«Questi
tempi, scrisse già l'Ecc. Card. Parrocchi, comprendono della carità
soltanto il mezzo e non il fine ed il principio: Dite agli uomini di
questi tempi: — Bisogna salvare le anime che si perdono, è
necessario istruire coloro che ignorano i princìpi della religione,
è duopo far elemosina per amore di Dio... e gli uomini non
capiscono...». Ma oggetto primo della carità sono le anime, e le
anime non possono in alcun modo vivere in se stesse questa carità se
non si tengono unite alla Chiesa e al Papa. Mai come ai tempi nostri
il popolo fu così staccato dalla Chiesa e dal Papa, ed ecco quanto è
provvidenziale che questo amore sia risvegliato con tutti i mezzi
possibili perché ritorni a vivere nelle anime l'amore di Gesù
Cristo. L'uomo è quale è l'idea che pensa ed in se stesso matura, e
le sue azioni sono sempre conformi all'idea stessa da cui è guidato.
E perciò quanto maggiormente sarà sentito l'amore al Papa e alla
Chiesa in coloro che per ragioni di ministero sono maestri dei
popoli, di altrettanto sarà più ardente la fiamma che li agita nel
comunicare alle anime questo sentimento, senza del quale nessuna
partecipazione di vita soprannaturale può venire; in tal modo
l'esercizio della carità raggiungerà perfettamente il suo scopo
corrispondente ai bisogni dei tempi nostri, che è precisamente
questo di ricondurre la Società a Dio riunendola al Papa e alla
Chiesa. E non si direbbe che nei disegni di Dio questa riunione trova
una prossima preparazione nello stesso fenomeno sociale dei nostri
giorni che tende all'universale affratellamento? Noi vediamo sorgere
da per tutto opere di beneficenza ed istituzioni di soccorsi di ogni
genere nonostante l'odio di classe che sembra voler sconvolgere ogni
ordinamento politico, sociale e famigliare; ma tuttavia si sente più
forte che mai il bisogno che ogni odio si spenga e l'amore ritorni a
rasserenare i cuori. Ebbene, quando il Papa sarà riconosciuto con
sentimento di fede quale padre universale dei popoli, e la Chiesa
sarà nuovamente la maestra illuminatrice delle menti colla sua
dottrina infallibile e ritornerà a far ripulsare nei cuori la vita
soprannaturale che da Lei emana, la pace serena e sicura regnerà
negli individui e nella società. Quella carità pertanto che viene
esercitata nella società nostra prendendo le mosse dell'amore del
Papa e della Chiesa, e mirando al raggiungimento di questo amore in
tutti, è precisamente quella che meglio risponde al bisogno dei
tempi. E tale è lo spirito da cui è informata l'Opera della Divina
Provvidenza, tale è la sua fisionomia, il suo carattere tipico:
Instaurare omnia in Christo!
AVREMO
UN GRANDE RINNOVAMENTO SE AVREMO UNA GRANDE CARITÀ
Viviamo
in un secolo che è pieno di gelo e di morte nella vita dello
spirito. Tutto chiuso in se stesso, nulla vede che piaceri, vanità,
passioni e la vita di questa terra, e non più. Chi darà vita a
questa generazione morta alla vita di Dio, se non il soffio della
Carità di Gesù Cristo? La faccia della terra si rinnovella al
calore della primavera; ma il mondo morale solo avrà vita novella
dal calore della Carità. Noi dobbiamo chiedere a Dio non una
scintilla di Carità, come dice l'Imitazione di Cristo, ma una
fornace di Carità da infiammare noi e da rinnovellare il freddo e
gelido mondo, con l'aiuto e per la grazia che ci darà il Signore.
Avremo un grande rinnovamento cattolico, se avremo una grande Carità.
Dobbiamo, però, incominciare ad esercitarla oggi tra di noi, a
coltivarla nel seno dei nostri istituti, che devono essere veri
cenacoli di Carità. Nemo dat, quod non habet: non daremo alle anime
fiamme di vita foco e luce di Carità, se prima non ne saremo accesi
noi, e molto accesi. La Carità deve essere il nostro slancio, il
nostro ardore, la nostra vita: noi siamo i «garibaldini» della
Carità di Gesù Cristo.
La
causa di Dio e della sua Chiesa non si serve che con una grande
Carità di vita e di opere. Non penetreremo le coscienze, non
convertiremo la gioventù, non i popoli trarremo alla Chiesa, senza
una grande Carità, e un vero sacrificio di noi, nella Carità di
Cristo.
C'è
una corruzione, nella società, spaventosa; c'è una ignoranza di Dio
spaventosa; c'è un materialismo, un odio spaventoso: solo la Carità
potrà ancora condurre a Dio i cuori e le popolazioni e salvarle.
