domenica 9 settembre 2018

Quanto differiscono le persone che si avvicinano al santo sacramento, gli uni per la propria salvezza eterna, gli altri per la propria condanna di RUYSBROECK IL MIRABILE – Tratto da “LO SPECCHIO DELL’ETERNA SALVEZZA” -



Capitolo decimo
Ci sono ora delle distinzioni da stabile tra coloro che ricevono il santo Sacramento, che siano chierici o laici. La prima categoria, dalla quale comincio, comprende coloro che per natura provano tenerezza nel cuore. Dal momento in cui sono toccati dalla grazia di Dio, alla condizione che la seguono e le obbediscano, la loro affezione e il loro desiderio si scaldano e si commuovono d’amore per l’umanità di Nostro Signore, anche disprezzando e abbandonando facilmente tutto quello che è al mondo, al fine di potersi dedicare alla premura a tutto l’ardore dei loro desideri. E come loro non possono avvicinarsi a Nostro Signore se non nel Sacramento, provano un ardore impaziente, causato dal loro amore intimo e dal desiderio insaziabile che hanno di ricevere questo Sacramento, a tal punto che pensano a volte di perdere i sensi e morire se non possono ottenerlo. Ma si trovano pochi uomini di questo tipo. Sono, molto spesso, delle donne o delle ragazze, o pochi uomini; poiché queste persone hanno una complessione più delicata e non sono ancora elevate né illuminate secondo lo spirito. È per questo che l’esercizio della loro devozione resta sensibile e affettivo, interamente occupato dalla rappresentazione dell’umanità di Nostro Signore; e esse non possono concepire né comprendere come si possa riceverlo nello spirito al di fuori del Sacramento. Per questo succede che esse soffrano interiormente a causa dell’affezione e del desiderio che provano per Nostro Signore. Nessuno è allora capace di farle ragionare e calmare, di donargli aiuto né riposo prima che esse non abbiano ricevuto il Sacramento. Ma dal momento in cui l’hanno ricevuto, sono pienamente soddisfatte e si abbandonano al riposo, sostenute dall’inclinazione spirituale e dalladolcezza sovrabbondante che le inonda nell’anima e nel corpo. E questo dura fino a che una nuova grazia e un nuovo trasporto si impossessano del loro essere e di tutte le forze della loro anima. Poiché da allora esse sono colte di nuovo dall’affezione e dal desiderio, con grande impazienza, come se non avessero ricevuto niente. Il loro cuore si apre completamente e aspira a ricevere di nuovo il santo Sacramento; esse sembrano veramente non ragionare. Esse assomigliano molto a quell’ufficiale reale che pregava Nostro Signore di scendere a Capharnaüm e di guarire suo figlio in punto di morte. E come il Signore gli rispondeva: “Se voi non vedete dei miracoli né dei segni, non credete”, l’ufficiale rispose: “Signore, scendi prima che mio figlio muoia.” Poiché egli non credeva che Nostro Signore poteva guarire suo figlio se non veniva nella sua casa e non posava la mano sulla sua testa, o non faceva qualche altro segno per guarirlo.

È allo stesso modo che queste persone si comportano nel loro amore per il santo Sacramento, che è un segno reale della presenza del corpo di Nostro Signore. Il trasporto e il desiderio del Sacramento le getta in una lunga impazienza e, avvicinandosi al prete e a Nostro Signore, esclamano: “Signore, scendi nella mia casa attraverso il tuo sacramento, prima che io muoia d’amore.” Il tempo che dura questa disposizione, esse conservano forza e coraggio e sono al riparo da peccati gravi, perché liberate da Dio. È per questo che lui gli ha permesso di ricevere il Sacramento ogni domenica ed altri giorni ancora, se si vuole donarglielo. Ma, se loro rifiutano questa grazia, esse devono pensare che è la volontà di Dio e ricordarsi allora, per applicare questo, le parole del Signore all’ufficiale reale: “Andate, vostro figlio è in vita.” Quando l’anima, in effetti, nella sua fede ed amore, desidera ricevere il santo Sacramento, è piena di grazia; vive in Dio e Dio in lei. Questo pensiero dovrà bastare e consolarle. Di complessione più delicata del solito, queste persone sono soggette ancora alle inclinazioni naturali. Così, quando vogliono pregare e dedicarsi alla contemplazione dell’umanità di Nostro Signore con affezione ed amore, sono a volte colpite e turbate, contro la propria volontà e il loro gradimento, dai moti dellabrama animale; poiché la loro pratica è ancora sensibile e resta sotto l’influenza della carne e del sangue. Ora, in questo stato, più riflettono su se stesse e pensano ai moti disordinati della loro sensibilità, più questi moti aumentano, e più la natura si dirige verso quello che è disordine ed errore. Se vogliono, al contrario, trionfare su queste impressioni e mantenersi pure al servizio di Nostro Signore, che dimentichino se stesse e rivolgano tutti i loro sguardi verso colui che amano. In questo modo, la sua immagine si imprime nella loro anima e nel loro corpo e nei loro sensi. Diventano pure e trionfano su tutto quello che potrebbe nuocerle. Questa è la prima categoria di persone che ricevono in modo degno il santo Sacramento.
