Quando
penso alle coppie di sposi cui ho benedetto le nozze mi viene il vivo
desiderio che formino una famiglia santa. E che esprimano con la loro
vita i misteri di Dio.
Ho
incontrato troppi sposi che pensano alla santità come a qualcosa di
cui «ormai» sono tagliati fuori: è roba da preti e suore!
Concepiscono la fede come qualcosa che tocca sì la loro vita, ma non
il loro Matrimonio. E molti fidanzati pensando al Matrimonio, non
sanno come contemplarlo in Dio.
Libri
più grossi e ben fatti sono già stampati e aiuterebbero la
comprensione di questo Sacramento in modo più esauriente di queste
poche pagine. Esse sono state scritte perché conosco la difficoltà
che hanno molti a prendere in mano volumi grossi, sia per mancanza di
tempo, sia per non aver familiarità coi libri, sia - talora - per
mancanza di buona volontà. Spero che queste poche pagine non
spaventino nessuno e aiutino invece gli sposi cui le darò a scoprire
dimensioni di fede della loro vita comune.
Possono
leggere fidanzati e giovani sposi. Anche chi si prepara a celebrare
le nozze d'argento può dare un'occhiata. Quelli poi che conoscono il
celibato scelto per amore del Regno dei cieli è bene conoscano pure
il significato del Matrimonio vissuto nell'amore del Regno dei Cieli!
don
Vigilio Covi
I
cristiani possono vedere il fatto di essere sposati o di accedere al
matrimonio come lo vedono tutti gli altri uomini: è naturale
sposarsi. L'attrattiva uomo-donna è naturale, viene senza cercarla,
senza deciderla!
Ma
ci sono cristiani che, vivendo tutta l'esistenza nella fede in Dio
Padre, considerano la loro vita come risposta a Lui che li chiama.
Come Egli li ha chiamati al mondo, così li continua a chiamare
perché collaborino con Lui al suo Regno. Essi sanno perciò che Egli
li può chiamare anche al Matrimonio: vivono quindi la vita della
famiglia come "vocazione" (= chiamata).
I
fidanzati considerano perciò il loro cammino di preparazione come un
periodo di verifica: "il nostro amore è segno di una chiamata
di Dio?". "Siamo noi chiamati dal Signore a formare una
famiglia che gli dia gloria?".
E
la vita comune nel Matrimonio si fonderà sulla gioia e sulla pace
che vengono dalla convinzione: "Dio ci ha chiamati a stare
insieme!".
In
questa certezza i coniugi troveranno forza e consolazione nelle
difficoltà e criterio di discernimento per le varie decisioni: dove
andare ad abitare? quando avere figli? quanti? quale tipo di lavoro
scegliere?
Vivere
il matrimonio come "vocazione", o meglio, come risposta
alla chiamata di Dio, li aiuterà e li spingerà a stare in
contemplazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per avere
continuamente sott'occhio il modello e la luce della Comunione
Trinitaria, onde esserne tempio e specchio!
Voglio
parlarvi della famiglia. La prima impressione è che non mi sarà
molto facile, perché è come parlare del mare: non sai dove
cominciare e ovunque cominci sei costretto ad essere incompleto e
parziale.
Parlando
della famiglia, mi viene in mente anzitutto la mia, e poi quelle che
conosco, che vedo ogni giorno o che ho incontrato nella mia vita e
hanno lasciato una traccia: ed inoltre non si stacca da me una certa
visione di famiglia ideale, come vorrei fossero le famiglie dei miei
amici, di quelli che amo. Tutte queste immagini - reali e di
desiderio - si confrontano nel mio cuore con la famiglia che chiamerò
sacra, quella che duemila anni fa era presente nel villaggio di
Nazareth in una delle case-grotta abitate dalla gente povera e
semplice.
Saranno
perciò, queste pagine, una comunicazione di esperienze e di cuore,
anche se talvolta sotto forma di idee e di commento. Ogni articolo
sarà incompleto, ma tutti insieme - a mo' di mosaico - potranno dare
un'idea di come potrebbe essere la carta d'identità di una famiglia
cristiana. Questo il mio desiderio.
