sabato 30 dicembre 2017

Unità dell’amore



Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”.
(Lettera agli Efesini 5,22-24)

Siano comuni le preghiere tra di voi. Ciascuno vada alla chiesa e di ciò che viene detto e letto là, il marito in casa chieda conto alla moglie e quella al marito.
Se la povertà in qualche modo si facesse sentire, porta l’esempio dei santi uomini Paolo e Pietro, che ottennero una stima maggiore di tutti i sovrani e ricchi, e come passarono la vita nella fame e nella sete!
Insegnale che nulla si deve temere delle cose della vita tranne soltanto l’offendere Dio.
E se uno si sposerà proprio per questi motivi non sarà di molto inferiore a chi conduce vita monastica né lo sposato a quelli che non lo sono.

Se poi vuole fare pranzi ed offrire banchetti, non invitare nessun impuro, nessun indegno, ma se troverai un santo povero che può benedire per voi la casa, che con l’accesso dei suoi piedi può introdurre ogni benedizione di Dio, questo invita.
Devo dirti un’altra cosa? Nessuno di voi si dia da fare per sposarne una più ricca, ma piuttosto una molto più povera. Infatti non entrerà tanto motivo di piacere dalle sue ricchezze, quanto piuttosto dispiacere dai rimproveri, dall’esigere di più di quanto ha portato, dagli oltraggi, dal lusso, dalle parole importune.
Infatti dirà probabilmente così: "Non consumai nulla del tuo, sono ancora fornita del mio che mi hanno donato i miei genitori".
Che dici, o moglie? Sei ancora fornita del tuo? Che cosa ci sarebbe potuto essere di più infelice di questa parola?
Non hai più un corpo proprio ed hai delle ricchezze proprie? Dopo le nozze non siete più due carni, ma diveniste una sola, e due sono le sostanze e non una! Oh, l’amore delle ricchezze! Siete divenuti un uomo solo, un solo essere vivente ed ancora dici: "Le cose mie"? Questa parola maledetta ed empia proviene dal diavolo.
Dio rese per noi comune tutto ciò che è più necessario di queste, e queste non sono comuni? Non è possibile dire: la mia luce, il mio sole, la mia acqua; sono per noi comuni tutte le cose più grandi e le ricchezze non sono comuni?
Vadano in rovina infinite volte le ricchezze, anzi non le ricchezze, ma le scelte che non sanno usare le ricchezze e le antepongono ad ogni cosa.
Insegnale fra il resto ciò, ma con molta grazia. La stessa esortazione alla virtù ha di per sé un aspetto molto severo, soprattutto per una fanciulla tenera e fresca. Quando le parole riguardano la saggezza fa’ uso di molta grazia ed elimina da quell’anima soprattutto questo: "Il mio e il tuo".
Se dirà: "Le mie cose", dille: "Quali cose dici tue? Non lo so infatti; non possiedo niente di proprio e come dunque dici: "Le cose mie", essendo tutto tuo?".
Condonale l’espressione. Non vedi che facciamo così per i bambini? Quando hanno preso qualcosa a noi di mano e vogliono avere di nuovo qualcos’altro, acconsentiamo e diciamo: "Sì, questo è tuo ed anche quello".
Facciamo così anche per la moglie. Infatti la sua mente è più infantile. E se dirà: "Le mie cose", dille: "Tutto è tuo, anch’io sono tuo". Non è una parola di adulazione, ma di molta accortezza. Così potrai frenare la sua ira e placare la sua insoddisfazione. È adulazione infatti se qualcuno compie qualcosa di ignobile per il male: ciò invece è grandissima saggezza.
Dille dunque: "Anch’io sono tuo, o figliola. Questo mi raccomandò Paolo dicendo: "Il marito non ha potere sul proprio corpo, ma la moglie. Se io non ho potere sul mio corpo ma tu, quanto di più per le ricchezze!".
Dicendo ciò l’hai placata, hai spento la fiamma, hai svergognato il diavolo, l’hai resa schiava più di una comprata col denaro, l’hai legata con queste parole.
Così in base a quanto tu dici insegnale a non dire mai: "Mio e tuo".
E non chiamarla mai semplicemente, ma con tenerezza, con riguardo, con molto amore.
Onorala e non sentirà il bisogno di onore da parte di altri; non proverà necessità della gloria da parte di altri se godrà di quella da parte tua.
Preferiscila a tutto, per ogni cosa, per bellezza, per intelligenza, e lodala. Così la convincerai a non attaccarsi a nulla di esteriore, ma a disprezzare tutto il resto.
Insegnale il timore di Dio e tutto sgorgherà come da una fonte e la casa sarà traboccante di infiniti beni. Se cercheremo le cose incorruttibili, sopravverranno anche quelle corruttibili. Dice infatti: "Cercate prima il regno di Dio e tutto ciò vi sarà dato in più". Quali bisogna pensare che siano i figli di tali padri? Quali i servi di tali signori? Quali tutti gli altri che si accostano a loro? Non accadrà che anch’essi siano colmati di infiniti beni?
Infatti come i servi il più delle volte uniformano i loro costumi su quelli dei loro signori e fanno propri i desideri di quelli, amano le loro cose, parlano delle stesse cose che hanno imparato, vivono nelle stesse condizioni; così , se formeremo in tale modo noi stessi e attenderemo alle Scritture, impareremo la maggior parte delle cose da esse e così potremo piacere a Dio e trascorrere virtuosamente tutta la vita presente e conseguire i beni promessi a quelli che lo amano.
Volesse il cielo che tutti noi ne fossimo ritenuti degni, per la grazia e la benevolenza del nostro Signore Gesù Cristo, al quale col Padre insieme con lo Spirito Santo sia gloria, potenza, onore, ora e sempre e per i secoli dei secoli. Così sia.

San Giovanni Crisostomo – Omelia XX sulla lettera agli Efesini (5,22-24)

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