martedì 9 gennaio 2018

RICEVI QUEST'ANELLO... di don Vigilio Covi


Introduzione


Quando penso alle coppie di sposi cui ho benedetto le nozze mi viene il vivo desiderio che formino una famiglia santa. E che esprimano con la loro vita i misteri di Dio.
Ho incontrato troppi sposi che pensano alla santità come a qualcosa di cui «ormai» sono tagliati fuori: è roba da preti e suore! Concepiscono la fede come qualcosa che tocca sì la loro vita, ma non il loro Matrimonio. E molti fidanzati pensando al Matrimonio, non sanno come contemplarlo in Dio.
Libri più grossi e ben fatti sono già stampati e aiuterebbero la comprensione di questo Sacramento in modo più esauriente di queste poche pagine. Esse sono state scritte perché conosco la difficoltà che hanno molti a prendere in mano volumi grossi, sia per mancanza di tempo, sia per non aver familiarità coi libri, sia - talora - per mancanza di buona volontà. Spero che queste poche pagine non spaventino nessuno e aiutino invece gli sposi cui le darò a scoprire dimensioni di fede della loro vita comune.
Possono leggere fidanzati e giovani sposi. Anche chi si prepara a celebrare le nozze d'argento può dare un'occhiata. Quelli poi che conoscono il celibato scelto per amore del Regno dei cieli è bene conoscano pure il significato del Matrimonio vissuto nell'amore del Regno dei Cieli!

don Vigilio Covi

I cristiani possono vedere il fatto di essere sposati o di accedere al matrimonio come lo vedono tutti gli altri uomini: è naturale sposarsi. L'attrattiva uomo-donna è naturale, viene senza cercarla, senza deciderla!  
Ma ci sono cristiani che, vivendo tutta l'esistenza nella fede in Dio Padre, considerano la loro vita come risposta a Lui che li chiama. Come Egli li ha chiamati al mondo, così li continua a chiamare perché collaborino con Lui al suo Regno. Essi sanno perciò che Egli li può chiamare anche al Matrimonio: vivono quindi la vita della famiglia come "vocazione" (= chiamata).
I fidanzati considerano perciò il loro cammino di preparazione come un periodo di verifica: "il nostro amore è segno di una chiamata di Dio?". "Siamo noi chiamati dal Signore a formare una famiglia che gli dia gloria?".
E la vita comune nel Matrimonio si fonderà sulla gioia e sulla pace che vengono dalla convinzione: "Dio ci ha chiamati a stare insieme!".
In questa certezza i coniugi troveranno forza e consolazione nelle difficoltà e criterio di discernimento per le varie decisioni: dove andare ad abitare? quando avere figli? quanti? quale tipo di lavoro scegliere?
Vivere il matrimonio come "vocazione", o meglio, come risposta alla chiamata di Dio, li aiuterà e li spingerà a stare in contemplazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per avere continuamente sott'occhio il modello e la luce della Comunione Trinitaria, onde esserne tempio e specchio!  
1. Amore d'uomo: verità o menzogna? 
Voglio parlarvi della famiglia. La prima impressione è che non mi sarà molto facile, perché è come parlare del mare: non sai dove cominciare e ovunque cominci sei costretto ad essere incompleto e parziale.
Parlando della famiglia, mi viene in mente anzitutto la mia, e poi quelle che conosco, che vedo ogni giorno o che ho incontrato nella mia vita e hanno lasciato una traccia: ed inoltre non si stacca da me una certa visione di famiglia ideale, come vorrei fossero le famiglie dei miei amici, di quelli che amo. Tutte queste immagini - reali e di desiderio - si confrontano nel mio cuore con la famiglia che chiamerò sacra, quella che duemila anni fa era presente nel villaggio di Nazareth in una delle case-grotta abitate dalla gente povera e semplice.