Capitolo undicesimo
Sulla seconda categoria di persone
La seconda categoria è più elevata della precedente. Si compone di uomini che hanno lo spirito acuto e aperto, ma con delle inclinazioni e delle brame naturali. Dal momento in cui ricevono la grazia di Dio e ci restano, hanno più di una battaglia da sostenere, poiché la carne si oppone allo spirito. È per questo che si dedicano alla vita interiore e agli esercizi spirituali sotto gli occhi di Nostro Signore, e in questo modo fuggono tutte le tentazioni, emozioni e ribellioni della carne e del sangue. Ma, dal momento in cui mettono in Dio la loro fede, la loro speranza e la loro fiducia piuttosto che nelle loro proprie pratiche ed opere, la luce divina li eleva al di sopra della ragione e dell’intelligenza. Restano loro così elevati nella luce divina, ricercando e desiderando quello che supera la regione e resta incomprensibile, piuttosto che quello che possono scoprire e comprendere per se stessi, la loro fede diventa allora perfetta e il loro amore si stabilisce sulla sua vera base. Diventano liberi e conoscono Dio, la verità e la radice di tutte le virtù. Tuttavia, la natura resta viva, e la carne e il sangue si fanno sentire, così come i desideri, la grossolanità, la pigrizia e tutti gli altri desideri istintivi. Ma dal momento in cui questi uomini se ne rendono conto e ne prendono coscienza, respingono e disprezzano in loro stessi tutto quello che si oppone a Dio e al loro spirito e tutto quello che per loro sarebbe ritardo ed ostacolo nell’inseguimento del loro bene più grande. Fuggendo anche la sensibilità, si rifugiano interiormente nel loro spirito, davanti a Nostro Signore, con fede e devozione, e pregano umilmente, come faceva san Paolo quando era tentato dalla carne. È allora che lo spirito di Nostro Signore dà risposta alla preghiera umile, assicurando che la grazia di Dio è abbastanza forte per vincere tutte le tentazioni: poiché la virtù si consolida nell’imperfezione presso tutti coloro che lottano e si rifugiano nella preghiera, nel loro spirito e nelle presenza di Dio. Questi uomini somigliano veramente al centurione del Vangelo che credeva già nel suo spirito, ma tuttavia era ancora pagano e incirconciso. Lui comandava a cento uomini d’armi di servirlo e gli obbedivano sempre. Ma lui aveva un servitore che giaceva senza forze nella sua casa e soffriva gravemente di paralisi. Come egli pregava il Signore di guarirlo, quest’ultimo gli rispondeva: “Io verrò e lo guarirò.” Allora il centurione rispondeva: “Signore, io non merito che tu venga sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola e il mio servitore sarà guarito.” Nostro Signore avvertì la fede di quest’uomo e immediatamente il suo servitore fu guarito. Lui si reca anche dagli uomini di cui stiamo parlando. Essi soffrono delle inclinazioni impure e sono attirati nel peccato; l’amore e l’attrattiva per l’umanità di Nostra Signore sono presso costoro ostacolate e disturbate. Allo stesso tempo il loro servitore, cioè la parte sensibile, è in contraddizione con Dio e con la parte spirituale; e il nemico tormenta la loro sensibilità, poiché essa non vuole seguire lo spirito che si porta con amore al servitore di Nostro Signore. Nel periodo in cui dura questa lotta, essi non possono avere della fervida attrattiva per il santo Sacramento; ma dicono nell’umanità del loro cuore: “Signore, io sono impuro; non merito che il tuo santo corpo venga attraverso il Sacramentosotto il tetto sporco del mio corpo. Signore, sono ancora indegno di ogni onore,di ogni bene e di ogni consolazione che gli uomini virtuosi ottengono da te. Devo quindi sempre piangere e gemere, e camminare davanti a te con una fede ferrea. E, anche se sono povero e abbandonato, non ti lascerò, ma griderò e supplicherò sempre, fino a che la mia fede abbia ottenuto dalla tua grazia la guarigione del mio servitore. Io ti loderò allora e ti servirò nella mia anima e nel mio corpo, con tutto me stesso e con tutte le mie forze.”
È così dunque che agiscono gli uomini spirituali di questa seconda categoria, che piacciono a Dio di più di quelli della prima. Invalidi e soggetti alle inclinazioni di natura, privi di consolazione e di dolcezza da parte di Dio, sono tuttavia, nel loro spirito, pieni di fede, di devozione e di amore divino. Hanno lottato spesso con il demone, il mondo e la propria carne. Così hanno loro bisogno nello spirito di un alimento forte che li renda capaci di vincere tutte le cose, ed il corpo di Nostro Signore nel Sacramento. Essi dovranno dunque riceverlo tutte le volte che la loro regola, il loro ufficio o la lodabile consuetudine di genti spirituali che li circonda glielo permetterà.
