Il
22 ottobre 2009, nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, la
beatificazione di Soultaneh Mariam Danil Ghattas (1843-1927),
fondatrice delle Suore del Rosario, è stata davvero una festa piena
di gioia! I cristiani in Terra Santa non avevano mai vissuto prima
una celebrazione liturgica di questo tipo.
Una
figlia araba di Gerusalemme
La
beata Maria Alfonsina è tuttora poco conosciuta in Europa. Durante
la sua vita restò spesso nell’ombra, in modo tale che nessuna
delle sue consorelle conobbe la sua ricca vita interiore, le sue
visioni e la sua confidenza con la Madonna. Anche suor Hanneh, sua
sorella, madre generale della comunità, fino alla morte di Sr.
Alfonsina, ignorò che la sorella fosse la vera fondatrice della
Congregazione. Offrirsi in silenzio per la sua Congregazione, oggi
riconosciuta dalla Chiesa, fu la vocazione di questa simpatica beata
ed ella la realizzò con tutto il cuore!
Soultaneh
Mariam nacque a Gerusalemme nel 1843, nella benestante famiglia
arabocristiana Danil Ghattas. A 14 anni, seguendo la chiamata di
Gesù, entrò presso le Suore di San Giuseppe e nel 1860, durante la
vestizione nella Chiesa del Santo Sepolcro sul Calvario, assunse il
nome di Sr. Alfonsina. Due anni dopo, a 19 anni, nello stesso santo
luogo della sofferenza e della morte di Gesù, pronunciò i suoi
primi voti. Sr. Alfonsina iniziò subito con entusiasmo ad insegnare
catechismo nella scuola della parrocchia di Gerusalemme, accesa dal
suo grande affetto per Maria. Schiere di bambini cominciarono a far
parte della comunità mariana, da lei fondata, dalla quale più tardi
provennero le prime suore del Santo Rosario. Dopo alcuni ricchi anni
di insegnamento, Alfonsina, come maestra ed educatrice, fu mandata a
Betlemme. Ebbero inizio lì inaspettati e meravigliosi eventi. Il 6
gennaio 1874, durante la preghiera del Santo Rosario, la Madonna le
apparve per la prima volta, in piedi, con le braccia aperte, con in
mano un rosario che pendeva fino ai piedi e il capo circondato da
quindici stelle. La visione le lasciò una pace indescrivibile e il
vivo desiderio di impegnarsi per Dio e per le anime.
Il
6 gennaio 1875, esattamente un anno dopo la prima apparizione, mentre
Sr. Alfonsina pregava nella grotta della natività di Gesù a
Betlemme, Maria le apparve di nuovo e la immerse in una luce intensa.
“Un raggio, partendo dalla Madonna, mi penetrava e mi feriva con il
suo amore”. Da quel momento l’accompagnò per sempre una stella
bellissima, che brillava più o meno forte, che si avvicinava o si
allontanava. In mezzo a questa stella brillante, Sr. Alfonsina vedeva
sempre la Madonna; qualcosa di simile era accaduto cento anni prima a
Roma alla Beata Anna Maria Taigi, che per 47 anni in un sole luminoso
poté vedere avvenimenti presenti e futuri. La stessa sera, la
Madonna le apparve di nuovo, circondata da una schiera di ragazze
gioiose con sopra di loro la scritta: “Congregazione del Rosario”.
In
altre visioni durante l’anno, Sr. Alfonsina vide il futuro convento
del Rosario con le suore che lo avrebbero abitato, come anche il
corso delle loro giornate e le regole che la Madonna le spiegò
dettagliatamente. Per incoraggiare l’esitante suora a fondare la
Congregazione, la Madonna la toccava lievemente con la corona del
rosario dicendole: “Il rosario è il tuo tesoro. Abbi fiducia nella
mia misericordia e nella bontà di Dio onnipotente”. Anche la nota
mistica stigmatizzata, Miriam di Abellin, dal Carmelo di Betlemme, la
incoraggiava: “Inizia l’opera, Dio la vuole! Riuscirai!”.
