Introduzione
Questo
è l'anno della famiglia. E' tempo per riflettere sui valori
fondamentali che sono alla base della comunità familiare e che ci
vengono suggeriti dalla Santa Famiglia di Nazareth.
Ogni
famiglia ha una vocazione-missione, progettata da Dio per il bene di
tutta la Chiesa. Ora purtroppo, molte famiglie sono in crisi, per cui
c'è da riproporre l'esempio di quella santa comunità familiare che
è vissuta nella casetta di Nazareth: Gesù, Maria e Giuseppe.
Facciamo
quindi un pellegrinaggio spirituale a quella casetta, povera di cose,
ma ricca di fede, di amore e di tante altre virtù. Lì contempleremo
quei valori fondamentali che oggi tante famiglie hanno dimenticato,
ma che sono indispensabili per la vita familiare.
Andremo
a contemplare Gesù, il Figlio di Dio che è venuto tra gli uomini
per rivelarci il vero volto di Dio e per fare con gioia un cammino di
salvezza,
Incontreremo
Maria, la prima collaboratrice per la redenzione e la più santa di
tutte le mamme del mondo. La troveremo come 2000 anni, ha sempre
premurosa ad accogliere tutti, come accolse suo figlio Gesù.
Contempleremo Giuseppe, l'uomo giusto, scopriremo come la sua anima
era adorna di consigli evangelici, delle virtù teologali e
cardinali, nonché di umiltà, pazienza, spirito di preghiera,
modestia, magnanimità e perseveranza: vero specchio di Gesù e
Maria!
Mettiamoci
spiritualmente in cammino verso la casetta di Nazareth, sicuri di
essere accolti ed ospitati dalla Santa Famiglia per un ristoro di
fede, di amore e di pace:
Preghiera
O
Santa Famiglia di Nazareth, accogliete nella vostra dimora tutte le
famiglie e i giovani del mondo, e fate che imparino da voi quelle
nobili e sante virtù che esercitaste nella vostra vita. Fate che le
nostre case risplendano per semplicità, pace e serenità e siano
sempre ricche della presenza di Dio. Fateci da guida sicura nel
difficile cammino dei nostri tempi, affinché istruiti dai vostri
insegnamenti, possiamo essere, come voi, veri testimoni per il mondo
intero. Così sia.
1.
La povertà
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della povertà
che viveste nella vostra umilissima casetta. O Gesù, Maria e
Giuseppe, ora noi ci incamminiamo spiritualmente verso la vostra
dimora e vi chiediamo di ospitarci in questi prossimi giorni, per
meditare le vostre sante virtù.
Gesù
prima di predicare la beatitudine della povertà ha voluto praticarla
lui stesso insieme con sua Madre e con Giuseppe. La casetta di
Nazareth che abitavano era tra le più povere di Israele; ma era
ricca di fede, di amore, di pace e di gioia! Già la nascita di Gesù
era avvenuta in un tugurio che neanche gli apparteneva; e all'inizio
della sua predicazione dirà che le volpi hanno le loro tane, gli
uccelli i loro nidi, ma il Figlio dell'Uomo non ha dove posare il
capo. Dirà anche che saranno beati tutti i poveri in spirito e
quanti si affidano alla Provvidenza divina perché avranno il
centuplo su questa terra e la vita eterna.
Gesù
da ricco che era in quanto Dio, non ha scelto di nascere, in quanto
uomo, in un ricco palazzo, né ha scelto per madre una regina, ma
come dirà San Francesco, ha scelto una donna poverella ed un padre
di adozione che era un povero falegname! Maria e Giuseppe erano
felici perché erano ricchi di fede e di amore. Si fidavano di Dio
che é Padre buono di tutti. Gesù dirà ancora che quanti vorranno
seguirlo, dovranno liberare il proprio cuore dalle cose del mondo:
ecco la povertà di spirito che è un atteggiamento interiore che ci
rende più disponibili a fare spazio alla presenza di Dio ed essere
più capaci di dialogare con Lui e con il prossimo.
Gesù,
Maria e Giuseppe avevano il cuore libero dai beni terreni per meglio
possedere, contemplare e gustare i beni soprannaturali ed eterni.
Entrando
nella casetta di Nazareth, troviamo che lì c'era solo il necessario
per vivere; infatti Maria e Giuseppe ci insegnano che a Dio non
interessano le nostre cose, ma le nostre anime. E poi ci dicono
ancora che tutto ciò che abbiamo è dono gratuito di Dio: di nostro
abbiamo solo i peccati!
Per
vivere la povertà di spirito come quelle tre beate persone, è
importante usare le cose con sobrietà, saggezza e rispetto, perché
sono dono di Dio.
2.
La castità
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la bella virtù della
castità che viveste come dono da offrire a Dio per il regno dei
cieli. Fu certamente una scelta di amore; infatti le vostre anime,
immerse nel cuore di Dio ed illuminate dallo Spirito Santo,
palpitavano di gioia pura ed immacolata.
Dice
la legge dell'amore: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore,
con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Era quella una
legge meditata, amata e vissuta in pienezza nella casetta di
Nazareth.
Sappiamo
che quando si ama veramente qualcuno, con il pensiero e la volontà
si cerca di stare vicino alla persona amata e nel cuore non c'è
posto per altri. Gesù, Maria e Giuseppe avevano Dio nel cuore, nella
mente e in tutte le azioni della loro vita; per cui non c'era posto
per ripiegarsi su pensieri, desideri o cose poco degne della presenza
viva del Signore. Vivevano la grande realtà del regno dei cieli. E
Gesù, che per 30 anni aveva vissuto questa realtà, la proclamerà
solennemente all'inizio della predicazione dicendo: "Beati i
puri di cuore perché vedranno Dio". Maria e Giuseppe avevano
meditato, vissuto e conservato nel loro cuore queste sante parole,
gustandone tutta la verità.
Avere
un cuore puro e casto voleva dire essere limpidi e trasparenti nei
pensieri e nelle azioni. La rettitudine e la sincerità erano due
valori radicati così profondamente nel cuore di quelle sante persone
che il fango delle passioni e dell'impurità non le sfioravano
minimamente. Il loro aspetto era dolce e luminoso perché aveva il
volto dell'ideale che vivevano interiormente. La loro vita era calma
e serena perché erano come immersi nel cuore di Dio, che rende tutto
più bello e tranquillo, anche quando intorno imperversa l'iniquità.
La
loro casetta era spoglia di bellezza materiale, ma era risplendente
di gioia pura e santa.
Dio
ci ha santificato con il Battesimo; lo Spirito Santo ci ha
fortificato con la Cresima; Gesù ci ha nutriti con il suo Corpo ed
il suo Sangue: siamo diventati il tempio della Santissima Trinità!
