Passato
all'altra riva del lago, Gesù approdò di fronte a Cafarnao nel
paese dei Geraseni, e subito gli si fece incontro, dalle caverne
sepolcrali dove abitava, un indemoniato. Era senz'abiti –
come
si rileva dal contesto -, furioso, terribile e gridava con voce rauca
e cavernosa che risuonava paurosamente tra i monti.
San
Matteo (8,28) parla di due indemoniati; san Marco si sofferma su
quello che era più furioso e che per primo si fece incontro a Gesù.
Dovette essere un momento tragicamente terribile; quell'indemoniato,
infatti, seguito dal compagno, aveva una voce unica con quella
dell'altro disgraziato che gli correva dietro. Gridavano in due e
sembrava un solo identico clamore, perché era satana che gridava.
Forse anche per questo san Marco considerò come una sola cosa i due
indemoniati; essi sparivano quasi nell'unica entità terribile che li
possedeva e che era una legione di spiriti immondi.
Gridavano e correvano verso
Gesù, con un atteggiamento di timore terribile che stupiva quanti li
conoscevano, perché nessuno aveva mai potuto domarli, e avevano
spezzato le stesse catene di ferro e i ceppi con i quali avevano
tentato di avvincerli. Stavano sempre sui monti o in quelle caverne,
gridavano e si laceravano le carni con le pietre, inebetiti e nello
stesso tempo furiosissimi, dagli occhi smarriti e feroci nel medesimo
tempo, ringhianti come belve. Essi, come se fossero stati un solo
uomo, con gli stessi gesti e la stessa voce, duplice strumento
dell'unica legione impura che li possedeva, si prostrarono, adorarono
Gesù, lo dichiararono Figlio di Dio e lo scongiurarono per Dio di
non tormentarli, obbligando li ad abbandonare quegli infelici.
Come poterono confessare Gesù
Cristo Figlio di Dio e nello stesso tempo scongiurarlo per Dio di non
tormentarli?
Come
potevano appellarsi a Dio gli odiatori implacabili di Dio?
Satana avvertiva la potenza divina che lo scacciava, e non voleva lasciare la carne che si dilettava a tormentare; chiamava Gesù Figlio di Dio ma non ne era certo, e lo chiamava per carpirne la rivelazione; vedeva che Egli amava Dio immensamente e, nell'incertezza che fosse Egli stesso Dio, lo supplicava, per quell'amore, di non tormentarlo scacciandolo da quei corpi.
Satana avvertiva la potenza divina che lo scacciava, e non voleva lasciare la carne che si dilettava a tormentare; chiamava Gesù Figlio di Dio ma non ne era certo, e lo chiamava per carpirne la rivelazione; vedeva che Egli amava Dio immensamente e, nell'incertezza che fosse Egli stesso Dio, lo supplicava, per quell'amore, di non tormentarlo scacciandolo da quei corpi.
Quei poveri indemoniati che
supplicavano di rimanere tali erano l'immagine viva degli impuri, i
quali, pur essendo tormentati dalle loro vergognose passioni,
desiderano non emendarsene, rifuggono dall'emendarsene e scendono
anche, a volte, ad atti di superstizione per conservare i tristi
legami che li attanagliano. L'impuro rifugge dalla conversione, anche
quando sembra che la desideri davvero; dice di voler fuggire
l'occasione e s'illude di farlo quando non l'ha vicina, ma se la
trova non vuol resistere e si lascia trascinare dalla passione; i
suoi sensi, ossessionati dall'erotismo, par che gridi no alla grazia
che vuole pacificarli di non tormentarli, di lasciarli nel lezzo
della loro degradazione. È una cosa penosissima!
Gesù
Cristo domandò al demonio qual nome avesse ed egli rispose che si
chiamava legione,
perché erano in molti.