A
qualcuno parrà strano poi il fatto che sia un prete, senza moglie e
senza figli, a parlare di famiglia e dubiterà che possa dire cose
vere. Se è così, lascia il giudizio alla fine: allora potrai dire
se quanto dico ha fondamento! ma mi consolo che ci siano anche
persone maritate che parlano e straparlano dei preti, e mi sanno
anche dire con sapienza, amore e verità come dovrei essere!
Quando
nasce una famiglia? Mi pare di vederli i due giovanotti, lui e lei,
che si incontrano con gli occhi. Un lampo? Una folgorazione? Ognuno
dei due attraverso gli occhi ha visto il cuore dell'altro. Non si
lasciano più. Il pensiero e le ruote della macchina corrono in
quella direzione. Se chiedi loro il perché, non sanno che dire. E se
dicono qualcosa, il tutto sfugge. L'amore non ha perché. Il vero
perché è ancora nascosto ai loro stessi occhi, e si manifesterà
loro un po' alla volta, come i più grandi misteri di Dio! l'amore
infatti è di Dio!
Eppure
l'amore di due innamorati è molto fragile, ed essi se ne accorgono.
Nessuno può garantirne la durata, né la capacità di superare
difficoltà e ostacoli. Ognuno dei due sente che l'amore che nutre
per l'altro dipende in definitiva da se stesso. «Io ti amo: e io lo
voglio» potrebbero dirsi; «se io volessi ti potrei piantare in asso
anche subito»!
Un
amore fondato sui sentimenti che si provano, sulle ragioni che si
portano, sulle volontà che si incontrano: è sufficiente? Un amore
che dipende in definitiva dall'uomo. Se l'uomo fosse perfetto credo
sarebbe sufficiente. Ma siccome l'uomo, e la donna similmente, è
peccatore, debole, fragile, come potrà farsi garante di se stesso?
Come potrà promettere amore duraturo se non ha nelle mani il proprio
destino? Come può dire «ti amo» senza essere menzognero? Quando
lui ama lei (e viceversa) c'è un miscuglio di cose e atteggiamenti
diversi che si intersecano e si condizionano a vicenda. Quel «ti
amo» vuol dire in definitiva tante cose: vuol dire «voglio il tuo
bene» e «desidero che tu stia con me», «posso possederti», «mi
lascio possedere da te», «mi fido di te», «anche il tuo corpo è
mio», «ti lascio libertà», ecc. ecc...
E'
un amore che si mescola, senza accorgersi, con l'egoismo e l'istinto
del possesso: un amore non purificato, con molte scorie e
imperfezioni.
Quel
«ti amo» è perciò al tempo stesso verità e menzogna. Due
innamorati credenti in Dio vogliono essere sempre nella luce della
verità e strumento di verità: si interrogano perciò seriamente su
come il loro amore possa essere purificato dalla menzogna e divenire
luce per sé e per l'amato. Questa ricerca è costante, anche per chi
già è sposato: è la sofferenza e la gioia dei coniugi credenti che
vogliono essere soltanto «amore» l'uno per l'altro, amore «puro»
libero da egoismi e da dominio, che vogliono essere la parte
privilegiata del cuore di Dio-amore per l'amato!
2.
Matrimonio: trasformazione dell'amore
Quando
i due fidanzati chiedono al prete di fare le carte perché si
vogliono sposare, è mio desiderio che arrivino a capire, in tutta la
profondità consentita all'uomo, il dono che si fanno. Non trovo per
questo parole migliori di quelle che dirò il giorno delle nozze
iniziando la celebrazione del rito del matrimonio: «Siete venuti
nella casa di Dio... perché il vostro amore riceva il Suo sigillo e
la Sua consacrazione». A prima vista queste parole passano veloci da
un orecchio all'altro... e poi nel dimenticatoio. Non per me. In
queste parole trovo la purezza, la verità e
la durata dell'amore.
