sabato 15 giugno 2019

RICONDURRE LA SOCIETÀ A DIO… di don Orione



«Questi tempi, scrisse già l'Ecc. Card. Parrocchi, comprendono della carità soltanto il mezzo e non il fine ed il principio: Dite agli uomini di questi tempi: — Bisogna salvare le anime che si perdono, è necessario istruire coloro che ignorano i princìpi della religione, è duopo far elemosina per amore di Dio... e gli uomini non capiscono...». Ma oggetto primo della carità sono le anime, e le anime non possono in alcun modo vivere in se stesse questa carità se non si tengono unite alla Chiesa e al Papa. Mai come ai tempi nostri il popolo fu così staccato dalla Chiesa e dal Papa, ed ecco quanto è provvidenziale che questo amore sia risvegliato con tutti i mezzi possibili perché ritorni a vivere nelle anime l'amore di Gesù Cristo. L'uomo è quale è l'idea che pensa ed in se stesso matura, e le sue azioni sono sempre conformi all'idea stessa da cui è guidato. E perciò quanto maggiormente sarà sentito l'amore al Papa e alla Chiesa in coloro che per ragioni di ministero sono maestri dei popoli, di altrettanto sarà più ardente la fiamma che li agita nel comunicare alle anime questo sentimento, senza del quale nessuna partecipazione di vita soprannaturale può venire; in tal modo l'esercizio della carità raggiungerà perfettamente il suo scopo corrispondente ai bisogni dei tempi nostri, che è precisamente questo di ricondurre la Società a Dio riunendola al Papa e alla Chiesa. E non si direbbe che nei disegni di Dio questa riunione trova una prossima preparazione nello stesso fenomeno sociale dei nostri giorni che tende all'universale affratellamento? Noi vediamo sorgere da per tutto opere di beneficenza ed istituzioni di soccorsi di ogni genere nonostante l'odio di classe che sembra voler sconvolgere ogni ordinamento politico, sociale e famigliare; ma tuttavia si sente più forte che mai il bisogno che ogni odio si spenga e l'amore ritorni a rasserenare i cuori. Ebbene, quando il Papa sarà riconosciuto con sentimento di fede quale padre universale dei popoli, e la Chiesa sarà nuovamente la maestra illuminatrice delle menti colla sua dottrina infallibile e ritornerà a far ripulsare nei cuori la vita soprannaturale che da Lei emana, la pace serena e sicura regnerà negli individui e nella società. Quella carità pertanto che viene esercitata nella società nostra prendendo le mosse dell'amore del Papa e della Chiesa, e mirando al raggiungimento di questo amore in tutti, è precisamente quella che meglio risponde al bisogno dei tempi. E tale è lo spirito da cui è informata l'Opera della Divina Provvidenza, tale è la sua fisionomia, il suo carattere tipico: Instaurare omnia in Christo!

AVREMO UN GRANDE RINNOVAMENTO SE AVREMO UNA GRANDE CARITÀ


Viviamo in un secolo che è pieno di gelo e di morte nella vita dello spirito. Tutto chiuso in se stesso, nulla vede che piaceri, vanità, passioni e la vita di questa terra, e non più. Chi darà vita a questa generazione morta alla vita di Dio, se non il soffio della Carità di Gesù Cristo? La faccia della terra si rinnovella al calore della primavera; ma il mondo morale solo avrà vita novella dal calore della Carità. Noi dobbiamo chiedere a Dio non una scintilla di Carità, come dice l'Imitazione di Cristo, ma una fornace di Carità da infiammare noi e da rinnovellare il freddo e gelido mondo, con l'aiuto e per la grazia che ci darà il Signore. Avremo un grande rinnovamento cattolico, se avremo una grande Carità. Dobbiamo, però, incominciare ad esercitarla oggi tra di noi, a coltivarla nel seno dei nostri istituti, che devono essere veri cenacoli di Carità. Nemo dat, quod non habet: non daremo alle anime fiamme di vita foco e luce di Carità, se prima non ne saremo accesi noi, e molto accesi. La Carità deve essere il nostro slancio, il nostro ardore, la nostra vita: noi siamo i «garibaldini» della Carità di Gesù Cristo.
La causa di Dio e della sua Chiesa non si serve che con una grande Carità di vita e di opere. Non penetreremo le coscienze, non convertiremo la gioventù, non i popoli trarremo alla Chiesa, senza una grande Carità, e un vero sacrificio di noi, nella Carità di Cristo.
C'è una corruzione, nella società, spaventosa; c'è una ignoranza di Dio spaventosa; c'è un materialismo, un odio spaventoso: solo la Carità potrà ancora condurre a Dio i cuori e le popolazioni e salvarle. Senza la carità non avremmo né gli Apostoli, né i Martiri, né i Confessori, né i Santi. Senza la carità non avremmo il Sacerdozio, che è missione e frutto insieme e fiore di divina carità. È lo spirito di Dio, che è spirito di celeste carità, che deve portarci a curare nei giovani le sante vocazioni religiose ed i futuri sacerdoti, perché tante scuole, tante rinnovazioni di anime di popoli e di opere non fioriscono che per il Sacerdozio e per la vita religiosa. Confortatevi e siate gagliardi nella Carità. Confortatevi, o miei figliuoli! «Vi è una gioia» dice sant'Agostino (X. 22), «che non è concessa a chi vive di terra e per la terra, ma sì a coloro che amano e servono al Signore e alla Chiesa con disinteressato amore; e questa gioia sei Tu, o Signore e Dio nostro! Qui sta la vita beata: nel godere di Te, in Te, per Te!».