CAPITOLO DODICESIMO
Sulla terza categoria di persone
Gli uomini virtuosi della terza categoria sono ancora più santi e più alti secondo lo spirito e la natura. Raccolti in loro stessi e docili all’influenza della grazia di Dio, camminano in sua presenza, con uno spirito libero ed elevato, che travolge dopo di lui il cuore e i sensi, l’anima, il corpo e tutte le sue forze. Sono padroni del loro spirito e della loro natura, e possiedono anche la pace vera. Poiché anche se possono provare ogni tanto delle emozioni nel loro essere, se ne rendono prontamente vittoriosi, in loro non provano alcun moto vizioso che duri. Hanno una vera conoscenza di Nostro Signore, tanto della sua divinità che della sua umanità; esercitano tale conoscenza con uno spirito spoglio di immagini, quando rientrano in loro stessi e si elevano d’amore puro fino alla natura di Dio, e quando si girano al di fuori con amore di cuore, portano l’impronta dell’umanità di Nostro Signore. Con la conoscenza e l’amore crescono in loro il gusto e l’esperienza: e più essi gustano e sperimentano, più desiderano ed aspirano, ricercano e approfondiscono, e scoprono l’amore nel proprio cuore, nell’anima e dello spirito. Questi uomini somiglino veramente a Zaccheo, di cui si parla nel Vangelo di san Luca. Egli desiderava vedere chi era Gesù; ma ne era impedito dalla grande folla di persone, poiché era basso e piccolo. Corre allora davanti a tutta la folla e sale su un albero, nel posto in cui Gesù doveva passare. Ma quando Gesù lo vede, gli dice: “Zaccheo, sbrigati a scendere, perché oggi stesso devo abitare nella tua casa.” E Zaccheo accoglie Nostro Signore con grande gioia nella sua casa e gli dice: “Guarda, Signore, dono la metà dei beni ai poveri, e se faccio torto a qualcuno nel rendo il quadruplo.” Al che Nostro Signore risponde: “Ecco, oggi la salvezza è stata donata a questa casa, perché quest’uomo è divenuto secondolo spirito un figlio di Abramo.” Per la sua fede, in effetti, egli è salito, ha visto e conosciuto Gesù, secondo il suo desiderio. Poi, per obbedienza, è sceso ed ha ricevuto umilmente nella sua casa Gesù, che ora conosce ed ama. Infine con grande liberalità ha donato i suoi beni, rendendo ancora al quadripolo il torto che aveva fatto, e così ha meritato di essere giustificato; questa è la sua vita, questo il suo nome e per questo egli possiede la santità e la beatitudine, e Gesù dimora sempre in lui, ora e nell’eternità. Osservate ora come gli uomini di cui ho parlato somigliano molto a Zaccheo. Come lui, desiderano vedere e conoscere Gesù, ma la completa ragione come la luce naturale sono per questi troppo brevi e piccole. Così corrono essi superando tutto quello che è folla e molteplicità di creature: poi, per la fede e l’amore si elevano fino alla sommità dei loro pensieri, là dove lo spirito si trova spoglio di immagini e pienamente libero nella propria libertà. È qui che Gesù può essere visto, conosciuto ed amato nella sua divinità; poiché è qui che si presenta sempre agli spiriti alti e liberi che per amore per lui hanno superato se stessi. Lui sispande in abbondanza di grazia e di favori, ma gli dice anche: “Sbrigatevi a scendere, poiché l’alta libertà di spirito non può che essere mantenuta con la docilità dell’anima; e voi dovete conoscermi ed amarmi come Dio e come uomo, oltrepassando in altezza tutte le cose così come abbassandosi al di sotto di tutto. In questo modo, è sempre me che gusterete, quando vi elevo al di sopra di tutte le cose e di voi stessi fino a me, o quando vi umiliate come me e per me al di sotto di tutto e di voi stessi. È allora che devo entrare nella vostra casa e rimanerci in modo stabile con voi e in voi, e voi con me e in me.” Quando questi uomini ascoltano, gustano queste parole e ne fanno esperienza, essi si affrettano a scendere in un grande disprezzo di se stessi, dicendo nell’umiltà del loro cuore, con un reale dispiacere della loro vita e delle loro opere: “Signore, non sono degno, sono assolutamente indegno di ricevere sotto il velo del Sacramento il tuo corpo glorioso nella casa piena di peccati del mio corpo e della mia anima. Ma, Signore, dammi la misericordia e abbi pietà della mia povera vita e di tutti i miei sbagli.” Osservatelo bene, così a lungo che questi uomini vedano la loro inezia e i loro peccati, abbiano disprezzo di se stessi e pratichino davanti a Dio timore amoroso, un umile disprezzo della propria persona e una vera speranza. E nella misura in cui si abbassano così per il disprezzo e lo spregio di loro stessi, in un vero sentimento di umiltà, essi raggiungono Dio e si elevano davanti a lui con una giusta riverenza. La loro vita e pratica consistono dunque a girarsi da una parte verso Dio e a tornare poi verso se stessi. Quando si girano interiormente, tendono verso Dio con uno spirito elevato e libero, in una amorosa riverenza; e quando ritornano verso se stessi, è per il proprio disprezzo e annientamento. Considerano allora tutto quello che fanno o possono fare di buono, nell’interiorità o esteriorità, come non avendo alcun prezzo, né importanza o valore alcuno davanti agli occhi di Nostro Signore. Loro si dividono tra questi due atti, guardando tanto verso l’interiorità che tanto verso l’esteriorità, e restano sempre liberi di fare l’uno o l’altro a loro piacimento. L’atto per il quale guardano verso l’esteriorità è secondo la ragione, ha come radice la carità e