I
due «colombi» portano il loro amore davanti all'altare, quello del
sacrificio di Cristo e della comunione con Dio. E Dio mette il Suo
sigillo sull'amore delle due persone, su quell'amore umano. Da quel
momento quest'amore ha un sigillo: e il sigillo indica la proprietà.
Ora l'amore dei due è proprietà di Dio. L'amore che lui ha per lei
è l'amore di Dio e quello di lei per lui altrettanto.
Forse
ora comprendete, voi coniugi, perché il vostro amore è puro, vero,
durevole, perché è di Dio. I peccati lo possono ancora rovinare e
sono tanto più gravi in quanto rovinano quel vostro amore che è di
Dio, ma non lo possono né sciogliere né cancellare, perché l'amore
di Dio è e rimarrà più grande del cuore dell'uomo, anche di quello
peccatore.
Gli
sposi si amano, e il loro amore diventa di anno in anno più maturo,
stabile e sereno. Perché? il loro amore è amore di Dio. E' maturo e
stabile e sereno fin dall'inizio, essi però riescono ad accorgersene
e ad accoglierlo gradatamente. Quando il marito cerca di essere
puntuale ai pasti, e, se si trova lontano, telefona per avvisare,
quando dà una mano per i lavori di casa, cosa fa? sta donando a sua
moglie i segni piccoli del grande amore di Dio per lei. Il marito ama
sua moglie perché in quel «giorno» - forse già lontano - la sua
capacità d'amore è divenuta proprietà di Dio: è Dio che ama sua
moglie, attraverso i suoi gesti piccoli o grandi, concreti, semplici,
anche se non costano denaro, ma piuttosto generosità del cuore! La
missione dei coniugi è quella di donarsi l'uno all'altro
concretamente l'amore del Dio invisibile. Se i mariti e le mogli lo
sapessero! se non lo dimenticassero! quale gara di dedizioni, di
generosità l'uno verso l'altro ci sarebbe!
La
moglie sa così di amare il suo tesoro non più perché gli è
simpatico, o perché gli piace, o perché è il migliore tra gli
uomini del paese, ma perché ne ha il compito da parte di Dio.
Questo
amore resiste a tutte le prove, anche a quelle della cattiveria del
marito o del suo peccato, anche a quelle di qualche crisi di affetto,
a quelle della malattia o della povertà. Lei sa di dover donare al
suo «uomo» l'amore di Dio in un modo del tutto particolare ed
esclusivo. E Dio non smette di amare chi si dimentica di lui, chi Lo
offende, chi diventa indifferente. Così la moglie cristiana, o il
marito. Mi sono chiesto più volte come mai certe donne o certi
uomini sono stati capaci di amare il proprio coniuge fino
all'inverosimile, un coniuge sempre ammalato o uno che trasformava la
casa in un inferno. Ho trovato la risposta considerando il sacramento
del Matrimonio. Esso rende santo l'amore
coniugale, lo fa superiore a tutte le prove: quelle donne e quegli
uomini amavano il loro coniuge non perché buono e bravo, simpatico e
attraente, ma perché sapevano di aver ricevuto questa missione da
Dio, nel giorno in cui essi hanno voluto. Quell'amore si era
purificato sempre più, divenendo in modo sempre più chiaro amore di
Dio! così forte, che in molti casi è riuscito addirittura a rendere
capace di amare il cuore violento dell'altro! Questo aspetto farà
comprendere facilmente il perché della indissolubilità del
matrimonio per il credente, come cercheremo di vedere.
3.
Io prendo te: per sempre?
La
parola «indissolubile» è una di quelle che riescono a creare un
clima di serietà e decisione. E' una di quelle parole che fanno
sentire la vita come un viaggio senza ritorno - come difatti è -, e
la decisione conseguente all'amore come stabile e finale. E' una
parola che assomiglia alla morte: quel che c'era prima non esiste
più. La libertà di movimento, la possibilità di vivere da soli non
c'è più: sorge qualcosa di nuovo che ancora non si conosce.