CAMMINARE ALLA TESTA DEI TEMPI

Noi non facciamo politica: la nostra politica è la carità grande e divina, che fa del bene a tutti. Noi non guardiamo ad altro che alle anime da salvare. Se una preferenza la dovremo fare, la faremo a quelli che ci sembreranno più bisognosi di Dio, poiché Gesù è venuto più per i peccatori che per i giusti. Anime e anime! Ecco tutta la nostra vita; ecco il nostro grido, il nostro programma, tutta la nostra anima, tutto il nostro cuore: Anime e anime! Ma, per meglio riuscire a salvare anime, bisogna pur saper adottare certi metodi, e non fossilizzarci nelle forme, se le forme non piacciono più, se diventano, o sono diventate, antiquate e fuori uso... Facciamo cristiana la vita, facciamo cristiana l'anima degli orfani e dei giovani a noi affidati: questo è ciò che Iddio, e la Chiesa chiedono da noi. E adoperiamo tutte le sante industrie, tutte le arti più accette e più atte per arrivare a questo! Anche quelle forme, quelle usanze, che a noi possano sembrare un po' laiche, rispettiamole e adottiamole, occorrendo, senza scrupoli, senza piccolezze di testa: salvare la sostanza, bisogna! Questo è il tutto.
I tempi corrono velocemente e sono alquanto cambiati, e noi, in tutto che non tocca la dottrina, la vita cristiana e della Chiesa, dobbiamo andare e camminare alla testa dei tempi e dei popoli, e non alla coda, e non farci trascinare. Per poter tirare e portare i popoli e la gioventù alla Chiesa e a Cristo bisogna camminare alla testa. Allora toglieremo l'abisso che sí va facendo tra il popolo e Dio, tra il popolo e la Chiesa.
La SS. Vergine ví conforti tutti e vi assista da tenera Madre. Ella, la Vergine Celeste, come soleva chiamarla san Giovanni Bosco, ví dica, o cari figli, tutto il mio affetto in Gesù Cristo per voi, e la Madonna SS. vi protegga nel vostro lavoro. Lavoro, lavoro, lavoro! Noi siamo i figli della fede e del lavoro. E dobbiamo amare ed essere gli apostoli del lavoro e della fede. Noi dobbiamo correre sempre per lavorare e lavorare sempre di più. Guardare al cielo, pregare, e poi... avanti con coraggio e lavorare! «Ave Maria e avanti», diceva a Bartolo Longo quel santo e serafico frate che fu Padre Lodovico da Casoria. Sempre avanti, figliuoli miei, in Domino. Sempre avanti con la Madonna. «Ave Maria e avanti». Avanti in Domino!

