Capitolo
decimo
Ci
sono ora delle distinzioni da stabile tra coloro che ricevono il
santo Sacramento, che siano chierici o laici. La prima categoria,
dalla quale comincio, comprende coloro che per natura provano
tenerezza nel cuore. Dal momento in cui sono toccati dalla grazia di
Dio, alla condizione che la seguono e le obbediscano, la loro
affezione e il loro desiderio si scaldano e si commuovono d’amore
per l’umanità di Nostro Signore, anche disprezzando e
abbandonando facilmente tutto quello che è al mondo, al fine di
potersi dedicare alla premura a tutto l’ardore dei loro desideri. E
come loro non possono avvicinarsi a Nostro Signore se non nel
Sacramento, provano un ardore impaziente, causato dal loro amore
intimo e dal desiderio insaziabile che hanno di ricevere questo
Sacramento, a tal punto che pensano a volte di perdere i sensi e
morire se non possono ottenerlo. Ma si trovano pochi uomini di questo
tipo. Sono, molto spesso, delle donne o delle ragazze, o pochi
uomini; poiché queste persone hanno una complessione più delicata
e non sono ancora elevate né illuminate secondo lo spirito. È per
questo che l’esercizio della loro devozione resta sensibile e
affettivo, interamente occupato dalla rappresentazione dell’umanità
di Nostro Signore; e esse non possono concepire né comprendere come
si possa riceverlo nello spirito al di fuori del Sacramento. Per
questo succede che esse soffrano interiormente a causa dell’affezione
e del desiderio che provano per Nostro Signore. Nessuno è allora
capace di farle ragionare e calmare, di donargli aiuto né riposo
prima che esse non abbiano ricevuto il Sacramento. Ma dal momento in
cui l’hanno ricevuto, sono pienamente soddisfatte e si abbandonano
al riposo, sostenute dall’inclinazione spirituale e dalladolcezza
sovrabbondante che le inonda nell’anima e nel corpo. E questo dura
fino a che una nuova grazia e un nuovo trasporto si impossessano del
loro essere e di tutte le forze della loro anima. Poiché da allora
esse sono colte di nuovo dall’affezione e dal desiderio, con grande
impazienza, come se non avessero ricevuto niente. Il loro cuore si
apre completamente e aspira a ricevere di nuovo il santo Sacramento;
esse sembrano veramente non ragionare. Esse assomigliano molto a
quell’ufficiale reale che pregava Nostro Signore di scendere a
Capharnaüm e di guarire suo figlio in punto di morte. E come il
Signore gli rispondeva: “Se voi non vedete dei miracoli né dei
segni, non credete”, l’ufficiale rispose: “Signore, scendi
prima che mio figlio muoia.” Poiché egli non credeva che Nostro
Signore poteva guarire suo figlio se non veniva nella sua casa e non
posava la mano sulla sua testa, o non faceva qualche altro segno per
guarirlo.
È
allo stesso modo che queste persone si comportano nel loro amore per
il santo Sacramento, che è un segno reale della presenza del corpo
di Nostro Signore. Il trasporto e il desiderio del Sacramento le
getta in una lunga impazienza e, avvicinandosi al prete e a Nostro
Signore, esclamano: “Signore, scendi nella mia casa attraverso il
tuo sacramento, prima che io muoia d’amore.” Il tempo che dura
questa disposizione, esse conservano forza e coraggio e sono al
riparo da peccati gravi, perché liberate da Dio. È per questo che
lui gli ha permesso di ricevere il Sacramento ogni domenica ed altri
giorni ancora, se si vuole donarglielo. Ma, se loro rifiutano questa
grazia, esse devono pensare che è la volontà di Dio e ricordarsi
allora, per applicare questo, le parole del Signore all’ufficiale
reale: “Andate, vostro figlio è in vita.” Quando l’anima, in
effetti, nella sua fede ed amore, desidera ricevere il santo
Sacramento, è piena di grazia; vive in Dio e Dio in lei. Questo
pensiero dovrà bastare e consolarle. Di complessione più delicata
del solito, queste persone sono soggette ancora alle inclinazioni
naturali. Così, quando vogliono pregare e dedicarsi alla
contemplazione dell’umanità di Nostro Signore con affezione ed
amore, sono a volte colpite e turbate, contro la propria volontà e
il loro gradimento, dai moti dellabrama animale; poiché la loro
pratica è ancora sensibile e resta sotto l’influenza della carne
e del sangue. Ora, in questo stato, più riflettono su se stesse e
pensano ai moti disordinati della loro sensibilità, più questi
moti aumentano, e più la natura si dirige verso quello che è
disordine ed errore. Se vogliono, al contrario, trionfare su queste
impressioni e mantenersi pure al servizio di Nostro Signore, che
dimentichino se stesse e rivolgano tutti i loro sguardi verso colui
che amano. In questo modo, la sua immagine si imprime nella loro
anima e nel loro corpo e nei loro sensi. Diventano pure e trionfano
su tutto quello che potrebbe nuocerle. Questa è la prima categoria
di persone che ricevono in modo degno il santo Sacramento.
Capitolo
undicesimo
Sulla
seconda categoria di persone
La
seconda categoria è più elevata della precedente. Si compone di
uomini che hanno lo spirito acuto e aperto, ma con delle inclinazioni
e delle brame naturali. Dal momento in cui ricevono la grazia di Dio
e ci restano, hanno più di una battaglia da sostenere, poiché la
carne si oppone allo spirito. È per questo che si dedicano alla
vita interiore e agli esercizi spirituali sotto gli occhi di Nostro
Signore, e in questo modo fuggono tutte le tentazioni, emozioni e
ribellioni della carne e del sangue. Ma, dal momento in cui mettono
in Dio la loro fede, la loro speranza e la loro fiducia piuttosto che
nelle loro proprie pratiche ed opere, la luce divina li eleva al di
sopra della ragione e dell’intelligenza. Restano loro così
elevati nella luce divina, ricercando e desiderando quello che supera
la regione e resta incomprensibile, piuttosto che quello che possono
scoprire e comprendere per se stessi, la loro fede diventa allora
perfetta e il loro amore si stabilisce sulla sua vera base. Diventano
liberi e conoscono Dio, la verità e la radice di tutte le virtù.