La
legione romana era formata da cinque o seimila uomini; erano dunque
numerosissimi gli spiriti maligni che ossessionavano quegli infelici,
eppure ne possedevano i centri nervosi come se fossero stati uno
solo. Essi supplicavano Gesù almeno a non scacciarli da quel paese,
il che ci fa capire che avevano stabilito nei poveri indemoniati come
il loro quartiere, dal quale partivano per nuocere a quegli abitanti,
corrotti e pagani nei loro costumi. Gesù Cristo continuava a
comandar loro di andar via, ed essi gli domandarono in grazia
d'invadere la mandria dei porci che pascolavano quasi a picco sul
lago, in numero di circa duemila. Il Redentore lo permise loro perché
quella mandria era un'infrazione della legge
mosaica, e subito quegli animali, presi da grande furia, come se un
uragano li avesse agitati, si precipitarono nel mare e annegarono. I
guardiani, terrorizzati,
fuggirono in città e raccontarono quanto era accaduto, facendo
concorrere una gran folla da Gesù. Quella gente avrebbe dovuto
ringraziarlo di aver liberato il paese dal flagello di quegli
indemoniati e invece lo pregò di allontanarsi da loro. Solo uno
degli indemoniati che era stato liberato, forse a nome anche del
compagno, gli domandò di seguirlo, ma Gesù non lo volle,
ingiungendogli invece di andarsene a casa e far constatare ai parenti
la grazia ricevuta. Egli, infatti, obbedi, e divenne propagatore
delle meraviglie di Dio e del Redentore in tutta la Decapoli.
Quale
differenza tra il soave possesso dell'anima nostra da par te del
Signore e l'invasione del corpo da parte di satana! Lo spirito
immondo non può penetrare direttamente nel santuario dell'anima, ma
può renderla come prigioniera, possedendo il corpo.
Esso,
come serpente velenoso, cerca d'incantare i sensi e soprattutto i
centri nervosi, allontanando l'anima dalla preghiera e inducendola a
indulgere alle soddisfazioni materiali. Attrae l'attenzione nelle
bassezze umane con la curiosità, primo atto del dramma
dell'impurità; attrae i sensi con l'immortificazione della gola,
primo assalto per sottrarli alla padronanza dello spirito; induce nei
centri nervosi lo sconvolgimento, soffiando sui moti dell'ira, e fa
rifluire l'agitazione nelle miserie dell'organismo, eccitandovi
l'erotismo prima e poi la brutale passione.
L'erotismo è come la falsa
spiritualità della carne, perché si presenta come estetica e trae
al diletto insaziato di una forma materiale che non attrae in quanto
è bella, ma in quanto eccita le prime sensazioni del male.
Il demonio non si smaschera
ancora completamente ma, come eccita la gola col profumo delle
vivande, così eccita l'impurità con i tenui diletti dell'erotismo
estetico. Non ha troppa fretta, tende a capovolgere quasi la
creatura, la tenta, come nell'Eden, ad essere simile a Dio, ma in
forma mostruosa; a conoscere se stessa nella degradazione dei sensi e
ad amare se stessa nella loro idolatria. Insaziata, l'anima viene
spinta dal demonio a conoscere le stesse miserie negli altri, ad
espandersi verso creature sensuali, a desiderare di accrescere quasi
l'oggetto delle sue passioni, a delirare nell'inappagata brama che
produce.
L'impurità diventa allora
ossessione, e satana domanda all'anima una piena dedizione a sé e al
male, lusingandola di saziarla e, invece, tormentandola. La afferra
sempre più; può giungere fino al punto di possederne completamente
i centri nervosi e di servirsene come suo strumento per l'empia
volontà che esso ha di nuocere alle creature di Dio e di screditare
presso di esse il Creatore. L'ossessionato non perde la coscienza di
se stesso, eccetto i casi di momentanea alienazione mentale; si sente
come stretto da ceppi, è furioso, si odia, si tormenta, vorrebbe
sottrarsi a quella terribile stretta che l'avvolge proprio come il
serpente avvolge e stringe nelle sue spire un corpo.