Saranno perciò, queste pagine, una comunicazione di esperienze e di cuore, anche se talvolta sotto forma di idee e di commento. Ogni articolo sarà incompleto, ma tutti insieme - a mo' di mosaico - potranno dare un'idea di come potrebbe essere la carta d'identità di una famiglia cristiana. Questo il mio desiderio.
A qualcuno parrà strano poi il fatto che sia un prete, senza moglie e senza figli, a parlare di famiglia e dubiterà che possa dire cose vere. Se è così, lascia il giudizio alla fine: allora potrai dire se quanto dico ha fondamento! ma mi consolo che ci siano anche persone maritate che parlano e straparlano dei preti, e mi sanno anche dire con sapienza, amore e verità come dovrei essere!
Quando nasce una famiglia? Mi pare di vederli i due giovanotti, lui e lei, che si incontrano con gli occhi. Un lampo? Una folgorazione? Ognuno dei due attraverso gli occhi ha visto il cuore dell'altro. Non si lasciano più. Il pensiero e le ruote della macchina corrono in quella direzione. Se chiedi loro il perché, non sanno che dire. E se dicono qualcosa, il tutto sfugge. L'amore non ha perché. Il vero perché è ancora nascosto ai loro stessi occhi, e si manifesterà loro un po' alla volta, come i più grandi misteri di Dio! l'amore infatti è di Dio!
Eppure l'amore di due innamorati è molto fragile, ed essi se ne accorgono. Nessuno può garantirne la durata, né la capacità di superare difficoltà e ostacoli. Ognuno dei due sente che l'amore che nutre per l'altro dipende in definitiva da se stesso. «Io ti amo: e io lo voglio» potrebbero dirsi; «se io volessi ti potrei piantare in asso anche subito»!
Un amore fondato sui sentimenti che si provano, sulle ragioni che si portano, sulle volontà che si incontrano: è sufficiente? Un amore che dipende in definitiva dall'uomo. Se l'uomo fosse perfetto credo sarebbe sufficiente. Ma siccome l'uomo, e la donna similmente, è peccatore, debole, fragile, come potrà farsi garante di se stesso? Come potrà promettere amore duraturo se non ha nelle mani il proprio destino? Come può dire «ti amo» senza essere menzognero? Quando lui ama lei (e viceversa) c'è un miscuglio di cose e atteggiamenti diversi che si intersecano e si condizionano a vicenda. Quel «ti amo» vuol dire in definitiva tante cose: vuol dire «voglio il tuo bene» e «desidero che tu stia con me», «posso possederti», «mi lascio possedere da te», «mi fido di te», «anche il tuo corpo è mio», «ti lascio libertà», ecc. ecc...
E' un amore che si mescola, senza accorgersi, con l'egoismo e l'istinto del possesso: un amore non purificato, con molte scorie e imperfezioni.
Quel «ti amo» è perciò al tempo stesso verità e menzogna. Due innamorati credenti in Dio vogliono essere sempre nella luce della verità e strumento di verità: si interrogano perciò seriamente su come il loro amore possa essere purificato dalla menzogna e divenire luce per sé e per l'amato. Questa ricerca è costante, anche per chi già è sposato: è la sofferenza e la gioia dei coniugi credenti che vogliono essere soltanto «amore» l'uno per l'altro, amore «puro» libero da egoismi e da dominio, che vogliono essere la parte privilegiata del cuore di Dio-amore per l'amato! 
2. Matrimonio: trasformazione dell'amore 
Quando i due fidanzati chiedono al prete di fare le carte perché si vogliono sposare, è mio desiderio che arrivino a capire, in tutta la profondità consentita all'uomo, il dono che si fanno. Non trovo per questo parole migliori di quelle che dirò il giorno delle nozze iniziando la celebrazione del rito del matrimonio: «Siete venuti nella casa di Dio... perché il vostro amore riceva il Suo sigillo e la Sua consacrazione». A prima vista queste parole passano veloci da un orecchio all'altro... e poi nel dimenticatoio. Non per me. In queste parole trovo la purezza, la verità e la durata dell'amore.