Tuttavia, la natura resta viva, e la carne e il sangue si fanno
sentire, così come i desideri, la grossolanità, la pigrizia e
tutti gli altri desideri istintivi. Ma dal momento in cui questi
uomini se ne rendono conto e ne prendono coscienza, respingono e
disprezzano in loro stessi tutto quello che si oppone a Dio e al loro
spirito e tutto quello che per loro sarebbe ritardo ed ostacolo
nell’inseguimento del loro bene più grande. Fuggendo anche la
sensibilità, si rifugiano interiormente nel loro spirito, davanti a
Nostro Signore, con fede e devozione, e pregano umilmente, come
faceva san Paolo quando era tentato dalla carne. È allora che lo
spirito di Nostro Signore dà risposta alla preghiera umile,
assicurando che la grazia di Dio è abbastanza forte per vincere
tutte le tentazioni: poiché la virtù si consolida
nell’imperfezione presso tutti coloro che lottano e si rifugiano
nella preghiera, nel loro spirito e nelle presenza di Dio. Questi
uomini somigliano veramente al centurione del Vangelo che credeva
già nel suo spirito, ma tuttavia era ancora pagano e incirconciso.
Lui comandava a cento uomini d’armi di servirlo e gli obbedivano
sempre. Ma lui aveva un servitore che giaceva senza forze nella sua
casa e soffriva gravemente di paralisi. Come egli pregava il Signore
di guarirlo, quest’ultimo gli rispondeva: “Io verrò e lo
guarirò.” Allora il centurione rispondeva: “Signore, io non
merito che tu venga sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola e
il mio servitore sarà guarito.” Nostro Signore avvertì la fede
di quest’uomo e immediatamente il suo servitore fu guarito. Lui si
reca anche dagli uomini di cui stiamo parlando. Essi soffrono delle
inclinazioni impure e sono attirati nel peccato; l’amore e
l’attrattiva per l’umanità di Nostra Signore sono presso
costoro ostacolate e disturbate. Allo stesso tempo il loro servitore,
cioè la parte sensibile, è in contraddizione con Dio e con la
parte spirituale; e il nemico tormenta la loro sensibilità, poiché
essa non vuole seguire lo spirito che si porta con amore al servitore
di Nostro Signore. Nel periodo in cui dura questa lotta, essi non
possono avere della fervida attrattiva per il santo Sacramento; ma
dicono nell’umanità del loro cuore: “Signore, io sono impuro;
non merito che il tuo santo corpo venga attraverso il Sacramentosotto
il tetto sporco del mio corpo. Signore, sono ancora indegno di ogni
onore,di ogni bene e di ogni consolazione che gli uomini virtuosi
ottengono da te. Devo quindi sempre piangere e gemere, e camminare
davanti a te con una fede ferrea. E, anche se sono povero e
abbandonato, non ti lascerò, ma griderò e supplicherò sempre,
fino a che la mia fede abbia ottenuto dalla tua grazia la guarigione
del mio servitore. Io ti loderò allora e ti servirò nella mia
anima e nel mio corpo, con tutto me stesso e con tutte le mie forze.”
È
così dunque che agiscono gli uomini spirituali di questa seconda
categoria, che piacciono a Dio di più di quelli della prima.
Invalidi e soggetti alle inclinazioni di natura, privi di
consolazione e di dolcezza da parte di Dio, sono tuttavia, nel loro
spirito, pieni di fede, di devozione e di amore divino. Hanno lottato
spesso con il demone, il mondo e la propria carne. Così hanno loro
bisogno nello spirito di un alimento forte che li renda capaci di
vincere tutte le cose, ed il corpo di Nostro Signore nel Sacramento.
Essi dovranno dunque riceverlo tutte le volte che la loro regola, il
loro ufficio o la lodabile consuetudine di genti spirituali che li
circonda glielo permetterà.
CAPITOLO
DODICESIMO
Sulla
terza categoria di persone
Gli
uomini virtuosi della terza categoria sono ancora più santi e più
alti secondo lo spirito e la natura. Raccolti in loro stessi e docili
all’influenza della grazia di Dio, camminano in sua presenza, con
uno spirito libero ed elevato, che travolge dopo di lui il cuore e i
sensi, l’anima, il corpo e tutte le sue forze. Sono padroni del
loro spirito e della loro natura, e possiedono anche la pace vera.
Poiché anche se possono provare ogni tanto delle emozioni nel loro
essere, se ne rendono prontamente vittoriosi, in loro non provano
alcun moto vizioso che duri. Hanno una vera conoscenza di Nostro
Signore, tanto della sua divinità che della sua umanità;
esercitano tale conoscenza con uno spirito spoglio di immagini,
quando rientrano in loro stessi e si elevano d’amore puro fino alla
natura di Dio, e quando si girano al di fuori con amore di cuore,
portano l’impronta dell’umanità di Nostro Signore. Con la
conoscenza e l’amore crescono in loro il gusto e l’esperienza: e
più essi gustano e sperimentano, più desiderano ed aspirano,
ricercano e approfondiscono, e scoprono l’amore nel proprio cuore,
nell’anima e dello spirito. Questi uomini somiglino veramente a
Zaccheo, di cui si parla nel Vangelo di san Luca. Egli desiderava
vedere chi era Gesù; ma ne era impedito dalla grande folla di
persone, poiché era basso e piccolo. Corre allora davanti a tutta
la folla e sale su un albero, nel posto in cui Gesù doveva passare.