Ecco che Gesù, Maria e Giuseppe ci insegnano come conservare il
tesoro della virtù della castità: vivendo una costante e amorosa
presenza di Dio in noi.
3.
L'obbedienza
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù
dell'obbedienza che viveste come umile sottomissione e disponibilità
alla volontà di Dio. Grazie per la testimonianza di servizio che ci
avete dimostrato!
L'obbedienza
di Gesù, Maria e Giuseppe non aveva il senso di una esecuzione
servile o sottomissione forzata, ma era una libera e gioiosa adesione
alla volontà di Dio; del resto Dio non ha mai imposto, ma ha sempre
proposto la sua volontà per il bene degli uomini. La Santa Famiglia
di Nazareth ha dimostrato verso Dio una disponibilità più che
filiale, mettendosi al servizio divino con umiltà e generosità.
Al
tempo di Gesù, l'obbedienza era considerata un peso o un'imposizione
da riservare agli schiavi e ai condannati. Tra gli ebrei i figli si
rendevano presto liberi dalla potestà dei genitori ed anche
l'autorità religiosa obbligava, non nello spirito, ma solo
esteriormente.
Gesù,
Maria e Giuseppe danno un senso nuovo all'obbedienza. Gesù, quando
sta per entrare nel mondo, secondo il Salmo 40, proclamerà la sua
piena disponibilità al Padre dicendo: "Ecco io vengo, per fare
o Dio, la tua volontà". A 12 anni, quando già si poteva
considerare emancipato dai genitori, Gesù torna a Nazareth e si pone
docilmente a disposizione di Maria e di Giuseppe. Più tardi, durante
la predicazione dirà: “Mio cibo è fare la volontà di Colui che
mi ha mandato” . Per obbedire al Padre "spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo, facendosi obbediente fino alla
morte ed alla morte di croce".
Simile
all'obbedienza di Gesù è l'obbedienza di Maria... Infatti, quando
Dio la invita, attraverso l'arcangelo Gabriele ad essere la madre del
Salvatore, risponderà con un "sì" pieno di umiltà e
disponibilità, dicendo: "Eccomi, sono la serva del Signore,
avvenga di me secondo la tua parola".
Anche
San Giuseppe è obbediente alla voce di Dio con grande docilità.
Legato alla Vergine Maria con il fidanzamento, che per gli ebrei era
sacro e definitivo, quando sa che la promessa sposa ha concepito un
figlio, con grande delicatezza, pensa di licenziarla in segreto, per
non esporla a sicura condanna. Ma alla voce di Dio che gli rivela che
"quanto è nato in lei è opera dello Spirito Santo"
obbedisce incondizionatamente.
Quale
testimonianza di santa obbedienza ci dà la Santa Famiglia!
4.
La fede
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della, fede,
che testimoniaste al mondo intero in quella vostra umile casetta.
Fate che tutti i giovani e le famiglie apprendano da voi a fare un
cammino con Dio, basato sulle sante virtù rivelate.
La
fede consiste, prima di tutto, nell'accogliere Dio con il cuore e con
la mente. San Paolo, scrivendo agli Ebrei, dice che "la fede è
sostanza di cose sperate e convinzione di cose che non si vedono".
Gesù,
come Dio, possedeva la conoscenza di tutte le verità. Maria e
Giuseppe, invece, aperti all'azione dello Spirito Santo, aderivano
docilmente, con l'intelligenza e con la volontà, a tutte quelle
verità che venivano a conoscere attraverso la lettura e l'ascolto
delle sacre scritture. E tra le verità rivelate, che loro ben
conoscevano, c'era quella. della venuta del Messia. Forse, per
spirito di umiltà, non pensavano che sarebbero stati loro due ad
accogliere per primi il Dio con noi. Ma, da quando lo Spirito Santo
incominciò ad illuminarli, accolsero con tenerezza e fede quel Gesù
che è la pienezza di tutta la rivelazione.
La
massa del popolo aspettava soprattutto un liberatore dalla schiavitù
dei romani; Maria e Giuseppe, invece, attendevano un Salvatore, che
doveva rinnovare spiritualmente il mondo. E il Messia, o Dio con noi
è nato proprio in una famiglia, per ricominciare la restaurazione
della famiglia, che è il fondamento della società umana; ma ha
incominciato da una famiglia ricca di fede, perché è la fede
l'inizio e il fondamento di un cammino con Dio.
La
prima testimonianza di fede ce la chiede Gesù, che inizierà la sua
predicazione dicendo: "Convertitevi e credete al Vangelo".
Quell'espressione: "credete al Vangelo" è stata accolta
prima di tutti da Maria e Giuseppe. Maria, in modo particolare, ha
detto il suo "sì", non solo nell'annunciazione
dell'angelo, ma anche ai piedi della croce, quando tutto intorno a
lei sembrava un fallimento! I due santi sposi hanno detto sempre "sì"
a Dio, senza condizioni o riserve, non soltanto per quanto riguardava
le verità rivelate, ma anche a Colui che le rivelava. Infatti hanno
accolto Gesù nella loro casetta, con grande calore umano, credendolo
vero Dio e vero Uomo.
Ecco
la grande testimonianza di fede della Santa Famiglia di Nazareth!
5.
La speranza
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della
speranza, che fu per voi l'attesa fiduciosa nella salvezza promessa
da Dio e realizzata, nella pienezza dei tempi da Cristo Gesù.
Per
la Santa Famiglia, la speranza insegnava , a vedere tutte le cose con
gli occhi di Dio, e a guardare a Dio come fa il pellegrino, che
sempre pensa alla meta da raggiungere, senza stancarsi mai. La
speranza aiuta il cristiano a camminare tranquillo e spedito verso la
meta, perché sa di raggiungere un qualche cosa di molto importante;
mentre chi è senza speranza vive nella paura di perdere il cammino e
se stesso. Sappiamo che la fede ci sostiene e ci dà forza, mentre la
speranza ci dà anche la gioia del nostro camminare perché sappiamo
di non essere soli, ma cammina con noi Colui che è un Padre buono e
generoso.
Sperare,
per Maria e Giuseppe, significava attendere nella fede una promessa
di vita e di salvezza; fatta da Colui che mantiene sempre la Parola;
anche se spesso all'orizzonte apparivano persecuzioni e difficoltà.
Maria e Giuseppe avevano ereditato il vero senso della speranza dalle
sacre scritture e dalle tradizioni del popolo ebraico; quindi per
loro la speranza non nasceva da un fenomeno psicologico e non
dipendeva da stati d'animo e da qualche cosa di occasionale, ma si
fondava essenzialmente sulla Parola di Dio. Sentivano nel cuore la
virtù della speranza come un dono di Dio, legato intimamente alla
fede e alla carità. Fede, speranza e carità, erano per loro come
tre anelli che li univano al cielo.