Forse
per il fatto che l'amore coniugale esige una decisione così
definitiva, fa paura. Molti, che vivono superficialmente, alla
giornata, non abituati alla stabilità nella loro vita, non se la
sentono di impegnarsi per sempre. In fin dei conti essi basano il
loro amore su se stessi, Dio lo vedono troppo lontano o lo
allontanano di proposito, perché diverrebbe troppo esigente. Questi
si sposano solo civilmente: non avranno molti problemi a dividersi e
separarsi e cercare un altro coniuge, nel caso lo volessero.
Ma
perché il matrimonio cristiano è indissolubile?
Perché
i cristiani, quando si uniscono in matrimonio, fanno un passo senza
ritorno?
Lo
accennavamo nelle pagine precedenti: nel momento in cui i coniugi
hanno consegnato a Dio il loro amore, celebrando il sacramento, Dio
lo ha fatto Suo. Tra i due c'è l'amore di Dio. Se rompono il proprio
amore reciproco, si rendono colpevoli contro l'amore di Dio! Nelle
intenzioni e Volontà di Dio questo non è previsto: egli vuole
continuare ad amarli tramite i loro stessi gesti e la loro donazione
l'uno all'altro. Chi spezza l'amore al proprio coniuge contrasta
l'amore di Dio.
Inoltre
essi, da quel momento, si amano perché Dio dà loro il compito di
farlo. Possono smettere di amarsi solo quando Dio ritraesse questo
compito; ma Dio non disfa quel che ha fatto. Ne ha dato conferma Gesù
quando fu espressamente interrogato su questo punto: un marito e una
moglie non abbandonino il coniuge per vivere con un altro. E'
adulterio. E se sono separati già da anni? non tolgano a sé e al
coniuge la possibilità di tornare, di convertirsi, di perdonare, di
chiedere perdono. Risposandosi chiuderebbero la strada già difficile
della comprensione e dell'unione.
L'intenzione
iniziale di Dio, quella che dà forma alla famiglia e chiede
completezza all'umanità dell'uomo è l'unità indissolubile tra i
due.
Egli
non ha previsto altre strade.
Raramente,
ma può capitare, ci possono essere casi particolarissimi di
scioglimento di matrimonio: sono due. Il caso «petrino»: solo il
papa con l'autorità detta «delle chiavi» (di Pietro) può, per
motivi provati, sciogliere un matrimonio che fosse solo «rato, ma
non consumato»: gli sposi hanno cioè celebrato soltanto il rito, ma
non vivono ancora insieme. L'altro caso è detto «paolino» perché
lo determina s. Paolo nel suo insegnamento apostolico. Si tratta del
caso che un coniuge non battezzato non volesse più vivere con
l'altro divenuto cristiano e battezzato (1 Corinzi 7, 15).
Altri
casi di «scioglimento» non ci sono nella Chiesa Cattolica. Talvolta
avviene che il Tribunale ecclesiastico riconosce, dopo severe
interrogazioni e indagini, che un matrimonio non sussisteva fin
dall'inizio, perché mancavano fin dal primo momento qualcuna delle
condizioni che fanno sì che un matrimonio sia tale! In tal caso può
avvenire la «dichiarazione di nullità»: non c'era mai stato
matrimonio vero.
Il
fatto che Dio prenda così sul serio l'amore di due persone, tanto da
identificare con esso il proprio Amore (fatto che rende l'amore degli
sposi indissolubile), obbliga i fidanzati e gli sposi cristiani ad
una grande serietà pur nella serenità e nella gioia.
Diventa
seria e lunga la preparazione dei fidanzati che intendono camminare
con Dio. E diventa serio il modo con cui gli sposi cercano insieme di
esser fedeli l'uno all'altro e di approfondire la propria unità e
comprensione.
4.
Segno d'un amore divino
Nella
Bibbia viene raccontato un fatto che ci lascia un po' stupiti, e
nello stesso tempo confortati.
