lunedì 29 gennaio 2018

Beata Eurosia Fabris Barban – Quinto Vicentino, Vicenza, 27 settembre 1866 – Marola, Vicenza, 8 gennaio 1932 Tema : Matrimonio - regolazione delle nascite - Rosario - correzione fraterna


"Non posso non sottolineare l’importanza della testimonianza data dalle famiglie cristiane, diceva papa Francesco, in Corea, il 16 agosto 2014. In un’epoca di crisi della vita familiare, le nostre comunità cristiane sono chiamate a sostenere le coppie sposate e le famiglie nel compimento della loro missione nella Chiesa e nella società.» Eurosia Fabris Barban, madre di famiglia, è stata beatificata il 6 novembre 2005 da Benedetto XVI. Il venerabile Pio XII già diceva di lei: «Bisogna far conoscere questa bella anima, è un esempio per le famiglie di oggi!»
Eurosia Fabris Barban è nata nel 1866 da una famiglia di agricoltori italiani. Luigi e Maria Fabris, i suoi genitori, vivono nel comune di Quinto Vicentino, nel Veneto. La bambina viene battezzata poco dopo la nascita e riceve il nome di una vergine martire del IX secolo, santa Eurosia, principessa di Boemia fatta prigioniera dai Saraceni e morta per la sua fede.
Appassionata del Vangelo

Nel 1870, la famiglia si trasferisce a Marola, nel comune di Torri di Quartesolo. Eurosia vi abiterà per tutta la vita. Occupata nei lavori agricoli e domestici, frequenta la scuola elementare solo tra il 1872 e il 1874. Questi due anni di istruzione le consentono di imparare a leggere e a scrivere. Si familiarizza con la Sacra Scrittura, il catechismo, la Storia sacra; legge l’Introduzione alla vita devota di san Francesco di Sales e le Massime eterne di sant’ Alfonso de’ Liguori. Sua madre le insegna il suo futuro mestiere di sarta. A partire dalla sua prima Comunione, a dodici anni, si comunica in ogni giorno di festa. Iscritta all’associazione delle Figlie di Maria nella sua parrocchia, s’impegna nell’osservanza del suo statuto. La sua pietà mariana cresce sotto l’influsso del vicino santuario della Madonna del Monte Berico, dove la Vergine era apparsa nel XV secolo, liberando la regione da un’epidemia di peste. Eurosia vi prega Maria perché la malattia spiritualmente mortale dell’indifferentismo e dell’empietà si allontani dal suo paese. La sua devozione si rivolge anche verso lo Spirito Santo, il Presepio, il Crocifisso e le anime del Purgatorio. Si appassiona al Vangelo e al catechismo, che insegna, fin dall’età di quindici anni, ai bambini della parrocchia; in seguito farà lo stesso nei confronti delle ragazze che frequenteranno il suo laboratorio di cucito. Ha un modo tutto personale di rendere questo insegnamento appassionante per il suo giovane uditorio, disseminando l’esposizione dottrinale di aneddoti e istruzioni morali e pratiche. Ma i bambini percepiscono prima di tutto la grande carità che la anima: si sentono amati e comprendono che cosa significhi amare Dio. Eurosia trova la sorgente di questo grande amore nella preghiera. Fin dalla sua più tenera infanzia, prega e medita regolarmente.
A diciotto anni, è una ragazza seria, pia e laboriosa. Nonostante la povertà della famiglia, cura la pulizia e l’ordine. Le sue virtù e il suo fascino non passano inosservati: riceve diverse proposte di matrimonio, che rifiuta. Nel 1885, una giovane vicina, la signora Barban, muore lasciando tre figlie in tenera età, di cui la prima muore anche lei poco dopo. Le altre due hanno rispettivamente venti e quattro mesi. Uno zio e il nonno, malato cronico, vivono con il padre delle due orfane. Sono uomini dal temperamento forte, che spesso litigano tra di loro. Per sei mesi, ogni mattina, Eurosia va a prendersi cura di queste bambine e sbriga le faccende domestiche. Carlo Barban, il vedovo, non tarda a chiederla in moglie. Dopo aver a lungo pregato per conoscere la volontà del Signore, e ben consapevole delle difficoltà future, ella segue il consiglio sia dei suoi genitori che del suo parroco, e accetta di sposare Carlo. Il matrimonio, che considera come una missione di Dio, viene celebrato il 5 maggio 1886; sarà benedetto dalla nascita di nove figli, senza contare le due piccole orfane e tre adozioni.
Uniti dal sacramento del matrimonio, i coniugi Barban camminano insieme verso la santità prendendosi cura dei loro numerosi figli. Dove trovare i mezzi economici per allevarli Certo, Carlo possiede delle terre fertili, ma ha ereditato debiti pesanti. Eurosia lo incoraggia alla fiducia: «I figli, Dio ce li invia come un tesoro. Confidiamo in Lui, perché Egli non permetterà che ci manchi il necessario.»