I due «colombi» portano il loro amore davanti all'altare, quello del sacrificio di Cristo e della comunione con Dio. E Dio mette il Suo sigillo sull'amore delle due persone, su quell'amore umano. Da quel momento quest'amore ha un sigillo: e il sigillo indica la proprietà. Ora l'amore dei due è proprietà di Dio. L'amore che lui ha per lei è l'amore di Dio e quello di lei per lui altrettanto.
Forse ora comprendete, voi coniugi, perché il vostro amore è puro, vero, durevole, perché è di Dio. I peccati lo possono ancora rovinare e sono tanto più gravi in quanto rovinano quel vostro amore che è di Dio, ma non lo possono né sciogliere né cancellare, perché l'amore di Dio è e rimarrà più grande del cuore dell'uomo, anche di quello peccatore.
Gli sposi si amano, e il loro amore diventa di anno in anno più maturo, stabile e sereno. Perché? il loro amore è amore di Dio. E' maturo e stabile e sereno fin dall'inizio, essi però riescono ad accorgersene e ad accoglierlo gradatamente. Quando il marito cerca di essere puntuale ai pasti, e, se si trova lontano, telefona per avvisare, quando dà una mano per i lavori di casa, cosa fa? sta donando a sua moglie i segni piccoli del grande amore di Dio per lei. Il marito ama sua moglie perché in quel «giorno» - forse già lontano - la sua capacità d'amore è divenuta proprietà di Dio: è Dio che ama sua moglie, attraverso i suoi gesti piccoli o grandi, concreti, semplici, anche se non costano denaro, ma piuttosto generosità del cuore! La missione dei coniugi è quella di donarsi l'uno all'altro concretamente l'amore del Dio invisibile. Se i mariti e le mogli lo sapessero! se non lo dimenticassero! quale gara di dedizioni, di generosità l'uno verso l'altro ci sarebbe!
La moglie sa così di amare il suo tesoro non più perché gli è simpatico, o perché gli piace, o perché è il migliore tra gli uomini del paese, ma perché ne ha il compito da parte di Dio.
Questo amore resiste a tutte le prove, anche a quelle della cattiveria del marito o del suo peccato, anche a quelle di qualche crisi di affetto, a quelle della malattia o della povertà. Lei sa di dover donare al suo «uomo» l'amore di Dio in un modo del tutto particolare ed esclusivo. E Dio non smette di amare chi si dimentica di lui, chi Lo offende, chi diventa indifferente. Così la moglie cristiana, o il marito. Mi sono chiesto più volte come mai certe donne o certi uomini sono stati capaci di amare il proprio coniuge fino all'inverosimile, un coniuge sempre ammalato o uno che trasformava la casa in un inferno. Ho trovato la risposta considerando il sacramento del Matrimonio. Esso rende santo l'amore coniugale, lo fa superiore a tutte le prove: quelle donne e quegli uomini amavano il loro coniuge non perché buono e bravo, simpatico e attraente, ma perché sapevano di aver ricevuto questa missione da Dio, nel giorno in cui essi hanno voluto. Quell'amore si era purificato sempre più, divenendo in modo sempre più chiaro amore di Dio! così forte, che in molti casi è riuscito addirittura a rendere capace di amare il cuore violento dell'altro! Questo aspetto farà comprendere facilmente il perché della indissolubilità del matrimonio per il credente, come cercheremo di vedere. 
3. Io prendo te: per sempre?
La parola «indissolubile» è una di quelle che riescono a creare un clima di serietà e decisione. E' una di quelle parole che fanno sentire la vita come un viaggio senza ritorno - come difatti è -, e la decisione conseguente all'amore come stabile e finale. E' una parola che assomiglia alla morte: quel che c'era prima non esiste più. La libertà di movimento, la possibilità di vivere da soli non c'è più: sorge qualcosa di nuovo che ancora non si conosce.
