Secondo
una concezione troppo diffusa, il matrimonio sarebbe nient'altro che
una sistemazione imposta da circostanze o convenienze sociali.
Ad
una certa età, quando non si può sempre vivere in casa con genitori
e fratelli e bisogna acquistare la propria indipendenza, si cerca una
sistemazione: l'uomo non può normalmente, nelle contingenze
ordinarie, vivere senza la donna, né la donna senza l'uomo: e allora
ci si sposa.
Appare
così come un passo che si deve fare; e si deve avere almeno quella
sopportazione rassegnata che si richiede nelle situazioni
inevitabili.
Altri
vanno al matrimonio con un animo ben diversamente disposto. Vi sono
trasportati dall'entusiasmo, dall'amore, cercano e vedono nel
matrimonio uno stato di sicura e completa felicità, col pericolo poi
di restarne delusi. Pretendono e sognano troppo, vogliono più di
quel che danno. Certe amare delusioni portano poi a delle tragiche
rotture oppure ad un rassegnato adattamento alla monotona mediocrità.
Se
si vogliono evitare i due estremi che considerano il matrimonio o
come una necessaria sistemazione o come un porto di felicità
assicurata, lo si deve considerare come una vocazione da parte di
Dio, una missione, una responsabilità, un punto di partenza non di
arrivo definitivo. Più chiaramente: il matrimonio va considerato non
tanto in se stesso, quanto nel piano generale di Dio, come parte di
questo piano.
Dio
Creatore, questo Essere assolutamente Supremo, Infinito, Eterno,
Onnipotente, ha creato il mondo: il mondo materiale e il mondo
spirituale. L'uomo è creatura di Dio: creatura nobilissima perché
dotata di anima spirituale e perciò di intelligenza e volontà
libera.
Essendo
Dio un Essere infinitamente Sapiente, ha fissato uno scopo a tutte le
creature, le dirige, le guida, provvede loro: si parla perciò di
Provvidenza divina.
Se
vogliamo concretizzare i concetti con immagini, possiamo chiamare Dio
il Grande Architetto dell'universo: secondo un preciso disegno ha
fissato il fine e la struttura di tutto l'universo e delle singole
parti: secondo tale disegno ha costruito e conserva l'universo e
vigila a questo grande edificio: ogni pietra ha il suo posto, ogni
elemento ha la sua funzione.
E
se veniamo più vicini all'uomo, Dio è il Grande Regista di questo
immenso dramma umano: immenso nello spazio e nei secoli. Egli assegna
a ciascuno la propria parte da recitare: la perfezione dell'insieme
deriva dalla perfezione con cui vengono recitate e attuate le singole
parti, anche le minime.
Tutto
l'universo, tutte le forze di natura sono state da Dio create e messe
a disposizione dell'uomo, il «re del creato»: e l'uomo se ne deve
servire per rendere gloria a Dio Creatore.
L'uomo
riassume tutte le voci del creato, le lodi inconsapevoli delle
creature materiali e le fa proprie, indirizzandole a Dio. Perché ciò
potesse avvenire in modo più degno, ecco che Dio ha riunito tutti
gli uomini in un Uomo che è anche Dio, cioè in Gesù Cristo.
Gesù
Cristo è Uomo come noi ed è Figlio di Dio; è il Verbo di Dio, la
seconda Persona della SS. Trinità, che ha assunto natura umana; è
il punto d'incontro tra umanità e divinità; è il ponte di
passaggio attraverso il quale l'umanità arriva a Dio; è il centro
dell'universo perché in Gesù Cristo si incontra l'universo creato
con l'universo increato cioè con Dio.
San
Paolo descrive questa grande piramide ascendente con le seguenti
parole: «Tutte le cose create sono per voi uomini, voi siete di
Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor 3, 22): l'universo materiale
arriva a Cristo attraverso l'uomo, arriva a Dio attraverso Cristo.
Tutti
gli uomini riuniti in Gesù Cristo costituiscono la Chiesa. Ecco che
cos'è la Chiesa: tutta l'umanità riunita in Gesù Cristo come Capo.
è il misterioso Corpo di Cristo: misterioso (mistico) ma reale.
E
come in un edificio ben riuscito ogni elemento ha la sua funzione;
come in un dramma ogni parte ha la sua importanza, cosi in un corpo
sano ogni membro, ogni organismo ha la sua funzione da compiere e la
struttura adatta alla funzione; dal retto funzionamento dei singoli
organismi di pende la sanità di tutto il corpo.
Ogni
uomo ha la sua parte da compiere nel dramma umano, la sua strada da
percorrere: e tutto ciò in preparazione alla vita eterna, giacché
questa vita terrena è solo provvisoria: tutti lo vediamo e lo
sentiamo. La nostra vita sulla terra è passaggio e preparazione alla
vita eterna.