Poiché non era davvero un’impresa facile dare l’avvio ad una
nuova Congregazione, la Madonna esaudì la preghiera di Sr. Alfonsina
e le mise accanto la sorella Hanneh (1858-1931). Per guidarla inoltre
nella realizzazione dell’opera, le affidò P. Joseph Tannous di
Nazaret, un saggio sacerdote e padre spirituale. Sr. Alfonsina, da
vent’anni appartenente alla Congregazione delle suore di San
Giuseppe, per uscire da questa famiglia religiosa, ebbe bisogno di
una dispensa papale, come avvenne sessantasei anni più tardi per
Madre Teresa. Papa Leone XIII gliela concesse nel 1880. Poté così
unirsi a cinque ragazze palestinesi e insieme iniziarono una vita
povera, ma felice, come prime appartenenti alla nuova Congregazione,
in una casa in affitto che P. Tannous aveva procurato loro. Il 7
marzo 1885, con otto novizie, Sr. Maria Alfonsina del Rosario, piena
di gioia, pronunciò i voti davanti al Patriarca di Gerusalemme.
Apparentemente altre suore furono alla guida di questa nuova giovane
comunità. P. Tannous fu l’unico a sapere chi fosse veramente la
nascosta, silenziosa e da lui molto stimata Sr. Alfonsina e le
chiedeva spesso consigli e assistenza per la conduzione della
comunità; le chiese inoltre di scrivere tutto ciò che avveniva
nelle sue visioni.
Nousseira
e il miracolo della cisterna
La
mistica Alfonsina, durante i suoi quarantadue anni di vita nella
Congregazione delle Suore del Rosario, diede prova di essere anche
una donna pratica, concreta, che però non rinunciava mai al suo
rosario. Premurosamente andava fondando conventi, scuole per
l’educazione dei giovani arabi e orfanotrofi, come per esempio a
Salt in Giordania, dove fra altro si occupò anche dei beduini, o in
Terra Santa. Pochi mesi dopo la professione solenne, le giovani
suore, due alla volta, furono mandate in missione. Accompagnata da
una consorella e dal suo padre spirituale Joseph Tannous, nel luglio
del 1885, Sr. Alfonsina si recò a Jaffa in Galilea. Il suo primo
‘convento’ e la sua prima ‘scuola’ inizialmente consistettero
in due povere stanzette. La più grande serviva come classe per
trentacinque ragazze e nella più piccola c’era posto appena per
due letti. Durante il giorno, un letto doveva fare spazio ad un
tavolo da lavoro.
Le
due suore del Rosario sopportarono per quasi un anno queste
condizioni fin quando la madre superiora delle Clarisse di Nazaret,
avendone compassione, diede loro un po’ di soldi con i quali
poterono sistemare altre due stanze. Quattro settimane prima
dell’inaugurazione, il 14 aprile 1886, si verificò un miracolo
eccezionale, del quale si hanno precise descrizioni da testimoni
oculari. Quel giorno, una ragazza greco-ortodossa, Nousseira Habîb
eľ Id el Issa, di dodici anni, stava aiutando a pulire il pavimento
in pietra della nuova casa delle suore. Mentre prendeva l’acqua in
un pozzo profondo otto metri, vi cadde dentro. Sr. Caterina chiamò i
soccorsi, ma due uomini con una corda arrivarono solo dopo dieci
minuti. Calarono la corda nel pozzo, la ragazza apparve per due volte
in superficie, ma poiché era svenuta non poté afferrare la corda.