Un
profeta, Osèa, ha ricevuto da Dio un incarico particolare. Aveva
avuto un'esperienza tutt'altro che fortunata nella sua vita
matrimoniale: sua moglie gli è scappata di casa per andare a fare la
prostituta: cercava amore dagli amanti che la sfruttavano, rifiutando
l'amore vero del marito che l'amava. Osèa non ha più speranza che
ella torni. Proprio allora Dio gli dice: tu sei mio profeta.
Profetizza, non con le prediche, ma con un gesto ben visibile a
tutti: va', riprendi la prostituta. E' coperta di vergogna, tu
prendila ugualmente, perché con questo gesto Io voglio far capire
qualcosa al mio popolo.
Oséa
comprende. Dio vuol far capire al popolo d'Israele che, nei confronti
del Dio dei Padri Abramo, Isacco e Giacobbe, s'è comportato come la
prostituta: il popolo ha cercato di servire altri dei, di scegliersi
altri maestri per la vita, di cercare sicurezza nelle cose di questo
mondo, e ha abbandonato il Dio vero, l'unico che lo amava veramente e
poteva soddisfare tutti i suoi desideri più profondi. Ma vuol fargli
anche capire che Egli, Dio, non avrebbe smesso il Suo amore per il
popolo, nonostante l'infedeltà di cui questi s'era macchiato. Lo
continuava a scegliere come suo popolo, ad amarlo, a seguirlo con
amore. Dio faceva al suo popolo ciò che Osèa doveva fare con la
prostituta. E Osèa obbedì:
annunciò
così col suo gesto - che appariva sconsiderato -, in
modo ben visibile a tutti, che l'amore invisibile di Dio è fedele e
continuo.
Da
allora il matrimonio dei credenti, degli Ebrei prima
e poi dei cristiani, ha ricevuto anche questa dimensione: essere una
rivelazione, manifestazione, epifania (con un termine
greco) dell'amore continuo e incorruttibile e
forte del nostro Dio per noi uomini, nonostante i
nostri peccati.
Quando
vedo due sposi che si amano per anni ed anni, che cercano l'uno il
bene dell'altro e si sopportano e si perdonano e si amano nonostante
i loro grossi difetti e peccati, allora io sono consolato ed
incoraggiato. Perché? ma perché se gli uomini - che sono imperfetti
- sanno agire così, quanto più il mio Dio, il nostro Padre non
saprà sopportarmi e sopportaci, perdonarci, continuare ad amarci
nonostante i miei e nostri peccati? Dio non smette il suo amore per
me, mai: lo vedo concretamente nell'amore degli sposi.
Quest'amore
sponsale mi diviene così un segno prezioso: segno
visibile e concreto di una realtà invisibile, ma concreta anch'essa.
E dal momento che l'amore degli sposi porta il sigillo di Dio ed è
di Dio, questo segno visibile è anche efficace in se stesso, perché
non solo indica, ma è l'amore di Dio stesso. Arrivo così a
chiamarlo sacramento! Se gli sposi che io incontro sappiano quanto io
stimi il loro matrimonio, non lo so. Se essi sappiano il valore
sacramentale del loro vivere insieme, che è un segno piccolo e umile
del grande amore di Dio, è un segreto: lo scopriranno poco per volta
se pregano, se vivono uniti a Dio. Egli non li lascerà privi della
conoscenza di questo suo disegno, di manifestarsi attraverso di loro.
Con lo Spirito Santo comprenderanno nel loro spirito la grandezza del
loro sacramento. L'apostolo s. Paolo dà una spiegazione ancora più
vicina alla nostra esperienza di questo sacramento: dice che esso è
l'immagine dell'amore che Cristo Gesù ha per la sua sposa, la
Chiesa. Com'è quest'amore lo vedremo più avanti.
5.
Libero e consapevole
Sulla
domanda, che i fidanzati presentano al parroco per richiedere la
celebrazione del Sacramento del Matrimonio, essi scrivono, tra
l'altro, che sono liberi di fare questo passo, che nessuno li
costringe.
Non
mi limito a leggerlo sulla loro richiesta, ma li interrogo
esplicitamente e pubblicamente al momento del matrimonio: «siete
venuti... liberamente, senza alcuna costrizione e pienamente
consapevoli del significato della vostra decisione?».