Anche
Gesù descrive la vita umana come un dramma in due atti: il primo
atto, quello terreno, è provvisorio e preparatorio; il secondo,
quello dell'aldilà, è definitivo ed eterno. Si ricordi la parabola
del ricco epulone e del povero Lazzaro.
Dopo
questi brevi accenni si può capire meglio che cosa sia il matrimonio
per un uomo e più ancora per un cristiano: è uno stato di vita che
entra nel piano divino, è un organismo vivente nel Corpo Mistico di
Cristo ed ha un fine da attuare, una funzione da compiere.
Il
matrimonio non è quindi né una forzata sistemazione né una
sorgente di felicità completa: è una missione, un impegno, una
responsabilità. Quando funziona bene, riserva certo le sue gioie:
però, anche per il matrimonio, valgono le parole del Manzoni:
«Bisogna vivere per far bene, non per star bene, e si finirà con lo
star meglio».
Due
cristiani si sposano per compiere, nella Chiesa, la parte e il
compito loro fissato da Dio in questa vita, come mezzo per meritarsi
il Paradiso.
Scriveva
il Card. Montini (poi Paolo VI) quando era Arcivescovo di Milano,
"che il matrimonio deve essere presentato ,come una vocazione,
come una missione, come un grande dovere, che dà alla vita un
(altissimo scopo, e la riempie dei suoi doni e delle sue virtù".
Né
questa presentazione deforma o esagera la realtà delle cose. Il
matrimonio non è un episodio capriccioso, non è un'avventura
momentanea; è una scelta cosciente e definitiva dello stato di vita
ritenuto migliore per chi vi si avvia, dello stato che l'uomo e la
donna si creano l'un l'altro, non solo per completarsi fisicamente,
ma per interpretare un disegno provvidenziale, che determina il loro
destino umano e sovrumano.
Il matrimonio cristiano
In
un libretto della Sacra Scrittura, il libro di Tobia che tutti gli
sposi cristiani dovrebbero leggere, si trova questa preghiera del
giovane Tobia: «Benedetto sei Tu, o Dio dei nostri padri. E
benedetto il tuo nome, santo e glorioso nei secoli. Ti benedicano i
cieli e tutte le tue creature. Tu hai fatto Adamo egli hai dato in
aiuto Eva, gli hai dato in sostegno sua moglie: da loro è nato il
genere umano» (Tb 8,5).
è
una chiara dichiarazione che il matrimonio deriva da Dio. E se è
così, come dimostreremo, è evidente che le leggi essenziali del
matrimonio, fissate da Dio nell'istituirlo, non possono essere
cambiate dagli uomini, neppure dallo Stato.
Sarebbe
utile parlare subito del matrimonio come Sacramento per due motivi:
a) anzitutto
perché il vero matrimonio nei disegni di Dio è il matrimonio
Sacramento. Il matrimonio come istituto naturale, nei fini di
Dio, è solo una preparazione e un'analogia del matrimonio
Sacramento;
b) in
secondo luogo perché per i cristiani non c'è altro matrimonio
valido che il matrimonio Sacramento.
Chi
è cristiano, cioè battezzato, diventa irrevocabilmente membro della
Chiesa (che è il Corpo Mistico di Cristo); si trova ad essere membro
di una società soprannaturale, il Popolo di Dio. Come c'è una
legislazione o un diritto italiano, francese, ecc., così c'è un
diritto naturale, un diritto soprannaturale.
In
Italia, cittadini italiani non possono vivere secondo leggi straniere
e la validità dei loro atti giuridici dipende dall'osservanza delle
prescrizioni del diritto italiano. Così si potrebbe dire che chi è
inserito nell'ordine soprannaturale e fa parte del Corpo Mistico di
Cristo deve vivere secondo il diritto della Chiesa o Corpo Mistico di
Cristo. E siccome nel Corpo Mistico di Cristo il matrimonio è
Sacramento, chi è cristiano ed è cioè irrevocabilmente inserito
nella Chiesa, può validamente contrarre solo il matrimonio
Sacramento.
Istituzione divina
Una
delle solite difficoltà che si sentono contro il matrimonio è
questa: «Il matrimonio è un contratto consensuale. E allora, come
la libera volontà dei contraenti basta per contrarlo, la stessa loro
libera volontà dovrebbe bastare per scioglierlo o per variarne le
leggi».
La
risposta a questa difficoltà è piuttosto semplice e facile. Quando
due si sposano, entrano liberamente in uno stato di vita già
precostituito, le cui leggi sono già fissate dalla natura, cioè da
Dio.
Il
matrimonio è un contratto consensuale cioè un contratto per il
quale basta il consenso delle parti contraenti; ma non è un
contratto volontaristico cioè un contratto che crei liberamente il
proprio oggetto e le proprie leggi.