Ma quando Gesù lo vede, gli dice: “Zaccheo, sbrigati a scendere,
perché oggi stesso devo abitare nella tua casa.” E Zaccheo
accoglie Nostro Signore con grande gioia nella sua casa e gli dice:
“Guarda, Signore, dono la metà dei beni ai poveri, e se faccio
torto a qualcuno nel rendo il quadruplo.” Al che Nostro Signore
risponde: “Ecco, oggi la salvezza è stata donata a questa casa,
perché quest’uomo è divenuto secondolo spirito un figlio di
Abramo.” Per la sua fede, in effetti, egli è salito, ha visto e
conosciuto Gesù, secondo il suo desiderio. Poi, per obbedienza, è
sceso ed ha ricevuto umilmente nella sua casa Gesù, che ora conosce
ed ama. Infine con grande liberalità ha donato i suoi beni,
rendendo ancora al quadripolo il torto che aveva fatto, e così ha
meritato di essere giustificato; questa è la sua vita, questo il
suo nome e per questo egli possiede la santità e la beatitudine, e
Gesù dimora sempre in lui, ora e nell’eternità. Osservate ora
come gli uomini di cui ho parlato somigliano molto a Zaccheo. Come
lui, desiderano vedere e conoscere Gesù, ma la completa ragione
come la luce naturale sono per questi troppo brevi e piccole. Così
corrono essi superando tutto quello che è folla e molteplicità di
creature: poi, per la fede e l’amore si elevano fino alla sommità
dei loro pensieri, là dove lo spirito si trova spoglio di immagini
e pienamente libero nella propria libertà. È qui che Gesù può
essere visto, conosciuto ed amato nella sua divinità; poiché è
qui che si presenta sempre agli spiriti alti e liberi che per amore
per lui hanno superato se stessi. Lui sispande in abbondanza di
grazia e di favori, ma gli dice anche: “Sbrigatevi a scendere,
poiché l’alta libertà di spirito non può che essere mantenuta
con la docilità dell’anima; e voi dovete conoscermi ed amarmi
come Dio e come uomo, oltrepassando in altezza tutte le cose così
come abbassandosi al di sotto di tutto. In questo modo, è sempre me
che gusterete, quando vi elevo al di sopra di tutte le cose e di voi
stessi fino a me, o quando vi umiliate come me e per me al di sotto
di tutto e di voi stessi. È allora che devo entrare nella vostra
casa e rimanerci in modo stabile con voi e in voi, e voi con me e in
me.” Quando questi uomini ascoltano, gustano queste parole e ne
fanno esperienza, essi si affrettano a scendere in un grande
disprezzo di se stessi, dicendo nell’umiltà del loro cuore, con
un reale dispiacere della loro vita e delle loro opere: “Signore,
non sono degno, sono assolutamente indegno di ricevere sotto il velo
del Sacramento il tuo corpo glorioso nella casa piena di peccati del
mio corpo e della mia anima. Ma, Signore, dammi la misericordia e
abbi pietà della mia povera vita e di tutti i miei sbagli.”
Osservatelo bene, così a lungo che questi uomini vedano la loro
inezia e i loro peccati, abbiano disprezzo di se stessi e pratichino
davanti a Dio timore amoroso, un umile disprezzo della propria
persona e una vera speranza. E nella misura in cui si abbassano così
per il disprezzo e lo spregio di loro stessi, in un vero sentimento
di umiltà, essi raggiungono Dio e si elevano davanti a lui con una
giusta riverenza. La loro vita e pratica consistono dunque a girarsi
da una parte verso Dio e a tornare poi verso se stessi. Quando si
girano interiormente, tendono verso Dio con uno spirito elevato e
libero, in una amorosa riverenza; e quando ritornano verso se stessi,
è per il proprio disprezzo e annientamento. Considerano allora
tutto quello che fanno o possono fare di buono, nell’interiorità
o esteriorità, come non avendo alcun prezzo, né importanza o
valore alcuno davanti agli occhi di Nostro Signore. Loro si dividono
tra questi due atti, guardando tanto verso l’interiorità che
tanto verso l’esteriorità, e restano sempre liberi di fare l’uno
o l’altro a loro piacimento. L’atto per il quale guardano verso
l’esteriorità è secondo la ragione, ha come radice la carità
e genera le buone pratiche e le sante opere; si allea con tutte le
virtù e si esercita sempre sotto lo sguardo di Dio. Anche coloro
che lo praticano restano essi sempre puri, con una coscienza senza
macchia; crescono continuamente in grazia e in tutte le virtù,
davanti a Dio e agli uomini. Per quanto riguarda l’interiorità,
essa si esercita tanto secondo la ragione, con l’aiuto di immagini
e di mezzi, tanto al di sopra della ragione, senza immagini e mezzi.
