venerdì 4 maggio 2018

GESÙ NELLA S. MESSA RIPRESENTA LA SUA VITA, PASSIONE, MORTE, RISURREZIONE: celebra il Mistero pasquale che è al Centro del Credo e del Vangelo - (Ml. 1,10 s.; Mt. 26,26 ss.)


Il P. Pio da Pietrelcina ha scritto e ripetuto più volte che la Vergine era solita accompagnarlo all’altare quando andava a celebrare la S.Messa. “Povera mammina – scrive al suo Direttore spirituale – quanto bene mi vuole! Con quanta cura mi ha accompagnato all’altare questa mattina! Mi è sembrato che ella non avesse altro a pensare se non a me soltanto, col riempirmi il cuore di santi affetti”.
La Madonna è presente durante la S. Messa come era presente sul Calvario. Con questo pensiero meditiamo sulla grande verità del Sacrificio Eucaristico.
La S. Messa possiamo definirla – come leggiamo nella terza prece eucaristica – “il Sacrificio perfetto” con cui rendiamo a Dio “ogni onore e ogni gloria”.
1. CHE COS’È IL SACRIFICIO, inteso come culto a Dio? È un atto di adorazione al Signore che consiste nel prendere qualcosa che ci appartiene, per esempio (nei sacrifici antichi) i frutti del terreno o del bestiame, sottrarli all’uso comune e offrirli a Dio per riconoscere che tutto appartiene a lui, e in tale modo rendergli lode, ringraziamento, espiazione e supplica che sono le più forti esigenze dell’uomo che è convinto di essere creatura di Dio e di essere infinitamente amato da Lui.
2. I SACRIFICI LUNGO I SECOLI E I MILLENNI. Fin dall’inizio dell’umanità sono stati offerti dei sacrifici. La Bibbia ci ricorda Abele che offriva le primizie del suo gregge e Caino che offriva i frutti della terra e Noè e Abramo che offrivano sacrifici di ringraziamento. Anche Maria e Giuseppe, quando presentarono Gesù al Padre, nel tempio, offrirono un sacrificio, quello dei poveri: due colombi o tortore. Ancor oggi i Maomettani, che hanno attinto diverse cose dalla religione ebraica, ogni anno immolano, nel loro santuario della Mecca, centinaia di migliaia di agnelli, di vitelli, ecc. Gli ebrei questi sacrifici li offrivano per comando esplicito di Dio. Era loro costume di offrire ogni giorno, nel tempio, due agnelli in sacrificio a Dio. I sacrifici del popolo eletto erano preparazione e simbolo del sacrificio di Gesù. Sono stati offerti al Signore, uccisi, immolati milioni di agnelli, di vitelli, ecc., in un fiume di sangue che ha attraversato secoli e millenni, ma gli uomini comprendevano che non avevano onorato Dio come si deve onorare, ossia in maniera infinita.
3. IL SACRIFICIO DI GESU’:
a) Il Sacrificio del Calvario: viene l’atteso Messia, Gesù, vero Dio e vero uomo; viene soprattutto per offrire al Padre celeste il “Sacrificio perfetto”. Tutta la sua vita è Sacrificio, e il culmine del Sacrificio è la sua morte sul Calvario. Come uomo quel Sacrificio l’ha offerto a nome di tutta l’umanità e come Dio gli ha dato un valore infinito. Finalmente il Padre celeste ha ricevuto una lode infinita, un ringraziamento infinito, una espiazione per i nostri peccati di valore infinito, una supplica di una potenza infinita per ottenerci ogni grazia (Leggi Ebrei 9,11-15; 10,4-10).