Gli abitanti del paese, accorsi sul luogo dell’incidente, gridando
incolpavano le due suore e i parenti della ragazza si strappavano le
vesti per la disperazione. Subito fu chiesto alle suore “il prezzo
del sangue”, prima di lasciare il paese. Sr. Alfonsina subiva gli
insulti senza difendersi; accompagnata da alcuni bambini, corse in
Chiesa: lì recitarono il rosario davanti al Santissimo. Tornò poi
sul luogo dell’incidente tenendo ancora in mano il rosario e fu
sgridata da un arabo esaltato: “Il tuo rosario e le tue Ave Maria
dovrebbero bruciarti!”. L’uomo la colpì fortemente su un fianco
e la fece cadere a terra. Ma ella balzò in piedi, si fece strada fra
la gente e gettando il suo rosario nel pozzo gridò ad alta voce:
“Regina del Santo Rosario, salva la bambina e aiutaci nella nostra
grande tribolazione!”. La gente presente scoppiò a ridere e la
schernì: “La tua Madonna non ti può più aiutare, la piccola è
affogata, giace in fondo al pozzo da quasi un’ora”. Ma Sr.
Alfonsina non si fece più fuorviare, con i bambini tornò di nuovo
in Chiesa e continuò a recitare il rosario. Intanto Sr. Caterina,
che era rimasta presso il pozzo, fece scendere un secchio fino al
fondo. Quando la suora, con l’aiuto di un arabo, ritirò su il
secchio, sotto lo specchio d’acqua si vide prima la testa e poi,
con grande sorpresa dei presenti, apparve Nousseira in piedi dentro
il secchio con il rosario intorno al collo! Come se non fosse
successo nulla, ella abbracciò la sua insegnante dicendo: “Mentre
mi trovavo nell’acqua, ho sentito il luminoso rosario cadere su di
me, intorno al mio collo e alla mia mano. Il pozzo era pieno di luce
e mi sentivo nell’acqua come su un divano. Poi, all’apertura del
pozzo, ho visto molte persone e una voce mi ha gridato: ‘Prendi la
corda!’. L’ho fatto e sono uscita”. Sr. Caterina corse subito
in Chiesa per informare Sr. Alfonsina del salvataggio miracoloso.
Quando ella uscì dalla Chiesa, Nousseira, piena di gioia, le corse
incontro raccontandole con entusiasmo: “Sono così felice di ciò
che ho visto nel pozzo, illuminato dal rosario! Mi dispiace che mi
abbiano tirato fuori così presto”. Gli effetti di questo miracolo
furono straordinari: la miracolata con tutta la sua famiglia
ortodossa divenne cattolica, altrettanto l’insegnante protestante
del paese, la madre di lei e alcuni allievi. La scuola protestante fu
chiusa, mentre le classi nella scuola delle suore divennero ben
presto troppo piccole. Nousseira stessa ogni giorno recitava il
rosario con le suore; anche dopo anni, piena di gratitudine, a chi lo
voleva ascoltare, raccontava del suo miracoloso salvataggio.
Frutti
dal paradiso
Nel
giugno del 1893, Sr. Alfonsina si trasferì a Betlemme, dove, secondo
il desiderio del suo padre spirituale, fondò un orfanotrofio e un
laboratorio per ragazze. Per quindici anni vi operò come superiora
con molto successo, ma nello stesso tempo in condizioni
difficilissime, perché il numero dei bambini, delle alunne e delle
disoccupate cresceva continuamente. Quasi tutti gli anni era
necessario trasferirsi in una casa sempre più grande, rimaneva solo
la stessa povertà. Nel 1904, poco prima della festa di San Giuseppe,
tutte le provviste erano consumate.
Le
suore, nella loro pena, iniziarono una novena a San Giuseppe. Venne
il nono giorno, ma non giunse nessun aiuto. Madre Alfonsina
incoraggiò tutti ad avere fiducia: “Preghiamo San Giuseppe, non ci
abbandonerà!”. Fuori pioveva a torrenti e si stava facendo buio.
All’improvviso, le suore sentirono un tocco delicato alla porta.