Ciascuno
è libero di sposarsi o di non sposarsi, è libero di sposare quella
persona o un'altra; ma, una volta fatta la scelta e contratto il
matrimonio, gli sposi si impegnano in una istituzione preesistente, i
cui fini e le cui leggi sono già fissati dalla natura e quindi da
Dio, Creatore della natura.
Il
Concilio Vaticano II ha richiamato con molta decisione questo
insegnamento; nella Costituzione sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo, Gaudium et spes, si legge: «L'intima
comunità di vita e d'amore coniugale, fondata dal Creatore e
strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale, cioè
dall'irrevocabile consenso personale. E così, è dall'atto umano col
quale i coniugi mutuamente si danno e si accettano, che nasce, anche
davanti alla società, un istituto che ha stabilità per ordinamento
divino; questo vincolo sacro in vista del bene sia dei coniugi e
della prole che della società, non dipende dall'arbitrio dell'uomo.
Perché è Dio stesso l'autore del matrimonio, che è dotato di
molteplici valori e fini; tutto ciò è di somma importanza per la
continuità del genere umano, il progresso personale e il destino
eterno di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la
stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di tutta
la società umana » (n. 48).
è
dunque assai importante dimostrare che il matrimonio è stato
istituito da Dio e non dagli uomini.
1. Il
matrimonio, cioè l'unione stabile ed esclusiva dell'uomo e della
donna, è necessario al bene della natura umana ed è la stessa
natura umana che spontaneamente induce all'unione dell'uomo e della
donna.
Il
matrimonio, dunque, come istituto, non è frutto di libera creazione
umana o di libera convenzione ma è frutto della natura stessa: è di
diritto naturale.
è
infatti la stessa natura che spinge l'uomo e la donna ad unirsi:
l'attrazione dei sessi è frutto di istinto naturale. I due sessi si
attraggono perché sono diversi e complementari tra loro, tendono a
completarsi unendosi; si attraggono poi per l'istinto di
conservazione della specie, conservazione che avviene attraverso
l'unione dei sessi per la procreazione.
La
natura spinge l'uomo e la donna all'unione stabile (o matrimonio),
perché il completamento e l'aiuto reciproco si ottiene da una unione
stabile, con lo scambio totale e definitivo, direi col possesso
comune, delle qualità complementari (fisiche e spirituali). D'altra
parte l'istinto naturale verso la conservazione della specie porta
anche ad allevare, a curare e ad educare i figli. E ciò esige
naturalmente una unione stabile.
La
indissolubilità del matrimonio è fondata sulle esigenze dell'amore
e sulla natura della procreazione umana.
La
procreazione umana, mettendo al mondo figli composti di corpo e di
anima, deve avvenire in una situazione che renda possibile l'azione
stabile dei genitori che hanno procreato il figlio, azione stabile
richiesta per l'allevamento e, soprattutto, per l'istruzione e
l'educazione del figlio.
Solo
gli esseri inferiori, senz'anima spirituale, non educabili, possono
nascere da un accoppiamento casuale.
E
inoltre il matrimonio, come patto d'amore tra due persone, esige
l'indissolubilità proprio perché si tratta di un legame tra due
persone. Il contratto di compravendita di cose, oggetti, case,
animali, si può anche sciogliere; ma un libero reciproco patto che
ha per oggetto due persone esige che rimanga indissolubile proprio
per la dignità della persona umana.
Una
persona non si può prendere e lasciare come una cosa, non la si può
cambiare come un vestito o un mobile.
Se
la natura stessa induce i due sessi umani ad una unione stabile, cioè
al matrimonio, vuol dire che Dio ha istituito il matrimonio poiché
Dio è l'Autore della natura e delle sue leggi.
2. Dio
ha voluto poi dare una promulgazione di questa legge divina
naturale.
Non
si è accontentato di istituire il matrimonio inserendolo nella
costituzione naturale dell'uomo; Egli ha compiuto anche una positiva
istituzione del matrimonio rendendo esplicite ed aperte le leggi, i
fini, la struttura del matrimonio, mediante la rivelazione della
Sacra Scrittura.
I
primi due capitoli del libro della Genesi, con parlare semplice e
metaforico adatto alla mentalità di un popolo poco civile,
riferiscono... una narrazione popolare dell'origine del genere
umano (Pio XII Enciclica Humani generis).
La
narrazione della creazione dei progenitori è duplice. Ebbene questa
duplice narrazione è proprio scritta in prospettiva matrimoniale,
quasi ché all'Autore sacro importasse mettere in evidenza
soprattutto l'istituzione del matrimonio e gli insegnamenti inerenti
ad esso.
Ecco
la prima narrazione: «Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di
Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse
loro: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra» (Gn 1,27).