Per
Maria e Giuseppe, la forza più viva della speranza era Gesù, che
viveva con loro nella stessa casetta.
Tutta
la Bibbia è il libro della speranza; ma mentre il Vecchio Testamento
sperava in Colui che doveva venire, Maria e Giuseppe vivevano già
alla presenza di Gesù. Questa realtà dava una grande sicurezza;
però c'era ancora da sperare nella glorificazione finale, quando
avrebbero contemplato il loro Figlio accanto al Padre e allo Spirito
Santo.
I
pagani di tutti i tempi credono solo, nel "fato", come ad
una forza che si diverte a perseguitare gli uomini fino a condurli
alla morte; ma la Santa Famiglia di Nazareth insegna che il "fato"
non esiste: esiste un Dio amore e la morte è solo un passaggio da
una vita di purificazione ad una vita di felicità eterna.
Grazie,
o Santa Famiglia, per averci rinnovati nella vera speranza!
6.
La carità
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della carità
che viveste verso Dio e verso il prossimo. Il vostro amore sempre
generoso verso tutti ci è di grande esempio e testimonianza.
L'amore
di Dio verso gli uomini si è manifestato durante tutta la storia
della salvezza, sotto diversi aspetti; ma è stato con la venuta di
Cristo che ha avuto la sua più grande e più bella manifestazione.
Tra le creature umane, quelle che più di tutte vi hanno corrisposto,
sono state Maria e Giuseppe.
Gesù,
nascendo da una creatura umana e collocandosi tra gli uomini, ha
voluto fondare un regno di amore, perché tutti imparassero ad amare
Dio e ad amarsi tra di loro. Maria e Giuseppe hanno detto per primi
il loro "sì" a questo regno e sono stati così di esempio
per i cristiani della Chiesa nascente.
Il
Salvatore, quando è nato, ha trovato accanto a sé quelle due
creature che lo adoravano con un cuore gonfio di amore. Ammiriamo
subito Giuseppe, preoccupato di trovargli un posto decoroso, e non
trovandolo si è accontentato di circondarlo di tanto affetto e
tenerezza, che valevano più di tanti palazzi d'oro. Maria, dal canto
suo, ha accostato il neonato Messia al suo cuore per fargli sentire
tutti i palpiti del suo amore.
La
prima vera dimora di Dio tra gli uomini è stata a Nazareth, perché
qui ha trovato piena corrispondenza d'amore in quei due santi sposi.
Dio ama tutti di un amore universale, ma ama di un amore che possiamo
chiamare di approvazione o anche preferenziale, quanti corrispondono
alle sue attese, come è avvenuto per Maria e Giuseppe.
Il
motivo dell'amore di Dio per queste sante persone, è Dio stesso
nella sua bontà infinita, perché è Lui che ripaga veramente
l'amore con l'amore.
La
misura dell'amore tra i componenti della Santa Famiglia era quella di
amarsi senza misura; del resto, la norma evangelica era proprio
questa: amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte
le forze.
L'amore
verso il prossimo, per Gesù, senza distinzione tra amici e nemici, è
la grande novità, dimostrata da Lui stesso quando ha pregato per i
suoi crocifissori.
Gesù,
Maria e Giuseppe hanno acceso nel loro focolare domestico di Nazareth
un grande incendio di amore che da allora continua a diffondersi nel
mondo intero.
7.
La prudenza
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia per la virtù della prudenza,
cardine della formazione morale e naturale, nonché valido aiuto per
ottenere i beni soprannaturali e difenderli dalle insidie del male.
Maria
e Giuseppe, vivendo alla presenza di Gesù, hanno imparato i suoi
fondamentali e santi insegnamenti. Il Salvatore, durante tutto il
tempo che ha passato nella casetta di Nazareth, ha preparato e
vissuto personalmente quel programma di evangelizzazione che poi
avrebbe divulgato nei tre anni di vita pubblica. Di quel programma
importantissimo, è da presumere che ne parlasse a lungo e
minuziosamente con sua Madre e con suo padre adottivo, che avranno
collaborato con umili suggerimenti, ma soprattutto avranno gareggiato
nel praticarlo!
La
casetta di Nazareth diventava così la prima piccola chiesa del regno
di Dio, dove i primi assidui ascoltatori e fedeli praticanti erano
Maria e Giuseppe. Gesù deve aver parlato con loro della prudenza
tantissime volte, come quando disse di essere prudenti come i
serpenti o ancora di non essere stolti nel curare troppo i beni
materiali, trascurando i beni eterni. Ma c'è anche la bellissima
parabola delle vergini prudenti, che deve essere calata nel cuore di
Maria e Giuseppe, come olio abbondante in una lampada assetata.
La
Santa Famiglia, in ogni comportamento, si regolava con la sapienza di
Dio, non prendendo decisioni affrettate, ma dopo prudente
riflessione, e se era secondo il "gusto" di Dio. E Dio era
sempre consultato per primo nella preghiera umile e confidente. E c'è
lo splendido esempio di comportamento di Maria e Giuseppe: il mistero
dell'Incarnazione si era operato in Maria nel segreto, quando
l'arcangelo le aveva annunziato la divina maternità. Evento
straordinario! Maria, con grande prudenza, ha conservato il mistero
nel silenzio!
Anche
Giuseppe, quando vide la sua sposa incinta, preferì attendere nel
silenzio e nella preghiera; senza andare in giro a chiedere
spiegazioni agli amici, ma con delicatezza, equilibrio e prudenza, ha
aspettato che fosse Maria a parlare! E Dio lo ha ricompensato
rivelandogli tutto il mistero. Ambedue hanno saputo celare, sotto le
apparenze di una vita ordinaria, gli eventi più straordinari della
storia!
Quale
esempio di santa e raffinata prudenza in quella straordinaria
famiglia!
8.
La giustizia
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della
giustizia, che praticaste nella vostra piccola casa, come dono
gratuito di Dio, dalla cui libera iniziativa proviene ogni
giustificazione.
La
Santa Famiglia di Nazareth era orientata secondo una giustizia
evangelica, basata sui valori interiori che Gesù aveva programmato,
vissuto ed annunciato, contro il legalismo esterioristico dei
farisei, i quali dichiaravano giusto solo colui che osservava tutta
la legge esteriormente, senza tener conto dello spirito.
Gesù
proclama per i suoi seguaci una giustizia qualitativa ed interiore,
legata strettamente alla fede e alla carità. I primi ad osservare
questa giustizia furono Maria e Giuseppe. I Vangeli parlano
pochissimo di Giuseppe, ma quando lo presentano lo fanno con
un'espressione che vale più di un grande libro e di un monumento!