Era uno straniero. Con una mossa leggera della mano indicò il peso
che portava sulle spalle e con gentilezza disse: “Questo è per i
vostri orfani”. Le suore, molto sorprese, fecero entrare l’uomo
così gentile e gli tolsero il peso dalle spalle. Si trattava di una
abaije (un mantello portato dai beduini) piena di frutta e di
verdura, ma stranamente l’abaije, la verdura e anche il lungo
vestito dello straniero erano completamente asciutti! “Chi la
manda? Forse i fratelli di Tantûr o le sorelle di Hortâs?”,
chiesero le sorelle. Egli però diede loro solo una risposta evasiva:
“Non lo so”. In quel momento arrivarono gli orfani e ammirarono
le varie specie di frutta e verdure portate dallo straniero
taciturno. Insieme portarono in cucina il dono prezioso e, dopo aver
disfatto tutto, Sr. Francesca piegò l’abaije. Mentre lo faceva,
notò la straordinaria bellezza del mantello di color giallooro. Era
nuovo e senza una piega. “E’ un peccato portare la verdura in una
meravigliosa cappa come questa!”, pensò tra sé. Ma l’abaije non
aveva neanche una macchia: la frutta e la verdura erano lavate e
pulite. Madre Alfonsina era rimasta con lo sconosciuto, senza
scambiare una parola, tutta assorta dalla figura di quell’uomo alto
e magro, dai lineamenti armoniosi e con gli occhi amorevoli. La sua
carnagione era chiara, il suo kumbâs, il lungo vestito, era pulito,
di tessuto con strisce blu e con una cinta celeste. Nel frattempo
ritornò Sr. Francesca con la sua abaije e gliela diede. Lui non la
indossò come sarebbe stato normale con quella pioggia, ma la mise
sopra il braccio. Alla domanda, se ci fosse stato da pagare qualche
cosa, egli rispose: “No, io ringrazio” e, salutando con
gentilezza le suore e le ragazze, sparì nella notte. Appena la porta
alle sue spalle fu chiusa, le due suore si guardarono con stupore e
piene di meraviglia ad una sola voce esclamarono. “Era San
Giuseppe!”. Il giorno dopo si informarono presso tutti i loro
benefattori, se qualcuno di loro avesse mandato la bella frutta e le
tante specie di verdure, ma tutti negarono. Le suore e le loro
ragazze per una intera settimana si nutrirono dei doni
sovrabbondanti, mentre Madre Alfonsina, spesso con un sorriso,
ripeteva: “Ragazze, mangiate i frutti del paradiso che ci ha
portato San Giuseppe!”. E Sr. Francesca assicurò da parte sua di
aver trovato tra la frutta una specie simile ad una patata, ma di
colore verde chiaro, con un sapore dolce, che non esiste in Palestina
e che non aveva mai visto prima. Il suo gusto era squisito sia che
venisse bollita, sia mangiata fresca. Durante il suo apostolato,
Madre Alfonsina ricevette notevoli aiuti dalla Regina del Rosario.
Una volta, facendo visita ad Hanna Issa el Kattân, una vicina di
casa cieca, provò tanta pietà per quella donna. Chiese un bicchiere
d’acqua, poi vi immerse il suo rosario e fece cadere qualche goccia
sugli occhi della donna, inguaribile secondo i medici. Dopo lei e
tutti i presenti recitarono quindici Ave Maria. Entro pochi giorni
Hanna riacquistò la vista e poté andare da sola in Chiesa a
ringraziare il Signore. Un’altra volta, le Suore del Santo Rosario
furono chiamate al capezzale di Gabrîl Dabdoûb, che aveva il tifo e
che morì poco dopo il loro arrivo. Secondo il rito orientale, i
parenti disperati diedero inizio ai lamenti e alle grida di dolore.
Solo Madre Alfonsina rimase calma, li incoraggiò e li invitò ad
avere fiducia in Gesù e nella Regina del Santo Rosario. Anche in
questo luogo chiese un bicchiere d’acqua, vi immerse il suo rosario
e versò alcune gocce sulle labbra del deceduto. Gabrîl deglutì,
chiese qualche cosa da mangiare e tornò in vita guarito. In seguito
fra la popolazione semplice si diffuse rapidamente l’amore per la
Regina del Santo Rosario e per la sua preghiera.