È uno stato terribile di
sofferenza che ci fa intendere quanto è insano per noi cedere a
satana nelle tentazioni e lasciarci trascinare da lui.
Quello che fa nei sensi,
satana lo fa anche nell'orgoglio, spingendo l'anima a compiacersi di
se stessa e ad apprezzare sopra tutti il proprio pensiero e la
propria volontà. Per l'ira la rende insofferente al giogo, per
l'impurità la rende incapace di luce, per l'ambizione la rende
irragionevole negli apprezzamenti e la spinge fino alle ultime
conseguenze del male. Certi esseri diabolicamente orgogliosi e
prepotenti sono posseduti dallo spirito immondo, benché esso cerchi
di celarsi più che può per non farsi scacciare.
Quanto è diverso il possesso
di Dio in un'anima, e quanto è soave la grazia che la conduce, la
rafforza, la spinge fino alla Meta eterna! Dio illumina l'anima con
una luce interiore che non abbaglia, ma la ridesta dal sonno quasi
come la riposante luce del mattino. L'alletta con armonie quasi
impercettibili di bene che le fanno sentire la felicità di amarlo,
ed essa gode una pace che le dà il senso della libertà, e la fa
respirare quasi a pieni polmoni, come sulle altezze profumate dei
monti fecondi. Si sente forte e crede di essere già adulta nelle vie
del Signore, mentre è il Signore che quasi la sostiene con le dande;
si appoggia a Lui e si sente sicura dei suoi passi nell'esultanza
interiore di una gioia che non ha l'eguale.
Il Signore, dopo aver
sostenuto l'anima nell'infanzia di lei con le pure gioie del fervore
sensibile, la mette alla prova, ma la sostiene senza farsi scorgere,
come fa la mamma che lascia a se stesso il bimbo per i primi passi ma
l'avvolge a distanza con le sue braccia per prenderlo se cade. Se Dio
spinge l'anima soavemente con la grazia, quasi vento balsamico dei
monti che facilita l'ascesa; se l'anima si arresta Egli non la fora,
ma si mostra accorato, e la spinge col ricordo della Passione che
soffrì per lei il suo Redentore. Una lacrima fatta stillare dal
cuore a tale meditazione è capace di ammorbidire la durezza della
volontà e di farla cedere all'invito dell'amore.
Ecco:
Gesù le va dinanzi, caricato della croce, e sale l’erta
del Calvario; l'anima non può lasciarlo solo e lo segue. Cammina,
ed Egli la ciba di sé col Cibo eucaristico, la conforta col suo
esempio, la incoraggia con le sante ispirazioni e con le istruzioni
della Chiesa, la trae alle altezze tra i suoni osannanti delle
campane, le voci melodiose dell'organo, gli inni giubilanti delle
anime; la trasforma in creatura nuova, la possiede nell'amore, la
trae alla Vita eterna. Chi è posseduto dallo spirito immondo grida,
si dispera, si agita, si fa male; chi è posseduto dal Signore sta in
pace e gode un anticipo della felicità eterna. Non sarebbe somma
stoltezza fuggire da Dio per una stupidissima e bassa passione e
darsi in balìa di satana, nostro fierissimo nemico?
I
cittadini di Gerasa, quando andarono da Gesù, videro colui che era
stato vessato dal demonio seduto,
vestito e sano di mente;
dunque, prima era agitato, spogliato di tutto e frenetico. Chi sta
con Dio è in pace, è rivestito di grazia e ragiona, mentre chi si
lascia ingannare da satana perde ogni tranquillità, è spoglio dei
beni spirituali e non ragiona, pur presumendo di essere l'unico che
ragiona. Mandaci il tuo Santo Spirito, o Signore, riempici d'amore,
possiedici tutti, e non permettere che satana penetri in noi e
c'inganni, inducendoci nelle sue tentazioni.
Tratto
da “ I quattro Vangeli “ - Commento al Vangelo di Marco – del
sac.Dolindo Ruotolo
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