Dicono che Giuseppe era "giusto"! Ora questa sua giustizia
era certamente in contrapposizione alla giustizia farisaica, spesso
avvilente e ingiusta. Infatti, quando Giuseppe scopre che Maria era
incinta, secondo la giustizia ebraica avrebbe dovuto denunciarla
perché venisse condannata a morte per lapidazione. Ma l'uomo
"giusto" non vuole saperne di un'esecuzione sommaria, che
aveva tutto il sapore di una vendetta. Nel cuore dell'uomo "giusto"
prevaleva lo spirito dell'amore e del perdono, e quindi non gli
importava di ciò che avrebbero detto le lingue maligne dei farisei,
ma di ciò che avrebbe detto Dio, che è sempre Padre buono e
misericordioso. Prima di giudicare, ha creduto bene di riflettere e
di chiedere a Dio l'aiuto nel silenzio e nella preghiera. E Dio l'ha
premiato per questo suo giusto e prudente comportamento rivelandogli
i segreti di quel mistero. E con quale amore e gratitudine l'avrà
ricompensato la sua fedelissima sposa!
Anche
Gesù approva l'operato del suo padre putativo, quando nella sua
predicazione dirà: ‘Non giudicate e non sarete giudicati’; e
ancora: "Nella misura con la quale giudicherete, anche voi
sarete giudicati". In altre parole, Gesù insegna a comportarci
con il prossimo come Dio si comporta con noi, e cioè, con grande
misericordia e che sempre saranno "saziati quanti hanno fame e
sete di giustizia".
Grazie,
o Santa Famiglia di Nazareth, per l'insegnamento di questa bella
virtù della giustizia!
9.
La fortezza
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della
fortezza, dimostrata attraverso la piena fiducia in Colui che sempre
abbondantemente soccorre e dà vigore a quanti lo invocano.
La
debolezza umana, quando si riveste della grazia di Dio si trasforma
in forza da giganti. La Vergine Maria ha creduto e sperimentato
questa verità quando le è apparso l'arcangelo San Gabriele, per
annunziarle che doveva diventare la Madre del Salvatore del mondo.
Lei in un primo momento è rimasta turbata, perché il messaggio le
sembrava troppo grande e impossibile; ma dopo la spiegazione dello
stesso San Gabriele che nulla è impossibile a Dio, l'umile Vergine
pronunzia quelle parole che costituiscono la base e il fondamento di
uria forza interiore straordinaria: "Eccomi, sono la serva del
Signore. Avvenga di me quello che hai detto". Maria viveva in sé
quella forza straordinaria che viene da Dio e che lei aveva appreso
dalla sacra scrittura che dice: 'Jahvé è vigore che consolida le
montagne, solleva i mari e fa tremare i nemici". O ancora: 'E'
Dio mia forza e mio scudo, in Lui ba confidato il mio cuore e sono
stato aiutato". Cantando il "Magnificat" la Vergine
dirà che Dio innalza gli umili e dona forza ai deboli per fare
grandi cose.
Giuseppe,
con la forza delle sue mani, si procurava il necessario per il
sostentamento della famiglia, ma la vera forza, quella dello spirito,
gli veniva dalla sua illimitata fiducia in Dio. Quando il re Erode
insidia la vita del Bambino Gesù, lui chiede l'aiuto al Signore, e
subito un angelo gli dice di prendere la via dell'Egitto. Durante la
lunga camminata si è sentito forte della presenza del Bambino-Messia
e di un aiuto particolare dall'alto. Erano per lui e per Maria un
conforto ed una sicurezza che li sostenevano nel momento della prova.
Era
tradizione, tra gli ebrei, di considerare Dio l'aiuto del povero,
della vedova e dell'orfano: Maria e Giuseppe avevano appreso questa
tradizione direttamente dalle sacre scritture che ascoltavano nella
sinagoga; e questo per loro era motivo di sicurezza. Quando hanno
portato il Bambino Gesù al tempio per offrirlo al Signore, hanno
intravisto in lontananza l'ombra spaventosa della croce; ma quando
l'ombra diventerà realtà, la fortezza di Maria ai piedi della croce
apparirà al mondo come esempio di straordinaria portata.
Grazie,
o Santa Famiglia, per questa testimonianza!
10.
La temperanza
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, perla virtù della
temperanza, che viveste gioiosamente. Voi sapeste testimoniare la
vera moderazione ed il giusto equilibrio nell'uso dei sensi e delle
cose, per cui foste ricompensati da Dio con una grande armonia e pace
interiore, che traspariva ai vostri gesti.
Gesù,
Maria e Giuseppe avevano il senso della dignità umana e di un santo
rispetto della natura. Veramente loro avevano lo spirito ecologico
che porta a considerare tutta la natura; non solo le piante, i fiori,
le acque e il suolo, ma soprattutto la persona umana, come un'opera
divina da amare, rispettare e vivere secondo l'ordine stabilito da
Dio. Sovvertire tale ordine significava per loro disattendere a quel
progetto di Dio che ha per fine il bene universale.
Maria
e Giuseppe per la grazia ricevuta dallo Spirito Santo e per il fatto
che l'assecondavano pienamente, comprendevano che l'uso moderato
delle cose serve per la salute del corpo, mentre l'uso esagerato
rovina l'equilibrio fisico e spirituale. Lo spirito di comunione con
Dio elevava l'anima di quei santi sposi a vivere la mortificazione
dei sensi,
per
cui si sentivano portati alla prudenza, alla sobrietà, alla
temperanza: tutte virtù che sono legate intimamente tra loro e che
concorrono alla vera rettitudine.
Essi
si sentivano sicuri, per quanto riguarda i sensi, anche perché
vivevano lo spirito della santa umiltà e della prudenza. Sapevano
che per arrivare a possedere la temperanza dovevano usare molto il
freno della mortificazione, che è un mezzo importantissimo per il
dominio di sé stessi.
La
povertà della loro casetta era già una grande mortificazione: lì
c'era appena il necessario per vivere modestamente! Ma la
mortificazione per loro non riguardava solo i sensi esteriori, ma
anche le facoltà interne della memoria, fantasia, amor proprio e
superbia. Questa mortificazione era da loro considerata, molto più
di quella esteriore, perché va alla radice del male!
Grazie,
o Santa Famiglia, per averci indicato la strada della virtù della
temperanza.
11. Il silenzio
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù del silenzio,
che vi portava a parlare il necessario con gli uomini per dialogare
molto con Dio. Noi vi ringraziamo, perché ci insegnate il modo di
far tacere dentro di noi tutte quelle voci che disturbano lo spirito
e ci allontanano da Dio.