genera le buone pratiche e le sante opere; si allea con tutte le virtù e si esercita sempre sotto lo sguardo di Dio. Anche coloro che lo praticano restano essi sempre puri, con una coscienza senza macchia; crescono continuamente in grazia e in tutte le virtù, davanti a Dio e agli uomini. Per quanto riguarda l’interiorità, essa si esercita tanto secondo la ragione, con l’aiuto di immagini e di mezzi, tanto al di sopra della ragione, senza immagini e mezzi. Quando è sottomessa alla ragione, è accompagnata allo stesso tempo da grandi desideri e piena di saggezza, poiché coloro che la praticano contemplano l’amore e la bontà di Dio, dove si apprende tutta la saggezza, e ci attingono verità, umiltà e libertà. È per questo che, mettendosi di fronte all’umanità di Nostro Signore Gesù Cristo, usano questo linguaggio: “Signore, tu hai detto: Senza di me, voi non potete niente. E ancora: Se voi non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue non avete la vita in voi. E: colui che mangia la mia carne e beve il mio sangue vive in me ed io in lui. Signore, quanto a me, io sono un povero peccatore, indegno del cibo celeste che tu stesso sei. Tuttavia, Signore, ti sei donato e concesso per il peccatore che disprezza se stesso, che confessa e proclama con contrizione i suoi peccati, e che ha veramente fiducia in te: è in lui che voi mettete le vostre compiacenze. Poiché tu ci hai insegnato che non sei venuto per chiamare il giusto, ma il peccatore, perché esso si converta e faccia penitenza dei suoi peccati. È per questo che io mi imbaldanzisco e agisco liberamente, dimenticandomi me stesso con tutti i miei peccati davanti al padrone; poiché tu stesso dici: “Venite a me, voi tutti che penate e portate il fardello, io vi alleggerirò.” Tu ci hai insegnato anche che sei il nostro pane vivente, sceso dal cielo; chi ne mangia, vive eternamente. Tu sei la sorgente d’acqua viva che dal cuore di tuo Padre arriva a noi attraverso l’operazione del Santo Spirito.” “Ecco perché, Signore, più io mangio, più ho fame; più bevo e più ho sete. Poi-ché io non possa né assorbirti, né consumarti; ma ti prego, Signore, per la tua eccellenza, di assorbirmi e consumarmi in modo che io sia con te e in te una sola vita. Che nella tua vita io possa elevarmi al di sopra di me stesso, al di sopra di tutti i mezzi e di tutte le pratiche, fino a questa realtà senza mezzi, fino a questa carità senza misura, dove tu sei la tua stessa beatitudine e quella di tutti i santi! Là io troverò il frutto e il bene di tutti i sacramenti, di tutti i mezzi e di tutta la santità.” Ma questo frutto, si deve cercarlo attraverso il procedere nei Sacramenti e nella vita santa; e tuttavia lo si scopre senza mezzi e misure, attraverso un amore eterno e senza fine. Nell’eternità, restiamo in noi stessi e saremo felici, ordinati secondo i mezzi della gloria, ciascuno in particolare secondo la misura delle proprie virtù e del proprio amore. E al di sopra di noi stessi, gioiremo di Dio e vivremo in lui, al di fuori dei mezzi, in questo amore senza fine che è lui stesso. Coloro che comprendono e regolano anche la loro vita possono ricevere ogni giorno il santo Sacramento, se si vuole donarglielo; poiché tutto è in ordine presso di loro, sono pieni di grazia e di virtù, nell’interiorità e nell’esteriorità, in tutte le loro pratiche.
È la terza categoria, che comprende gli uomini più alti e più degni di avvicinarsi al Sacramento. Si riconoscono nella loro vita e nella loro pratica quattro qualità.La prima è una coscienza pura libera dal peccato. La seconda è una scienza e una saggezza sovrannaturali che orientano lo sguardo interiore ed esteriore, cioè la contemplazione e l’azione. La terza è la vera umiltà di cuore, di volontà e di spirito manifestata nei modi, nelle parole e nelle opere. La quarta qualità infine consiste nell’essere morto in tutto quello che è proprietà o volontà propria, per entrare nella libera volontà di Dio, nell’essere morto alle immagini che annebbiano l’intelletto, per stabilirsi nella verità spogliata dalle immagini, che è lo stesso Dio. Poiché la nuda semplicità si spirito è il tempio stesso della divinità. Osservate ora che la Nostra Signora possedeva nella sua vita e nella sua pratica queste quattro qualità, quando conobbe Nostro Signore. Lei era pura, in effetti, vergine senza peccato e tutta piena di grazia di Dio. Lei testimoniava la sua scienza e saggezza nelle sue domande e risposte all’angelo che le insegnava la verità totale. Lei era veramente umile ed è questo che attira dal cielo sulla terra il Figlio di Dio. Infine lei era morta nella sua volontà ed è per questo che ha detto: “Ecco la serva del Signore; la sua volontà mi è sovranamente desiderabile; che si compia la vostra parola.” Dal momento in cui lo Spirito Santo ascoltò questa risposta, lei si rallegrò talmente del suo amore divino che lui inviò per noi, al santuario di Maria, il Figlio di Dio che ci ha guarito di tutte le sofferenze. Vedete ed apprendete come da quel momento Maria, eletta al di sopra di tutte le creature, poteva essere madre di Dio, regina del cielo e della terra, ha tuttavia scelto di essere la serva di Dio e di tutto il mondo. Così, dal momento in cui conobbe Nostro Signore, se ne andò in grande fretta sulle montagne, come una umile serva, al servizio di santa Elisabetta, madre di san Giovanni Battista, e ci restò fino al giorno del concepimento.