Fiducia e responsabilità
Se è necessaria la fiducia in Dio per allevare una famiglia numerosa, questa non dispensa i coniugi dal praticare una procreazione responsabile. Per determinare il numero dei loro figli, i coniugi agiranno «valutando le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa stessa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi» (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 50). Nell’enciclica Humanae vitae, il beato Paolo VI precisa: «In rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato, una nuova nascita.» (25 luglio 1968, n. 10).
In quest’ultima prospettiva, i coniugi possono ricorrere ai metodi naturali di regolazione delle nascite, che, correttamente applicati, sono al giorno d’oggi molto affidabili. Ma la Chiesa ha sempre insegnato la malizia intrinseca della contraccezione, per la quale ognuno degli atti coniugali viene reso intenzionalmente infecondo. Questo insegnamento è definitivo e non riformabile. La contraccezione si contrappone gravemente alla castità coniugale, è contraria al bene della trasmissione della vita (aspetto procreativo del matrimonio), e lede il dono reciproco dei coniugi (aspetto unitivo del matrimonio). Essa ferisce il vero amore e nega il ruolo sovrano di Dio nella trasmissione della vita umana (cfr. Humanae vitae, n. 14). L’uso di mezzi aventi un effetto abortivo comporta una malizia morale ancora più grave, perché essi provocano la morte dell’embrione.
Mamma Rosa, come viene chiamata da allora Eurosia, assolve ai suoi doveri coniugali con la massima fedeltà e vive in una profonda armonia con il marito, di cui diventa la consigliera e il conforto. Educa i suoi figli alla preghiera, all’obbedienza, al timor di Dio, al sacrificio, all’amore per il lavoro. Desidera che ciascuno scopra e segua il piano di Dio su di lui. «I figli che il Signore ci ha dati sono Suoi prima che nostri, ha l’abitudine di dire. E se Egli li vuole per Sé, noi dobbiamo essere riconoscenti, anzi contenti: ciò facendo, Egli ci rende un grande onore. Questo significa un lavoro aggiuntivo, ma Dio ci aiuterà.» In effetti, la Santa Vergine le rivela che i suoi tre figli maggiori diventeranno sacerdoti; per gli altri tre il Signore ha altri piani. Lei risponde: «Cara Madonna, sono così contenta. Ti ringrazio di tutto cuore per questi tre scelti, perché non merito una tale grazia, così tanti privilegi. Ma fin d’ora ti offro e consacro tutti i miei figli.» Secondo la predizione della Santa Vergine, Giuseppe, il primogenito, e Alberto, il secondo, saranno ordinati sacerdoti nel 1918 e nel 1921; Matteo-Angelo, il terzo, entrerà tra i Francescani col nome di fratel Bernardino; sarà il primo biografo di sua madre. Altri tre figli maschi moriranno prematuramente. Due dei figli adottivi e una figlia si sposeranno. Una delle figlie adottive, Chiara, si farà religiosa col nome di suor Teofania. L’ultimo dei figli adottivi diventerà fratel Giorgio presso i Francescani.
Più amata
Eurosia gestisce le finanze della famiglia tenendo conto della carità da esercitare nei confronti dei poveri, con i quali condivide volentieri la sua tavola. Offre ai malati un’assistenza costante e prolungata, piena di amore e di cura. La sua vita si svolge principalmente all’interno delle mura della sua casa, nella povertà: «Desidero essere una donna povera e ne sono contenta, afferma, perché mi sembra di essere così più amata dal Signore. Se fossi ricca, temerei quasi che il Signore non mi ami altrettanto e che mi chieda di meno… È preferibile essere poveri che ricchi!… Non sono le ricchezze che rendono felice il cuore, ma il fatto di compiere la volontà di Dio.» Entrata nel Terz’Ordine francescano, attinge da una intensa vita di preghiera, e soprattutto dalla partecipazione quotidiana alla Messa, la forza per rispondere alle necessità dei bisognosi. Coglie ogni occasione per fare il bene, e condivide i prodotti dell’orto e del pollaio con i miseri, i pellegrini e i viaggiatori di passaggio. «Il Signore provvede maggiormente alle nostre necessità quando pratichiamo la carità per amore di Lui, dichiara. Se diamo qualche cosa ai poveri, è come se l’offrissimo a Gesù in persona. Sono talmente commossa da questo pensiero che, se fosse possibile, donerei me stessa!» Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, le vedove non mancano e si trovano spesso in uno stato di grande miseria, con numerosi figli a carico. Eurosia soccorre come meglio può tutti quelli che la circondano, con una bontà sorridente, manifestazione della sua gioia interiore di fare la volontà di Dio, malgrado le difficoltà e le prove.