Dice
il libro della Sapienza: “Mentre un profondo silenzio avvolgeva
ogni cosa, e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola, o
Signore, discese dal Cielo, dal trono regale, sulla terra”.
Dunque,
la venuta di Gesù si realizzò nel profondo silenzio della notte e
in un luogo appartato, fuori dal frastuono delle città e dal chiasso
che disturba. Anche quando il Salvatore morirà sulla croce era l'ora
delle tenebre e del silenzio. I grandi misteri di Dio calano meglio
nel cuore degli uomini quando l'ambiente è assolutamente tranquillo.
Dicono gli evangelisti che dall'ora sesta fino all'ora nona si fece
buio su tutta la terra: era il buio che favoriva il silenzio intorno
al grande avvenimento del calvario, perché tutti ne meditassero la
grandezza del mistero.
La
casa di Nazareth, aveva tutto l'aspetto di una casa di ritiro e di
accoglienza per il raccoglimento e la preghiera. L'unico rumore era a
volte quello del lavoro fatto dagli strumenti di Giuseppe, che poi
era fatto con tanta fede e devozione che sembrava un canto di lode al
Signore.
Di
Giuseppe i Vangeli non tramandano una sola parola. Gli angeli parlano
a lui, recando messaggi; ma lui risponde solo con le opere. Egli non
fece miracoli, non andò a predicare, ma restò nel silenzio a
lavorare e ad ascoltare la voce di Dio. Noi sappiamo ciò che fece,
ma non ciò che disse; del resto è molto più importante il fare che
il dire.
Giuseppe
potrebbe essere chiamato il patrono dei contemplativi, perché nel
silenzio, stando alla presenza di Gesù, ascoltava da lui sante
parole e ne contemplava il volto dolcissimo di Dio.
Perché
i Vangeli non dicono nulla sui trent'anni che Gesù, Maria e Giuseppe
passarono a Nazareth? Perché hanno preferito passare quel tempo nel
silenzio per pregare, meditare e contemplare, e per far capire al
mondo che i misteri di Dio si vivono e si gustano solo nel silenzio.
12.
La preghiera
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della
preghiera che vi teneva intimamente uniti a Dio e vi faceva gustare
le meraviglie della vita soprannaturale.
Gesù,
Maria e Giuseppe, attraverso la loro esperienza di dialogo con Dio,
ci insegnano il modo più semplice e pratico della preghiera.
La
Santa Famiglia di Nazareth, con il proprio modo di agire ci dice che
per essere in grado di pregare bene, come prima cosa c'è da creare
l'ambiente interiore ed esteriore. Tra loro c'era un comportamento
familiare affabile, delicato e di sincera comunione; e questo era il
primo elemento per poi entrare più facilmente in dialogo con il
Signore. Il secondo elemento, ce lo insegna Gesù, è quello di
creare l'ambiente di preghiera, isolandoci da ogni preoccupazione. Il
silenzio ed il raccoglimento aiutano a star soli con Dio e a gustarne
la sua divina presenza. E Gesù insegna di entrare nel tempio del
nostro spirito, dove è tanto più facile ascoltare la voce di Dio e
quindi dialogare familiarmente con Lui.
La
presenza di Gesù portava Maria e Giuseppe a vivere più facilmente
ed intensamente la presenza del soprannaturale. Loro, quando
pregavano con Gesù, non insistevano nel "chiedere", ma
abbondavano nella "lode", nel "ringraziamento" e
nel "dono di se stessi".
Bella
la preghiera del "Padre nostro", che ha tutto il senso di
un dialogo veramente familiare con Dio.
La
Santa Famiglia ha dedicato il maggior tempo alla preghiera: per circa
trent'anni si è soffermata tra le mura di quella povera casetta a
fare vita di contemplazione! C'era tanta gente che attendeva con
ansia l'annuncio evangelico: era una moltitudine di peccatori, di
poveri, di oppressi, di perseguitati, di tanti senza una speranza e
senza fede. Eppure Gesù trascura la carità per la vita
contemplativa, perché questa doveva essere la forza vitale e
fondamentale da servire come linfa e fermento per l'opera che avrebbe
svolto nel breve tempo dei tre anni. Anche Maria e Giuseppe avrebbero
dovuto dare un aiuto, come l'hanno dato poi gli apostoli, ma hanno
preferito dare l'aiuto più importante con la preghiera. Sapevano che
i poveri più poveri sono quelli che vivono senza Dio, ma per questi
la testimonianza di vita contemplativa era più credibile.
Grazie,
o Santa Famiglia, per questa testimonianza!
13.
La semplicità
Vi
lodiamo e benediciamo o Santa Famiglia, per la virtù della
semplicità, che manifestaste nella vostra casetta attraverso quel
comportamento che è segno di verità, sincerità e purezza di
spirito.
Gesù,
che è la seconda persona della Santissima Trinità, si è fatto
bambino per insegnare agli uomini di tutto il mondo a vivere secondo
la semplicità dei bambini. I fanciulli, infatti, parlano e agiscono
con grande schiettezza e semplicità e si lasciano guidare docilmente
dai propri genitori sia nella vita naturale che spirituale.
La
Santa Famiglia di Nazareth ha praticato la semplicità evangelica
vivendo secondo la "sapienza" di Dio e non secondo la
"sapienza" umana che chiama sapiente chi sa accumulare
ricchezze o sa conquistare il potere, o sa godere i piaceri sensuali
della vita. Questa è concupiscenza carnale, che porta sempre a
dispiaceri e fallimenti; mentre, come faceva la Santa Famiglia di
Nazareth, chi considera come bene supremo Dio e cerca di conoscerlo
sempre meglio, di possederlo e di amarlo, dimostra una santa
semplicità che lo rende accogliente e bello agli occhi di tutti.
Gesù,
Maria e Giuseppe agivano con modestia, senza posa o affezione, con
schiettezza e spontaneità. E per il senso di rettitudine che
mostravano in ogni comportamento splendevano di una semplicità
cristallina ed immacolata. Non possedevano ricchezze e onori mondani
che portano spesso alla doppiezza e alla falsità di spirito; ma
nella loro povertà avevano il grande bene della semplicità, della
gioia e della pace.
Gesù
aveva proclamato la virtù della santa semplicità dicendo di essere
semplici come colombe, che sono candide; docili e umili, amano l'aria
pura e se scendono a terra, lo fanno con grande circospezione per non
sporcare le loro pulitissime penne. I componenti la Santa Famiglia
erano come candide colombe per la sincerità e semplicità di vita.
Il loro cuore era libero dal male e rivestito della grazia divina. La
ricchezza della grazia divina che abbondava nella loro anima li
rendeva santi e immacolati agli occhi di tutti: era la bellezza di
quella semplicità interiore che possiedono coloro che sono puri di
cuore.