Forse per il fatto che l'amore coniugale esige una decisione così definitiva, fa paura. Molti, che vivono superficialmente, alla giornata, non abituati alla stabilità nella loro vita, non se la sentono di impegnarsi per sempre. In fin dei conti essi basano il loro amore su se stessi, Dio lo vedono troppo lontano o lo allontanano di proposito, perché diverrebbe troppo esigente. Questi si sposano solo civilmente: non avranno molti problemi a dividersi e separarsi e cercare un altro coniuge, nel caso lo volessero.
Ma perché il matrimonio cristiano è indissolubile?
Perché i cristiani, quando si uniscono in matrimonio, fanno un passo senza ritorno?
Lo accennavamo nelle pagine precedenti: nel momento in cui i coniugi hanno consegnato a Dio il loro amore, celebrando il sacramento, Dio lo ha fatto Suo. Tra i due c'è l'amore di Dio. Se rompono il proprio amore reciproco, si rendono colpevoli contro l'amore di Dio! Nelle intenzioni e Volontà di Dio questo non è previsto: egli vuole continuare ad amarli tramite i loro stessi gesti e la loro donazione l'uno all'altro. Chi spezza l'amore al proprio coniuge contrasta l'amore di Dio.
Inoltre essi, da quel momento, si amano perché Dio dà loro il compito di farlo. Possono smettere di amarsi solo quando Dio ritraesse questo compito; ma Dio non disfa quel che ha fatto. Ne ha dato conferma Gesù quando fu espressamente interrogato su questo punto: un marito e una moglie non abbandonino il coniuge per vivere con un altro. E' adulterio. E se sono separati già da anni? non tolgano a sé e al coniuge la possibilità di tornare, di convertirsi, di perdonare, di chiedere perdono. Risposandosi chiuderebbero la strada già difficile della comprensione e dell'unione.
L'intenzione iniziale di Dio, quella che dà forma alla famiglia e chiede completezza all'umanità dell'uomo è l'unità indissolubile tra i due.
Egli non ha previsto altre strade.
Raramente, ma può capitare, ci possono essere casi particolarissimi di scioglimento di matrimonio: sono due. Il caso «petrino»: solo il papa con l'autorità detta «delle chiavi» (di Pietro) può, per motivi provati, sciogliere un matrimonio che fosse solo «rato, ma non consumato»: gli sposi hanno cioè celebrato soltanto il rito, ma non vivono ancora insieme. L'altro caso è detto «paolino» perché lo determina s. Paolo nel suo insegnamento apostolico. Si tratta del caso che un coniuge non battezzato non volesse più vivere con l'altro divenuto cristiano e battezzato (1 Corinzi 7, 15).
Altri casi di «scioglimento» non ci sono nella Chiesa Cattolica. Talvolta avviene che il Tribunale ecclesiastico riconosce, dopo severe interrogazioni e indagini, che un matrimonio non sussisteva fin dall'inizio, perché mancavano fin dal primo momento qualcuna delle condizioni che fanno sì che un matrimonio sia tale! In tal caso può avvenire la «dichiarazione di nullità»: non c'era mai stato matrimonio vero.
Il fatto che Dio prenda così sul serio l'amore di due persone, tanto da identificare con esso il proprio Amore (fatto che rende l'amore degli sposi indissolubile), obbliga i fidanzati e gli sposi cristiani ad una grande serietà pur nella serenità e nella gioia.
Diventa seria e lunga la preparazione dei fidanzati che intendono camminare con Dio. E diventa serio il modo con cui gli sposi cercano insieme di esser fedeli l'uno all'altro e di approfondire la propria unità e comprensione.
4. Segno d'un amore divino
Nella Bibbia viene raccontato un fatto che ci lascia un po' stupiti, e nello stesso tempo confortati.