Nella seconda narrazione si dice che Dio, dopo aver creato l'uomo,
non trova bene che rimanga solo: crea dunque gli animali «ma per
l'uomo non trovò un aiuto che fosse simile a lui» e allora creò la
donna e la presentò ad Adamo il quale disse: «Questa volta è ossa
delle mie ossa e carne della mia carne! Costei si chiamerà donna
perché dall'uomo fu tratta costei».
E
l'Autore sacro commenta: «perciò l'uomo abbandona il padre e la
madre e si unisce alla sua donna e i due diventano una sola carne»
(Gen 2,1824). Gesù attribuisce queste ultime parole al Creatore
stesso (Mt 19,5).
Da
questi due testi appare chiaro che l'uomo è creato da Dio in duplice
sesso (maschio e femmina); da Dio deriva il comando alla unione
procreativa e ciò è accompagnato da una benedizione che dà un
valore religioso e sacro a questo comando: «La procreazione è il
compimento di un disegno provvidenziale di Dio».
Appare
inoltre che l'uomo e la donna sono complementari, fatti l'uno per
l'altra e che l'essere completo, uomo donna, si ottiene
definitivamente nel matrimonio in cui i due diventano un essere solo.
Dal
secondo racconto biblico sembra quasi che l'Autore voglia dire:
«Siccome la donna è stata staccata dall'uomo e ne sono così
risultati due esseri incompleti, perciò l'uomo abbandona il padre e
la madre e si unisce alla sua donna con matrimonio monogamico (i due
diventano una sola carne) e indissolubile (legame più forte di
quello tra figli e genitori "abbandona il padre e la
madre...")».
La
poligamia (un uomo con più mogli) e il divorzio, che si trovano
presso il popolo ebraico nell'Antico Testamento, sono solamente
tollerati da Dio, non approvati.
Il
popolo ebraico, pure eletto da Dio, visse quasi sempre a contatto con
popoli pagani (Egitto, Canaan, Babilonia...) e ne subì le forti
tentazioni (es. idolatria); la debolezza, portata dal peccato
originale e aggravata dalle attrazioni verso le abitudini dei popoli
pagani, non era ancora sanata dalla Grazia del Redentore. Ecco il
perché della tolleranza di Dio.
Nonostante
ciò, (Antico Testamento, per bocca dei Profeti tiene così alto il
concetto di matrimonio e di amore coniugale da elevarli a simbolo e
immagine dell'amore di Dio per il suo popolo eletto (cfr. Osea,
specialmente 2, 18, 2122; Geremia 2,2 e il Cantico dei cantici).
Gesù
Redentore redime anche l'amore e il matrimonio: restituisce al
matrimonio la dignità iniziale e, in più, lo eleva a Sacramento.
Il fine del matrimonio
E' noto che il matrimonio nella sua essenza è un patto di reciproca,
definitiva e completa donazione, di corpo e di spirito, da parte dei
coniugi.
Il
Concilio Vaticano II ha messo in evidenza il valore personalistico
del matrimonio «mutua donazione di due persone» e dell'amore
coniugale «atto eminentemente umano, essendo diretto da persona a
persona con un sentimento che nasce dalla volontà» (GS, nn. 48 e
49).
Se
si domanda a degli sposi: «Perché vi siete sposati?», rispondono:
«Perché ci amavamo, e ci siamo sposati per poterci amare». Anche
sposi falliti risponderebbero: «Ci siamo sposati perché credevamo
di volerci bene, ci credevamo fatti l'uno per l'altro». Come fine
del matrimonio c'è l'amore e l'aiuto reciproco.
Il
matrimonio, appunto perché unione stabile di due persone, ha per
fine le persone giacché una persona umana non può essere
«strumentalizzata» ad altro fine che non sia Dio. 1 coniugi non
sono dunque «strumenti» della procreazione.
Questo
fine è ricordato anche dalla narrazione, già citata, di Genesi
2,24: amore, aiuto, completamento e perfezionamento reciproco degli
sposi; un vero arricchimento personale reciproco. è utile, a questo
proposito, ricordare che il segno sensibile del matrimonio come
Sacramento (segno sacramentale) è proprio il vincolo d'amore fra gli
sposi che simboleggia efficacemente il legame d'amore tra Cristo e la
Chiesa.
Già
Pio XI nella Casti Connubii scriveva: «Una tale
vicendevole formazione interna dei coniugi, questo assiduo studio di
perfezionarsi a vicenda, in un certo senso verissimo, come insegna il
Catechismo Romano, si può dire anche primaria cagione e motivo del
matrimonio, purché s'intenda per matrimonio non già, nel senso più
ristretto, l'istituzione ordinata alla retta procreazione ed
educazione della prole, ma, in senso più largo, la comunanza, l'uso
e la società di tutta la vita».