È allo stesso modo che il nostro caro Signore Gesù Cristo, suo Figlio, Dio e Uomo, dopo aver consacrato il santo Sacramento, lo ha donato ai suoi discepoli e preso lui stesso, si cinge di un panno e si inginocchia davanti a loro, gli lava e piedi e li asciuga con il panno che portava, dicendo: “Vi dono l’esempio, affinché vi serviate vicendevolmente come mi avete visto fare.” Così, negli ordini religiosi, coloro che ricevono un incarico o prelatura qualsiasi, sono obbligati a provvedere a tutte le giuste necessità della comunità, devono essi assolverle in tutta la buona volontà e carità, quale che sia l’altezza della loro contemplazione e della loro vita, ed anche ricevere Nostro Signore tutti i giorni. Provano essi dell’imbarazzo nel guardare in loro stessi e nel pregare, tutti carichi come sono della rappresentazione delle cose che gli sono ordinare e di cui devono prendere cura, e per le preoccupazioni degli affari esteriori che toccano la comunità; essi non devono pertanto, a causa di tutto questo, né dimettersi, nérassegnarsi al loro incarico, né esonerare se stessi. Ma bisogna che obbediscano, fino alla morte, a Dio, al loro prelato e a tutta la comunità, in tutto ciò che è onesto, buono e utile a tutti. Devono tuttavia poter conservare, quando si rivolgono a Dio, amore, timore e riverenza, e nel loro ritorno verso l’esteriorità, spregio e abnegazione di se stessi. Tutto quello che possono da allora fare o soffrire, che stimano (valutano) poco e lo guardano come niente, per vera umiltà. Che siano, a riguardo della comunità e di tutto il mondo, pieni di dolcezza, di buon umore e di generosità, pronti ad assistere ciascuno con discrezione, secondo i bisogni,nella vera pace. Coloro che osservano queste regole, che siamo prelati e di rango inferiore, possono sempre avvicinarsi al Sacramento, quando lo vogliono e come lo facevano prima; poiché sono più conformi ora alla vita di Nostro Signore Gesù Cristo e all’insegnamento delle Scritture, assomigliano di più ai più grandi santi che ne facevano un tempo. Essi possedevano anche la vera radice della perfetta contemplazione e della perfetta attività in tutte le virtù. Io potrei dire la stessa cosa di tutti coloro che, al di fuori della vita religiosa, si esercitano al ritorno interiore e all’unità con Dio, e che, d’altra parte, si rivolgono verso l’esteriorità praticando le buone opere per l’utilità del prossimo, tutte le volte che lo reclama. Costoro, in effetti, sono tutti più perfetti, più elevati, più vicini a Nostro Signore e gli assomigliano di più di coloro che si dedicano esclusivamente all’interiorità senza rivolgersi all’esteriorità attraverso le opere della carità, purché restino padroni di loro stessi e che il servizio del prossimo lo esiga. Chi nell’intimo vuole solo vivere e contemplare, senza preoccuparsi di aiutare il prossimo, non ha nessuna vita intima né vera contemplazione, ma sbaglia in tutte le sue azioni. Bisogna assolutamente guardarsene.
CAPITOLO TREDICESIMO
Sulla quarta categoria di persone
C’è in seguito una quarta categoria di persone spirituali che devono andare al Sacramento. Sono degli uomini dotati di buona volontà, che, ricercando sinceramente l’onore di Dio e la propria salvezza, si sforzano di osservare le prescrizioni, le regole e le buone usanze che gli insegnano o che leggono negli scritti degli antichi, come costoro le hanno stabilite prima di essi attraverso le parole e le opere. Costoro sanno anche come devono comportarsi al refettorio, al dormitorio e all’infermeria; quando devono parlare o tacere, digiunare o mangiare; quali osservanze debbono seguire quando sono malati o in salute, sempre secondo la regola e le forze della natura, con saggia discrezione. In tutte le cose essi fuggono la propria volontà, obbedendo, praticando sempre qualche bene quando sono in salute, miti e pazienti quando sono malati, lottando e dominando continuamente la carne e il sangue e tutto quello che è al mondo. Tale è la regola comune presso tutti coloro che sono buoni, monaci o suore. Ma sono negligenti nelle loro azioni o omissioni, attraverso le proprie inosservanze grandi o piccole, in qualsiasi cosa la coscienza gli rimprovera o gli denuncia come peccato, faranno bene a confessarsene e ad accusarsene umilmente al prete, con contrizione di cuore, poi a farne penitenza secondo le indicazioni, mettendo in Dio buona confidenza. Così potranno liberamente andare al Sacramento, affidandosi alla grazia di Dio, tutte le volte che la regola ordinaria o il buon costume ce li conduce. Quanto alle altre persone spirituali che, al di fuori degli ordini religiosi, sono di buona vita e obbediscono a Dio, alla santa Chiesa e ai loro superiori, per quello che è dei giovani, della celebrazione delle feste e ditutte le pratiche comuni ai buoni cristiani, esse andranno così al Sacramento, secondo il consiglio del proprio confessore e le usanze del luogo dove abitano.
CAPITOLO QUATTORDICESIMO
Sulla quinta categoria di persone
Ecco ora la quinta categoria di quelli che vanno al Sacramento. Queste sono delle persone preoccupate e piene di se stesse, che si credono giuste e sante, abili e sagge più di tutti, su quello che è da fare o da omettere. Esse non sono illumina-ti da Dio, ed è per questo che hanno grande stima di se stesse e delle proprie opere. Molto spesso, mirano all’effetto, volendo apparire sante ed essere ritenute tali. Vogliono sempre avere vantaggio sugli altri uomini quando si tratta di confessarsi o di ricevere il Sacramento; e quando qualcuno in effetti fa più di loro, se ne adirono e se ne addolorano, poiché sembra che gli si faccia torto nel momento in cui li si anticipa; sono suscettibili e sensibili al sollecito, amando chi li loda
e chi lo onora, ma non chi li umilia e chi gli resiste. Accettano volentieri di essere chiamati santi, essere circondati di onori e di benessere. In alcuna cosa non soffrono di essere diretti, istruiti né ripresi; ma vogliono loro stessi dirigere, insegnare e riprendere tutti coloro che li avvicinano. Come in chiesa si applicano a leggere, pregare, ad inginocchiarsi in bella forma, quando ritornano in sé si mostrano duri, aspri, tristi, brontoloni, di approccio difficile per i loro domestici e per le persone che li circondano. Tuttavia hanno la spudoratezza e l’audacia di andare spesso al Sacramento; poiché tutto quello che fanno gli appare giusto e ben fatto, o solamente uno sbaglio leggero, quando non rigettano sugli altri i propri sbagli. Così, visto che queste persone si compiacciono della propria sorte, il loro spirito resta pieno di orgoglio e sono incapaci di riconoscere il male che nasce da una tale radice; poiché essi credono di meritare tutti i rispetti e avere sempre ragione in tutte le cose. Se, in queste circostanze, possono evitare il peccato mortale, a causa della loro ignoranza e delle molte confessioni che fanno, la loro vita è tuttavia molto pericolosa. Quando essi si confessano, si deve spesso mostrare loro severità, riprenderli e mortificarli nell’ orgoglio, e dirgli in tutta franchezza: “A rigore, per la misericordia del Signore, vi si può donare il santo Sacramento alle grandi feste, purché voi non siate senza speranza e possiate pazientare. Ma se voi siete miti e umili, potrete continuamente nutrirvi del Cristo e crescere in lui, allo stesso tempo approfittare in tutte le virtù.”