Il Sacrificio di Gesù è unico: quello del Calvario, della Croce: e da solo è sufficiente per l’umanità di ogni epoca. Tuttavia prima di morire ha voluto istituire il Sacrificio dell’altare per ripresentare lo stesso Sacrificio del Calvario sino alla fine del mondo.
b) Il Sacrificio dell’altare o S. Messa fu annunciato ben cinque secoli prima che Gesù lo istituisse, dal profeta Malachia che riporta queste parole del Signore a Israele: “Oh, ci fosse tra di voi chi chiude le porte (del tempio di Gerusalemme ormai inutile), perché non arda più invano il mio altare! Non mi compiaccio di voi..., non accetto l’offerta delle vostre mani! Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome tra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome tra le genti” (1). Qui si tratta di un Sacrificio universale e puro e perfetto. Non può essere il sacrificio dei pagani, non accetto a Dio; neppure quello degli ebrei che nel testo citato e nel suo contesto è considerato indegno e rigettato. Non rimane che il Sacrificio di Gesù che è perfetto; e non si tratta soltanto di quello della Croce o del Calvario offerto una volta sola e in un solo luogo, ma si tratta della S. Messa che sarà offerta in ogni luogo e in ogni tempo, da dove sorge il sole fino a dove tramonta.
Il Sacrificio dell’altare è stato istituito da Gesù la sera antecedente la sua morte quando (dice il vangelo) “Gesù prese il pane, e, pronunciando la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: Prendete e mangiate; questo è il mio Corpo. Poi, prese il calice, e, dopo aver reso grazie, lo diede loro dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio Sangue dell’alleanza, versato per tutti in remissione dei peccati” (2). Con queste parole viene pure ricordato l’imminente spargimento di sangue ossia la sua morte che la S. Messa dovrà ripresentare.
Gesù per manifestare chiaramente che questo Sacrificio eucaristico doveva essere ripetuto, rivolto agli apostoli (che in quel momento li consacra Sacerdoti), e, mediante loro, rivolto a tutti i Sacerdoti futuri, dà questo comando: “Fate questo in memoria di me” (3). Da quell’ora, nella vera chiesa di Cristo, i Sacerdoti la S. Messa l’hanno sempre celebrata.
Nel 150 d. C. circa, S. Giustino, martire, ci descrive la liturgia della S. Messa, e, con nostra gioiosa sorpresa, ci accorgiamo che corrisponde molto bene alla S. Messa di oggi non solo nella sostanza, ma anche nei riti e nelle parole.
Ogni volta che il Sacerdote celebra la S. Messa, rappresenta Gesù e presta la sua persona e le sue labbra a Gesù, il quale dona a lui la sua potenza infinita, e, per mezzo di lui, ripete gli stessi gesti e le medesime parole che usò nel Cenacolo. In quell’istante cadono tutti i veli del tempo e dello spazio e noi ci troviamo sul Calvario accanto alla Madonna e a S. Giovanni e alle pie donne. E Gesù, mediante il Sacerdote, insieme al suo popolo, ripresenta (senza spargimento di sangue, già versato una volta per sempre), il medesimo Sacrificio della Croce all’eterno Padre, offrendogli tutti i meriti che si è acquistato nella sua passione e morte, a gloria infinita di Dio e a vantaggio infinito per noi.
Bossuet ripeteva che “nell’universo niente è più grande di Gesù, e, in Gesù nulla è più grande della sua passione, morte e risurrezione”. Ebbene, la S. Messa è la ripresentazione della passione, morte e risurrezione di Cristo. Quindi, in tutto l’universo, nulla vi è di più grande della S. Messa.
Consideriamo, da una parte tutte le preghiere, le sofferenze, le opere buone di tutte le persone oneste che sono state, che sono e che saranno sulla terra, e anche le lodi fervide e incessanti di tutti i Santi e di tutti gli Angeli del Cielo, dall’altra parte consideriamo una sola S. Messa: cosa vale di più? Una sola S. Messa vale infinitamente di più, perché quelle sono opere di creature, mentre la S. Messa è opera del Creatore, di Cristo Dio!