La
risposta è sempre positiva. Bene.
Ma
che significa esser liberi? Per me vuol dire due cose. Anzitutto non
c'è nessuno e nessuna circostanza che obbliga a sposarsi. Non ci
sono minacce da parte dei fidanzati, né ricatti da parte dei
genitori («se non ti sposi non ti lascio eredità», «sposati, che
l'è ora!...»)! non c'è un figlio in viaggio, o, se c'è, non è
quello che condiziona la scelta di quel matrimonio.
Ma
la libertà non è solo mancanza di spinte esterne. E' molto di più.
Sei libero quando potresti anche non sposarti. «Mi sposo, ma potrei
anche rimanere da sposare».
«Mi
sposo con questa donna, ma potrei sceglierne un'altra».
Libertà!
Se
scegli di sposarti, e se scegli di sposare questa, stai facendo una
scelta da uomo libero, da donna libera!
Tu
sei uomo - o donna - e potresti vivere ancora anche senza di lui o di
lei! E' molto importante questa libertà per due motivi:
-
anzitutto perché il tuo coniuge si senta libero con te e amato
veramente. Se è anche solo il tuo istinto sessuale che ti spinge a
sposarti ora o la tua incapacità di vivere da solo, il tuo coniuge
noterà, col passar del tempo, che il tuo amore per lui/lei è invece
egoismo! e ne nasceranno conflitti, più o meno aperti, perché si
sentirà oppresso, dominato.
-
L'altro motivo è che un giorno rimarrai di nuovo solo, vedovo o
vedova. Cosa farai? Se sei libero anche interiormente, se il tuo
amore è un dono e ricevi il suo come un dono libero, giorno per
giorno, allora, pur nella sofferenza, non ti dispererai della sua
mancanza, o anche solo della sua malattia.
Se
dici a tuo marito/moglie: "ti ho sposato perché ho voluto",
"io ho scelto te pur potendo scegliere un altro", allora
tuo marito sente che il tuo amore per lui è forte, esclusivo, unico
e prezioso, perché libero! La libertà vera rende prezioso il tuo
amore e l'amore del coniuge per te!
Perché
l'amore sia sempre così prezioso bisognerà coltivarne la libertà
anche quando ormai fossero passati quindici o venti anni di vita
insieme! Non parlo certamente di una libertà che giustifichi la
infedeltà: non è la libertà di fare quel che si vuole, ma di
scegliere ogni giorno volutamente il proprio compito, accettare
volontariamente la missione data da Dio di amare il proprio coniuge!
Per
questo motivo io chiedo agli sposi anche se sono pienamente
consapevoli della loro decisione. E intendo non solo la
consapevolezza dello sposarsi, ma anche della decisione di far del
proprio matrimonio un sacramento.
Siete
consapevoli che voi, vivendo insieme, amandovi, condividendo tutto,
diventate un segno dell'amore di Dio? Volete con la vostra vita
comune manifestare un aspetto del disegno di Dio e della sua
sapienza? Volete accettare di amarvi non più perché vi volete bene,
ma perché Dio dà a ciascuno di voi il compito di manifestarvi
reciprocamente il Suo amore fino alla fine? il suo amore arriva fino
ad amare i suoi che lo tradiscono! accetti questo amore per il tuo
coniuge? Siete consapevoli di cosa vuol dire vivere il sacramento del
matrimonio nella fede?
Vedete,
come sarebbe necessario un catechismo per i fidanzati! e chi ha già
celebrato le nozze d'argento può ancora imparare e approfondire
l'esperienza che sta vivendo!
6.
Un capo: come?
C'è
una riga delle lettere di s. Paolo che non piace alle donne; è
quella che dice: «il marito è capo della moglie»! Sono però
convinto che se ne conoscessero il significato, ne sarebbero
entusiaste! S. Paolo è un cristiano, e le sue parole trovano il loro
significato nella vita di Gesù Cristo. Gesù è capo, capo degli
Apostoli, della Chiesa. In che modo ha Egli vissuto
il suo esser capo? Ha lavato i piedi dei discepoli, è morto per la
sua Chiesa. Ha detto: «chi vuol essere il primo sia l'ultimo e il
servo di tutti».