Grazie,
o Santa Famiglia di Nazareth, per averci fatto scoprire questa bella
virtù!
14.
L'umiltà
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della santa
umiltà, che testimoniaste a tutti in quella vostra casetta. La
vostra grandezza aveva le radici e il fondamento tra quelle
poverissime mura che vi facevano apparire piccoli davanti agli
uomini, ma grandi davanti a Dio.
La
"perfetta letizia" stava di casa proprio a Nazareth, perché
tutto lì parlava di umiltà e povertà. Ma è da queste virtù che
sboccia il fiore profumato della vera letizia interiore.
La
Santa Famiglia era considerata tra le più povere e tra le ultime per
importanza umana, nella società di Israele. Giuseppe si gloriava di
essere un povero "carpentiere", che nel mondo di allora
equivaleva ad un "tuttofare" nel costruire le dimore
ordinarie. Era uno che si "arrangiava" nella lavorazione
del ferro, del legno, dell'argilla e della pietra. E lui si dava da
fare, anche se era della discendenza del grande re Davide.
Maria
era ancora più umile, perché proveniva dalla classe dei "poveri
di Jahvé". Le sue uniche ricchezze erano la povertà, l'umiltà
e la grazia di Dio. Quando lo Spirito Santo discese su di lei,
facendole comprendere che era stata prescelta per essere la Madre del
Salvatore del mondo, lei acconsentirà dicendo quelle semplicissime
parole: “Eccomi sono la serva del Signore”. E poi, cosciente del
grande dono ringrazierà Dio con un canto di lode, perché ha
guardato l'umiltà della sua serva e perché d'ora in poi tutte le
generazioni la chiameranno beata.
E
Gesù, il Dio del cielo e della terra, ha voluto umiliarsi prendendo
un corpo come il nostro e nascendo in un luogo umilissimo, adibito a
ricovero degli animali. Quando inizierà la sua predicazione, dirà
alle folle: “Imparate da me, che sono mite ed umile di- cuore”.
Nell'ultima cena, darà ancora un esempio di umiltà, quando Lui, il
Maestro e Signore, si metterà a lavare i piedi agli apostoli. A quel
tempo, lavare i piedi a qualcuno era un servizio riservato agli
schiavi o ai più umili dei servitori; e Gesù vuole compiere questo
servizio per insegnare la strada dell'umiltà verso il prossimo,
perché è grande davanti a Dio Colui che si fa piccolo. Quando le
folle correranno dietro a Gesù per causa dei tanti miracoli che
faceva, Maria e Giuseppe non si faranno vedere tra la gente per dire:
"guardate che Gesù è nostro figlio", ma rimarranno
nascosti in santa umiltà.
15.
La mansuetudine
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della
mansuetudine, che dimostraste con un comportamento mite e dolcissimo
verso quanti vi hanno avvicinato. Quanto fosse
radicata la mansuetudine nel cuore della Santa Famiglia, ce lo dicono
bene i Vangeli.
Gesù
l'ha dimostrata nei confronti dei suoi discepoli che non
comprendevano mai il senso vero dei suoi insegnamenti e spesso si
mettevano a discutere tra loro. Era mansueto nei confronti delle
folle importune e indiscrete che solo cercavano miracoli di
guarigioni fisiche e poco accettavano la sua Parola. Ma più ancora
era delicato con quanti lo dileggiavano e perseguitavano. La
dimostrazione più bella e più grande di mansuetudine Gesù l'ha
dimostrata durante i processi che ha dovuto subire; e quando l'hanno
flagellato, insultato, coronato di spine e trascinato fino al
calvario, dove l'hanno crocifisso. Allora mai ha dimostrato malumore,
dispetto, irritazione o mancanza di controllo; ma, come dice il
profeta Isaia, si è consegnato mansueto come un agnello condotto al
macello, senza aprire bocca o lamentarsi. Prima di morire, Gesù,
dall'alto della croce, pregava per chi lo insultava e bestemmiava e
li scusava presso il suo Padre celeste. La mansuetudine di Gesù non
era flemma naturale, apatia, indifferenza stoica, remissività o
fiacchezza naturale di carattere; ma era un'equilibrata unione di
forza e dolcezza, di risolutezza e autocontrollo.
Anche
Maria e Giuseppe, nei loro comportamenti, erano miti e risoluti,
aperti e disponibili verso tutti. Per arrivare a questo hanno fatto
un lavorio interiore, modellando il proprio carattere al carattere
esemplare di Gesù, dominando se stessi ed esercitando la propria
volontà nella mitezza, nella misericordia e nell'amore verso tutti.
Sapevano bene quei santi sposi che non è giusto né bello, né
secondo il cuore di Dio sempre "ricco di misericordia"
dimostrarsi "duri" per affermare le proprie posizioni, né
per prevalere sugli altri con risposte che hanno sapore di orgoglio,
perché l'orgoglio e la durezza dimostrata con gesti o parole,
generano sempre lotte e rancori; mentre la mansuetudine unita
all'amore disarma l'odio e crea pace e felicità.
Grazie,
o Santa Famiglia di Nazareth, per averci insegnato un cammino di vera
bontà!
16.
Il coraggio
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù del coraggio
dimostrato con volontà risoluta e dinamica nel compiere il bene
verso Dio e i fratelli e nel fuggire il male. Il coraggio,
del cristiano non consiste in quella specie di animosità spericolata
o in una certa auto-sicurezza che uno si propone quando compie
un'impresa difficile o pericolosa, o quando partecipa a qualche
importante competizione. No! Il coraggio cristiano è qualche cosa di
più grande e di molto più importante. E' l'impegno di tutto il
proprio essere per la conquista di quel bene supremo che è Dio! E
per realizzare questo è necessario lottare con intelligenza, volontà
e sacrificio per vivere una vita di grazia, di fedeltà e di amore
che incomincia ora nel tempo e continua per l'eternità. L'esempio
più bello di questo coraggio ci viene dalla Santa Famiglia di
Nazareth. Quelle tre sante persone, povere ed umilissime, ci
insegnano che la base di ogni vero bene non sta nella ricchezza,
nell'apparire forti e potenti, ma nel cercare di mettersi a servizio
di Dio e del prossimo con piena disponibilità e nel dono di se
stessi. Gesù ha proclamato che solo coloro che fanno violenza a se
stessi, conquisteranno il regno di Dio. E' una violenza che equivale
ad un impegno costante di tutto il proprio essere in anima e corpo.