Il
Concilio, a questo proposito, pone in evidenza il valore dell'amore
coniugale in se stesso, anche prescindendo dalla procreazione, e la
completezza di tale amore: amore di spirito e di corpo. Leggiamo
infatti nella Gaudium et spes: «Il matrimonio non è
stato istituito soltanto per la procreazione, ma il carattere stesso
di patto indissolubile tra persone e il bene dei figli esigono che
anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste manifestazioni,
si sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche se la prole molto
spesso tanto vivamente desiderata, non c'è, il matrimonio perdura
come rapporto e comunione di tutta la vita e conserva il suo valore e
la sua indissolubilità» (n. 50).
E
ancora: «Proprio perché atto eminentemente umano, essendo diretto
da persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà,
quell'amore abbraccia il bene di tutta la persona, e perciò ha la
possibilità di arricchire di particolare dignità i sentimenti
dell'animo e le loro manifestazioni fisiche e di nobilitarli come
elementi e segni speciali dell'amicizia coniugale» (n. 49).
Essendo
l'uomo indebolito dal peccato originale si può anche aggiungere
un'altra osservazione. L'istinto sessuale che dopo il peccato
originale è diventato spesso disordinato (i progenitori, solo dopo
il peccato, sentirono il turbamento per la loro nudità: Genesi 3,7),
trova possibilità di legittima attuazione e soddisfazione solo nel
matrimonio. San Paolo giunge a scrivere: «Se non sanno serbarsi
continenti, si sposino; poiché è meglio sposarsi che bruciare» (1
Corinzi 7,9).
è
certo che va posto in evidenza il diritto dovere che gli sposi hanno
di procreare e il grande valore dei figli. Ciò è ricordato nel
racconto della Creazione in Genesi 1,28 s.
Fine del matrimonio è l'amore che può o deve diventare fecondo
E' questo un insegnamento che troviamo più volte ripetuto nel Concilio.
Si legge nella Gaudium et spes: «Per natura sua
l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati
alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano
il loro coronamento» (n. 48); e ancora: «Il vero culto dell'amore
coniugale e tutta la struttura familiare che ne nasce, senza
trascurare gli altri fini del matrimonio, tendono a rendere i coniugi
disponibili per cooperare coraggiosamente con l'amore del Creatore e
del Salvatore, che per loro mezzo continuamente ingrandisce e
arricchisce la sua famiglia. I coniugi sappiano di essere cooperatori
dell'amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti nel dovere di
trasmettere la vita umana e di educarla, che deve essere considerato
come una missione loro propria » (n. 50).
Il
dovere della procreazione non può affatto essere disgiunto dalla
educazione dei figli. Si tratta di procreazione di esseri umani i
quali, composti di anima e di corpo, devono essere non solo allevati
ma anche educati, cioè guidati ed aiutati a svilupparsi anche nello
spirito. E l'educazione è importante e indispensabile a tal punto
che una procreazione indiscriminata, la quale rendesse impossibile
l'educazione, sarebbe una procreazione inopportuna.
Un
cristiano non deve poi dimenticare l'aspetto soprannaturale di questo
dovere. Con la procreazione si generano i figli destinati a diventare
figli di Dio mediante il Battesimo, membri del Corpo Mistico di
Cristo, cittadini del Paradiso: si pone la condizione necessaria per
edificare ed accrescere il Corpo Mistico di Cristo. Con l'educazione
cristiana si tende a formare Cristo nei figli secondo la bella
espressione di S. Paolo che potrebbe essere la definizione
dell'educazione cristiana: «Figlioli miei, di nuovo io soffro per
voi i dolori del parto, finché Cristo non sia formato in voi »
(Galati 4,19).
Le
osservazioni sopra descritte e quelle che faremo riguardo al
matrimonio sacramento presentano il matrimonio ideale cui deve
tendere l'umanità e specialmente il cristiano. Non si deve però
dimenticare che «la durezza del cuore» che Gesù riconosce agli
Ebrei non è del tutto scomparsa.
«Il
sublime ideale del matrimonio cristiano presentato dal Nuovo
Testamento deve essere sempre additato come una meta da raggiungere.
Quando però si consideri la realtà della vita umana nel suo vero
contesto esistenziale, e si vogliano rispettare le grandi diversità
culturali che vi si riscontrano, è difficile illudersi che tutti i
cristiani sposati, nelle varie situazioni storico culturali in cui si
trovano, attuino questo sublime ideale normativo» (Eugenio
Hillmann).
Considerazioni
di questo tipo non vogliono affatto indurre alla mediocrità né far
credere irrealizzabile l'ideale cristiano: tendono invece ad
incoraggiare i molti (e sono legione!) che, non riuscendo ad arrivare
subito e bene all'ideale proposto, abbandonerebbero ogni sforzo ed
ogni tensione se non si dimostrasse loro che il cammino è lungo e
richiede pazienza e che l'ideale si raggiunge solo progressivamente
nella vita singola e nelle generazioni.