Quando è sottomessa alla ragione, è accompagnata allo stesso
tempo da grandi desideri e piena di saggezza, poiché coloro che la
praticano contemplano l’amore e la bontà di Dio, dove si apprende
tutta la saggezza, e ci attingono verità, umiltà e libertà. È
per questo che, mettendosi di fronte all’umanità di Nostro
Signore Gesù Cristo, usano questo linguaggio: “Signore, tu hai
detto: Senza di me, voi non potete niente. E ancora: Se voi non
mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue non avete la vita in
voi. E: colui che mangia la mia carne e beve il mio sangue vive in me
ed io in lui. Signore, quanto a me, io sono un povero peccatore,
indegno del cibo celeste che tu stesso sei. Tuttavia, Signore, ti sei
donato e concesso per il peccatore che disprezza se stesso, che
confessa e proclama con contrizione i suoi peccati, e che ha
veramente fiducia in te: è in lui che voi mettete le vostre
compiacenze. Poiché tu ci hai insegnato che non sei venuto per
chiamare il giusto, ma il peccatore, perché esso si converta e
faccia penitenza dei suoi peccati. È per questo che io mi
imbaldanzisco e agisco liberamente, dimenticandomi me stesso con
tutti i miei peccati davanti al padrone; poiché tu stesso dici:
“Venite a me, voi tutti che penate e portate il fardello, io vi
alleggerirò.” Tu ci hai insegnato anche che sei il nostro pane
vivente, sceso dal cielo; chi ne mangia, vive eternamente. Tu sei la
sorgente d’acqua viva che dal cuore di tuo Padre arriva a noi
attraverso l’operazione del Santo Spirito.” “Ecco perché,
Signore, più io mangio, più ho fame; più bevo e più ho sete.
Poi-ché io non possa né assorbirti, né consumarti; ma ti prego,
Signore, per la tua eccellenza, di assorbirmi e consumarmi in modo
che io sia con te e in te una sola vita. Che nella tua vita io possa
elevarmi al di sopra di me stesso, al di sopra di tutti i mezzi e di
tutte le pratiche, fino a questa realtà senza mezzi, fino a questa
carità senza misura, dove tu sei la tua stessa beatitudine e quella
di tutti i santi! Là io troverò il frutto e il bene di tutti i
sacramenti, di tutti i mezzi e di tutta la santità.” Ma questo
frutto, si deve cercarlo attraverso il procedere nei Sacramenti e
nella vita santa; e tuttavia lo si scopre senza mezzi e misure,
attraverso un amore eterno e senza fine. Nell’eternità, restiamo
in noi stessi e saremo felici, ordinati secondo i mezzi della gloria,
ciascuno in particolare secondo la misura delle proprie virtù e del
proprio amore. E al di sopra di noi stessi, gioiremo di Dio e vivremo
in lui, al di fuori dei mezzi, in questo amore senza fine che è lui
stesso. Coloro che comprendono e regolano anche la loro vita possono
ricevere ogni giorno il santo Sacramento, se si vuole donarglielo;
poiché tutto è in ordine presso di loro, sono pieni di grazia e
di virtù, nell’interiorità e nell’esteriorità, in tutte le
loro pratiche.
È
la terza categoria, che comprende gli uomini più alti e più degni
di avvicinarsi al Sacramento. Si riconoscono nella loro vita e nella
loro pratica quattro qualità.La prima è una coscienza pura libera
dal peccato. La seconda è una scienza e una saggezza sovrannaturali
che orientano lo sguardo interiore ed esteriore, cioè la
contemplazione e l’azione. La terza è la vera umiltà di cuore,
di volontà e di spirito manifestata nei modi, nelle parole e nelle
opere. La quarta qualità infine consiste nell’essere morto in
tutto quello che è proprietà o volontà propria, per entrare
nella libera volontà di Dio, nell’essere morto alle immagini che
annebbiano l’intelletto, per stabilirsi nella verità spogliata
dalle immagini, che è lo stesso Dio. Poiché la nuda semplicità
si spirito è il tempio stesso della divinità. Osservate ora che
la Nostra Signora possedeva nella sua vita e nella sua pratica queste
quattro qualità, quando conobbe Nostro Signore. Lei era pura, in
effetti, vergine senza peccato e tutta piena di grazia di Dio. Lei
testimoniava la sua scienza e saggezza nelle sue domande e risposte
all’angelo che le insegnava la verità totale. Lei era veramente
umile ed è questo che attira dal cielo sulla terra il Figlio di
Dio. Infine lei era morta nella sua volontà ed è per questo che
ha detto: “Ecco la serva del Signore; la sua volontà mi è
sovranamente desiderabile; che si compia la vostra parola.” Dal
momento in cui lo Spirito Santo ascoltò questa risposta, lei si
rallegrò talmente del suo amore divino che lui inviò per noi, al
santuario di Maria, il Figlio di Dio che ci ha guarito di tutte le
sofferenze. Vedete ed apprendete come da quel momento Maria, eletta
al di sopra di tutte le creature, poteva essere madre di Dio, regina
del cielo e della terra, ha tuttavia scelto di essere la serva di Dio
e di tutto il mondo. Così, dal momento in cui conobbe Nostro
Signore, se ne andò in grande fretta sulle montagne, come una umile
serva, al servizio di santa Elisabetta, madre di san Giovanni
Battista, e ci restò fino al giorno del concepimento.
È
allo stesso modo che il nostro caro Signore Gesù Cristo, suo
Figlio, Dio e Uomo, dopo aver consacrato il santo Sacramento, lo ha
donato ai suoi discepoli e preso lui stesso, si cinge di un panno e
si inginocchia davanti a loro, gli lava e piedi e li asciuga con il
panno che portava, dicendo: “Vi dono l’esempio, affinché vi
serviate vicendevolmente come mi avete visto fare.” Così, negli
ordini religiosi, coloro che ricevono un incarico o prelatura
qualsiasi, sono obbligati a provvedere a tutte le giuste necessità
della comunità, devono essi assolverle in tutta la buona volontà
e carità, quale che sia l’altezza della loro contemplazione e
della loro vita, ed anche ricevere Nostro Signore tutti i giorni.