Nel suo messaggio per la Quaresima 2012, papa Benedetto XVI esortava i cristiani a fissare lo sguardo «sull’altro, prima di tutto su Gesù…, a non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Spesso, invece, prevale l’atteggiamento contrario: l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la “sfera privata”… L’attenzione all’altro comporta desiderare per lui o per lei il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale. La cultura contemporanea sembra aver smarrito il senso del bene e del male, mentre occorre ribadire con forza che il bene esiste e vince, perché Dio è buono e fa il bene (Sal 118,68). Il bene è ciò che suscita, protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione. La responsabilità verso il prossimo significa allora volere e fare il bene dell’altro, desiderando che anch’egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello vuol dire aprire gli occhi sulle sue necessità. La Sacra Scrittura mette in guardia dal pericolo di avere il cuore indurito da una sorta di “anestesia spirituale” che rende ciechi alle sofferenze altrui…
Che cosa impedisce questo sguardo umano e amorevole verso il fratello Sono spesso la ricchezza materiale e la sazietà, ma è anche l’anteporre a tutto i propri interessi e le proprie preoccupazioni… Invece proprio l’umiltà di cuore e l’esperienza personale della sofferenza possono rivelarsi fonte di risveglio interiore alla compassione e all’empatia: Il giusto riconosce il diritto dei miseri, il malvagio invece non intende ragione (Pr 29,7). Si comprende così la beatitudine di coloro che sono nel pianto (Mt 5,4), cioè di quanti sono in grado di uscire da se stessi per commuoversi del dolore altrui. L’incontro con l’altro e l’aprire il cuore al suo bisogno sono occasione di salvezza e di beatitudine» (3 novembre 2011).
Tatto e diplomazia
Eurosia dirige un piccolo laboratorio di cucito che impiega da dieci a quindici apprendiste. Dà loro gratuitamente una formazione professionale e le prepara cristianamente al loro futuro ruolo di madri di famiglia. Non accetta di confezionare abiti immodesti. Le vengono richiesti in particolare abiti da sposa; lei riesce spesso, con tatto e diplomazia, a convincere la clientela a scegliere un modello nello stesso tempo elegante e modesto.
Nei momenti di silenzio, Eurosia si dedica alla preghiera e specialmente alla recita del Rosario quotidiano. Una sera, esce per andare a occuparsi di un neonato presso una vicina di casa. Sopraggiunge allora il padre della piccola che, vedendo il rosario in mano ad Eurosia, si mette a gridare: «Butta via questi grani… che cosa vuoi ottenere con essi» Lei risponde serenamente: «Questa è l’arma più potente per ottenere delle grazie. Se volete ottenere un servizio da qualcuno, è necessario chiederlo gentilmente, aggiungendo, se necessario, delle suppliche, e allora l’otterrete. Dobbiamo fare la stessa cosa con nostro Signore e con la Madonna.» L’uomo si mette a riflettere, si calma, e infine risponde: «Sì, avete ragione.»
«Il Rosario della Vergine Maria… è preghiera amata da numerosi santi e incoraggiata dal Magistero, scriveva papa Giovanni Paolo II. Nella sua semplicità e profondità, rimane, anche in questo terzo millennio appena iniziato, una preghiera di grande significato, destinata a portare frutti di santità. Essa ben s’inquadra nel cammino spirituale di un cristianesimo che, dopo duemila anni, non ha perso nulla della freschezza delle origini, e si sente spinto dallo Spirito di Dio a prendere il largo per ridire, anzi “gridare” Cristo al mondo come Signore e Salvatore, come la via, la verità e la vita (Gv 14,6), come traguardo della storia umana, il fulcro nel quale convergono gli ideali della storia e della civiltà. Il Rosario, infatti, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico… Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore… Preghiera per la pace, il Rosario è anche, da sempre, preghiera della famiglia e per la famiglia. Un tempo questa preghiera era particolarmente cara alle famiglie cristiane e certamente ne favoriva la comunione. Occorre non disperdere questa preziosa eredità… La famiglia che prega unita resta unita… Molti problemi delle famiglie contemporanee, specie nelle società economicamente evolute, dipendono dal fatto che diventa sempre più difficile comunicare. Non si riesce a stare insieme, e magari i rari momenti dello stare insieme sono assorbiti dalle immagini di un televisore. Riprendere a recitare il Rosario in famiglia significa immettere nella vita quotidiana ben altre immagini, quelle del mistero che salva: l’immagine del Redentore, l’immagine della sua Madre Santissima. La famiglia che recita insieme il Rosario riproduce un po’ il clima della casa di Nazareth: si pone Gesù al centro, si condividono con lui gioie e dolori, si mettono nelle sue mani bisogni e progetti, si attingono da lui la speranza e la forza per il cammino» (Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, 16 ottobre 2002, n. 1).