Se
s. Paolo dice che il marito è il capo della moglie, lo intende così!
un marito pronto a sacrificarsi per la moglie, a non badare a sé pur
di cercare il bene della moglie, affinché possa sentirsi accolta,
stimata, realizzata come sposa e come madre.
Un
marito non è capo quando «comanda»: allora è tiranno, non un
capo. E' capo quando decide insieme, quando rinuncia anche al proprio
prestigio pur di valorizzare la propria moglie.
Lo
sapevi questo tu, uomo, quando hai detto: «prendo te come mia
sposa»? O credevi di diventare dominatore incontrastato, uno che può
far alto e basso in famiglia? Quando hai detto «io prendo te come
mia sposa» non hai detto «prendo te come mia schiava», o «come
mia cameriera» né «come mia segreteria». Hai detto la parola
«sposa», e questo significa con altre parole «dolce metà»! Da
solo non fai più nulla, tutto insieme: ogni decisione, ogni scelta è
comune. Hai fatto, si potrebbe dire col linguaggio di noi preti, voto
di obbedienza. Vuoi vivere nell'unità piena con tua moglie e agire
in concordia. Sarà bene fare non ciò che sembra bene a te, ma ciò
che è deciso insieme.
In
tal modo puoi realizzare con tua moglie la parola che Gesù ebbe a
dire: «dove due o più sono uniti nel mio nome, là sono pure io».
Nell'unità
vera - non solo di corpo - ma anche di anima e di spirito voi coniugi
date la possibilità a Gesù di esser presente: la vostra casa si
potrà chiamare «piccola chiesa».
Quando
il marito vive in questo modo, diventa addirittura attraente per la
moglie vivere «sottomessa al marito in tutto»: come continua
l'Apostolo s. Paolo. La moglie è figura della Chiesa che obbedisce
con amore a Gesù Cristo: perciò ella vive col marito non come
dominata e conquistata, ma come amata e protetta da lui, e perciò
cerca in ogni modo di essergli gradita, per rendere la casa luogo
accogliente, riposante, pieno di pace, in modo che quando egli
termina le sue occupazioni vi torni volentieri e si trovi bene!
«Prendo
te come mio sposo» significa proprio il fatto che tu donna non sei
dominata da lui, ma scegli liberamente di donargli la tua vita per
diventare con lui un'unica realtà, per condividere con lui non solo
l'eredità o gli stipendi e la pensione, ma anche le gioie e i
dolori, i momenti di salute e quelli di malattie, la prosperità e la
povertà.
Prendersi
come sposi è impegnativo al massimo, poiché vuol dire donarsi la
vita reciprocamente: quindi donare la propria all'altro, accogliere
quella dell'altro come propria. Bisogna esser capaci di amare, ma
anche di lasciarsi amare.
Avere
uno sposo/sposa comporta disporre della vita di un altro: compito
di responsabilità unica! Se pensi che la vita è di Dio, che anche
il/la tuo/a coniuge deve tornare a Dio, sentirai quale responsabilità
ti sei assunto (o ti stai assumendo) davanti a Lui disponendo della
vita di un altro, dei suoi giorni, del suo corpo, delle sue doti! Sei
tu che gli prepari l'eternità!
Anche
lasciar disporre all'altro della propria vita è grossa
responsabilità, non solo perché ciò comporta sacrificio, ma perché
richiede attenzione e vigilanza per lasciar disporre di sé solo in
ciò che a Dio è gradito.
Potrai
portare questa responsabilità con onore e meritarti tanta fiducia
solo se vivi in unità con Dio.
7.
Un anello da portare
E'
successo ancora, forse non a te, né a tuo marito! Lui si trova in
viaggio, ma prima di entrare al bar fa una operazione semplice e
delicata: si toglie di nascosto l'anello e lo lascia cadere in tasca.