Provano essi dell’imbarazzo nel guardare in loro stessi e nel
pregare, tutti carichi come sono della rappresentazione delle cose
che gli sono ordinare e di cui devono prendere cura, e per le
preoccupazioni degli affari esteriori che toccano la comunità; essi
non devono pertanto, a causa di tutto questo, né dimettersi,
nérassegnarsi al loro incarico, né esonerare se stessi. Ma
bisogna che obbediscano, fino alla morte, a Dio, al loro prelato e a
tutta la comunità, in tutto ciò che è onesto, buono e utile a
tutti. Devono tuttavia poter conservare, quando si rivolgono a Dio,
amore, timore e riverenza, e nel loro ritorno verso l’esteriorità,
spregio e abnegazione di se stessi. Tutto quello che possono da
allora fare o soffrire, che stimano (valutano) poco e lo guardano
come niente, per vera umiltà. Che siano, a riguardo della comunità
e di tutto il mondo, pieni di dolcezza, di buon umore e di
generosità, pronti ad assistere ciascuno con discrezione, secondo i
bisogni,nella vera pace. Coloro che osservano queste regole, che
siamo prelati e di rango inferiore, possono sempre avvicinarsi al
Sacramento, quando lo vogliono e come lo facevano prima; poiché
sono più conformi ora alla vita di Nostro Signore Gesù Cristo e
all’insegnamento delle Scritture, assomigliano di più ai più
grandi santi che ne facevano un tempo. Essi possedevano anche la vera
radice della perfetta contemplazione e della perfetta attività in
tutte le virtù. Io potrei dire la stessa cosa di tutti coloro che,
al di fuori della vita religiosa, si esercitano al ritorno interiore
e all’unità con Dio, e che, d’altra parte, si rivolgono verso
l’esteriorità praticando le buone opere per l’utilità del
prossimo, tutte le volte che lo reclama. Costoro, in effetti, sono
tutti più perfetti, più elevati, più vicini a Nostro Signore e
gli assomigliano di più di coloro che si dedicano esclusivamente
all’interiorità senza rivolgersi all’esteriorità attraverso
le opere della carità, purché restino padroni di loro stessi e
che il servizio del prossimo lo esiga. Chi nell’intimo vuole solo
vivere e contemplare, senza preoccuparsi di aiutare il prossimo, non
ha nessuna vita intima né vera contemplazione, ma sbaglia in tutte
le sue azioni. Bisogna assolutamente guardarsene.
CAPITOLO
TREDICESIMO
Sulla
quarta categoria di persone
C’è
in seguito una quarta categoria di persone spirituali che devono
andare al Sacramento. Sono degli uomini dotati di buona volontà,
che, ricercando sinceramente l’onore di Dio e la propria salvezza,
si sforzano di osservare le prescrizioni, le regole e le buone usanze
che gli insegnano o che leggono negli scritti degli antichi, come
costoro le hanno stabilite prima di essi attraverso le parole e le
opere. Costoro sanno anche come devono comportarsi al refettorio, al
dormitorio e all’infermeria; quando devono parlare o tacere,
digiunare o mangiare; quali osservanze debbono seguire quando sono
malati o in salute, sempre secondo la regola e le forze della natura,
con saggia discrezione. In tutte le cose essi fuggono la propria
volontà, obbedendo, praticando sempre qualche bene quando sono in
salute, miti e pazienti quando sono malati, lottando e dominando
continuamente la carne e il sangue e tutto quello che è al mondo.
Tale è la regola comune presso tutti coloro che sono buoni, monaci
o suore. Ma sono negligenti nelle loro azioni o omissioni, attraverso
le proprie inosservanze grandi o piccole, in qualsiasi cosa la
coscienza gli rimprovera o gli denuncia come peccato, faranno bene a
confessarsene e ad accusarsene umilmente al prete, con contrizione di
cuore, poi a farne penitenza secondo le indicazioni, mettendo in Dio
buona confidenza. Così potranno liberamente andare al Sacramento,
affidandosi alla grazia di Dio, tutte le volte che la regola
ordinaria o il buon costume ce li conduce. Quanto alle altre persone
spirituali che, al di fuori degli ordini religiosi, sono di buona
vita e obbediscono a Dio, alla santa Chiesa e ai loro superiori, per
quello che è dei giovani, della celebrazione delle feste e ditutte
le pratiche comuni ai buoni cristiani, esse andranno così al
Sacramento, secondo il consiglio del proprio confessore e le usanze
del luogo dove abitano.
CAPITOLO
QUATTORDICESIMO
Sulla
quinta categoria di persone
Ecco
ora la quinta categoria di quelli che vanno al Sacramento. Queste
sono delle persone preoccupate e piene di se stesse, che si credono
giuste e sante, abili e sagge più di tutti, su quello che è da
fare o da omettere. Esse non sono illumina-ti da Dio, ed è per
questo che hanno grande stima di se stesse e delle proprie opere.