Maria
e Giuseppe accettano e realizzano con dedizione e coraggio il
messaggio evangelico che Gesù ha presentato anzitutto a loro nella
casetta di Nazareth. Giuseppe, che era il più adulto delle tre sante
persone, ha avuto il merito di credere con coraggio al grande piano
della redenzione, incominciando dal mistero della maternità
verginale di Maria. Era cosa che richiedeva fortezza d'animo fuori
del comune. Qualsiasi altra persona avrebbe dubitato: lui no!
Giuseppe
accompagna Maria nel difficile e faticoso viaggio che da Nazareth li
porta a Betlemme, dove deve nascere Gesù; e poi con maggiore
coraggio affronta l'altro viaggio, quello della fuga verso l'Egitto
per portare al sicuro il neonato Messia.
Maria
e Giuseppe avevano compreso che il Vangelo significava prima di tutto
"prendere la propria croce" e fare un cammino di sacrificio
fino al calvario. Loro l'hanno fatto, ed ora l'insegnano a noi.
17.
La generosità
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della
generosità, che dimostraste nel donarvi verso tutti senza mai
guardare a difficoltà o a ricompense terrene.
Gesù
venendo tra gli uomini, ha donato tutto se stesso per puro amore. E'
stato il primo grande "sì" che ha detto al Padre celeste
per il bene di tutta l'umanità. Quel "sì" lo ha rinnovato
ogni volta che nelle contrade della Palestina ha perdonato i peccati
ed ha curato amorevolmente i malati. E' un perdono che Lui, "ricco
di misericordia" e di generosità, continua ad offrire a quanti
lo cercano e lo cercheranno, pentiti, nel corso dei secoli.
Prima
di essere condannato a morte, come gesto di immensa generosità, ha
istituito l'Eucarestia, che è la presenza viva e perenne tra noi. Un
padre di famiglia, quando si avvicina la morte, lascia le sue poche
cose ai propri parenti, ma Gesù ha lasciato se stesso e per tutta
l'umanità. Nell'Eucarestia il "sì" di Gesù si rinnova e
si moltiplica tutte le volte che si consacrano migliaia di ostie
sugli altari.
Prima
di morire sulla croce, dirà un "sì" con le parole: "Tutto
è compiuto": cioè, tutto ho fatto di quanto potevo fare per
tutti gli uomini del mondo e secondo quello che già avevano predetto
le scritture.
Il
secondo grande "sì" che è stato detto a Dio sulla terra è
stato quello di Maria nella casetta di Nazareth. E' stato un "sì"
che ha rivoluzionato il mondo ed ha reso grande colei che tutti
chiamano "beata".
Il
terzo "sì" l'ha detto Giuseppe. Lui l'ha pronunziato nel
silenzio e nel nascondimento, donandosi al servizio del Salvatore e
di Maria con sollecitudine disinteressata e generosa. La
sollecitudine è l'espressione più significativa della generosità,
perché chi è sollecito si prende cura degli altri con prontezza,
senza guardare a sacrifici, con amore, donandosi senza riserve e con
tenerezza e magnanimità. San Giuseppe, verso Gesù e Maria, ha dato
quanto poteva dare di meglio e di più importante: ha dato l'amore!
Grazie,
o Santa Famiglia, per l'esempio della vostra generosità!
18.
Il servizio
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù del servizio,
che vi rese disponibili verso Dio e verso il prossimo con cuore
docile e aperto.
Il
Figlio di Dio, incarnandosi, si è fatto servo per amore è per
donarsi più facilmente a tutti gli uomini; infatti ha dichiarato
che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita
per tutti. Ha cercato i peccatori offrendo loro il perdono, ai malati
ha donato la salute, agli afflitti la gioia e ai poveri ed
emarginatila speranza.
Nel
servizio di formazione degli apostoli ha usato comprensione, esempio
e dialogo, per promuovere in loro la corresponsabilità, la fiducia e
l'impegno interiore.
Il
servizio reciproco che Gesù, Maria e Giuseppe facevano per puro
amore nella loro casetta di Nazareth, era motivo per gustare una rara
"beatitudine", poiché c'è sempre più gioia nel dare che
nel ricevere. E poi lo spirito di servizio era motivo di tanta
comprensione e comunione.
Giuseppe
ha esercitato. servizio di capo famiglia senza usare imposizioni, ma
con la collaborazione, la disponibilità e sempre con il sorriso.
il
servizio della sua paternità su Gesù, non era conseguenza dello
sposalizio con Maria o per motivo di coabitazione di Gesù nella
stessa casa, ma era un'autorità che gli era stata conferita da Dio
stesso. Lui userà di tale autorità, (e la legge ebraica lo
richiedeva), quando imporrà il nome a Gesù. Quando dovrà prendere
importanti decisioni, come quelle di fuggire in Egitto e di ritornare
a Nazareth, farà ciò per servire alla volontà di Dio, ma sempre
proponendo con discrezione e delicatezza e non in vista di un
interesse personale, ma per un bene comune.
Giuseppe
non si sentiva all'altezza della santità di Gesù e di Maria, però
esercitava la sua autorità con grande umiltà e amorevolezza.
Maria
ha fatto la sua solenne professione di servizio a Dio e per il bene
dell'umanità, quando l'arcangelo San Gabriele le ha annunciato che
doveva essere la madre del Salvatore. Allora si è dichiarata la
"serva" del Signore. Ha servito Gesù prima della nascita,
quando era piccolino, giovane, adulto e sul calvario. Lì quasi tutti
gli amici erano assenti, ma lei era pronta ai piedi della croce per
il grande servizio di consolare e sostenere Gesù morente... e quel
servizio di Maria continua ancora per tutti noi!
Grazie,
o Santa Famiglia, per questa virtù del servizio che ci avete
insegnato!
19.
La laboriosità
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della
laboriosità, che esercitaste nella vostra casa di Nazareth, dando a
tutti l'esempio che il lavoro ci associa all'opera creatrice di Dio,
diventando anche, se fatto secondo il progetto di Dio, mezzo di
salvezza e di sostentamento per la vita.
La
Santa Famiglia di Nazareth si sentiva impegnata alla comune legge del
lavoro, sia per partecipare all'opera divina della creazione che
continua ancora nel tempo attraverso la collaborazione umana, sia per
associarsi all'opera della redenzione del mondo. A quel tempo il
lavoro era considerato un qualcosa di umiliante e da riservare agli
schiavi; ma Gesù, Maria e Giuseppe, lo hanno accettato con amore e
come se fosse una lode da offrire a Dio. Non guardavano al lavoro
come mezzo per accumulare ricchezza, ma come virtù che nobilita e
purifica lo spirito e come mezzo necessario per la loro
sopravvivenza.