Perciò Paolo VI, nell’Enciclica “Misterium Fidei” esortava ogni cristiano a fare tutto il possibile per partecipare con fede e amore alla S. Messa non soltanto nelle domeniche, ma anche nei giorni feriali. E S. Agostino diceva: “Tutti i passi che uno fa per recarsi a partecipare alla S. Messa sono contati da un Angelo e per ogni passo sarà concesso da Dio sommo premio e in questa vita e nella vita eterna”. E lo stigmatizzato P. Pio, che vidi, durante la S. Messa (che si prolungava per due ore), tutto immerso nella sofferenza, in un grondare di lacrime che asciugava con fazzoletti bianchi, il P. Pio ripeteva “È più facile che la terra si regga senza sole che senza Messa”.
1º ESEMPIO. Martiri della Messa: Nell’Abitene, in Africa settentrionale, 49 cristiani furono sorpresi, nel 304, in casa del Prete Saturnino durante la celebrazione della S. Messa. Fu loro comandato di abbandonare Cristo e mai più partecipare alla S. Messa, pena la morte. Rifiutarono decisamente, gridando: Uccideteci pure, ma “noi non possiamo vivere senza partecipare alla Messa e alla Comunione almeno ogni domenica”. (“Sine dominico esse non possumus”). Furono crudelmente uccisi. Anche noi dovremmo ripetere, con le parole e con i fatti, come hanno ripetuto centinaia di milioni di martiri cristiani in duemila anni: Senza santificare ogni domenica con la S. Messa e la Comunione, non potremmo vivere su questa terra!
2º ESEMPIO. Il campionissimo della Messa, S. Lorenzo da Brindisi, Dottore della Chiesa, è uno dei Santi che maggiormente si è impegnato nella devota celebrazione dell’Eucaristia. Pur dovendo predicare, in media, tre o quattro volte al giorno, anche ai protestanti e perfino agli ebrei (sapeva a memoria tutta la Bibbia in greco e in ebraico), e pur dovendo quasi continuamente viaggiare in tutta l’Europa per incarichi della S. Sede e per visitare, quale Superiore Generale, ogni convento dei suoi Frati Cappuccini, sapeva trovare il tempo per impiegare, nella celebrazione privata della S. Messa, almeno tre o quattro ore. Ha raggiunto il primato nel giorno dell’Assunta: lui, tanto devoto della Madonna e uno dei più grandi mariologi, in quella festa ha celebrato una Messa della durata di ben 14 ore, con tante lacrime e sospiri che partivano da un cuore tutto fuoco di amore a Gesù e a Maria.
Egli andava ripetendo queste parole che dovrebbero essere nel cuore d’ogni cristiano: “La Messa è il mio paradiso sulla terra!”.
PROPOSITO. Faremo il possibile per partecipare con tanta fede e con grande devozione alla S. Messa non solo nelle domeniche, ma anche nei giorni feriali.

(1) Ml. 1,10 s.
(2) Mt. 26, 26 s
(3) Lc. 22, 19

GESÙ NELLA COMUNIONE
È CIBO DELL’ANIMA - (1 Cor. 11, 23-29)

Non dimentichiamo che Gesù si è fatto “Pane vivo disceso dal Cielo”. Perciò mentre dobbiamo ardere d’amore verso Gesù Sacramentato, nel contempo dobbiamo correre a cibarci di Lui, sull’esempio della Madonna, la quale, benché il Vangelo non ne parli in maniera esplicita, fu la prima lampada viva e ardente presso l’Eucaristia e fu l’anima più fervente di amore nel ricevere Gesù nella S. Comunione.
1. NELLA COMUNIONE C’È IL VERTICE E LA FOLLIA DELL’AMORE DI GESU’.
Il grande apologista Bossuet afferma che le esigenze dell’amore di Dio sono simili alle esigenze del cuore dell’uomo e in Dio sono infinite. Ora nel cuore dell’uomo ci sono tre principali esigenze.
a) Star vicino alla persona che si ama. Questa è pure l’esigenza dell’amore di Dio, ed ecco l’Incarnazione: il Signore ha realizzato pienamente quella sua eterna aspirazione, “io pongo le mie delizie nell’abitare tra i figli degli uomini” (1), quando nella pienezza dei tempi “il Verbo si fece uomo e venne ad abitare in mezzo a noi” (2).