Quaderni
preziosi
Dopo
decenni ricchi di lavoro e di attività pastorale, nel 1909, Madre
Alfonsina fu richiamata alla Casa madre di Gerusalemme. Lì collaborò
per otto anni con la sorella Hanneh, che ricopriva per la seconda
volta l’incarico di Madre Generale. Alfonsina riuscì a nascondere
le sue straordinarie doti e virtù. Anche il suo diario non rivela
nulla dei suoi ultimi venti anni. La suora taciturna qualche volta
aveva annotato ciò che la Madonna le affidava nelle sue visioni: “La
cara Madre di Dio sarebbe molto lieta, se noi, nel convento,
pregassimo il rosario perpetuo”. Siccome questo desiderio non
trovava ascolto, ella diede il buon esempio. Nonostante i suoi 74
anni, nel 1917, il suo senso di responsabilità e l’ubbidienza
richiesero all’anziana suora per un’ultima volta tutto il suo
impegno. Madre Alfonsina infatti offrì tutte le forze rimastele per
trasformare la casa di campagna della famiglia Danil Ghattas, ad Ain
Karem, luogo di nascita di Giovanni Battista, in un orfanotrofio; era
la casa in cui ella aveva passato le vacanze durante la sua infanzia.
Proprio in quel luogo morì dieci anni dopo, il 25 marzo del 1927. In
quel giorno la Madonna mantenne la sua promessa: “Se avrai compiuto
la volontà di Dio ed eseguito tutto ciò che ti ho chiesto, potrai
venire con me”. Madre Alfonsina Danil Ghattas spirò a 84 anni
durante la recita del quarto mistero glorioso: ‘L’Assunzione di
Maria Santissima al Cielo’ con le parole: “… prega per noi
peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte”. Sr. Hanneh, la
sorella, eseguendo gli ultimi desideri di Madre Alfonsina, solo
allora trovò i suoi due quaderni, scritti a mano, con le preziose
visioni, i sogni e le notizie, che la beata aveva scritto per
obbedienza. Quando le suore del Santo Rosario appresero che l’umile
Sr. Alfonsina aveva avuto tante grazie straordinarie e che era stata
l’anima della fondazione, stentarono a crederlo, ma riflettendo
dovettero constatare unanimi: “Era una santa. Lo prova il fatto che
ci ha sopportato senza mai rimproverarci, accusarci o parlare male di
noi con altri. Tra l’altro non ne avrebbe avuto il tempo, perché
recitava sempre il rosario”. Nella Congregazione, approvata dalla
Santa Sede, operano oggi 260 suore, soprattutto nelle parrocchie e
nelle numerose scuole e asili per la formazione della gioventù
araba. Le sessanta sedi si trovano in Terra Santa, nel Libano, in
Kuwait, in Egitto, in Siria e negli Emirati arabi. Inoltre le suore
del S. Rosario lavorano in pensionati e in ospedali e guidano
comunità mariane per ragazze e donne. Secondo il desiderio della
Madonna, le suore, una volta al mese, davanti al Santissimo, recitano
il rosario perpetuo con tutti gli allievi, i malati o gli anziani.
Per rispondere alla richiesta di Maria di recitare il rosario
perpetuo anche all’interno della Congregazione, nonostante il
faticoso apostolato svolto all’esterno, a ciascuna suora viene
affidato un mistero del rosario da pregare ogni giorno con questa
intenzione, oltre ai misteri quotidiani già recitati. Così nella
Congregazione tutti i giorni vengono recitati più volte numerosi
rosari
Beatificata
il 22 novembre 2009 a Nazareth sotto il pontificato di papa Benedetto
XVI, è stata canonizzata a Roma da papa Francesco il 17 maggio 2015.
Tratto
da “Trionfo del Cuore” - La preghiera, chiave per il cuore di
dio - PDF - Famiglia di Maria - Settembre - Ottobre 2011
http://www.familiemariens.org/
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