Un profeta, Osèa, ha ricevuto da Dio un incarico particolare. Aveva avuto un'esperienza tutt'altro che fortunata nella sua vita matrimoniale: sua moglie gli è scappata di casa per andare a fare la prostituta: cercava amore dagli amanti che la sfruttavano, rifiutando l'amore vero del marito che l'amava. Osèa non ha più speranza che ella torni. Proprio allora Dio gli dice: tu sei mio profeta. Profetizza, non con le prediche, ma con un gesto ben visibile a tutti: va', riprendi la prostituta. E' coperta di vergogna, tu prendila ugualmente, perché con questo gesto Io voglio far capire qualcosa al mio popolo.
Oséa comprende. Dio vuol far capire al popolo d'Israele che, nei confronti del Dio dei Padri Abramo, Isacco e Giacobbe, s'è comportato come la prostituta: il popolo ha cercato di servire altri dei, di scegliersi altri maestri per la vita, di cercare sicurezza nelle cose di questo mondo, e ha abbandonato il Dio vero, l'unico che lo amava veramente e poteva soddisfare tutti i suoi desideri più profondi. Ma vuol fargli anche capire che Egli, Dio, non avrebbe smesso il Suo amore per il popolo, nonostante l'infedeltà di cui questi s'era macchiato. Lo continuava a scegliere come suo popolo, ad amarlo, a seguirlo con amore. Dio faceva al suo popolo ciò che Osèa doveva fare con la prostituta. E Osèa obbedì:
annunciò così col suo gesto - che appariva sconsiderato -, in modo ben visibile a tutti, che l'amore invisibile di Dio è fedele e continuo.
Da allora il matrimonio dei credenti, degli Ebrei prima e poi dei cristiani, ha ricevuto anche questa dimensione: essere una rivelazione, manifestazione, epifania (con un termine greco) dell'amore continuo e incorruttibile e forte del nostro Dio per noi uomini, nonostante i nostri peccati.
Quando vedo due sposi che si amano per anni ed anni, che cercano l'uno il bene dell'altro e si sopportano e si perdonano e si amano nonostante i loro grossi difetti e peccati, allora io sono consolato ed incoraggiato. Perché? ma perché se gli uomini - che sono imperfetti - sanno agire così, quanto più il mio Dio, il nostro Padre non saprà sopportarmi e sopportaci, perdonarci, continuare ad amarci nonostante i miei e nostri peccati? Dio non smette il suo amore per me, mai: lo vedo concretamente nell'amore degli sposi.
Quest'amore sponsale mi diviene così un segno prezioso: segno visibile e concreto di una realtà invisibile, ma concreta anch'essa. E dal momento che l'amore degli sposi porta il sigillo di Dio ed è di Dio, questo segno visibile è anche efficace in se stesso, perché non solo indica, ma è l'amore di Dio stesso. Arrivo così a chiamarlo sacramento! Se gli sposi che io incontro sappiano quanto io stimi il loro matrimonio, non lo so. Se essi sappiano il valore sacramentale del loro vivere insieme, che è un segno piccolo e umile del grande amore di Dio, è un segreto: lo scopriranno poco per volta se pregano, se vivono uniti a Dio. Egli non li lascerà privi della conoscenza di questo suo disegno, di manifestarsi attraverso di loro. Con lo Spirito Santo comprenderanno nel loro spirito la grandezza del loro sacramento. L'apostolo s. Paolo dà una spiegazione ancora più vicina alla nostra esperienza di questo sacramento: dice che esso è l'immagine dell'amore che Cristo Gesù ha per la sua sposa, la Chiesa. Com'è quest'amore lo vedremo più avanti.
5. Libero e consapevole
Sulla domanda, che i fidanzati presentano al parroco per richiedere la celebrazione del Sacramento del Matrimonio, essi scrivono, tra l'altro, che sono liberi di fare questo passo, che nessuno li costringe.