Poi dovendo lasciare la terra con la sua morte, risurrezione e ascensione al Cielo, ha indovinato la maniera per rimanere con noi istituendo l’Eucaristia come sua “Presenza reale” nelle nostre chiese ove nel silenzio ripete: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e vi ristorerò” (3).
b) Sacrificarsi per la persona che si ama. Pensate alla mamma che, spinta da quell’“amor che intender non può chi non è madre”, assiste amorevolmente il suo figlio ammalato giorno e notte per mesi, per anni.
Così Cristo Dio ha sentito impellente il bisogno di sacrificarsi per noi, ed ecco la sua dolorosissima Passione e la sua atroce Morte sulla Croce per la nostra salvezza e santificazione. Poi, perché dopo la sua morte e risurrezione non avrebbe più potuto sacrificarsi per noi, ecco che prima di andare a morire ha istituito il Sacrificio dell’altare, la S. Messa, per ripresentare al Padre, per noi, la sua Passione e Morte sino alla fine del mondo.
c) Donarsi alla persona amata. Un esempio umano l’abbiamo nei figli e nipoti del conte Ugolino, rinchiusi nella torre della fame di Pisa da giorni e giorni, senza una briciola di cibo e senza una goccia d’acqua. Un raggio di sole entra, attraverso una piccola feritoia, nel buio carcere, e quei figli, scorgendo il loro papà ridotto a pelle e ossa, e vedendo che si morde ambo le mani, subito, per calmare un po’ la sua fame e per strapparlo, per poco tempo, dalla morte, si alzano – scrive il Sommo Poeta – e gli offrono in cibo le loro scarne braccia dicendo: Padre, sentiremo assai meno dolore “se tu mangi di noi: tu ne vestisti/ queste misere carni e tu le spoglia” (4). L’amore commovente di questi innocenti fanciulli verso il loro papà morente di fame, è una pallida immagine dell’amore infinito di Cristo Dio che dona tutto se stesso come cibo per le anime nostre. Gesù ha sentito in misura molto più profonda di ogni persona umana la forte esigenza di donarsi a noi, e il suo dono è stato di una totalità incredibile: con l’istituzione della Comunione è giunto fino a farsi mangiare da noi! E ogni giorno – e più solennemente ogni domenica – ci rivolge il pressante e dolce invito: “Prendete e mangiate: questo è il mio Corpo. Prendete e bevete: questo è il Calice del mio Sangue” (5).
Quì Gesù ha raggiunto il vertice dell’amore, quasi la pazzia dell’amore per noi. S. Agostino afferma: “Dio, essendo onnipotente, non potè dare di più; essendo sapientissimo, non seppe dare di più; essendo ricchissimo, non ebbe da dare di più”. E S. Pier Giuliano Eymard esclama: “L’Eucaristia è la suprema manifestazione dell’amore di Gesù: dopo di essa non c’è che il Paradiso”.
2. LA COMUNIONE È IL SACRAMENTO DELLA VITA: O CIBARCI DI GESU’ O MORIRE alla vita della grazia santificante.
Davanti all’Eucaristia come Comunione, c’è questa legge inequivocabile: o mangiare o morire, è la legge di ogni vita che palpita sulla terra. Vale per la vita degli alberi, delle foglie, dei pesci, degli animali, per la vita dell’uomo. E siccome l’uomo è composto di corpo e di anima, il corpo trova il suo cibo nel pane e simili alimenti; ma l’anima è divina perché divinizzata dalla grazia, quindi ha bisogno di un cibo divino: questo cibo è Gesù nell’Eucaristia. E come il cibo per il corpo è giornaliero, così la Comunione (cibo dell’anima) dovrebbe essere giornaliera, come raccomanda il Vaticano II (6), e come facevano i primi cristiani: “Erano assidui – attestano gli Atti – nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera. Ogni giorno, tutti insieme spezzavano il pane a casa” (7).