Senza la carità non avremmo né gli Apostoli, né i Martiri, né i
Confessori, né i Santi. Senza la carità non avremmo il Sacerdozio,
che è missione e frutto insieme e fiore di divina carità. È lo
spirito di Dio, che è spirito di celeste carità, che deve portarci
a curare nei giovani le sante vocazioni religiose ed i futuri
sacerdoti, perché tante scuole, tante rinnovazioni di anime di
popoli e di opere non fioriscono che per il Sacerdozio e per la vita
religiosa. Confortatevi e siate gagliardi nella Carità.
Confortatevi, o miei figliuoli! «Vi è una gioia» dice
sant'Agostino (X. 22), «che non è concessa a chi vive di terra e
per la terra, ma sì a coloro che amano e servono al Signore e alla
Chiesa con disinteressato amore; e questa gioia sei Tu, o Signore e
Dio nostro! Qui sta la vita beata: nel godere di Te, in Te, per Te!».
CAMMINARE
ALLA TESTA DEI TEMPI
Noi
non facciamo politica: la nostra politica è la carità grande e
divina, che fa del bene a tutti. Noi non guardiamo ad altro che alle
anime da salvare. Se una preferenza la dovremo fare, la faremo a
quelli che ci sembreranno più bisognosi di Dio, poiché Gesù è
venuto più per i peccatori che per i giusti. Anime e anime! Ecco
tutta la nostra vita; ecco il nostro grido, il nostro programma,
tutta la nostra anima, tutto il nostro cuore: Anime e anime! Ma, per
meglio riuscire a salvare anime, bisogna pur saper adottare certi
metodi, e non fossilizzarci nelle forme, se le forme non piacciono
più, se diventano, o sono diventate, antiquate e fuori uso...
Facciamo cristiana la vita, facciamo cristiana l'anima degli orfani e
dei giovani a noi affidati: questo è ciò che Iddio, e la Chiesa
chiedono da noi. E adoperiamo tutte le sante industrie, tutte le arti
più accette e più atte per arrivare a questo! Anche quelle forme,
quelle usanze, che a noi possano sembrare un po' laiche,
rispettiamole e adottiamole, occorrendo, senza scrupoli, senza
piccolezze di testa: salvare la sostanza, bisogna! Questo è il
tutto.
I
tempi corrono velocemente e sono alquanto cambiati, e noi, in tutto
che non tocca la dottrina, la vita cristiana e della Chiesa, dobbiamo
andare e camminare alla testa dei tempi e dei popoli, e non alla
coda, e non farci trascinare. Per poter tirare e portare i popoli e
la gioventù alla Chiesa e a Cristo bisogna camminare alla testa.
Allora toglieremo l'abisso che sí va facendo tra il popolo e Dio,
tra il popolo e la Chiesa.
La
SS. Vergine ví conforti tutti e vi assista da tenera Madre. Ella, la
Vergine Celeste, come soleva chiamarla san Giovanni Bosco, ví dica,
o cari figli, tutto il mio affetto in Gesù Cristo per voi, e la
Madonna SS. vi protegga nel vostro lavoro. Lavoro, lavoro, lavoro!
Noi siamo i figli della fede e del lavoro. E dobbiamo amare ed essere
gli apostoli del lavoro e della fede. Noi dobbiamo correre sempre per
lavorare e lavorare sempre di più. Guardare al cielo, pregare, e
poi... avanti con coraggio e lavorare! «Ave Maria e avanti», diceva
a Bartolo Longo quel santo e serafico frate che fu Padre Lodovico da
Casoria. Sempre avanti, figliuoli miei, in Domino. Sempre avanti con
la Madonna. «Ave Maria e avanti». Avanti in Domino!
VOLLE
MORIRE A BRACCIA APERTE TUTTI CHIAMANDO AL SUO CUORE SQUARCIATO
Cristo
non aveva soldati, non ne volle avere mai. Non sparse il sangue di
nessuno, non abbruciò la casa di nessuno. Non volle inciso il suo
nome sulle rocce dei monti, ma nei cuori degli uomini! Questo re non
fece del male a nessuno, fece del bene a tutti, come la luce del sole
che piove sui buoni e sui cattivi. Egli stese la mano ai peccatori,
andò loro incontro, sedendo e mangiando pur con essi, ad ispirare
fiducia, per riscattarli dalle loro passioni, dai vizi e,
riabilitati, indirizzarli a vita onesta, al bene, a virtù. Posò
dolcemente la mano sulla fronte febbricitante degli ammalati, e li
guarì da ogni languore. Toccò gli occhi ai ciechi nati, ed essi ci
videro, e videro in lui il Signore! Toccò le labbra dei muti, e
parlarono e benedirono in Lui al Signore! ai colpiti da sordità
disse: «Udite!», e udirono; ai lebbrosi e reietti disse: «Voglio
mondarvi» (Mt 8, 3), e la lebbra cadde a squame, furono mondati.