C'è
molto da temere da una presentazione troppo luminosa dell'ideale
coniugale come facilmente accessibile da «tutti i generosi».
La struttura
Un
architetto fissa la struttura di una costruzione e ne delinea il
disegno solo in rapporto al fine della costruzione stessa. Così il
Signore ha fissato la struttura del matrimonio proprio secondo il
fine del matrimonio. E così il matrimonio è voluto da Dio come
monogamico (uno solo con una sola) e indissolubile proprio perché
esso possa attuare l'amore tra gli sposi e l'educazione dei figli.
Come
sarebbe possibile l'educazione dei figli in una famiglia in cui ci
fosse un marito e più mogli? Oppure in una famiglia in cui fosse
ammessa la possibilità di sciogliere il matrimonio, abbandonando ad
altri i figli e passando a nuove nozze, dove possono nascere altri
figli che potrebbero di nuovo essere abbandonati?
Come
si può parlare di amore coniugale totale se non c'è l'unità o
monogamia per cui uno si dona totalmente (anima e corpo) solo ad
un'altra? Come si può parlare di amore vero e totale se si ammette
anche solo la possibilità di sciogliere il matrimonio e di passare
ad un altro amore?
Bisogna
insistere sul concetto che queste leggi non sono imposte dall'esterno
ma intime esigenze dell'amore. è l'amore tra gli sposi, è l'amore
verso i figli che esige sia l'unità sia l'indissolubilità del
matrimonio: senza questa struttura non c'è amore.
a) L'unità
(o monogamia) è ormai così accettata e capita tra le nazioni civili
che non mette conto di insistervi. Basti ricordare le
parole della Genesi (2,24: richiamate da Gesù, Matteo 19,5): «Perciò
l'uomo... si unisce alla sua donna e i due diventano una sola carne
».
b) L'indissolubilità
del matrimonio esige una maggiore insistenza proprio per le tendenze
divorzistiche tanto sbandierate in campo non cattolico e però spesso
accettate, per motivi sentimentali o per innegabili casi dolorosi,
anche da cattolici o da sedicenti cattolici.
Sul
problema del divorzio basti solo qualche accenno. Se non si ammette
alcuna eccezione alla indissolubilità è perché l'eccezione sarebbe
poi trasformata in una regola; da un pertugio ci passerebbero tutti:
si passerebbe così dal matrimonio al... libero amore (un divorzio
dopo l'altro, come spesso avviene), e crollerebbe così il fondamento
della famiglia che Dio, invece, vuole conservare.
Il
divorzio può quindi essere un attentato contro la stabilità della
famiglia (bene comune che lo Stato deve difendere) e non portare
alcun rimedio ai mali cui vorrebbe opporsi. Tra cattolici, non del
tutto istruiti in materia, possono sorgere due atteggiamenti errati e
cioè:
anche
la Chiesa cattolica potrebbe cambiare il suo insegnamento
tradizionale dal punto di vista dei principi;
un'introduzione
del divorzio da parte dello Stato potrebbe valere anche in coscienza.
Sono errori che contrastano direttamente con l'insegnamento che
troviamo nel Nuovo Testamento. Ecco perché è utile rileggere i
testi scritturisti.
S.
Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi (7,10 s.) scrive: «Quanto
alle persone sposate ordino, non io ma il Signore, che la moglie non
si separi dal marito. Che se già si è separata, non riprenda marito
ovvero si riconcili col suo sposo. E che il marito non ripudi la
moglie».
E
ai Romani (7,2 s.) egli scrive ancora: «La donna sposata è legata
per legge al marito finché egli vive; ma, se il marito muore, è
sciolta dalla legge del marito. Di conseguenza essa si avrà il nome
di adultera se, vivente suo marito, diventa la donna di un altro
uomo; all'opposto, morto il marito, è esente da quella legge e non è
adultera se diventa la moglie di un altro uomo».
Gesù
aveva dato un insegnamento chiarissimo al riguardo. Eccolo: «E stato
anche detto: chi vorrà rimandare la sua donna, le dia un atto di
divorzio. Io, però, vi dico: chiunque rimanda la sua donna,
eccettuato il caso di concubinato, ne fa un'adultera, e chiunque
sposa una ripudiata commette adulterio » (Mt 5,31).
Ancora
più chiaro e diffuso è l'insegnamento di Gesù in una discussione
coi farisei (Matteo 19, 310): «Gli si avvicinarono dei farisei per
metterlo alla prova egli dissero: è lecito ripudiare la propria
moglie per un motivo qualsiasi? Egli rispose: non avete letto che il
Creatore, da principio, li fece maschio e femmina e disse: per questo
l'uomo abbandonerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie, e i
due formeranno una carne sola? Per questo, non sono più due ma una
carne sola.