Facciamo nostra la preghiera di S. Agostino: “O Gesù, dammi fame di te, affinché cibandomi di te, abbia sempre maggior fame di te”.
Così sentiremo impellente il bisogno della Comunione domenicale e possibilmente quotidiana, e ci preoccuperemo di ricevere, quando sarà giunto il momento, la Comunione come Viatico che è il sacramento della partenza per il viaggio più lungo e più importante. Viatico significa: la via con Te (via tecum): voglio fare l’ultimo cammino insieme a Te, o Gesù. Questa, la formula: “Il Corpo di Cristo! Egli ti custodisca e ti conduca alla vita eterna”.
Tutti abbiamo bisogno dell’Eucaristia.
Ne hanno bisogno gli anziani nella sera della loro vita per moltiplicare le loro opere buone e prepararsi sempre meglio all’incontro gioioso con Gesù risorto.
Ne hanno bisogno i genitori nell’arte difficilissima di educare i figli con la parola e con l’esempio. Solo Gesù può rendere efficace il loro insegnamento.
Ne hanno bisogno gli ammalati per avere miglioramento, coraggio, serenità, conforto e per santificare le loro sofferenze.
Ne hanno bisogno i giovani nelle loro lotte spirituali per conservare la fede, la castità e le altre virtù. Don Bosco, il Santo dei giovani, affermava: “Non ho conosciuto mai nessun giovane che si sia mantenuto casto senza fare la Comunione almeno ogni quindici giorni”; e aggiungeva: “allontanarsi dalla Comunione è lo stesso che darsi in braccio al demonio”.
S. Giuseppe Moscati, grande medico e grande santo, davanti a un giovane con la salute devastata dai vizi impuri, prese un foglio e scrisse: “Cura dell’Eucaristia”.
Cari giovani, vi esorto ad essere tutti drogati, sì, ma drogati di amore a Gesù Sacramentato, drogati d’amore talmente grande che non possiate fare a meno di riceverlo ogni giorno, al minimo ogni domenica. La frequente e fervorosa Comunione risolverà tutte le vostre crisi, vi renderà liberi e forti e lieti, farà di voi dei fidanzati casti e santi e dei genitori veri maestri di fede ai figli e sicura loro guida verso Gesù. Forse, vi otterrà il dono più grande: la Vocazione sacra.
Ne hanno bisogno i fanciulli affinché rimangano angeli nell’anima. Don Bosco ripeteva: Il mezzo migliore e infallibile perché i fanciulli crescano buoni, nella grazia di Dio, è questo: Confessione frequente e Comunione devota ogni domenica.
Tutti ne abbiamo bisogno: senza Eucaristia, scivoleremo inevitabilmente nella tiepidezza e poi nel peccato grave e poi verso la perdita della fede. Don Bosco diceva: “La Comunione frequente e ben fatta e la pace con i propri difetti (ossia la tiepidezza) non possono stare insieme. La Comunione è il mezzo più efficace per diventare santi”.
Gesù ci ricorda l’assoluta necessità che abbiamo dell’Eucaristia con queste forti parole: “Se voi non mangerete la Carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo Sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (8)
Giustamente nelle solenni esposizioni dell’Eucaristia noi cantiamo: “O salutaris Hostia, quae caeli pandis ostium”: O Ostia di salvezza, tu ci spalanchi le porte del Cielo!”.
ESEMPIO. La Serva di Dio Angelina Pirini, di Sala di Cesenatico (1922–1940).
