la fa precipitare semplicemente, ma con grande rovina: il Signore dice, appunto, che grande e rovinosa è la sua caduta. Non si tratta qui di un trascurabile rischio, ma si tratta dell’anima, della perdita del cielo e dei beni immortali. Anzi, prima ancora di queste estreme sciagure, chi è malvagio avrà fin da quaggiù una vita totalmente misera e infelice, poiché vivrà tra continue agitazioni e angustie, paure, preoccupazioni e lotte. Il sapiente ha chiaramente espresso questa verità dicendo: «L’empio fugge senza che nessuno lo insegua» : gli uomini malvagi, infatti, temono le ombre; sospettano degli amici e dei nemici, dei familiari, dei domestici, delle persone che conoscono e che non conoscono; in questa vita, prima ancora del supplizio eterno, essi  sperimentano in anticipo le pene e i tormenti a loro riservati nell’inferno.
Tutto questo intendeva dire con le parole e fu molto grande la sua rovina , concludendo in tal modo, con un adeguato finale, i suoi meravigliosi insegnamenti, e cercando di persuadere vigorosamente gli increduli a fuggire il male con la considerazione delle sciagure che li colpiscono anche nella vita presente. Se, da una parte, è più terribile pensare ai supplizi eterni, tuttavia parlare di sciagure terrene è più adatto a trattenere uomini ancora rozzi e grossolani distogliendoli dal peccato. Perciò termina proprio così il suo discorso, perché il salutare richiamo alle sciagure e ai mali di questa terra rimanga vivo nell’animo dei suoi ascoltatori.
Ebbene, dato che noi ora ben conosciamo tutti i mali da cui siamo minacciati in questo mondo e nell’altro, fuggiamo il vizio, abbracciamo la virtù, in modo che le nostre fatiche non siano vane. Così, dopo aver costruito un edificio solido e incrollabile, godremo in questa vita di una sicura pace e nella vita eterna potremo partecipare alla gloria, che io auguro a noi tutti di ottenere per mezzo della grazia e della misericordia di nostro Signore Gesù Cristo, a cui vanno la gloria e la potenza per i secoli dei secoli. Amen

San Giovanni Crisostomo - Commento al Vangelo di San Matteo vol. 1°



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