Non
separi, dunque, l'uomo quello che Dio ha unito. Gli dicono: ma allora
perché Mosè ordinò di consegnare un atto di divorzio e di
ripudiarla? Dice loro: Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre
mogli a causa della vostra durezza di cuore, ma al principio non fu
così. Ma io vi dico: chiunque rimanda la propria donna, se non è
concubinato, e ne sposa un'altra, commette adulterio; e chi sposa una
ripudiata commette adulterio. Gli dicono i discepoli: se questa è la
condizione degli uomini, non conviene sposarsi».
Sono
parole così chiare che non lasciano dubbio circa l'insegnamento di
Gesù, il quale insegnamento (lo si noti bene!) si richiama alla
volontà di Dio Creatore («al principio non fu così... »): e le
parole degli Apostoli fanno capire quanta decisa e irrevocabile sia
stata la parola di Gesù.
è
dunque chiaro per il cristiano che il matrimonio sacramento è
indissolubile: siccome riproduce il vincolo indissolubile esistente
tra Cristo e la Chiesa (come diremo in seguito) il matrimonio
Sacramento gode della stessa indissolubilità.
Uno
scioglimento di tale matrimonio, prodotto dallo Stato col divorzio,
non ha nessun valore in coscienza.
Per
il cristiano l'indissolubilità del matrimonio costituisce un atto di
Fede, un abbandono a Dio, per il quale, a dispetto di tutte le
tentazioni che l'avvenire potrà suscitare, io mi affido al Dio
assoluto, fondamento ultimo di ogni valore assoluto. Questa firma
senza condizioni data in bianco dà valore a questo atto di fiducia
che è l'impegno coniugale. La vita stessa a poco a poco scriverà la
pagina.
«Si
tratta di impegnarsi verso un avvenire sconosciuto, di far credito in
anticipo al Dio vivente, nella convinzione certa che Cristo in questa
occasione mi affida una missione di salvezza».
Giova
qui ricordare che l'amore non è solo una attrazione fisica e neppure
solo un rapporto affettivo, è anche, e specialmente, una volontà di
amore.
Nei
casi in cui «vien meno l'amore» si deve pensare che esiste un tipo
di amore più completo in cui il voler amare è vissuto come un
dovere che impone anche la ricerca della ricostruzione del rapporto
affettivo.
La
Chiesa non potrà mai rinunciare al principio della indissolubilità,
anche se può riconoscere come parte del suo «potere di legare e di
sciogliere» il potere di praticare qualche eccezione fermo restando
il principio stesso.
La
legge civile può applicare il principio di tolleranza e ammettere
eccezioni in vista del «male minore ».
Privilegio
paolino
Si
possono ricordare due eccezioni al principio dell'indissolubilità
del matrimonio, eccezioni ammesse ed attuate dalla Chiesa Cattolica:
il privilegio paolino e il matrimonio rato e non consumato.
Il
privilegio paolino si può esporre così: due infedeli, cioè non
battezzati contraggono matrimonio valido tra loro; se uno dei due si
converte al cristianesimo e riceve il Battesimo possono continuare a
vivere insieme e il loro matrimonio continua a valere; ma se il
coniuge rimasto col coniuge convertito e se ne va, possono risposarsi
ambedue con altri e il loro precedente matrimonio è sciolto.
Si
chiama privilegio «paolino» perché è stato annunciato da S.
Paolo.
Ecco
il testo di S. Paolo: «Se un cristiano ha in moglie una pagana, e
costei consente di abitare con lui, non la ripudi. E se una cristiana
ha per marito un pagano, e questi consente di abitare con lei, non
abbandoni il marito. Poiché il marito non credente si trova
santificato dalla moglie credente e la moglie non credente si trova
santificata dal marito credente; altrimenti i vostri figli sarebbero
impuri, mentre ora sono santi. Ma se il non credente vuol separarsi,
si separi pure: il cristiano o la cristiana non sono legati come
schiavi in tali circostanze: Iddio ci ha chiamati ad essere nella
pace. Infatti, che ne sai tu, o donna, se salverai tuo marito? Ovvero
che ne sai tu, o uomo, se salverai tua moglie?» (1 Cor7,1216).
Si
può osservare, come semplice accenno, che se il marito non credente
è santificato dalla moglie e la moglie non credente è santificata
dal marito, quanto più si deve dire questo di un marito cristiano e
di una moglie cristiana, per i quali ogni segno d'amore reciproco è
un'espressione della volontà di comunicare la vita di Cristo
all'altro e in forza del matrimonio Sacramento, una reale
comunicazione di vita.