Portò la luce del conforto nel tugurio, ed evangelizzò i poveri,
vivendo nel paese più misero della Palestina. Non cercò seguito tra
i grandi, né esaltò i potenti dell'intelligenza, del braccio o
della borsa, ma gli umili e i poverelli, poverissimo anche Lui. «Le
volpi hanno la tana — diceva — e gli uccelli il nido, ma il
Figliuolo dell'Uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8, 20). Viveva
frugalmente, abituando i suoi seguaci alla disciplina della
mortificazione, della preghiera, del lavoro, onde fortificarli nella
vita dello spirito. Egli primo si mortificò, pregò, lungamente
lavorò, santificando così, con le sue mani e con la sua vita, il
lavoro. D'aspetto semplice, amava la mondezza, schiva da qualsiasi
adornamento; la santità della vita e della dottrina aveva tali che
sarebbe bastato a mostrarlo l'Inviato di Dio. Gli occhi e la fronte
gli erano illuminati da tanta celeste beatitudine che nessun onesto
poteva sentirsi infelice dopo aver visto quel volto. A chi gli
domandava come si dovesse vivere, rispondeva: «Amate Iddio sopra
ogni cosa e il prossimo come voi stessi; spogliatevi del superfluo
per darlo ai poveri, e poi, se volete essere perfetti, rinnegate voi
stessi, abbracciate la vostra croce e venite, seguitemi!...» (cf. Mt
19, 21).
Alla
turba che lo circondava per ascoltarlo, o perché una stupenda virtù
sanatrice emanava da Lui, diceva parole di sovrumana dolcezza e di
vita eterna: «Un nuovo comanda-mento vi do: amatevi reciprocamente
nel Signore e fate del bene a chi vi fa del male» (Gv 13, 34; Mt 5,
44). Dei bambini disse che i loro angeli vedono sempre il volto di
Dio e che beato sarà colui che nel cuore sarà sempre bambino, puro
come i bambini. Benedisse all'innocenza, e di altissimo e divino
amore amò i pargoli, tanto che — benché non alzasse mai la voce —
gridò «Guai a coloro che avranno dato scandalo agli innocenti...»
(cfr. Mt 18, 6). Moltiplicò il pane, ma non per sé, per le turbe.
Non fece piangere nessuno, pianse Lui per tutti, e pianse sangue!
Asciugò, invece, le lacrime di tanti e di tante anime perdute. Ai
cadaveri disse: «Sorgete!» e, a quella voce onnipotente, la morte
fu vinta, a vita novella risorsero i morti. Per tutti aveva una
parola di perdono e di pace: su tutti spirò un soffio di carità
ristoratrice, un raggio vivificante di luce, alta, divina!
Iniquamente perseguitato e tradito, fin sulla croce invocò dal Padre
celeste, e a gran voce, il perdono sui barbari che lo avevano
crocifisso. Egli, che aveva rimesso la spada di Pietro nel fodero,
che non aveva sparso il sangue di alcuno, volle dare tutto il suo
sangue divino e la vita sua per gli uomini senza distinzione di
ebreo, di greco, di romano o di barbaro: re vero di pace: Dio, Padre,
Redentore di tutti! Volle morire a braccia larghe, tra cielo e terra,
tutti chiamando — e gli angeli e gli uomini — al suo Cuore
aperto, squarciato: anelando abbracciare, salvare in quel Cuore
divino tutti, tutti,. tutti: Dio, Padre, Redentore di tutto e di
tutti! Gesù non fece costruire un monumento funerario, come gli
antichi re; eppure si vede dappertutto innalzarsi al cielo, nelle
grandi città e nei piccoli villaggi, una casa, consacrata alla sua
memoria; anzi fin là, dove non sono abitazioni umane, tra le nevi
eterne, si erge la cappella — una povera capanna forse assai simile
alla grotta di Betlemme —, e sovra di essa, sperduta, è una Croce,
che rammenta l'opera d'amore e d'immolazione di Gesù Cristo Signor
Nostro; quella Croce parla ai cuori, del Vangelo, della pace, della
misericordia di Dio per gli uomini! ... Non i suoi miracoli, non la
sua resurrezione mi hanno vinto, ma la sua Carità: quella Carità
che ha vinto il mondo!
Tratto
dal libro “ Nel nome della divina Provvidenza” - Ediz. Piemme
1995 - di don Orione – da pag. 37 a pag.45
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