Gesù,
per tutto il tempo che passò a Nazareth, aiutò Giuseppe nell'umile
arte di carpentiere. E qui lo immaginiamo impegnato nei lavori più
faticosi, sempre obbediente e disponibile al suo padre putativo ed al
Padre celeste che aveva stabilito che l'uomo vivesse del sudore della
propria fronte.
Nazareth
era un piccolo villaggio, per cui tutti gli abitanti ricorrevano a
Giuseppe ed al suo fedele aiutante per ogni loro necessità, e i due
lavoravano con amore, diligenza e fedeltà. Vivevano il Vangelo della
testimonianza prima ancora di predicarla alla gente.
Maria,
dal canto suo, era tutta occupata in faccende di casa: cucinare,
pulire, mettere in ordine, preparare vestiti ed accogliere i poveri e
i forestieri. Il lavoro di una madre, fatto nel silenzio e nel
nascondimento, come lo faceva Maria, non conosceva orari o riposo:
solo Dio vedeva con quale dedizione faceva tutte le sue molteplici
faccende.
Giuseppe,
fedele osservante del sabato, deve aver meditato il salmo 128, che
era letto. nella sinagoga e che dice: “Beato l'uomo che teme il
Signore e cammina nelle sue vie. Vivrai del lavoro delle tue mani,
sarai felice e godrai di ogni bene”. O la frase del Qoelet: "Dolce
è il sonno del lavoratore, poco o molto che mangi". E lui,
lavoratore assiduo e competente, serviva a tutti con il sorriso,
anche quando c'erano difficoltà, come durante la fuga in Egitto. Si
fidava di Dio e la Provvidenza era con lui.
Grazie,
o Santa Famiglia, per la testimonianza della vostra laboriosità!
20.
La cortesia
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della cortesia
che è tra le più piccole virtù del giardino di Dio, ma vi fece
grandi nel regno dei cieli. Voi la praticaste con tanto impegno che
il suo profumo si espande ancora per il mondo.
I
componenti della Santa Famiglia di Nazareth avevano fondato la virtù
della cortesia in un costante e delicato comportamento con Dio, in
modo che tutti i loro atti erano sempre offerti con gioia al Signore.
Da questo santo comportamento ne risultava la formazione di un
carattere dolcissimo e di una spiritualità solidissima. Del resto,
ogni buon carattere si realizza attraverso l'esercizio costante e
impegnativo di tutta la propria vita in atti che sono conformi ai
sani e indiscutibili principi morali e religiosi. Allora la persona
vive un comportamento interiore che è di grande delicatezza,
affabilità e cortesia con tutti.
La
Santa Famiglia di Nazareth, aperta alla grazia dello Spirito Santo,
non solo conosceva attraverso la lettura e la meditazione della sacra
scrittura i sani principi morali e religiosi, ma li viveva
costantemente con impegno. L'ambiente familiare influisce molto sulla
formazione di un buon carattere, e conseguentemente sulle relazioni
interpersonali. Ora Maria e Giuseppe avevano nel loro ambiente la
viva presenza dell'Uomo-Dio, che era l'espressione personificata
dell'amore più puro e più santo. Per questo la loro casetta, dove
si viveva con tanta gioia e serenità, sembrava un paradiso in terra.
Certo la Santa Famiglia era privilegiata per la presenza di Gesù, ma
con il loro modo cortese di vivere vuole insegnare a tutta le
famiglie del mondo che quando si vive la presenza di Dio nel cuore e
nel focolare domestico, si vive più pace, comprensione e vera
armonia.
L'ambiente
familiare è importante, ma più importante è vivere profondamente
il dono della grazia di Dio. Certo che non basta vivere con la mente
in Dio, se poi Dio non lo facciamo calare in ogni atto della nostra
vita. Gesù, Maria, Giuseppe erano sempre immersi nell'amore di Dio e
tutto facevano per amore a Dio; e questo dava al loro aspetto un
qualche cosa di bello che li rivestiva di soprannaturale. Il loro
sorriso verso tutti partiva dal cuore ed era come se fosse il sorriso
di Dio.
La
cortesia di quella Santa Famiglia non era gesto convenzionale; ma era
l'espressione della grazia che vivevano.
Grazie,
o Santa Famiglia, per averci insegnato questa virtù che è sorgente
di comunione e di grazia!
21.
La gratitudine
Vi
lodiamo e benediciamo, o Santa Famiglia, per la virtù della
gratitudine, che dimostraste nel riconoscere davanti a tutti il
valore dei benefici ricevuti da Dio e nel rendergli grazie con il
cuore e con le parole.
La
Santa Famiglia considerava la gratitudine un dovere grande sia
davanti a Dio che davanti agli uomini.
Maria
aveva compreso che la sua anima era stata privilegiata da Dio con
doni straordinari: quello dell'esenzione dal peccato originale, della
pienezza della grazia santificante e della chiamata a Madre del
Salvatore.
Per
tutto questo e per altre grazie particolari, lei sentiva grande il
bisogno di ringraziare il Signore con un cantico di lode e di
adorazione. In tale cantico riconosce di essere un'umile serva e che
Dio è l'onnipotente e il generosissimo con tutti, ma principalmente
con quelli che assecondano i suoi piani. Lei ringrazia con tutta la
sua anima il Signore, perché avrebbe potuto scegliere un'altra,
mentre ha guardato proprio a lei che si riteneva l'ultima di tutte le
creature della terra. Ringrazia perché ella sua grande povertà è
diventata ricchissima dell'infinita ricchezza di Dio.
Giuseppe
ha ringraziato il Signore per essere stato prescelto come padre di
Gesù e sposo di Maria. Lui ha ringraziato in silenzio, senza parole,
ma con il cuore e con un comportamento di umiltà, riservatezza e
dedizione. Ha ringraziato ogni giorno con il sacrificio del lavoro e
della preghiera. Dio ha gradito immensamente quel modo di ringraziare
dell'uomo "giusto" e riflessivo. La santità di vita
vissuta intensamente è l'espressione più bella di gratitudine che
si può dimostrare verso Dio per i doni ricevuti da Lui.
La
dimostrazione più bella e più sincera di gratitudine è quella che
Gesù ha dimostrato verso il Padre celeste durante tutta la sua vita
terrena. Ringrazia quando attraverso il Padre compie cose importanti
(come l'istituzione dell'Eucarestia) o strepitosi miracoli che
inducono gli uomini alla fede. Ma il ringraziamento più grande Gesù
l'ha dimostrato al Padre con il sacrificio del calvario. Donando sé
stesso donava tutto con espressione di amore e riconoscenza. Il
sacrificio della propria vita, vale più di qualsiasi altra
dimostrazione di gratitudine.
Vi
ringraziamo, o Santa Famiglia di Nazareth, per l'insegnamento di
tante belle e sante virtù!
Nessun commento:
Posta un commento