Matrimonio
rato e non consumato
Un
matrimonio contratto validamente (rato = ratificato) e quindi vero
Sacramento può essere sciolto quando non è ancora avvenuta la
copula coniugale (non consumato): viene sciolto ipso
iure quando uno dei due coniugi emette voto solenne in un
ordine religioso; viene sciolto per dispensa papale quando almeno uno
dei coniugi lo domandi adducendo una «giusta causa». Non si oppone
a tale privilegio la copula avuta prima del matrimonio.
è
un problema sorto nel secolo XII quando si discuteva circa l'elemento
costitutivo essenziale del matrimonio: «è la copula» diceva
Graziano nel Decretum (1140) riassumendo la voce dei
canonisti della scuola di Bologna; «è il consenso» diceva Pietro
Lombardo nelle Sententiae (1152) riassumendo la voce
dei teologi della scuola di Parigi.
Alla
discussione tra canonisti e teologi diede fine il Papa Alessandro III
(11591181), seguito poi da Innocenzo III (11981216) e da Gregorio IX
(12271241): il Papa distinse la indissolubilità di diritto che si
ottiene col consenso (matrimonio rato) e la indissolubilità di fatto
che si ottiene con la copula (matrimonio consumato).
Alessandro
III insegnava cioè che il matrimonio costituisce un Sacramento vero
e valido unicamente e formalmente in virtù del consenso, ma finché
il matrimonio non è stato consumato con l'unione coniugale rimane
ancora dissolubile per atto di giurisdizione ecclesiastica e ciò
perché l'unione di Cristo e della Chiesa è simboleggiata dalla una
caro di cui parla la Bibbia («i due diventano una sola carne»,
Genesi 2, 25).
Sorgono
qui opportune due osservazioni. Anzitutto appare il valore positivo
anzi «sacramentale» dell'unione dei corpi nel matrimonio se in essa
troviamo il sigillo definitivo dell'indissolubilità. Inoltre appare
che la Chiesa si riconosce il «potere di legare e di sciogliere»
anche nel campo di un matrimonio Sacramento vero e valido.
Semmai
c'è da porre il problema se la «consumazione» del matrimonio
consista solo nel primo amplesso completo (atto fisico biologico)
oppure consista non in un unico atto ma in più atti successivi che
conducono a una vicendevole e completa donazione sponsale.
Pare
proprio di dover propendere per la seconda ipotesi (consumazione =
sviluppo di intesa completa tra i coniugi): e allora si allargherebbe
molto il potere della Chiesa sul matrimonio rato e non consumato.
Resta
però sempre la difficoltà di poter dimostrare con certezza di
fronte alla società quando avvenga realmente «questa» consumazione
veramente umana e non solo fisica. C'è da sperare che si possa
arrivarci.
c) La
fedeltà. è evidente che l'amore coniugale, totale e
definitivo, esige fedeltà piena e uguale sia da parte del marito che
della moglie. Non si può ammettere la «doppia morale» (cioè
maschile e femminile) che è tanto in uso. Dal punto di vista morale
l'obbligo della fedeltà è grave anche per gli uomini allo stesso
modo che per le donne. E Gesù parlava proprio agli uomini quando
comandava una fedeltà totale (di corpo, di cuore, di mente).
Dice
Gesù: «Avete udito che è stato detto: non commetterai adulterio.
Io, però, vi dico: chiunque guarda una donna desiderandola, ha già
commesso in cuor suo adulterio con essa» (Matteo 5,27). Ed è un
richiamo preciso al 9° Comandamento. L'insegnamento di Gesù e della
Chiesa è ribadito dal Concilio: «Questa intima unione, in quanto
mutua donazione di due persone, come anche il bene dei figli, esigono
la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità»
(Gaudium et spes, n. 48): si noti l'insistenza sul valore
della persona umana come motivo di indissolubilità!
Dice
ancora il Concilio: «Questo amore, ratificato da un mutuo impegno e
più di tutto sancito da un Sacramento di Cristo, è
indissolubilmente fedele nella prospera e nella cattiva sorte sul
piano del corpo e dello spirito, e di conseguenza esclude ogni
adulterio e divorzio» (GS n. 49).
Mi
pare utile far osservare che è erroneo parlare di «annullamento»
di matrimonio da parte della Sacra Romana Rota.
Questo
supremo tribunale ecclesiastico (ed anche i tribunali ecclesiastici
diocesani o regionali per cause matrimoniali) non annulla nessun
matrimonio ma solo analizza i matrimoni denunciati come nulli dagli
interessati, ne esamina la validità o invalidità, e, in caso di
invalidità dimostrata, emana una dichiarazione di nullità per i
matrimoni già nulli.
Conclusione
La
casa che resiste è solo quella fondata sulla roccia; crolla invece
quella costruita sulla sabbia (Matteo 7,24-27).
Tratto
da: "Grande Opera Mariana GESU' E MARIA" nr23/2008.
Dal sito http://www.preghiereagesuemaria.it/
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