CAPITOLO QUINDICESIMO
Sulla sesta categoria di persone
La sesta categoria di persone che possono ricevere il santo Sacramento comprende, in modo generale, tutti coloro che amano abbastanza Nostro Signore e la propria salvezza per non permettersi mai di compiere volontariamente e deliberatamente un peccato mortale. Il timore e l’amore di Dio e di loro stessi li portano ad osservare i suoi comandamenti e quelli della santa Chiesa, per quello che è da fare o da omettere e per tutte le cose che si impongono di pieno diritto e necessariamente. Una volta l’anno, cioè a Pasqua, desiderano confessare e riconoscere al prete i loro peccati grandi e piccoli, in tutta franchezza, come li hanno fatti, secondo tutte le circostanze dove possono essere e conoscersi colpevoli. Poi vogliono ricevere il santo Sacramento, secondo la regola e il costume dei buoni cristiani. Sono decisi da sempre ad obbedire sempre di buon cuore e a fare penitenza dei loro peccati, a piacimento del loro confessore, e secondo le circostanze e il genere dei loro misfatti. Coloro che vivono così sono nella via comune con la quale si arriva in cielo, via che tutti i cristiani devono necessariamente seguire per essere salvi, comunque non senza severe penitenze e un lungo purgatorio.
CAPITOLO SEDICESIMO
Sulla settima categoria di persone
Viene in seguito la settima categoria, che comprende tutti gli uomini che meritano di essere disprezzati e respinti da Dio. Non gli si darà il Sacramento né durante la loro vita, né al momento della morte, a meno che essi non facciano penitenza. Questi sono innanzitutto i pagani e gli ebrei e tutti gli infedeli. Poi sono i cattivi cristiani che bestemmiano e disprezzano il Cristo, che non stimano l’augusto Sacramento o non credono che in esso sia presente la sua carne e il suo sangue. Sono tutti reietti. Le suggestioni e le tentazioni senza consenso della volontà non sono, è vero,soppresse con la grazia. Bisogna combatterle e trionfare con la fede, al fine di meritare ricompensa e non riprovazione; tuttavia è più santo, più facile e migliore praticare semplicemente la fede, al di sopra della ragione, senza alcuna pena né lotta. Ci sono ancora altri uomini cattivi e diabolici che dicono di essere il Cristo in persona o Dio: il cielo e la terra sono stati fatti dalle loro mani, e li sostengono con tutto quello che esiste. Superiori a tutti i Sacramenti della santa Chiesa, non ne hanno bisogno e non ne vogliono. Quanto agli ordini e usi ecclesiastici e tutto quello che i santi hanno lasciato nei loro scritti, essi se ne prendono il gioco e non ne ricordano niente. Ma ritengono santi e perfetti, invece, la sregolatezza, una eresia detestabile e i costumi selvaggi che loro stessi hanno inventato. Lapena e l’amore di Dio sono fuggite dal loro cuore; non vogliono conoscere né bene né male e pretendono di avere conosciuto presso di loro, al di sopra della ragione, l’essere senza usanze. Così gli sembra, nella loro follia, che tutte le creature ragionevoli, buone o malvagie, angeli o demoni, diventeranno nell’ultimo giorno una sola essenza senza modes; e dicono che questa essenza sarà Dio, di natura felice, senza conoscenza né volontà.