La Romagna, tacciata come terra di anticlericali (li chiamano “mangiapreti”), sta rivelandosi terra di santi. Infatti, in quest’ultimi decenni, nella sola provincia di Forlì, sono vissute e morte santamente, in giovanissima età, diverse persone, il cui processo per la beatificazione procede celermente. Alcuni nomi: Marvelli Ing. Alberto di Rimini; Carla Ronci di Torre Pedrera; Benedetta Bianchi Porro di Dovadola, ecc. Si può aggiungere il nuovo Beato ventunenne e passionista B. Pio Campidelli di Trebbio Poggioberni (Forlì) e il servo di Dio Don Quintino, Eremita a S. Alberico di Balze (Forlì), e Nilde Guerra (1922-1949) di S. Potito (RA), francescana secolare; ecc.
Angelina Pirini è volata al Cielo a soli 18 anni. A 12 anni avviene in lei una meravigliosa conversione ascetica, inizio di una forte ascesi spirituale. Ha un ardentissimo amore a Gesù vivente nell’Eucaristia. Scrive: “O Gesù, Tu sei il mio unico amore: il mio pensiero è sempre fisso in Te”. “Sento che l’amore divino ha completamente invaso l’anima mia e io mi sento bruciare da questa inestinguibile fiamma”. “Prendimi, o Gesù, e crocifiggimi, voglio soffrire”. L’alimento del suo amore è l’Eucaristia. Tutte le mattine, fin dai 12 anni, partecipa, con amore di fiamma, alla S. Messa e alla Comunione. Poi questi misteri eucaristici li vive intensamente in casa e fuori casa: sempre gentile, caritatevole, pazientissima, buona con tutti. Si offre a Gesù come vittima per la conversione dei peccatori. Consacra a Dio in perpetuo la sua verginità, e fa pure voto di obbedienza. Rifiuta diverse offerte di fidanzamento. È Delegata per le “Beniamine” e poi Presidente della “Gioventù femminile” dell’Azione Cattolica. È premurosissima nel presiedere le adunanze, nel tenere le conferenze, nello stimolare tutte all’amore a Gesù, alla devozione alla Madonna, negli inviti pressanti alla santità. Così tutte diventano sempre più buone e una, Irma Ceredi, vive santamente e muore, giovanissima, in concetto di santità.
La Pirini si ammala; ha tante sofferenze. Ripete: “Soffro moltissimo. offro tutto, o Mamma (celeste), al mio Gesù, in onore suo, per i poveri peccatori, per i Sacerdoti e per tutte le anime”. Le Comunioni quotidiane sono diventate vere estasi, sembrano autentiche visioni.
Sentendo imminente sorella morte, chiede il Viatico che le sarà portato in forma solenne. Non ha più né forze e né voce. Dalla chiesa parte il Parroco portando l’Eucaristia, preceduto dal corteo delle fanciulle e delle altre persone, che cantano. Lei ode i canti e con ansia attende Gesù per l’ultima Comunione; vorrebbe cantare, ma non ha neppure un filo di voce; allora con fede dice a Gesù: “Se vuoi, fammi cantare con le bambine”. Il Parroco, entrato in casa per darle il Viatico, con sorpresa, la vede seduta sul letto, mani giunte, occhi scintillanti di gioia e la ode cantare con voce squillante. Dopo qualche giorno, con il canto nella mente, con Gesù nel cuore, vola verso il Cielo.
Potessimo avere anche noi la tenera devozione alla Madonna e l’ardentissimo amore a Gesù Sacramento che aveva Angelina!
PROPOSITO. Faremo con tanta fede e con tanto amore la S. Comunione ogni domenica e possibilmente ogni giorno. Ci vogliamo impegnare a fare più volte, durante la giornata, la Comunione spirituale.

(1) Prov. 8,31
(2) Gv. 1,14 s.
(3) Mt. 11,28
(4) Inf. XXXIII, 61 ss.
(5) 1 Cor, 11, 24
(6) Vat. II, “Decr. sulle Chiese orient. 15
(7) At. 2, 42.46
(8) Gv. 6,53 s.

Tratto da “Con Maria verso Gesù” di fr. Crispino Lanzi, Cappuccino


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