VOLLE MORIRE A BRACCIA APERTE TUTTI CHIAMANDO AL SUO CUORE SQUARCIATO

Cristo non aveva soldati, non ne volle avere mai. Non sparse il sangue di nessuno, non abbruciò la casa di nessuno. Non volle inciso il suo nome sulle rocce dei monti, ma nei cuori degli uomini! Questo re non fece del male a nessuno, fece del bene a tutti, come la luce del sole che piove sui buoni e sui cattivi. Egli stese la mano ai peccatori, andò loro incontro, sedendo e mangiando pur con essi, ad ispirare fiducia, per riscattarli dalle loro passioni, dai vizi e, riabilitati, indirizzarli a vita onesta, al bene, a virtù. Posò dolcemente la mano sulla fronte febbricitante degli ammalati, e li guarì da ogni languore. Toccò gli occhi ai ciechi nati, ed essi ci videro, e videro in lui il Signore! Toccò le labbra dei muti, e parlarono e benedirono in Lui al Signore! ai colpiti da sordità disse: «Udite!», e udirono; ai lebbrosi e reietti disse: «Voglio mondarvi» (Mt 8, 3), e la lebbra cadde a squame, furono mondati. Portò la luce del conforto nel tugurio, ed evangelizzò i poveri, vivendo nel paese più misero della Palestina. Non cercò seguito tra i grandi, né esaltò i potenti dell'intelligenza, del braccio o della borsa, ma gli umili e i poverelli, poverissimo anche Lui. «Le volpi hanno la tana — diceva — e gli uccelli il nido, ma il Figliuolo dell'Uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8, 20). Viveva frugalmente, abituando i suoi seguaci alla disciplina della mortificazione, della preghiera, del lavoro, onde fortificarli nella vita dello spirito. Egli primo si mortificò, pregò, lungamente lavorò, santificando così, con le sue mani e con la sua vita, il lavoro. D'aspetto semplice, amava la mondezza, schiva da qualsiasi adornamento; la santità della vita e della dottrina aveva tali che sarebbe bastato a mostrarlo l'Inviato di Dio. Gli occhi e la fronte gli erano illuminati da tanta celeste beatitudine che nessun onesto poteva sentirsi infelice dopo aver visto quel volto. A chi gli domandava come si dovesse vivere, rispondeva: «Amate Iddio sopra ogni cosa e il prossimo come voi stessi; spogliatevi del superfluo per darlo ai poveri, e poi, se volete essere perfetti, rinnegate voi stessi, abbracciate la vostra croce e venite, seguitemi!...» (cf. Mt 19, 21).
Alla turba che lo circondava per ascoltarlo, o perché una stupenda virtù sanatrice emanava da Lui, diceva parole di sovrumana dolcezza e di vita eterna: «Un nuovo comanda-mento vi do: amatevi reciprocamente nel Signore e fate del bene a chi vi fa del male» (Gv 13, 34; Mt 5, 44). Dei bambini disse che i loro angeli vedono sempre il volto di Dio e che beato sarà colui che nel cuore sarà sempre bambino, puro come i bambini. Benedisse all'innocenza, e di altissimo e divino amore amò i pargoli, tanto che — benché non alzasse mai la voce — gridò «Guai a coloro che avranno dato scandalo agli innocenti...» (cfr. Mt 18, 6). Moltiplicò il pane, ma non per sé, per le turbe. Non fece piangere nessuno, pianse Lui per tutti, e pianse sangue! Asciugò, invece, le lacrime di tanti e di tante anime perdute. Ai cadaveri disse: «Sorgete!» e, a quella voce onnipotente, la morte fu vinta, a vita novella risorsero i morti. Per tutti aveva una parola di perdono e di pace: su tutti spirò un soffio di carità ristoratrice, un raggio vivificante di luce, alta, divina! Iniquamente perseguitato e tradito, fin sulla croce invocò dal Padre celeste, e a gran voce, il perdono sui barbari che lo avevano crocifisso. Egli, che aveva rimesso la spada di Pietro nel fodero, che non aveva sparso il sangue di alcuno, volle dare tutto il suo sangue divino e la vita sua per gli uomini senza distinzione di ebreo, di greco, di romano o di barbaro: re vero di pace: Dio, Padre, Redentore di tutti! Volle morire a braccia larghe, tra cielo e terra, tutti chiamando — e gli angeli e gli uomini — al suo Cuore aperto, squarciato: anelando abbracciare, salvare in quel Cuore divino tutti, tutti,. tutti: Dio, Padre, Redentore di tutto e di tutti! Gesù non fece costruire un monumento funerario, come gli antichi re; eppure si vede dappertutto innalzarsi al cielo, nelle grandi città e nei piccoli villaggi, una casa, consacrata alla sua memoria; anzi fin là, dove non sono abitazioni umane, tra le nevi eterne, si erge la cappella — una povera capanna forse assai simile alla grotta di Betlemme —, e sovra di essa, sperduta, è una Croce, che rammenta l'opera d'amore e d'immolazione di Gesù Cristo Signor Nostro; quella Croce parla ai cuori, del Vangelo, della pace, della misericordia di Dio per gli uomini! ... Non i suoi miracoli, non la sua resurrezione mi hanno vinto, ma la sua Carità: quella Carità che ha vinto il mondo!

Tratto dal libro “ Nel nome della divina Provvidenza” - Ediz. Piemme 1995 - di don Orione – da pag. 37 a pag.45

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