È questa, voi lo sottolineate, l’opinione più empia e folle che si sia ascoltata dall’inizio del mondo. Tuttavia molte persone che sembravano spirituali sono sedotte da queste idee e altre simili e diventano peggio dei demoni. La loro incredulità è condannata dai pagani e dagli ebrei, dalla legge naturale e dalla ragione e da tutto quello che è detto nella scrittura dei cattivi e dei buoni, degli angeli e dei demoni, dalle parole di Dio stesso e dai suoi atti. La nostra fede cattolica, in effetti, ci insegna che Dio è Trinità nell’ Unità e Unità nella Trinità, e che la sua natura è di conoscersi e amare lui stesso e di gioire intimamente del suo essere proprio; queste tre proprietà sono in lui invariabili ed eterne, senza inizio né fine. Allo stesso tempo lui è in se stesso la regola, il modello e come lo specchio di tutte le creature, ed è secondo questo esempio che ha creato tutto nell’ordine, nel modo, nel peso e misura che convengono, e così lui è in tutte le cose e tutte le cose sono in lui. Questa vita ideale che noi abbiamo in Dio non si fa che con lui ed è felice per natura; ma, come gli angeli, noi abbiamo un’altra vita che Dio ha creato da niente, per durare eternamente. Essa non può essere felice per natura, ma per la grazia di Dio lo può divenire. Se dunque, ricevendo la grazia, possediamo fede, speranza, conoscenza e amore, le nostre opere diventano virtuose e piacevoli a Dio, e noi ci eleviamo al di sopra di noi stessi per unirci a lui. Ma nessuna creatura può mai divenire Dio. Gli angeli stessi nel cielo non sono stati creati felici per natura, ma hanno ricevuto la grazia di Dio, e coloro che si sono rivolti verso di lui per la conoscenza e l’amore sono diventati felici, fermi e stabili, e uniti a Dio in un godimento eterno. Tuttavia non sono divenuti Dio e non potranno mai diventarlo; ma si tengono continuamente alla presenza del Signore, ciascuno separatamente e secondo la distinzione del suo stato e del suo ordine, come è stato stabilito da Dio in natura, in grazia e in gloria, e con i propri meriti. Loro restano così eternamente e noi tutti con essi, occupati a conoscere e ad amare, a gioire, a rendere grazie e a lodare Dio, ciascuno nel proprio stato e nel proprio ordine, in compagnia degli angeli, secondo chi ne è degno e chi lo ha meritato per le sue virtù. Ecco perché Nostro Signore dice che i nostri angeli contemplano continuamente la faccia del Padre che è nei cieli. Ma se gli angeli buoni si sono rivolti a Dio e hanno ricevuto la beatitudine, gli angeli cattivi, al contrario, si sono, per orgoglio, allontanati da Dio verso se stessi e si compiacciono nella nobiltà e del fascino che gli è stato donato per natura. Hanno disprezzato la grazia e il ritorno verso Dio e subito sono stati condannati e sono caduti dal cielo nelle tenebre maledette, dove devono dimorare eternamente. Tuttavia, sono peggio dei demoni gli uomini ipocriti e senza fede che disprezzano Dio e la sua grazia, la santa Chiesa e tutti i suoi sacramenti, le sante Scritture e tutte le pratiche della virtù, pretendendo di vivere al di sopra di tutte le regole, liberi da tutto, persi nel vuoto come quando non esistevano, rinunciando a tutta la conoscenza, tutto l’amore, tutta la volontà, il desiderio, la pratica della virtù, come se fossero completamente vuoti. E poiché vogliono peccare e abbandonarsi alla propria malizia impura, senza coscienza e pena, dicono che nell’ultimo giorno del giudizio, angeli e demoni, buoni e cattivi diventeranno tutti una sola e semplice sostanza di Dio, non essendo tutti che una sola beatitudine essenziale senza conoscenza né amore di Dio. E dopo questo, aggiungono essi, Dio sarà senza volere, senza conoscenza, senza amore né di se stesso, né di alcuna creatura. Ecco dunque il più grande disordine, la più cattiva e la più folle incredulità che fu mai intesa. A costoro non gli si donerà il santo Sacramento né in vita, né in morte e non li si seppellirà con i cristiani. Essi meritavano piuttosto si essere arsi al palo; poiché davanti a Dio sono condannati e appartengono al pozzo dell’inferno, ben lontani e ben più in basso di tutti i demoni. Ci sono ancora, voi lo sapete, tutti coloro che vivono nel peccato mortale e imitano il mondo con una vita grossolana, senza timore, amore né riverenza per Dio; non obbedendo né a Dio, né alla santa Chiesa, né alla legge cristiana. Non andranno al Sacramento, non più degli orgogliosi e i persecutori del loro prossimo. Avari, avidi, senza viscere, collerici, invidiosi, crudeli e malefici, che tempestano, bestemmiano, giurano e litigano usurpano, accaparrano, sono pronti a tutto, astuti, cattivi, ingannatori e cattivi consiglieri, falsi e senza nessun credito in tutte le loro azioni, pigri e pesanti, capaci di alcuna virtù, ma zelanti, pieni di fretta, di calore al peccato, intemperanti, mangioni e simili a dei maiali, ebbri di buon mattino e anche la sera. Che siano così pazzi non fa grande meraviglia; non pensano che a mangiare, a bere, ad avere il ventre pieno, è questo il loro dio: sono la preda del diavolo. Vogliono riempire tutta la loro tonnellata di cibo, di pesce senza misura: non c’è niente di buono da trarne. Poiché è volere una vita impura donare al proprio corpo piena soddisfazione, in parole, opere ed attitudini. Questi sono i recipienti del diavolo, perché sono gli schiavi del peccato: il demone è di pieno diritto loro padrone. Guardate che cattiva cerchia loro tutti, sono decaduti dalla grazia di Dio. Non bisogna donargli il Sacramento, perché tutta la loro vita non è che una caduta, a meno che per contrizione essi non ritornino e cerchino il perdono del Signore. Poiché la grazia di Dio è sempre pronta per coloro che vogliono correggere i loro misfatti. Ecco dunque, quando il peccatore si