Molto spesso, mirano all’effetto, volendo apparire sante ed essere
ritenute tali. Vogliono sempre avere vantaggio sugli altri uomini
quando si tratta di confessarsi o di ricevere il Sacramento; e quando
qualcuno in effetti fa più di loro, se ne adirono e se ne
addolorano, poiché sembra che gli si faccia torto nel momento in
cui li si anticipa; sono suscettibili e sensibili al sollecito,
amando chi li loda
e
chi lo onora, ma non chi li umilia e chi gli resiste. Accettano
volentieri di essere chiamati santi, essere circondati di onori e di
benessere. In alcuna cosa non soffrono di essere diretti, istruiti
né ripresi; ma vogliono loro stessi dirigere, insegnare e
riprendere tutti coloro che li avvicinano. Come in chiesa si
applicano a leggere, pregare, ad inginocchiarsi in bella forma,
quando ritornano in sé si mostrano duri, aspri, tristi, brontoloni,
di approccio difficile per i loro domestici e per le persone che li
circondano. Tuttavia hanno la spudoratezza e l’audacia di andare
spesso al Sacramento; poiché tutto quello che fanno gli appare
giusto e ben fatto, o solamente uno sbaglio leggero, quando non
rigettano sugli altri i propri sbagli. Così, visto che queste
persone si compiacciono della propria sorte, il loro spirito resta
pieno di orgoglio e sono incapaci di riconoscere il male che nasce da
una tale radice; poiché essi credono di meritare tutti i rispetti e
avere sempre ragione in tutte le cose. Se, in queste circostanze,
possono evitare il peccato mortale, a causa della loro ignoranza e
delle molte confessioni che fanno, la loro vita è tuttavia molto
pericolosa. Quando essi si confessano, si deve spesso mostrare loro
severità, riprenderli e mortificarli nell’ orgoglio, e dirgli in
tutta franchezza: “A rigore, per la misericordia del Signore, vi si
può donare il santo Sacramento alle grandi feste, purché voi non
siate senza speranza e possiate pazientare. Ma se voi siete miti e
umili, potrete continuamente nutrirvi del Cristo e crescere in lui,
allo stesso tempo approfittare in tutte le virtù.”
CAPITOLO
QUINDICESIMO
Sulla
sesta categoria di persone
La
sesta categoria di persone che possono ricevere il santo Sacramento
comprende, in modo generale, tutti coloro che amano abbastanza Nostro
Signore e la propria salvezza per non permettersi mai di compiere
volontariamente e deliberatamente un peccato mortale. Il timore e
l’amore di Dio e di loro stessi li portano ad osservare i suoi
comandamenti e quelli della santa Chiesa, per quello che è da fare
o da omettere e per tutte le cose che si impongono di pieno diritto e
necessariamente. Una volta l’anno, cioè a Pasqua, desiderano
confessare e riconoscere al prete i loro peccati grandi e piccoli, in
tutta franchezza, come li hanno fatti, secondo tutte le circostanze
dove possono essere e conoscersi colpevoli. Poi vogliono ricevere il
santo Sacramento, secondo la regola e il costume dei buoni cristiani.
Sono decisi da sempre ad obbedire sempre di buon cuore e a fare
penitenza dei loro peccati, a piacimento del loro confessore, e
secondo le circostanze e il genere dei loro misfatti. Coloro che
vivono così sono nella via comune con la quale si arriva in cielo,
via che tutti i cristiani devono necessariamente seguire per essere
salvi, comunque non senza severe penitenze e un lungo purgatorio.
CAPITOLO
SEDICESIMO
Sulla
settima categoria di persone
Viene
in seguito la settima categoria, che comprende tutti gli uomini che
meritano di essere disprezzati e respinti da Dio. Non gli si darà
il Sacramento né durante la loro vita, né al momento della morte,
a meno che essi non facciano penitenza. Questi sono innanzitutto i
pagani e gli ebrei e tutti gli infedeli. Poi sono i cattivi cristiani
che bestemmiano e disprezzano il Cristo, che non stimano l’augusto
Sacramento o non credono che in esso sia presente la sua carne e il
suo sangue. Sono tutti reietti. Le suggestioni e le tentazioni senza
consenso della volontà non sono, è vero,soppresse con la grazia.
Bisogna combatterle e trionfare con la fede, al fine di meritare
ricompensa e non riprovazione; tuttavia è più santo, più facile
e migliore praticare semplicemente la fede, al di sopra della
ragione, senza alcuna pena né lotta. Ci sono ancora altri uomini
cattivi e diabolici che dicono di essere il Cristo in persona o Dio:
il cielo e la terra sono stati fatti dalle loro mani, e li sostengono
con tutto quello che esiste. Superiori a tutti i Sacramenti della
santa Chiesa, non ne hanno bisogno e non ne vogliono. Quanto agli
ordini e usi ecclesiastici e tutto quello che i santi hanno lasciato
nei loro scritti, essi se ne prendono il gioco e non ne ricordano
niente. Ma ritengono santi e perfetti, invece, la sregolatezza, una
eresia detestabile e i costumi selvaggi che loro stessi hanno
inventato. Lapena e l’amore di Dio sono fuggite dal loro cuore; non
vogliono conoscere né bene né male e pretendono di avere
conosciuto presso di loro, al di sopra della ragione, l’essere
senza usanze. Così gli sembra, nella loro follia, che tutte le
creature ragionevoli, buone o malvagie, angeli o demoni, diventeranno
nell’ultimo giorno una sola essenza senza modes; e dicono che
questa essenza sarà Dio, di natura felice, senza conoscenza né
volontà.
