“Le
mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è
capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è
il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo,
così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi,
mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha
dato se stesso per lei”.
(Lettera
agli Efesini 5,22-24)
Siano
comuni le preghiere tra di voi. Ciascuno vada alla chiesa e di ciò
che viene detto e letto là, il marito in casa chieda conto alla
moglie e quella al marito.
Se
la povertà in qualche modo si facesse sentire, porta l’esempio dei
santi uomini Paolo e Pietro, che ottennero una stima maggiore di
tutti i sovrani e ricchi, e come passarono la vita nella fame e nella
sete!
Insegnale
che nulla si deve temere delle cose della vita tranne soltanto
l’offendere Dio.
E
se uno si sposerà proprio per questi motivi non sarà di molto
inferiore a chi conduce vita monastica né lo sposato a quelli che
non lo sono.
Se
poi vuole fare pranzi ed offrire banchetti, non invitare nessun
impuro, nessun indegno, ma se troverai un santo povero che può
benedire per voi la casa, che con l’accesso dei suoi piedi può
introdurre ogni benedizione di Dio, questo invita.
Devo
dirti un’altra cosa? Nessuno di voi si dia da fare per sposarne una
più ricca, ma piuttosto una molto più povera. Infatti non entrerà
tanto motivo di piacere dalle sue ricchezze, quanto piuttosto
dispiacere dai rimproveri, dall’esigere di più di quanto ha
portato, dagli oltraggi, dal lusso, dalle parole importune.
Infatti
dirà probabilmente così: "Non consumai nulla del tuo, sono
ancora fornita del mio che mi hanno donato i miei genitori".
Che
dici, o moglie? Sei ancora fornita del tuo? Che cosa ci sarebbe
potuto essere di più infelice di questa parola?
Non
hai più un corpo proprio ed hai delle ricchezze proprie? Dopo le
nozze non siete più due carni, ma diveniste una sola, e due sono le
sostanze e non una! Oh, l’amore delle ricchezze! Siete divenuti un
uomo solo, un solo essere vivente ed ancora dici: "Le cose mie"?
Questa parola maledetta ed empia proviene dal diavolo.
Dio
rese per noi comune tutto ciò che è più necessario di queste, e
queste non sono comuni? Non è possibile dire: la mia luce, il mio
sole, la mia acqua; sono per noi comuni tutte le cose più grandi e
le ricchezze non sono comuni?
Vadano
in rovina infinite volte le ricchezze, anzi non le ricchezze, ma le
scelte che non sanno usare le ricchezze e le antepongono ad ogni
cosa.
Insegnale
fra il resto ciò, ma con molta grazia. La stessa esortazione alla
virtù ha di per sé un aspetto molto severo, soprattutto per una
fanciulla tenera e fresca. Quando le parole riguardano la saggezza
fa’ uso di molta grazia ed elimina da quell’anima soprattutto
questo: "Il mio e il tuo".
Se
dirà: "Le mie cose", dille: "Quali cose dici tue? Non
lo so infatti; non possiedo niente di proprio e come dunque dici: "Le
cose mie", essendo tutto tuo?".
Condonale
l’espressione. Non vedi che facciamo così per i bambini? Quando
hanno preso qualcosa a noi di mano e vogliono avere di nuovo
qualcos’altro, acconsentiamo e diciamo: "Sì, questo è tuo ed
anche quello".
Facciamo
così anche per la moglie. Infatti la sua mente è più infantile. E
se dirà: "Le mie cose", dille: "Tutto è tuo, anch’io
sono tuo". Non è una parola di adulazione, ma di molta
accortezza. Così potrai frenare la sua ira e placare la sua
insoddisfazione. È adulazione infatti se qualcuno compie qualcosa di
ignobile per il male: ciò invece è grandissima saggezza.
Dille
dunque: "Anch’io sono tuo, o figliola. Questo mi raccomandò
Paolo dicendo: "Il marito non ha potere sul proprio corpo, ma la
moglie. Se io non ho potere sul mio corpo ma tu, quanto di più per
le ricchezze!".
Dicendo
ciò l’hai placata, hai spento la fiamma, hai svergognato il
diavolo, l’hai resa schiava più di una comprata col denaro, l’hai
legata con queste parole.
Così
in base a quanto tu dici insegnale a non dire mai: "Mio e tuo".
E
non chiamarla mai semplicemente, ma con tenerezza, con riguardo, con
molto amore.
Onorala
e non sentirà il bisogno di onore da parte di altri; non proverà
necessità della gloria da parte di altri se godrà di quella da
parte tua.
Preferiscila
a tutto, per ogni cosa, per bellezza, per intelligenza, e lodala.
Così la convincerai a non attaccarsi a nulla di esteriore, ma a
disprezzare tutto il resto.
Insegnale
il timore di Dio e tutto sgorgherà come da una fonte e la casa sarà
traboccante di infiniti beni. Se cercheremo le cose incorruttibili,
sopravverranno anche quelle corruttibili. Dice infatti: "Cercate
prima il regno di Dio e tutto ciò vi sarà dato in più". Quali
bisogna pensare che siano i figli di tali padri? Quali i servi di
tali signori? Quali tutti gli altri che si accostano a loro? Non
accadrà che anch’essi siano colmati di infiniti beni?
Infatti
come i servi il più delle volte uniformano i loro costumi su quelli
dei loro signori e fanno propri i desideri di quelli, amano le loro
cose, parlano delle stesse cose che hanno imparato, vivono nelle
stesse condizioni; così , se formeremo in tale modo noi stessi e
attenderemo alle Scritture, impareremo la maggior parte delle cose da
esse e così potremo piacere a Dio e trascorrere virtuosamente tutta
la vita presente e conseguire i beni promessi a quelli che lo amano.
Volesse
il cielo che tutti noi ne fossimo ritenuti degni, per la grazia e la
benevolenza del nostro Signore Gesù Cristo, al quale col Padre
insieme con lo Spirito Santo sia gloria, potenza, onore, ora e sempre
e per i secoli dei secoli. Così sia.
San
Giovanni Crisostomo – Omelia XX sulla lettera agli Efesini
(5,22-24)
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