In tal modo potrà godersi qualche occhiata più compiaciuta da parte
della cameriera...
Se
portasse la «vera», ella non lo degnerebbe di tante attenzioni!...
L'anello
è un segno: prendi questo anello, segno del mio amore e della mia
fedeltà. E' un segno legato al dito: non dimenticherai che io ti
amo, e che amo solo te, che sono tua nei giorni belli e nei giorni
tristi, quando sei in casa e quando sei lontano.
E'
un segno consegnato nel nome di Dio.
E'
il segno che già una persona occupa il tuo cuore e che tu possiedi
il suo.
Un
segno non vale molto: è solo un segno.
C'è
addirittura chi si odia portando il segno dell'amore.
Un
segno lo si porta più per gli altri che per sé.
Un
segno lo capiscono tutti, subito. E perché lo devono sapere tutti
che sei sposato? che la tua vita è donata? che non sei solo? Quando
Massimiliano Kolbe seppe che uno dei dieci condannati al bunker della
fame era maritato e padre di famiglia ebbe l'ispirazione e la forza
di offrirsi per essere condannato al suo posto. E' successo una volta
sola, ma è un fatto indicativo che fa pensare. Il san Massimiliano
ha saputo che la vita di quell'uomo non era sua, ma della moglie e
dei figli: gliela volle salvare.
Se
amo una persona sposata, so di entrare in amicizia con una famiglia
intera. Se incontro un non sposato, la mia amicizia si esaurisce con
lui. Se so che uno è sposato, so che ha un compito da Dio verso
altri e ne tengo conto nel mio rapporto con lui.
Ai
giorni nostri si va diffondendo un'abitudine che mette in discussione
non il portare il segno o meno del matrimonio avvenuto, ma la
convenienza stessa del matrimonio. «Vivere insieme senza esser
sposati, senza doverlo dire né al parroco, né al sindaco. Se ci
piace stare insieme, lo facciamo senza impegnarci con firme e con
documenti. L'amore non ha bisogno di carta!».
A
rigor di logica questi hanno ragione. Se non credono in Dio (e quindi
non hanno interesse a rimanere nella sua volontà e diventare un
segno del Suo amore), non hanno molte altre scelte. Sì, potrebbero
fare una firma davanti al sindaco, ma sanno bene che quella firma non
è indelebile: il sindaco ha una gomma nelle sue leggi, che la può
cancellare, se essi vogliono, e quando vogliono.
Perché
impegnarsi per sempre? se Dio, l'Eterno, non entra nella loro vita,
non saranno capaci di impegni eterni, ma solo di impegni di
convenienza sociale o economica, finché il sentimento o la
sensualità consente.
Ma
io, non per fare l'avvocato difensore di Dio, bensì dell'uomo,
chiedo se un amore che non si impegna possa chiamarsi amore, e se un
amore che non si dona del tutto e per sempre possa essere
manifestazione di maturità e pienezza di vita.
Se
un coniuge sa di vivere insieme al suo «tesoro» che non ha mai
voluto firmare il suo matrimonio, ma convive perché gli piace, quale
sicurezza psicologica può avere di esser amato? il suo amante gli dà
un amore senza garanzie! Egli/ella rimarrà sempre nella tensione di
dover fare in modo da piacere all'altro, ai suoi capricci e
sentimenti, di non fare nulla per disgustarlo. Il suo spirito non
entrerà mai nel riposo.
L'impegno
siglato davanti alla società (comunità religiosa e civile) ha un
doppio effetto: di aiutarti ad esser fedele e di proteggere il vostro
amore: non è contro l'amore, ma in favore ad esso. Anche Dio ha
voluto ratificare pubblicamente il suo amore per l'umanità
firmandolo col Sangue di Gesù davanti a tutti i popoli. E Dio sa
cos'è bene e perfetto per l'uomo! anche per la sua salvezza
psicologica, oltre che per la sua salvezza morale ed eterna!
Dal
sito http://www.preghiereagesuemaria.it/
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