È
questa, voi lo sottolineate, l’opinione più empia e folle che si
sia ascoltata dall’inizio del mondo. Tuttavia molte persone che
sembravano spirituali sono sedotte da queste idee e altre simili e
diventano peggio dei demoni. La loro incredulità è condannata dai
pagani e dagli ebrei, dalla legge naturale e dalla ragione e da tutto
quello che è detto nella scrittura dei cattivi e dei buoni, degli
angeli e dei demoni, dalle parole di Dio stesso e dai suoi atti. La
nostra fede cattolica, in effetti, ci insegna che Dio è Trinità
nell’ Unità e Unità nella Trinità, e che la sua natura è di
conoscersi e amare lui stesso e di gioire intimamente del suo essere
proprio; queste tre proprietà sono in lui invariabili ed eterne,
senza inizio né fine. Allo stesso tempo lui è in se stesso la
regola, il modello e come lo specchio di tutte le creature, ed è
secondo questo esempio che ha creato tutto nell’ordine, nel modo,
nel peso e misura che convengono, e così lui è in tutte le cose e
tutte le cose sono in lui. Questa vita ideale che noi abbiamo in Dio
non si fa che con lui ed è felice per natura; ma, come gli angeli,
noi abbiamo un’altra vita che Dio ha creato da niente, per durare
eternamente. Essa non può essere felice per natura, ma per la
grazia di Dio lo può divenire. Se dunque, ricevendo la grazia,
possediamo fede, speranza, conoscenza e amore, le nostre opere
diventano virtuose e piacevoli a Dio, e noi ci eleviamo al di sopra
di noi stessi per unirci a lui. Ma nessuna creatura può mai
divenire Dio. Gli angeli stessi nel cielo non sono stati creati
felici per natura, ma hanno ricevuto la grazia di Dio, e coloro che
si sono rivolti verso di lui per la conoscenza e l’amore sono
diventati felici, fermi e stabili, e uniti a Dio in un godimento
eterno. Tuttavia non sono divenuti Dio e non potranno mai diventarlo;
ma si tengono continuamente alla presenza del Signore, ciascuno
separatamente e secondo la distinzione del suo stato e del suo
ordine, come è stato stabilito da Dio in natura, in grazia e in
gloria, e con i propri meriti. Loro restano così eternamente e noi
tutti con essi, occupati a conoscere e ad amare, a gioire, a rendere
grazie e a lodare Dio, ciascuno nel proprio stato e nel proprio
ordine, in compagnia degli angeli, secondo chi ne è degno e chi lo
ha meritato per le sue virtù. Ecco perché Nostro Signore dice che
i nostri angeli contemplano continuamente la faccia del Padre che è
nei cieli. Ma se gli angeli buoni si sono rivolti a Dio e hanno
ricevuto la beatitudine, gli angeli cattivi, al contrario, si sono,
per orgoglio, allontanati da Dio verso se stessi e si compiacciono
nella nobiltà e del fascino che gli è stato donato per natura.
Hanno disprezzato la grazia e il ritorno verso Dio e subito sono
stati condannati e sono caduti dal cielo nelle tenebre maledette,
dove devono dimorare eternamente. Tuttavia, sono peggio dei demoni
gli uomini ipocriti e senza fede che disprezzano Dio e la sua grazia,
la santa Chiesa e tutti i suoi sacramenti, le sante Scritture e tutte
le pratiche della virtù, pretendendo di vivere al di sopra di tutte
le regole, liberi da tutto, persi nel vuoto come quando non
esistevano, rinunciando a tutta la conoscenza, tutto l’amore, tutta
la volontà, il desiderio, la pratica della virtù, come se fossero
completamente vuoti. E poiché vogliono peccare e abbandonarsi alla
propria malizia impura, senza coscienza e pena, dicono che
nell’ultimo giorno del giudizio, angeli e demoni, buoni e cattivi
diventeranno tutti una sola e semplice sostanza di Dio, non essendo
tutti che una sola beatitudine essenziale senza conoscenza né amore
di Dio. E dopo questo, aggiungono essi, Dio sarà senza volere,
senza conoscenza, senza amore né di se stesso, né di alcuna
creatura. Ecco dunque il più grande disordine, la più cattiva e
la più folle incredulità che fu mai intesa. A costoro non gli si
donerà il santo Sacramento né in vita, né in morte e non li si
seppellirà con i cristiani. Essi meritavano piuttosto si essere
arsi al palo; poiché davanti a Dio sono condannati e appartengono
al pozzo dell’inferno, ben lontani e ben più in basso di tutti i
demoni. Ci sono ancora, voi lo sapete, tutti coloro che vivono nel
peccato mortale e imitano il mondo con una vita grossolana, senza
timore, amore né riverenza per Dio; non obbedendo né a Dio, né
alla santa Chiesa, né alla legge cristiana. Non andranno al
Sacramento, non più degli orgogliosi e i persecutori del loro
prossimo. Avari, avidi, senza viscere, collerici, invidiosi, crudeli
e malefici, che tempestano, bestemmiano, giurano e litigano usurpano,
accaparrano, sono pronti a tutto, astuti, cattivi, ingannatori e
cattivi consiglieri, falsi e senza nessun credito in tutte le loro
azioni, pigri e pesanti, capaci di alcuna virtù, ma zelanti, pieni
di fretta, di calore al peccato, intemperanti, mangioni e simili a
dei maiali, ebbri di buon mattino e anche la sera. Che siano così
pazzi non fa grande meraviglia; non pensano che a mangiare, a bere,
ad avere il ventre pieno, è questo il loro dio: sono la preda del
diavolo. Vogliono riempire tutta la loro tonnellata di cibo, di pesce
senza misura: non c’è niente di buono da trarne. Poiché è
volere una vita impura donare al proprio corpo piena soddisfazione,
in parole, opere ed attitudini. Questi sono i recipienti del diavolo,
perché sono gli schiavi del peccato: il demone è di pieno diritto
loro padrone. Guardate che cattiva cerchia loro tutti, sono decaduti
dalla grazia di Dio. Non bisogna donargli il Sacramento, perché
tutta la loro vita non è che una caduta, a meno che per contrizione
essi non ritornino e cerchino il perdono del Signore. Poiché la
grazia di Dio è sempre pronta per coloro che vogliono correggere i
loro misfatti. Ecco dunque, quando il peccatore si converte, deplora
e confessa i suoi sbagli davanti al prete, con la volontà di fare
penitenza, Dio lo accoglie. Il prete si rallegra allora con i santi e
gli angeli, e gli dona il santo Sacramento, in qualsiasi momento
dell’anno ci si trovi. Ma a quelli che nella loro incoscienza,
senza ripensamenti né contrizione, perseverano nella loro malizia,
che siano in punto di morte o ancora in vita, non gli si donerà il
Sacramento, e non li si interrerà con i cristiani. Poiché se
l’uomo persiste nella sua cattiva volontà e resta senza
contrizione nei suoi peccati, non c’è né papa, né prete che
vive che possa assolverlo: se muore è dannato.Si incontrano ancora
degli uomini dotati di bontà naturale e di un felice temperamento,
allegri di cuore, generosi e compassionevoli, di sangue caldo e
facile a commuoversi, portati facilmente al bene o al male, secondo
la società che frequentano. Cadono a volte in numerosi peccati
gravi: ma quando vedono o ascoltano qualche cosa di positivo da parte
di coloro che sono buoni, si lasciano facilmente prendere dai rimorsi
e dalla paura dei propri peccati, e ritornano contriti alla
penitenza. In altri la coscienza si risveglia sotto l’influenza
della malattia e della paura della morte; o anche in un tempo
propizio come la quaresima, i sermoni ed altre pratiche di penitenza
in uso nella santa Chiesa, hanno come risultato di intaccarli
moralmente di contrizione e di fargli prendere coscienza dei loro
peccati. Da questo momento, docili alla grazia di Dio, deplorano e
confessano i propri peccati e desiderano dare soddisfazione a Dio,
alla santa Chiesa e a tutti gli uomini, secondo il poro potere.