Non mi limito a leggerlo sulla loro richiesta, ma li interrogo esplicitamente e pubblicamente al momento del matrimonio: «siete venuti... liberamente, senza alcuna costrizione e pienamente consapevoli del significato della vostra decisione?».
La risposta è sempre positiva. Bene.
Ma che significa esser liberi? Per me vuol dire due cose. Anzitutto non c'è nessuno e nessuna circostanza che obbliga a sposarsi. Non ci sono minacce da parte dei fidanzati, né ricatti da parte dei genitori («se non ti sposi non ti lascio eredità», «sposati, che l'è ora!...»)! non c'è un figlio in viaggio, o, se c'è, non è quello che condiziona la scelta di quel matrimonio.
Ma la libertà non è solo mancanza di spinte esterne. E' molto di più. Sei libero quando potresti anche non sposarti. «Mi sposo, ma potrei anche rimanere da sposare».
«Mi sposo con questa donna, ma potrei sceglierne un'altra».
Libertà!
Se scegli di sposarti, e se scegli di sposare questa, stai facendo una scelta da uomo libero, da donna libera!
Tu sei uomo - o donna - e potresti vivere ancora anche senza di lui o di lei! E' molto importante questa libertà per due motivi:
- anzitutto perché il tuo coniuge si senta libero con te e amato veramente. Se è anche solo il tuo istinto sessuale che ti spinge a sposarti ora o la tua incapacità di vivere da solo, il tuo coniuge noterà, col passar del tempo, che il tuo amore per lui/lei è invece egoismo! e ne nasceranno conflitti, più o meno aperti, perché si sentirà oppresso, dominato.
- L'altro motivo è che un giorno rimarrai di nuovo solo, vedovo o vedova. Cosa farai? Se sei libero anche interiormente, se il tuo amore è un dono e ricevi il suo come un dono libero, giorno per giorno, allora, pur nella sofferenza, non ti dispererai della sua mancanza, o anche solo della sua malattia.
Se dici a tuo marito/moglie: "ti ho sposato perché ho voluto", "io ho scelto te pur potendo scegliere un altro", allora tuo marito sente che il tuo amore per lui è forte, esclusivo, unico e prezioso, perché libero! La libertà vera rende prezioso il tuo amore e l'amore del coniuge per te!
Perché l'amore sia sempre così prezioso bisognerà coltivarne la libertà anche quando ormai fossero passati quindici o venti anni di vita insieme! Non parlo certamente di una libertà che giustifichi la infedeltà: non è la libertà di fare quel che si vuole, ma di scegliere ogni giorno volutamente il proprio compito, accettare volontariamente la missione data da Dio di amare il proprio coniuge!
Per questo motivo io chiedo agli sposi anche se sono pienamente consapevoli della loro decisione. E intendo non solo la consapevolezza dello sposarsi, ma anche della decisione di far del proprio matrimonio un sacramento.
Siete consapevoli che voi, vivendo insieme, amandovi, condividendo tutto, diventate un segno dell'amore di Dio? Volete con la vostra vita comune manifestare un aspetto del disegno di Dio e della sua sapienza? Volete accettare di amarvi non più perché vi volete bene, ma perché Dio dà a ciascuno di voi il compito di manifestarvi reciprocamente il Suo amore fino alla fine? il suo amore arriva fino ad amare i suoi che lo tradiscono! accetti questo amore per il tuo coniuge? Siete consapevoli di cosa vuol dire vivere il sacramento del matrimonio nella fede?
Vedete, come sarebbe necessario un catechismo per i fidanzati! e chi ha già celebrato le nozze d'argento può ancora imparare e approfondire l'esperienza che sta vivendo!