converte, deplora e confessa i suoi sbagli davanti al prete, con la volontà di fare penitenza, Dio lo accoglie. Il prete si rallegra allora con i santi e gli angeli, e gli dona il santo Sacramento, in qualsiasi momento dell’anno ci si trovi. Ma a quelli che nella loro incoscienza, senza ripensamenti né contrizione, perseverano nella loro malizia, che siano in punto di morte o ancora in vita, non gli si donerà il Sacramento, e non li si interrerà con i cristiani. Poiché se l’uomo persiste nella sua cattiva volontà e resta senza contrizione nei suoi peccati, non c’è né papa, né prete che vive che possa assolverlo: se muore è dannato.Si incontrano ancora degli uomini dotati di bontà naturale e di un felice temperamento, allegri di cuore, generosi e compassionevoli, di sangue caldo e facile a commuoversi, portati facilmente al bene o al male, secondo la società che frequentano. Cadono a volte in numerosi peccati gravi: ma quando vedono o ascoltano qualche cosa di positivo da parte di coloro che sono buoni, si lasciano facilmente prendere dai rimorsi e dalla paura dei propri peccati, e ritornano contriti alla penitenza. In altri la coscienza si risveglia sotto l’influenza della malattia e della paura della morte; o anche in un tempo propizio come la quaresima, i sermoni ed altre pratiche di penitenza in uso nella santa Chiesa, hanno come risultato di intaccarli moralmente di contrizione e di fargli prendere coscienza dei loro peccati. Da questo momento, docili alla grazia di Dio, deplorano e confessano i propri peccati e desiderano dare soddisfazione a Dio, alla santa Chiesa e a tutti gli uomini, secondo il poro potere. Unendo anche la propria volontà a Dio, possono allora andare al Sacramento, sostenuti dalla sua misericordia. Malgrado essi cadano spesso, si lasciano sempre più facilmente commuovere e sono più disposti a rialzarsi rispetto al altri che hanno una tempra più dura e più cattiva. E quando essi restano rigidi, approfittano anche di più della grazia e delle virtù di coloro il cui temperamento è cattivo e snaturato. Ancora, tutti coloro che in quaresima, si conformano al buon costume e fanno con lealtà e contrizione di cuore la propria confessione, che accettano la penitenza del loro confessore e hanno anche il buon proposito di vivere secondo la volontà di Dio, agendo o astenendosi e praticando la vera carità verso Dio e verso gli altri fratelli nella fede, allora riceveranno a Pasqua Nostro Signore, essendo in grazia con lui, secondo il consiglio del loro confessore e in vera umiltà di anima e di corpo. Ci sono anche tutti quegli uomini che, vivendo nel mondo, si mantengono in accordo con Dio e con la santa Chiesa, ed hanno una tale buona volontà che con la grazia di Dio si mantengono solidi e non commettono gravi peccati. Che siano sposati o no, padroni o servitori, compratori o venditori, coinvolti in qualsia-si genere di commercio, di lavoro o di onesto traffico, non vogliono in alcun modo ingannare né ledere gli altri, derubare né trattenere le cose altrui; ma veritieri e onesti in tutte le cose, essi desiderano solamente vivere secondo i comandamenti di Dio e della santa Chiesa, senza odio, né invidia, né avversione per le persone, generosi, al contrario, e compassionevoli verso tutti i bisognosi. Ascoltano volentieri la messa e le istruzioni; hanno timore, riverenza e amore verso Dio e tutte le persone per bene; si dispiacciono e confessano umilmente davanti al sacerdote tutte le proprie debolezze e si sottomettono alla penitenza e alle altre buone opere. Anche se presi da mille preoccupazioni esteriori per guadagnare il pane per sé e per la famiglia o fare l’elemosina ai poveri, possono tuttavia, confidando nella misericordia di Dio, ricevere il Sacramento in tutte le grandi feste, se lo desiderano. Poiché, anche se si imbattono spesso in sbagli veniali, hanno, secondo il proprio potere, una volontà buona e salda in tutte le cose. Ora notate con attenzione quali sono gli uomini di buona volontà, il cui volere è unito a Dio in tutte le cose, per agire, astenersi o sopportare. Questa buona volontà nasce dalla Spirito Santo; è anche uno strumento vivente e docile con il quale Dio fa quello che vuole. La bontà nella volontà dell’uomo è l’amore di Dio infuso, che lo fa applicare a tutte le cose divine e ad ogni virtù. La bontà della nostra volontà è la grazia di Dio e la nostra vita soprannaturale versate in noi per aiutarci a combattere e a vincere tutti i peccati. Unita alla grazia di Dio, la buona volontà ci rende liberi e ci eleva al di sopra di noi stessi per unirci a Dio in una vita contemplativa. Quando essa di rivolge a Dio, è lo spirito incoronato dell’amore eterno; e quanto essa esce all’esterno, governa le buone opere esteriori. Essa è anche il regno dove Dio regna con la sua grazia; in essa vive la carità, l’amore di Nostro Signore. Al di sopra di se stessa è felice ed unita a Dio; con lei noi siamo incolumi dal peccato ed acquistiamo una vita virtuosa. In essa, infine, abbiamo la pace e la tranquillità perfette; e se noi viviamo in questo modo,possiamo ricevere Nostro Signore nel Sacramento, tutte le volte che vogliamo.
Tratto dal sito: http://www.pasomv.it/
Beato Giovanni di Ruysbroeck - Canonico Regolare
Nato nel 1293 a Ruysbroeck, nei pressi di Bruxelles, Giovanni è uno dei maggiori mistici fiamminghi. Ordinato prete nel 1317, fu cappellano di Santa Gudula a Bruxelles. Nel 1343 si ritirò con due compagni nel bosco di Groenendael, vicino Waterloo. Molti si unirono e dal romitaggio sorse una comunità di canonici regolari, di cui Giovanni fu priore. Morì nel 1381 ed è beato dal 1903. Le sue opere furono così note, da meritargli i soprannomi "doctor divinus" e "secondo Dionigi".



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