Unendo anche la propria volontà a Dio, possono allora andare al
Sacramento, sostenuti dalla sua misericordia. Malgrado essi cadano
spesso, si lasciano sempre più facilmente commuovere e sono più
disposti a rialzarsi rispetto al altri che hanno una tempra più
dura e più cattiva. E quando essi restano rigidi, approfittano
anche di più della grazia e delle virtù di coloro il cui
temperamento è cattivo e snaturato. Ancora, tutti coloro che in
quaresima, si conformano al buon costume e fanno con lealtà e
contrizione di cuore la propria confessione, che accettano la
penitenza del loro confessore e hanno anche il buon proposito di
vivere secondo la volontà di Dio, agendo o astenendosi e praticando
la vera carità verso Dio e verso gli altri fratelli nella fede,
allora riceveranno a Pasqua Nostro Signore, essendo in grazia con
lui, secondo il consiglio del loro confessore e in vera umiltà di
anima e di corpo. Ci sono anche tutti quegli uomini che, vivendo nel
mondo, si mantengono in accordo con Dio e con la santa Chiesa, ed
hanno una tale buona volontà che con la grazia di Dio si mantengono
solidi e non commettono gravi peccati. Che siano sposati o no,
padroni o servitori, compratori o venditori, coinvolti in qualsia-si
genere di commercio, di lavoro o di onesto traffico, non vogliono in
alcun modo ingannare né ledere gli altri, derubare né trattenere
le cose altrui; ma veritieri e onesti in tutte le cose, essi
desiderano solamente vivere secondo i comandamenti di Dio e della
santa Chiesa, senza odio, né invidia, né avversione per le
persone, generosi, al contrario, e compassionevoli verso tutti i
bisognosi. Ascoltano volentieri la messa e le istruzioni; hanno
timore, riverenza e amore verso Dio e tutte le persone per bene; si
dispiacciono e confessano umilmente davanti al sacerdote tutte le
proprie debolezze e si sottomettono alla penitenza e alle altre buone
opere. Anche se presi da mille preoccupazioni esteriori per
guadagnare il pane per sé e per la famiglia o fare l’elemosina ai
poveri, possono tuttavia, confidando nella misericordia di Dio,
ricevere il Sacramento in tutte le grandi feste, se lo desiderano.
Poiché, anche se si imbattono spesso in sbagli veniali, hanno,
secondo il proprio potere, una volontà buona e salda in tutte le
cose. Ora notate con attenzione quali sono gli uomini di buona
volontà, il cui volere è unito a Dio in tutte le cose, per agire,
astenersi o sopportare. Questa buona volontà nasce dalla Spirito
Santo; è anche uno strumento vivente e docile con il quale Dio fa
quello che vuole. La bontà nella volontà dell’uomo è l’amore
di Dio infuso, che lo fa applicare a tutte le cose divine e ad ogni
virtù. La bontà della nostra volontà è la grazia di Dio e la
nostra vita soprannaturale versate in noi per aiutarci a combattere e
a vincere tutti i peccati. Unita alla grazia di Dio, la buona
volontà ci rende liberi e ci eleva al di sopra di noi stessi per
unirci a Dio in una vita contemplativa. Quando essa di rivolge a Dio,
è lo spirito incoronato dell’amore eterno; e quanto essa esce
all’esterno, governa le buone opere esteriori. Essa è anche il
regno dove Dio regna con la sua grazia; in essa vive la carità,
l’amore di Nostro Signore. Al di sopra di se stessa è felice ed
unita a Dio; con lei noi siamo incolumi dal peccato ed acquistiamo
una vita virtuosa. In essa, infine, abbiamo la pace e la
tranquillità perfette; e se noi viviamo in questo modo,possiamo
ricevere Nostro Signore nel Sacramento, tutte le volte che vogliamo.
Tratto
dal sito: http://www.pasomv.it/
Beato
Giovanni di Ruysbroeck - Canonico
Regolare
Nato
nel 1293 a Ruysbroeck, nei pressi di Bruxelles, Giovanni è uno dei
maggiori mistici fiamminghi. Ordinato prete nel 1317, fu cappellano
di Santa Gudula a Bruxelles. Nel 1343 si ritirò con due compagni nel
bosco di Groenendael, vicino Waterloo. Molti si unirono e dal
romitaggio sorse una comunità di canonici regolari, di cui Giovanni
fu priore. Morì nel 1381 ed è beato dal 1903. Le sue opere furono
così note, da meritargli i soprannomi "doctor divinus" e
"secondo Dionigi".
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