6. Un capo: come?
C'è una riga delle lettere di s. Paolo che non piace alle donne; è quella che dice: «il marito è capo della moglie»! Sono però convinto che se ne conoscessero il significato, ne sarebbero entusiaste! S. Paolo è un cristiano, e le sue parole trovano il loro significato nella vita di Gesù Cristo. Gesù è capo, capo degli Apostoli, della Chiesa. In che modo ha Egli vissuto il suo esser capo? Ha lavato i piedi dei discepoli, è morto per la sua Chiesa. Ha detto: «chi vuol essere il primo sia l'ultimo e il servo di tutti».
Se s. Paolo dice che il marito è il capo della moglie, lo intende così! un marito pronto a sacrificarsi per la moglie, a non badare a sé pur di cercare il bene della moglie, affinché possa sentirsi accolta, stimata, realizzata come sposa e come madre.
Un marito non è capo quando «comanda»: allora è tiranno, non un capo. E' capo quando decide insieme, quando rinuncia anche al proprio prestigio pur di valorizzare la propria moglie.
Lo sapevi questo tu, uomo, quando hai detto: «prendo te come mia sposa»? O credevi di diventare dominatore incontrastato, uno che può far alto e basso in famiglia? Quando hai detto «io prendo te come mia sposa» non hai detto «prendo te come mia schiava», o «come mia cameriera» né «come mia segreteria». Hai detto la parola «sposa», e questo significa con altre parole «dolce metà»! Da solo non fai più nulla, tutto insieme: ogni decisione, ogni scelta è comune. Hai fatto, si potrebbe dire col linguaggio di noi preti, voto di obbedienza. Vuoi vivere nell'unità piena con tua moglie e agire in concordia. Sarà bene fare non ciò che sembra bene a te, ma ciò che è deciso insieme.
In tal modo puoi realizzare con tua moglie la parola che Gesù ebbe a dire: «dove due o più sono uniti nel mio nome, là sono pure io».
Nell'unità vera - non solo di corpo - ma anche di anima e di spirito voi coniugi date la possibilità a Gesù di esser presente: la vostra casa si potrà chiamare «piccola chiesa».
Quando il marito vive in questo modo, diventa addirittura attraente per la moglie vivere «sottomessa al marito in tutto»: come continua l'Apostolo s. Paolo. La moglie è figura della Chiesa che obbedisce con amore a Gesù Cristo: perciò ella vive col marito non come dominata e conquistata, ma come amata e protetta da lui, e perciò cerca in ogni modo di essergli gradita, per rendere la casa luogo accogliente, riposante, pieno di pace, in modo che quando egli termina le sue occupazioni vi torni volentieri e si trovi bene!
«Prendo te come mio sposo» significa proprio il fatto che tu donna non sei dominata da lui, ma scegli liberamente di donargli la tua vita per diventare con lui un'unica realtà, per condividere con lui non solo l'eredità o gli stipendi e la pensione, ma anche le gioie e i dolori, i momenti di salute e quelli di malattie, la prosperità e la povertà.
Prendersi come sposi è impegnativo al massimo, poiché vuol dire donarsi la vita reciprocamente: quindi donare la propria all'altro, accogliere quella dell'altro come propria. Bisogna esser capaci di amare, ma anche di lasciarsi amare.
Avere uno sposo/sposa comporta disporre della vita di un altro: compito di responsabilità unica! Se pensi che la vita è di Dio, che anche il/la tuo/a coniuge deve tornare a Dio, sentirai quale responsabilità ti sei assunto (o ti stai assumendo) davanti a Lui disponendo della vita di un altro, dei suoi giorni, del suo corpo, delle sue doti! Sei tu che gli prepari l'eternità!
Anche lasciar disporre all'altro della propria vita è grossa responsabilità, non solo perché ciò comporta sacrificio, ma perché richiede attenzione e vigilanza per lasciar disporre di sé solo in ciò che a Dio è gradito.
Potrai portare questa responsabilità con onore e meritarti tanta fiducia solo se vivi in unità con Dio.