Prestare attenzione
La grande preoccupazione di Eurosia è la conversione dei peccatori: prega e fa pregare per loro. «Il “prestare attenzione” al fratello, affermava papa Benedetto XVI, comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo… Cristo stesso comanda di riprendere il fratello che sta commettendo un peccato (cfr. Mt 18,15)… Non bisogna tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene. Il rimprovero cristiano, però, non è mai animato da spirito di condanna o recriminazione; è mosso sempre dall’amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello… C’è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr. Lc 22,61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi. Tale “custodia” verso gli altri contrasta con una mentalità che, riducendo la vita alla sola dimensione terrena, non la considera in prospettiva escatologica e accetta qualsiasi scelta morale in nome della libertà individuale. Una società come quella attuale può diventare sorda sia alle sofferenze fisiche, sia alle esigenze spirituali e morali della vita. Non così deve essere nella comunità cristiana!
I discepoli del Signore, uniti a Cristo mediante l’Eucaristia, vivono in una comunione che li lega gli uni agli altri come membra di un solo corpo. Ciò significa che l’altro mi appartiene, la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza… la nostra esistenza è correlata con quella degli altri, sia nel bene che nel male; sia il peccato, sia le opere di amore hanno anche una dimensione sociale. Nella Chiesa, corpo mistico di Cristo, si verifica tale reciprocità: la comunità non cessa di fare penitenza e di invocare perdono per i peccati dei suoi figli, ma si rallegra anche di continuo e con giubilo per le testimonianze di virtù e di carità che in essa si dispiegano» (3 novembre 2011).
La nostra destinazione
Eurosia si comporta con coraggio durante l’ultima malattia del marito, nella primavera del 1930. Attenta a tutte le cure, sa anche, quando se ne presenta l’occasione, infondergli qualche parola di speranza: «Dobbiamo tutti morire… Il paradiso è la nostra destinazione finale… Lassù ci ritroveremo tutti per non separarci mai più.» Alla morte di Carlo, Eurosia ha sessantaquattro anni; il loro matrimonio è durato quarantacinque anni.
Per perseverare nell’impegno preso con il matrimonio, gli sposi hanno bisogno della grazia di Cristo. «L’amore di Gesù, che ha benedetto e consacrato l’unione degli sposi, diceva papa Francesco, è in grado di mantenere il loro amore e di rinnovarlo quando umanamente si perde, si lacera, si esaurisce. L’amore di Cristo può restituire agli sposi la gioia di camminare insieme; perché questo è il matrimonio: il cammino insieme di un uomo e di una donna, in cui l’uomo ha il compito di aiutare la moglie ad essere più donna, e la donna ha il compito di aiutare il marito ad essere più uomo… È un viaggio impegnativo, a volte difficile, a volte anche conflittuale, ma questa è la vita!… È normale che gli sposi litighino, è normale. Sempre si fa. Ma vi consiglio: mai finire la giornata senza fare la pace. Mai. È sufficiente un piccolo gesto. E così si continua a camminare. Il matrimonio è simbolo della vita, della vita reale, non è una “fiction”! È sacramento dell’amore di Cristo e della Chiesa, un amore che trova nella Croce la sua verifica e la sua garanzia» (Omelia del 14 settembre 2014).
A partire dalla morte del marito, la vita di preghiera di Eurosia si fa più intensa. Confida un giorno a uno dei suoi figli sacerdoti che il Signore le ha rivelato il momento della sua morte, che avverrà dopo diciotto mesi. Lei vi si prepara con una carità sempre maggiore: «Non desidero altro che crescere incessantemente nell’amore di Dio. Il resto non ha alcuna importanza per me.» Nell’autunno del 1931, dolori reumatici le invadono le articolazioni dei piedi e delle mani. Il male si estende alle ginocchia e alle spalle e la inchioda a letto, ma lei non si lamenta. Il 1° gennaio 1932, è colpita da una polmonite e la sua respirazione, accompagnata da accessi di tosse, diventa sempre più difficile. Fino alla fine, conserva la sua lucidità e offre la vita al Signore per amore. Muore l’8 gennaio 1932. Il suo corpo viene deposto in una tomba molto semplice del cimitero di Marola, ma ben presto molte persone vengono ad adornarla con mazzi di fiori, in segno di gratitudine per le tante grazie ricevute per sua intercessione. La sua memoria liturgica è fissata al 9 gennaio.
Che l’esempio dato dalla beata Eurosia ci stimoli alla difesa della famiglia, alla quale i papi del nostro tempo incoraggiano tutti i cristiani.
Dom Antoine Marie osb

"Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia (Website : www.clairval.com)"

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