7. Un anello da portare
E' successo ancora, forse non a te, né a tuo marito! Lui si trova in viaggio, ma prima di entrare al bar fa una operazione semplice e delicata: si toglie di nascosto l'anello e lo lascia cadere in tasca. In tal modo potrà godersi qualche occhiata più compiaciuta da parte della cameriera...
Se portasse la «vera», ella non lo degnerebbe di tante attenzioni!...
L'anello è un segno: prendi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà. E' un segno legato al dito: non dimenticherai che io ti amo, e che amo solo te, che sono tua nei giorni belli e nei giorni tristi, quando sei in casa e quando sei lontano.
E' un segno consegnato nel nome di Dio.
E' il segno che già una persona occupa il tuo cuore e che tu possiedi il suo.
Un segno non vale molto: è solo un segno.
C'è addirittura chi si odia portando il segno dell'amore.
Un segno lo si porta più per gli altri che per sé.
Un segno lo capiscono tutti, subito. E perché lo devono sapere tutti che sei sposato? che la tua vita è donata? che non sei solo? Quando Massimiliano Kolbe seppe che uno dei dieci condannati al bunker della fame era maritato e padre di famiglia ebbe l'ispirazione e la forza di offrirsi per essere condannato al suo posto. E' successo una volta sola, ma è un fatto indicativo che fa pensare. Il san Massimiliano ha saputo che la vita di quell'uomo non era sua, ma della moglie e dei figli: gliela volle salvare.
Se amo una persona sposata, so di entrare in amicizia con una famiglia intera. Se incontro un non sposato, la mia amicizia si esaurisce con lui. Se so che uno è sposato, so che ha un compito da Dio verso altri e ne tengo conto nel mio rapporto con lui.
Ai giorni nostri si va diffondendo un'abitudine che mette in discussione non il portare il segno o meno del matrimonio avvenuto, ma la convenienza stessa del matrimonio. «Vivere insieme senza esser sposati, senza doverlo dire né al parroco, né al sindaco. Se ci piace stare insieme, lo facciamo senza impegnarci con firme e con documenti. L'amore non ha bisogno di carta!».
A rigor di logica questi hanno ragione. Se non credono in Dio (e quindi non hanno interesse a rimanere nella sua volontà e diventare un segno del Suo amore), non hanno molte altre scelte. Sì, potrebbero fare una firma davanti al sindaco, ma sanno bene che quella firma non è indelebile: il sindaco ha una gomma nelle sue leggi, che la può cancellare, se essi vogliono, e quando vogliono.
Perché impegnarsi per sempre? se Dio, l'Eterno, non entra nella loro vita, non saranno capaci di impegni eterni, ma solo di impegni di convenienza sociale o economica, finché il sentimento o la sensualità consente.
Ma io, non per fare l'avvocato difensore di Dio, bensì dell'uomo, chiedo se un amore che non si impegna possa chiamarsi amore, e se un amore che non si dona del tutto e per sempre possa essere manifestazione di maturità e pienezza di vita.
Se un coniuge sa di vivere insieme al suo «tesoro» che non ha mai voluto firmare il suo matrimonio, ma convive perché gli piace, quale sicurezza psicologica può avere di esser amato? il suo amante gli dà un amore senza garanzie! Egli/ella rimarrà sempre nella tensione di dover fare in modo da piacere all'altro, ai suoi capricci e sentimenti, di non fare nulla per disgustarlo. Il suo spirito non entrerà mai nel riposo.
L'impegno siglato davanti alla società (comunità religiosa e civile) ha un doppio effetto: di aiutarti ad esser fedele e di proteggere il vostro amore: non è contro l'amore, ma in favore ad esso. Anche Dio ha voluto ratificare pubblicamente il suo amore per l'umanità firmandolo col Sangue di Gesù davanti a tutti i popoli. E Dio sa cos'è bene e perfetto per l'uomo! anche per la sua salvezza psicologica, oltre che per la sua salvezza morale ed eterna! 



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